IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti in appello n. 1399 e n. 1512/89, proposti rispettivamente da: 1) (ricorso n. 1399/89) G.S.B. Edilizia di Rapuzzi Giorgio & C. S.a.s., in persona dell'accomandatario Giorgio Rapuzzi, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Ricciardi (sostituito in corso di giudizio all'avv. Gabriele Moricca, deceduto ed elettivamente domiciliato presso lo stesso avv. Ricciardi in Roma, viale Tiziano, 80; 2) (ricorso n. 1512/89) Ministero dei lavori pubblici, Ministero della difesa, Ministero dell'interno, provveditorato regionale alle opere pubbliche per la Liguria, in persona dei rispettivi titolari pro-tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la stessa legalmente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12, entrambi contro Giambrignoni Giulia, Martino Giacomo, Tonon Bruno, Revello Stella, Spadoni Dino, Coscia Raffaele, Rossi Piera, Cassinello Gianangelo, quest'ultimo sia in proprio che nella qualita' di amministratore del condominio di via Buonincontri, 4, in Santa Margherita Ligure, appellati ed appellanti incidentali, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Lorenzo Acquarone, Giovanni Gerbi e Ludovico Villani, ed elettivamente domiciliati presso quest'ultimo in Roma, piazzale Clodio, 12, e nei confronti reciprocamente, delle amministrazioni pubbliche sopra indi- cate nonche' del comando generale dei carabinieri (ric. n. 1399/89) e della G.S.B. Edilizia S.a.s., costituite come sopra per l'annullamento della sentenza 4 aprile 1989, n. 232, del tribunale amministrativo regionale per la Ligura con la quale e' stato accolto il ricorso proposto dagli attuali appellati avverso i provvedimenti di approvazione e localizzazione del progetto di ampliamento del comando intermedio carabinieri di Santa Margherita Ligure (decreto del provveditore alle opere pubbliche della Liguria, 23 novembre 1987, n. 4048) e gli atti presupposti e connessi; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dei signori Giambrignoni ed altri, nonche' l'atto di appello incidentale proposto dagli stessi; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita, alla pubblica udienza del 19 marzo 1991, la relazione del consigliere Lignani, e uditi altresi', gli avvocati Ricciardi Villani e Criscuoli, ciascuno per le parti rispettivamente rappresentate; Vista la propria decisione parziale deliberata nella stessa camera di consiglio, con la quale l'appello della Soc. G.S.B. e' stato dichiarato inammissibile, ed e' stato rigettato in parte l'appello delle ammininistrazioni; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Gli attuali appellati, gia' ricorrenti in primo grado, sono condomini e residenti in un fabbricato in Santa Margherita Ligure, via Buonincontri, 4. Un progetto di ampliamento del comando intermedio carabinieri di Santa Margherita Ligure, approvato con decreto del provveditore alle opere pubbliche della Liguria, 23 novembre 1987, n. 4048, in attuazione del programma di cui alla legge 6 febbraio 1985, n. 16, prevede la realizzazione di una nuova ala di fabbricato, su terreno di proprieta' demaniale ma a confine ed in aderenza col suddetto fabbricato condominiale privato. I privati interessati hanno impugnato il progetto in parola, con i relativi atti amministrativi, davanti al t.a.r. della Liguria. Essi esponevano, in punto di fatto, che la costruzione progettata si poneva per vari aspetti in contrasto con la disciplina urbanistica della zona, e contestavano, in punto di diritto, che l'opera fosse svincolata da quella disciplina, come ritenuto invece dalle autorita' statali procedenti. In paticolare, i ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, richiamato dalla legge 6 febbraio 1985, n. 16, nonche' la violazione e la falsa applicazione di quest'ultima legge. In sostanza essi negavano che l'opera in questione fosse legittimamente assimilabile alle opere destinate alla difesa nazionale, per quanto attiene allo speciale regime urbanistico di cui all'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, ma sostenevano che, comunque, tale regime speciale non puo' esonerare l'autorita' statale dall'acquisire il consenso delle autorita' urbanistiche regionali e comunali, qualora, come nella spe- cie, si tratti di realizzare opere in contrasto con gli strumenti urbanistici. Essi richiamavano anche la legge n. 497/1978 che, in materia di alloggi per militari, prevede una consultazione con le autorita' regionali qualora si tratti di opere contrastanti con gli strumenti urbanistici. Deducevano anche una questione di costituzionalita', nei confronti del combinato disposto della legge n. 16/1985 e dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, qualora lo si volesse interpretare come rivolto ad estendere lo speciale regime urbanistico, dettato per le opere destinate alla difesa nazionale, anche ad opere non aventi nella sostanza tale carattere. I ricorrenti denunciavano, inoltre, la mancata acquisizione del nulla-osta prescritto dalle leggi in materia di tutela delle bellezze naturali, trattandosi di zona vincolata ai sensi della legge n. 1497/1939. Nel corso del giudizio di primo grado, poi, i ricorrenti hanno proposto alcuni motivi aggiunti, con riguardo all'incompetenza del provveditore regionale alle oo.pp. (il progetto avrebbe dovuto, invece, essere approvato dal Ministro dei ll.pp.), alla genericita' del programma ministeriale (esso avrebbe dovuto specificare i requisiti dimensionali, funzionali e di sicurezza delle singole opere), all'insussistenza dei presupposti per l'apposizione del segreto militare al progetto contestato. Il tribunale amministrativo regionale, con sentenza pubblicata il 4 aprile 1989, n. 232, ha accolto il ricorso. Il t.a.r. ha affermato, innanzi tutto, di ritenere provata la difformita' dell'opera rispetto alla disciplina urbanistica della zona. Cio' posto, ha osservato che l'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977 sottrae, bensi', le opere destinate alla difesa nazionale all'onere di concessione edilizia ed allo stesso accertamento di conformita' agli strumenti urbanistici, previsto per la generalita' delle opere statali ed attribuito alla competenza del Ministro dei ll.pp.; ma non le sottrae allo speciale procedimento, dettato dal terzo e quarto comma dello stesso art. 81, con riguardo all'ipotesi di opere difformi dallo strumento urbanistico. E poiche' nella fattispecie le procedure previste dall'art. 81 non sono state osservate, ha concluso per l'illegittimita' dell'apporvazione del progetto. La sentenza e' stata impugnata, con separati appelli principali, dalla societa' G.B.S. e dalle amministrazioni statali. La societa' G.S.B. espone di essere l'appaltatrice dei lavori e sostiene che in tale qualita' doveva essere considerata controinteressata e contraddittrice necessaria nel giudizio di primo grado. Poiche', invece, il ricorso di primo grado non le e' stato notificato, sostiene che esso avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile. Denuncia, inoltre, l'incompletezza del contraddittorio in primo grado anche per un altro motivo, e cioe' perche' non e' stato chiamato in giudizio il comune, titolare della potesta' urbanistica. Infine contesta, nel merito, la fondatezza della decisione appellata. Le amministrazioni dello Stato, ugualmente, contestano l'ammissibilita' del ricorso di primo grado, per non essere stato stabilito il contraddittorio nei confronti della societa' G.S.B.; e nel merito contestano il fondamento della sentenza. Gli originari ricorrenti, oltre a resistere agli appelli principali, hanno proposto appello incidentale condizionato, al solo fine di riproporre i motivi che il t.a.r. non ha preso in esame, considerandoli assorbiti. Con decisione parziale, deliberata nella camera di consiglio tenuta consecutivamente all'udienza del 19 marzo 1991, la sezione,' riuniti i giudizi, ha dichiarato inammissibile, per difetto di legittimazione, l'appello della Soc. G.S.B. ed ha respinto l'appello delle amministrazioni dello Stato limitatamente al primo motivo, concernente l'asserita inammissibilita' del ricorso di primo grado; si e' quindi riservata di esaminare con ulteriori, appositi provvedimenti le questioni prosposte dagli altri motivi d'appello. D I R I T T O 1. - Il collegio ha risolto alcune questioni preliminari con una decisione parziale: si e' giudicato inammissibile, per difetto di legittimazione, l'appello della societa' G.S.B. e si e' respinto il primo motivo dell'appello delle amministrazioni dello Stato, concernente l'asserita inammissibilita' del ricorso di primo grado per mancata notifica alla stessa societa' G.S.B. Vengono ora in esame gli ulteriori motivi dell'appello delle amministrazioni dello Stato. 2. - Conviene ricordare che il tribunale amministrativo regionale ha accolto il ricorso dei privati, contro il progetto di ampliamento dell'edificio del comando intermedio carabinieri di Santa Margherita Ligure, "per violazione dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616". Precisamente, secondo il t.a.r. le amministrazioni procedenti giustamente hanno ritenuto che il progetto fosse sottratto non solo alla concessione edilizia comunale, come tutte le opere pubbliche statali in genere, ma anche allo speciale accertamento di conformita' agli strumenti urbanistici, di cui al secondo comma del citato art. 81; ma avrebbe errato nel ritenerlo sottratto altresi' agli adempimenti dettati dai commi terzo e quarto dello stesso articolo per il caso in cui l'opera sia, come nella fattispecie, in contrasto con gli strumenti urbanistici. Il t.a.r. e' giunto a queste conclusioni in base ad una certa interpretazione dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, che viene ora contestata dalle amministrazioni dello Stato appellanti. Donde la questione di diritto che ora il collegio deve affrontare. 3. - Le disposizioni che in vario modo sono state richiamate nella sentenza o negli atti di parte, come rilevanti ai fini della suddetta questione di diritto, sono le seguenti: a) la legge 6 febbraio 1985, n. 16, programma quinquennale di costruzione di nuove sedi di servizio e relative pertinenze per l'arma dei carabinieri, e in particolare l'art. 3, che dispone: "Ai fini dell'accertamento di conformita' previsto dell'art. 81 ( ..), le opere di edilizia previste dalla presente legge sono equiparate alle opere destinate alla difesa militare"; b) l'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il suo secondo comma dispone che "per le opere da eseguirsi da amministrazioni statali o comunque insistenti su aree del demanio statale l'accertamento della conformita' alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla difesa militare, e' fatto dallo Stato, d'intesa con la regione interessata"; il terzo comma dispone che la localizzazione dei progetti di opere pubbliche "se difforme dalle prescrizioni e dai vincoli delle norme o dei piani urbanistici ed edilizi, e' fatta dall'amministrazione statale competente d'intesa con le regioni interessate, che devono sentire preventivamente gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi"; il quarto comma dispone che in caso di mancata intesa con la regione, il progetto puo' aver corso se approvato con decreto del Presidente della Repubblica, pre- via deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la commissione interparlamentare per le questioni regionali; c) la legge 24 dicembre 1976, n. 898, Nuova regolamentazione delle servitu' militari: il suo art. 3, primo comma, dispone che "In ciascuna regione e' costituito un comitato misto paritetico (composto da sei rappresentanti dello Stato e sei della regione) di reciproca consultazione per l'esame ( ..) dei problemi connessi all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della regione ed i programmi delle installazioni militari e delle conseguenti limitazioni"; lo stesso articolo, decimo comma, riserva al Ministro della difesa la potesta' di adottare "le definitive decisioni sui programmi di installazioni militari e relative limitazioni", ma attribuisce alla regione interessata la facolta' di chiedere, entro quindici giorni, che la questione sia riesaminata dal Consiglio dei Ministri; d) la legge 18 agosto 1978, n. 497, Autorizzazione di spesa per la costruzione di alloggi di servizio per il personale militare e disciplina delle relative concessioni: il suo art. 4, nel testo novellato dalla legge 28 febbraio 1981, n. 47, dispone che il relativo programma d'interventi sara' realizzato "utilizzando aree ed immobili demaniali disponibili, in conformita' alle norme ed agli strumenti urbanistici vigenti, ovvero anche in deroga ad essi ai sensi dell'art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357", vale a dire previo nulla-osta della sezione urbanistica regionale e della soprintendenza ai monumenti; dispone altresi' che le infrastrutture realizzate all'interno di basi, impianti, installazioni militari, o posti al loro diretto e funzionale servizio "sono da considerarsi a tutti gli effetti opere destinate alla difesa nazionale e, pertanto, dovranno essere realizzate con l'eccezione prevista al secondo comma dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, come modificato dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765"; e) la legge 11 marzo 1988, n. 67, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 1988: il suo art. 17, ventiquattresimo comma, dopo aver rifinanziato il programma di alloggi di servizio per militari, di cui alla legge n. 497/1978, aggiunge: "Nella localizzazione dei predetti alloggi devono essere osservate le prescrizioni degli strumenti urbanistici adottati e delle leggi in materia di tutela paesaggistica e di protezione delle bellezze naturali". 4. - Cio' posto, occorre verificare, al di la' delle deduzioni delle parti, quali fra le disposizioni teste' citate siano direttamente applicabili nella fattispecie. Non sembrano esserlo, innanzi tutti, quelle relative agli alloggi di servizio per il personale militare, di cui alla legge n. 497/1978, come integrata dalla legge n. 47/1981 e dalla legge n. 67/1988. Queste disposizioni si riferiscono ad uno specifico programma di realizzazione di alloggi di servizio per militari, che e', con tutta evidenza, cosa diversa dal programma quinquennale di nuove sedi di servizio, e relative pertinenze per l'arma dei carabinieri, oggetto della legge n. 16/1985. I due programmi differiscono per finalita', durata, fonti di finanziamento, disciplina procedurale, e via dicendo; e non pare che le disposizioni relative al primo programma (legge n. 497/1978) possano essere mutuate con riferimento a singoli progetti rientranti nel secondo programma (legge n. 16/1978) solo perche' si tratti, occasionalmente, di "pertinenze" da utilizzare come alloggi. Ma anche volendo supporre che le norme dettate per l'un programma siano applicabili pure all'altro, sta di fatto che la legge n. 67/1988 e' posteriore all'approvazione del progetto ora in contestazione, e che essa ha carattere innovativo, non gia' interpretativo, ne' retroattivo, nella parte in cui esclude quella facolta' di deroga agli strumenti urbanistici, che le leggi del 1978 e del 1981 espressamente concedevano. Pertanto la legge del 1988 non protrebb'essere invocata per affermare l'illegittimita' di progetti gia' approvati, contrastanti con gli strumenti urbanistici ma conformi alle previsioni derogatorie delle leggi del 1978 e del 1981. Ora, in base a queste due ultime leggi, un progetto contrastante con lo strumento urbanistico doveva senz'altro considerarsi legittimo, se relativo ad opere da eseguirsi all'interno di basi, impianti o installazioni militari, o posti a diretto e funzionale servizio di essi (cfr. Cass. terza sezione pen., 29 maggio 1987, Morreale, che ha annullato pret. Taranto, 10 dicembre 1986), o, altrimenti, poteva essere autorizzato mediante nulla osta della sezione urbanistica regionale e della soprintendenza ai monumenti. Sicche', anche volendo supporre: a) che nella fattispecie fosse applicabile la legge n. 497/1978, come modificata dalla legge n. 47/1981; b) che l'opera rientrasse fra quelle per cui, a norma di detta legge, occorrevano i nulla osta in parola, emergerebbe un vizio di legittimita' differente da quello ritenuto sussistente dal t.a.r.; che e', si ricorda, la mancata applicazione delle ben diverse proce- dure di cui al terzo e quarto comma dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977. In altre parole, il vizio di legittimita' derivante dalla supposta violazione della legge n. 497/1978, non s'identificherebbe col vizio derivante dalla supposta violazione dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977. Peraltro il t.a.r. ha ravvisato nella fattispecie proprio quest'ultimo vizio, con argomentazioni interpretative "interne" allo stesso art. 81, e altre derivate dai principi generali. E percio', dato e non concesso che nella fattispecie fosse applicabile anche la legge n. 497/1978, non sarebbe questo un argomento utile per sostenere la fondatezza del giudizio dato dal t.a.r. in ordine all'interpretazione dell'art. 81. 5. - Considerazioni parzialmente analoghe possono essere fatte a proposito della legge 24 dicembre 1976, n. 898, in materia di servitu' militari. Questa volta, a sostegno dell'applicabilita' della legge in parola alla fattispecie potrebbe venir invocato un autorevole precedente: la Corte costituzionale, con sentenza 6 dicembre 1988, n. 1065, pronunciata su conflitto di attribuzioni fra lo Stato e una regione, ha affermato che anche per la scelta del sito di una sede di servizio dei Carabinieri e' necessaria la consultazione prevista da detta legge. Anche in questo caso, pero', il vizio derivante dalla supposta violazione della legge 24 dicembre 1976, n. 898, non potrebbe identificarsi con quello derivante dalla supposta violazione dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977: cosi' come il procedimento delineato dall'una legge non s'identifica con quello dell'altra. E si puo' osservare che per l'interesse dei privati ricorrenti sembra maggiormente satisfattiva l'affermazione che l'opera de qua era soggetta alle procedure di cui all'art. 81, terzo e quarto comma; viceversa, le amministrazioni dello Stato hanno interesse a far affermare che l'opera non era soggetta all'art. 81, anche se, in ipotesi, si dovesse concludere che era soggetta alla legge n. 896/1976. Si dovrebbe ancora verificare se nel ricorso di primo grado sia ravvisabile la prospettazione di uno specifico motivo d'impugnazione riferito alla supposta violazione della legge n. 898/1976; intesa come norma direttamente applicabile nella fattispecie. Ma pure se cosi' fosse, resterebbe comunque prioritaria, e non potrebbe venir aggirata o elusa, la questione dell'interpretazione e dell'applicazione dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977. A questo problema sono, dunque, dedicate le considerazioni che seguono. 6. - Il tribunale amministrativo ha basato la sua interpretazione dell'art. 81 partendo da un'esegesi testuale dei commi secondo, terzo e quarto; ha poi ritenuto di poter trovare nella sistematica, nei principi generali e nella ratio legis le opportune conferme al risultato ottenuto per via esegetica. In sostanza, sul piano testuale il t.a.r. ha osservato che l'inciso "salvo che per le opere destinate alla difesa militare" si legge solo nel secondo comma, non nel terzo e nel quarto. Di conseguenza, il regime differenziato delle opere militari riguarderebbe soltanto il momento dell'accertamento della conformita' agli strumenti urbanistici, e consisterebbe soltanto in uno spostamento di competenza: il giudizio di conformita' dovrebb'essere espresso dalla stessa amministrazione militare, anziche' da quella dei lavori pubblici (cfr. art. 31 della legge n. 1150/1942) e senza bisogno d'intesa con la regione. Ma quante volte tale giudizio dovesse concludersi nel senso della difformita', il regime differenziato verrebbe meno, e le opere destinate alla difesa militare rientrerebbero nella disciplina comune alla generalita' delle opere pubbliche statali non conformi ai piani regolatori. Pare al collegio che questa ricostruzione della normativa non si giustifichi sullo stesso piano letterale. Nel secondo comma, l'inciso "salvo che per le opere destinate alla difesa militare" non sta e disporre che, per queste opere, l'accertamento di conformita' segue un procedimento diverso: se questa fosse stata l'intenzione del legislatore delegato, vi sarebbe stato almeno un accenno al procedimento da seguire. Sta invece a significare che per le opere di difesa si prescinde dall'accertamento di conformita'. Ma se e' cosi', viene meno il presupposto stesso dell'ipotizzata applicazione del terzo e del quarto comma alle opere di difesa. Essi prevedono i meccanismi per consentire la realizzazione dell'opera, superando l'ostacolo rappresentato dall'eventuale sua difformita' rispetto al piano regolatore: se per determinate opere dal giudizio di conformita' si prescinde, l'eventuale difformita' e' irrilevante e non vi e' luogo a ricorrere a procedure di risoluzione del conflitto. D'altronde, una volta che il legislatore ha ritenuto di attribuire un regime urbanistico privilegiato alle opere di difesa, differenziandole dalla generalita' delle opere pubbliche statali, sembrerebbe poco ragionevole che tale regime differenziato si applicasse solo nell'ipotesi, verosimilmente marginale e di scarso interesse, di opere di difesa previste dal piano regolatore comunale; mentre in caso contrario, e cioe' nell'ipotesi piu' frequente e di maggior rilevanza, le opere di difesa sarebbero interamente assim- ilate alle ordinarie opere pubbliche statali. Inoltre, sempre con riferimento al contesto dell'art. 81, si osserva che l'ultimo comma di detto articolo fa espressamente salve le disposizioni della legge n. 898/1976 in materia di servitu' militari. Peraltro, se l'art. 81 si dovesse interpretare nel senso voluto dal t.a.r., la sopravvivenza della legge del 1976 non avrebbe ragion d'essere. Le finalita' di tutela delle autonomie locali, di coordinazione fra opere militari e territorio, ecc., sottese alla legge del 1976, sarebbero interamente e forse meglio soddisfatte mediante le procedure dei commi terzo e quarto dell'art. 81. A quanto pare, invece, il legislatore delegato ha fatta salva la legge del 1976, perche' era consapevole che i commi terzo e quarto dell'art. 81 non sono applicabili alle opere di difesa. In alternativa, si puo' anche pensare che il legislatore delegato abbia considerato necessario richiamare la legge del 1976, perche' riteneva che, in mancanza, alle opere militari si sarebbe estesa la disciplina generale di commi terzo e quarto: in ogni caso il risultato dell'interpretazione e' lo stesso, e cioe' che la confermata vigenza della legge del 1976 esclude l'applicabilita' dei commi terzo e quarto alle opere di difesa. 7. - Queste conclusioni non sono contraddette dalle considerazioni, relative ai principi generali ed alla ratio legis, che il t.a.r. ha creduto di poter addurre a conforto della propria contraria interpretazione. Ed invero, non pare contestabile che le opere destinate alla difesa nazionale richiedano, per loro natura, un regime urbanistico differenziato rispetto alla generalita' delle opere pubbliche statali. Cio' si dice non tanto con riferimento ad una gerarchia di valore fra interessi pubblici; benche' sembri tuttora sostenibile che l'interesse dello Stato a con servare l'integrita' del territorio, la sovranita' e l'indipendenza s'identifichi con l'interesse della comunita' nazionale a sopravvivere come tale, e sia, pertanto, un interesse primario: primum vivere. Si dice piuttosto perche', secondo la comune esperienza, le esigenze connesse alla distribuzione territoriale delle opere di difesa ed alla loro progettazione trascendono le possibilita' di apprezzamento delle autorita' urbanistiche. La misura, poi, del relativo affrancamento delle opere di difesa dalla pianificazione territoriale generale, con il necessario contemperamento delle diverse esigenze, e' questione che spetta al legislatore risolvere: in questa sede si discute de iure condito, e piu' precisamente dell'interpretazione dell'art. 81, ed il collegio non puo' che prendere atto della volonta' espressa in questa norma. 8. - Tutto cio' vale, peraltro, a condizione che si tratti realmente di "opere destinate alla difesa nazionale", e non di opere di altra natura, artificiosamente definite tali al solo fine di sottrarle alla disciplina urbanistica propria delle ordinarie opere pubbliche statali. Si puo' ammettere che, come ogni altra espressione del linguaggio giuridico, anche la nozione di "opere destinate alla difesa nazionale" abbia confini non sempre chiaramente riconoscibili; e si puo' ammettere che entro questi margini d'incertezza il legislatore abbia il potere d'intervenire autoritativamente, attribuendo, o negando ex professo, la qualita' di "opera destinata alla difesa nazionale", ad un'opera il cui carattere sarebbe altrimenti controvertibile. Ma altro e' dire che il legislatore possa attribuire detta qualita' ad opere che, di per se', abbiano pacificamente altra natura, e che non rivestano alcuna di quelle speciali caratteristiche ed esigenze che giustificano uno speciale regime urbanistico. Il problema non si porrebbe se il legislatore fosse arbitro di sottrarre, indiscriminatamente, questa o quell'opera pubblica alla disciplina urbanistica generale. Se cosi' fosse, una ipotetica legge che qualificasse come "opere di difesa", ad es., le biblioteche pubbliche, o i cimiteri, sarebbe forse criticabile sul piano della proprieta' di linguaggio, ma non censurabile sul piano giuridico. Il legislatore, pero', non e' interamente libero, in quanto e' soggetto ai limiti che gli derivano dalla Costituzione. Ora, in materia di relazioni fra le opere pubbliche e la disciplina urbanistica, vengono in considerazione numerosi precetti costituzionali. In primo luogo, vi sono gli artt. 117 e 118 della Costituzione, che attribuiscono alle regioni, rispettivamente, la potesta' legislativa e quella amministrativa, nella materia dell'urbanistica. In secondo luogo, vi sono gli artt. 5 e 128, che attribuiscono rilevanza costituzionale all'autonomia degli enti locali; autonomia che, manifestamente, non puo' non esprimersi, primariamente, nel governo del territorio. In terzo luogo, vi e' l'art. 9 secondo comma, che, affermando il valore costituzionale del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico intuitivamente assoggetta ai relativi vincoli anche le opere pubbliche, salvo che il sacrificio di quei beni risulti indispensabile in vista d'interessi altrettanto tutelati sul piano costituzionale. Pertanto, una legge che nominalmente ed arbitrariamente conferisca la qualita' di "opera di difesa" ad un'opera di altra natura, al solo fine di sottrarla alla disciplina urbanistica generale, potrebbe venir giudicata incostituzionale per violazione delle norme teste' riferite. 9. - Pare al collegio che questo sia il caso della legge 6 febbraio 1985, n. 16, art. 3. Al riguardo va notato che con le parole "le opere di edilizia, previste dalla presente legge, sono equiparate alle opere destinate alla difesa militare", il legislatore stesso sembra rivelare la consapevolezza di stare operando non un semplice chiarimento interpretativo, ma una vera e propria estensione di disciplina ad opere non suscettibili, per se', di essere giudicate "opere destinate alla difesa militare". Da un punto di vista sostanziale, poi, si osserva che e' innegabile l'intensita' del pubblico interesse alla piena efficienza delle strutture edilizie logistico-operative dell'arma dei carabinieri. Ma pare altrettanto certo che si tratti di strutture concepite essenzialmente, o almeno prevalentemente, per funzioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, e di polizia giudiziaria, piuttosto che per funzioni di difesa nazionale. In questa luce, l'interesse pubblico alla realizzazione dell'edificio per una stazione di carabinieri non appare qualitativamente diverso da quello relativo, ad es., ad un tribunale, una prefettura o una questura. Sicche', se lo Stato, per realizzare la nuova sede di uffici giudiziari o di uffici pubblici in genere, deve sceglierne il sito in conformita' ai piani urbanistici, o altrimenti esperire, in contraddittorio con le autorita' regionali e locali, le procedure di cui ai commi terzo e quarto dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, non vi e' alcuna evidente ragione perche' altrettanto non debba avvenire per una sede di servizio dei carabinieri. Si tratta, in ogni caso, di strutture la cui collocazione, in genere, non e' strettamente necessitata da esigenze tecniche ed oper- ative, e per le quali e' sufficiente individuare l'ambito territoriale, piu' o meno vasto (una circoscrizione comunale, un centro abitato, un quartiere urbano), entro il quale debbono trovare sede. Pertanto, l'applicazione dell'art. 81, compresi i commi terzo e quarto, non si prospetta come eccessivamente gravosa o pregiudizievole per gli interessi dello Stato, tenuto anche conto che queste disposizioni consentono, in definitiva, il prevalere dell'interesse dello Stato sugli orientamenti delle autorita' urbanistiche locali. 10. - Si puo' dunque concludere nel senso che non e' manifestamente infondato il sospetto d'incostituzionalita' dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16, con riferimento agli articoli costituzionali 117 e 118 (riserva di competenze legislative ed amministrative alle regioni, in materia urbanistica), 5 e 128 (tutela dell'autonomia degli enti locali) e 9, secondo comma (tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico). La questione e' rilevante, perche', una volta eliminato, in ipotesi, il suddetto art. 3, si dovrebbe confermare, sia pure con motivazione parzialmente diversa, la sentenza del t.a.r., che ha giudicato illegittimo il progetto de quo perche' non approvato con l'osservanza delle procedure di cui all'art. 81, secondo, terzo e quarto comma del d.P.R. n. 616/1977. Se, invece, l'eccezione di costituzionalita' dovesse venire rigettata, in base alle considerazioni sopra esposte la sentenza dovrebb'essere riformata e il progetto dovrebb'essere giudicato, sotto questo profilo, legittimo; salvo l'eventuale accoglimento del ricorso dei privati per altri motivi, che comporterebbe conseguenze parzialmente diverse in ordine agli interessi delle parti ed alle ulteriori attivita' di coimpetenza dell'amministrazione. 11. - Pertanto, a scioglimento della riserva contenuta nella decisione parziale gia' deliberata da questo collegio, si deve sospendere il giudizio e rimettere gli atti alla Corte costituzionale, per la soluzione dell'incidente di costituzionalita' sopra prospettato; e riservare, all'esito dell'incidente stesso, ogni altra pronuncia in rito, in merito e sulle spese.