ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 66, comma primo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 ("Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito"), promosso con ordinanza emessa il 12 marzo 1990 dalla Commissione tributaria di primo grado di Urbino sul ricorso proposto da Ciacci Franco contro Ufficio II.DD. di Urbino iscritta al n. 51 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 aprile 1991 il Giudice relatore Renato Granata; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza in data 12 marzo 1990 la Commissione tributaria di primo grado di Urbino ha sollevato questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 66, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il diritto del cessionario dell'azienda di avere notifica dell'avviso di accertamento relativo alla rettifica del reddito derivante dall'azienda nell'anno della cessione ed in quello anteriore. Oggetto del giudizio a quo era l'impugnativa dell'avviso di mora - notificato a Ciacci Franco, cessionario di un'azienda con atto registrato del 1979 -, avviso con cui l'Esattoria competente per il Comune di Carpegna gli intimava il pagamento dell'imposta sui redditi (ed accessori) di L. 3.795.976 non versata dal cedente (deceduto alcuni mesi prima della data della notifica) e relativa all'anno precedente l'atto di cessione dell'azienda medesima. La Commissione rimettente - nel rilevare che l'azienda diventa un complesso di beni posto a garanzia del credito erariale senza che al cessionario sia assicurata alcuna possibilita' di difesa - riteneva che la fattispecie era diversa da quella - esaminata dalla Corte costituzionale - del rappresentante legale di societa' od enti, il quale in quanto coobbligato si vede notificato solo l'avviso di mora, giacche' quest'ultimo - a differenza del cessionario che e' un terzo estraneo - ha comunque la possibilita' di reperire e conoscere l'avviso di accertamento notificato alla societa' o all'ente. 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l'Avvocatura generale di Stato, sostenendo la inammissibilita' della questione per aberratio ictus giacche' la disposizione impugnata contiene una norma sostanziale, prevedendo l'assoggettamento all'esecuzione forzata di taluni beni aziendali oggettivamente individuati. Inoltre l'Avvocatura sostiene che la questione e' comunque infondata giacche' il cessionario - che puo' comunque cautelarsi chiedendo all'Ufficio finanziario, ex art. 66, quinto comma, cit., di conoscere la posizione fiscale del cedente - non e' legittimato a ricorrere avverso l'avviso di accertamento notificato al contribuente, essendo egli solo un terzo proprietario di beni assoggettati all'esecuzione forzata per la oggettiva inerenza all'azienda. Considerato di diritto 1. - E' stata sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 66, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), per contrasto con l'art. 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il diritto del cessionario dell'azienda di avere la notifica dell'avviso di accertamento relativo alla rettifica del reddito derivante dall'azienda nell'anno della cessione ed in quello anteriore. 2. - Va premesso che l'art. 66 cit. - innovando la precedente disciplina posta dall'art. 197 d.P.R. 29 gennaio 1958 n. 645 - ha previsto una (limitata) garanzia del cessionario d'azienda per l'obbligazione tributaria del cedente avente ad oggetto l'imposta sul reddito delle persone fisiche (o giuridiche) e dell'imposta locale sui redditi dovute per l'anno in cui e' avvenuta le cessione e per quello precedente allorche' alla formazione degli imponibili abbiano concorso redditi derivanti dall'azienda ceduta. Tale garanzia e' limitata ai beni mobili e alle merci dell'azienda ceduta (analogamente e parallelamente il successivo art. 80 prevede, in relazione alla stessa obbligazione tributaria, la possibilita' per l'esattore di procedere all'espropriazione degli immobili che costituiscano beni strumentali dell'azienda), mentre in precedenza l'art. 197 contemplava una piu' ampia responsabilita' solidale del cessionario, che quindi rispondeva con tutto il suo patrimonio. Pertanto nel nuovo regime della riscossione delle imposte dirette il cessionario d'azienda ha una posizione non dissimile da quella del terzo acquirente di bene assoggettato a garanzia reale. 3. - Va poi rilevato - in ordine all'eccezione preliminare di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura di Stato - che esatta e' l'individuazione - quale operata dalla Commissione tributaria rimettente - della norma censurata nell'art. 66, primo comma, cit., individuazione che e' coerente con la questione di costituzionalita' sollevata, atteso che l'art. 66 (unitamente al successivo art. 80) disciplina compiutamente i profili tributari della cessione d'azienda; e' questa quindi la sedes materiae - ove risultasse fondata la censura di costituzionalita' - per un'eventuale pronuncia additiva che introducesse, come ulteriore garanzia di difesa per il cedente, l'obbligo per l'Amministrazionefinanziaria della previa notifica dell'avviso di accertamento. 4. - Nel merito la questione non e' fondata. La tutela del cessionario d'azienda non e' confinata alla mera possibilita' del ricorso all'Intendente di finanza ( ex art. 53 d.P.R. n. 602 del 1973) per la sospensione dell'esecuzione e all'eventuale giudizio civile di risarcimento del danno per l'illegittima esecuzione ( ex art. 54, terzo comma, ultima parte dello stesso d.P.R.) essendo stata estesa fino all'impugnativa dell'avviso di mora. Questa Corte (sent. n. 313 del 1985) ha infatti riconosciuto l'esattezza di quell'orientamento giurisprudenziale che - gia' prima che l'art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636 (sulla disciplina del contenzioso tributario) fosse novellato dall'art. 7 del d.P.R. 3 novembre 1981 n. 739 - includeva l'avviso di mora nel novero degli atti impugnabili innanzi alle Commissioni tributarie ancorche' la sua notificazione non fosse stata preceduta da quella di altri atti (ed in particolare dell'avviso di accertamento); il nuovo testo dell'art. 16 prevede ora espressamente tale autonoma impugnabilita'. Di tale principio e' stata fatta applicazione al coobbligato in solido che abbia ricevuto solo la notifica dell'avviso di mora, non preceduta dalla notifica dell'avviso di accertamento in rettifica, talche' la Corte, con ripetute ordinanze (ord. n. 48 del 1988; ord. n. 591 del 1988; ord. n. 246 del 1989; ord. n. 178 del 1990), ha escluso che in tale fattispecie fosse configurabile una lesione del diritto di difesa. Deve pertanto affermarsi - come peraltro ritenuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione proprio in riferimento alla fattispecie della cessione d'azienda ( cfr. Cass. 2 novembre 1990 n. 10553) - che anche al cessionario non sia preclusa la possibilita' di far valere le sue ragioni nel processo tributario impugnando autonomamente l'avviso di mora. Tale tutela innanzi alle Commissioni tributarie e' ampia potendo egli contestare i presupposti della sua (limitata) responsabilita' (quali previsti dall'art. 66 cit.), nonche' - secondo un orientamento maggiormente garantista della Corte di cassazione sulla posizione del terzo acquirente di immobile gravato da privilegio fiscale (Cass. 11 ottobre 1988 n. 5469) - anche la sussistenza del debito d'imposta del cedente. 5. - Ne' la tutela del cessionario d'azienda puo' dirsi compressa, con sospetta violazione dell'art. 24 Cost., per effetto della mancata previa notifica dell'atto di accertamento. Infatti da una parte legittimamente il cessionario non e' destinatario di tale accertamento non essendo debitore dell'obbligazione d'imposta, ma solo assoggettato ad una responsabilita' patrimoniale scissa dal debito e limitata ai beni mobili (ed immobili) dell'azienda acquistata. D'altra parte l'ultimo comma dell'art. 66 cit. riconosce al cessionario il diritto al rilascio, da parte dell'Amministrazione finanziaria, di una certificazione dalla quale risulti il reddito d'impresa relativo all'azienda acquistata, norma questa da interpretarsi - coerentemente con le esigenze di tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.) - in senso ampio si' da comprendere l'intera situazione tributaria dell'azienda medesima. Pertanto gia' prima della notifica dell'avviso di mora il cessionario (che diligentemente intenda cautelarsi) puo' ottenere i dati informativi necessari per resistere ad un'eventuale pretesa dell'Amministrazione finanziaria. Ne' va pretermesso che la posizione del cessionario d'azienda - sotto il profilo della conoscibilita' degli elementi di fatto rilevanti al fine della contestazione della sua responsabilita' - non e' deteriore rispetto a quella dell'obbligato solidale ex art. 98 d.P.R. n. 602 del 1973 in ipotesi di avvicendamento nella rappresentanza o di dichiarazione di fallimento del contribuente (ipotesi per le quali questa Corte, nella citata ordinanza n. 246 del 1989, ha gia' escluso ogni violazione del diritto di difesa). Inoltre, nel giudizio di impugnativa dell'avviso di mora, grava sempre sull'Amministrazione finanziaria l'onere probatorio di dimostrare i presupposti della responsabilita' del cessionario, il quale ha ogni possibilita' di difesa essendo in particolare consentita dall'art. 19- bis d.P.R. n. 636 del 1972 la presentazione di motivi aggiunti anche successivamente all'atto introduttivo del giudizio.