IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza, proc.to penale n. 620/89
 r.g. n.r., proc.to penale n. 9338/90 r.g. g.i.p.
    Premesso che il 30 novembre 1990 il p.m. presso  il  tribunale  di
 Padova   chiedeva   che  il  g.i.p.  pronunciasse  archiviazione  nel
 procedimento intestato nei confronti di Benito  Andreetta  e  Antonio
 Scarparo,  e  che  il g.i.p. dopo aver fissato l'udienza ex art. 409,
 secondo  comma,  del  c.p.p.,  con  provvedimento  18  febbraio  1991
 disponeva  che  il  p.m.  formulasse  l'imputazione nei confronti dei
 summenzionati;
    Premesso che con sentenza n. 469/1990 la Corte  costituzionale  ha
 dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  34,  secondo
 comma, del c.p.p. nella parte  in  cui  non  prevede  che  non  possa
 partecipare  al  successivo  giudizio  abbreviato  il  giudice per le
 indagini preliminari presso la pretura che abbia  emesso  l'ordinanza
 di cui all'art. 554, secondo comma, del c.p.p.;
    Premesso  che  la Corte e' pervenuta a tale conclusione osservando
 come "il regime delle incompatibilita' indicato nella delega risponde
 invero all'esigenza di evitare  che  la  valutazione  di  merito  del
 giudice  possa  essere (o possa ritenersi che sia) condizionata dallo
 svolgimento  di  determinate  attivita'  nelle  precedenti  fasi  del
 procedimento"  e  come  "respingendo la richiesta di archiviazione ed
 ordinando conseguentemente di formulare l'imputazione il giudice  per
 le  indagini  preliminari compie infatti una valutazione non formale,
 ma di contenuto dei risultati  delle  indagini  preliminari  e  della
 sussistenza  delle  condizioni necessarie per assoggettare l'imputato
 al giudizio di merito" aggiungendo poi che tale valutazione  "non  e'
 dissimile,  nella sostanza, da quella che nel procedimento dinanzi al
 tribunale lo stesso giudice per le  indagini  preliminari  compie  ..
 nell'emettere  il  provvedimento  conclusivo dell'udienza preliminare
 con il quale appunto valuta l'ipotesi accusatoria e  dispone  se  del
 caso il rinvio a giudizio";
    Rilevato  che  come gia' asserito dal g.i.p. di Roma con ordinanza
 11 ottobre 1990, sulla  base  delle  considerazioni  teste'  riferite
 appare  non  manifestamente  infondata  la  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. nella parte in
 cui tale norma non prevede che non possa partecipare alla  successiva
 udienza  preliminare e decidere quindi in ordine al rinvio a giudizio
 dell'imputato il g.i.p. presso il tribunale  che  abbia  ordinato  al
 p.m. di formulare l'imputazione ai sensi dell'art. 409, quinto comma,
 dato  che  tale  giudice  deve  considerarsi  aver gia' esplicato una
 propria  valutazione  sui  risultati   dell'attivita'   di   indagine
 preliminare  e,  in  definitiva  sia  pure implicitamente anche sulla
 sussistenza delle condizioni necessarie  per  disporre  il  rinvio  a
 giudizio dell'imputato;
    Ritenuto   infatti   che   i   principi   affermati   dalla  Corte
 costituzionale nella sentenza sopra citata appaiono riferibili  anche
 al  caso  di specie se e' vero, come appare vero, che al di la' delle
 differenze dei due casi cio' che rimane di caratteristico e  decisivo
 per   entrambi   e'   il   fatto   che  "ai  fini  della  valutazione
 sull'incompatibilita' conta non tanto la natura dell'atto  quanto  la
 constatazione che con esse il giudice per le indagini preliminari da'
 ex  officio  l'impulso  determinante  alla  procedura  che  condurra'
 all'emanazione di una sentenza" e il fatto che "nel nuovo sistema  il
 rilievo    assegnato    alla   terzieta'   del   giudice   e'   stato
 significativamente   accentuato"   (sentenza   Corte   costituzionale
 citata);
    Ritenuto,  con particolare riguardo all'ultima considerazione, che
 pare potersi affermare che tale rilievo  da'  un'impronta  del  tutto
 particolare  al  nuovo  codice posto che una delle caratteriche dello
 stesso e' proprio il  fatto  della  netta  separazione  tra  funzioni
 requirenti  e  funzioni  giudicanti  (al  fine  dell'attuazione  d'un
 sistema accusatorio) cosicche' pare  potersi  superare  la  possibile
 obiezione  che i parametri di valutazione del giudice per le indagini
 preliminari, all'esito dell'udienza preliminare, non sono gli stessi,
 ma  sono  significativamente  diversi  da  quelli  del  giudice   del
 dibattimento;
    Ritenuto  che  i  parametri  normativi  della  presente  questione
 debbono  rinvenirsi,  da  un  lato,  negli  artt.  76  e   77   della
 Costituzione con riferimento all'art. 2 della legge delega che impone
 una  netta  separazione  tra funzioni requirenti e giudicanti al fine
 dell'attuazione di un sistema  accusatorio  e,  d'altro  lato,  negli
 artt.  25  e  101  della  Costituzione perche' anche il solo sospetto
 d'una  valutazione  precostituita  e  prefissata   viene   a   ledere
 l'indipendenza  del giudice intesa come percepita sicurezza della sua
 imparzialita' e terzieta', requisiti anche dalla  sua  condizione  di
 giudice naturale;
    Ritenuto che la questione e' rilevante ai fini della decisione nel
 caso  di specie riguardando l'incompatibilita' del giudice che, anche
 in applicazione della norma di cui all'art. 4 del d.P.R. n.  449/1988
 (che   ha  introdotto  l'art.  7-  ter  dell'ordinamento  giudiziario
 attualmente in  vigore)  e'  attualmente  investito  dalla  decisione
 relativa  all'udienza  preliminare  dopo che lo stesso giudice con il
 proprio provvedimento ha ordinato al p.m. di formulare le imputazioni
 nei confronti  di  Andreetta  e  Scarparo  oggi  portati  all'udienza
 preliminare  e  cio' dopo che il p.m. stesso aveva nei loro confronti
 richiesto l'archiviazione, sentite le conclusioni delle parti.