IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sui  ricorsi  riuniti in
 appello n. 1399 e n. 1512/89, proposti rispettivamente da:
      1) (ricorso n. 1399/89) G.S.B. Edilizia di Rapuzzi Giorgio &  C.
 S.a.s., in persona dell'accomandatario Giorgio Rapuzzi, rappresentato
 e  difeso  dall'avv. Paolo Ricciardi (sostituito in corso di giudizio
 all'avv. Gabriele  Moricca,  deceduto  ed  elettivamente  domiciliato
 presso lo stesso avv. Ricciardi in Roma, viale Tiziano, 80;
      2) (ricorso n. 1512/89) Ministero dei lavori pubblici, Ministero
 della  difesa,  Ministero dell'interno, provveditorato regionale alle
 opere pubbliche per la Liguria, in persona  dei  rispettivi  titolari
 pro-tempore,   rappresentati   e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura
 generale dello Stato e presso la  stessa  legalmente  domiciliati  in
 Roma,  via  dei  Portoghesi, 12, entrambi contro Giambrignoni Giulia,
 Martino Giacomo, Tonon Bruno, Revello Stella,  Spadoni  Dino,  Coscia
 Raffaele,  Rossi  Piera,  Cassinello  Gianangelo, quest'ultimo sia in
 proprio che nella qualita' di amministratore del  condominio  di  via
 Buonincontri,  4, in Santa Margherita Ligure, appellati ed appellanti
 incidentali, tutti rappresentati  e  difesi  dagli  avvocati  Lorenzo
 Acquarone,  Giovanni  Gerbi  e  Ludovico  Villani,  ed  elettivamente
 domiciliati presso quest'ultimo in Roma, piazzale Clodio, 12,  e  nei
 confronti reciprocamente, delle amministrazioni pubbliche sopra indi-
 cate  nonche' del comando generale dei carabinieri (ric. n.  1399/89)
 e   della   G.S.B.   Edilizia   S.a.s.,  costituite  come  sopra  per
 l'annullamento della sentenza 4 aprile 1989, n.  232,  del  tribunale
 amministrativo  regionale per la Ligura con la quale e' stato accolto
 il ricorso proposto dagli attuali appellati avverso  i  provvedimenti
 di  approvazione  e  localizzazione  del  progetto di ampliamento del
 comando intermedio carabinieri di Santa  Margherita  Ligure  (decreto
 del  provveditore  alle  opere  pubbliche  della Liguria, 23 novembre
 1987, n. 4048) e gli atti presupposti e connessi;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dei signori  Giambrignoni
 ed  altri,  nonche'  l'atto  di  appello  incidentale  proposto dagli
 stessi;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita,  alla  pubblica udienza del 19 marzo 1991, la relazione del
 consigliere Lignani, e uditi altresi', gli avvocati Ricciardi Villani
 e Criscuoli, ciascuno per le parti rispettivamente rappresentate;
    Vista la propria decisione parziale deliberata nella stessa camera
 di consiglio, con la quale l'appello della
 Soc. G.S.B. e' stato dichiarato inammissibile, ed e' stato  rigettato
 in parte l'appello delle ammininistrazioni;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Gli  attuali  appellati,  gia'  ricorrenti  in  primo  grado, sono
 condomini e residenti in un fabbricato in  Santa  Margherita  Ligure,
 via Buonincontri, 4.
    Un  progetto  di ampliamento del comando intermedio carabinieri di
 Santa Margherita Ligure, approvato con decreto del provveditore  alle
 opere  pubbliche  della  Liguria,  23  novembre  1987,  n.  4048,  in
 attuazione del programma di cui alla legge 6 febbraio  1985,  n.  16,
 prevede  la  realizzazione di una nuova ala di fabbricato, su terreno
 di proprieta' demaniale ma a confine  ed  in  aderenza  col  suddetto
 fabbricato condominiale privato.
    I privati interessati hanno impugnato il progetto in parola, con i
 relativi atti amministrativi, davanti al t.a.r. della Liguria.
    Essi  esponevano, in punto di fatto, che la costruzione progettata
 si poneva per vari aspetti in contrasto con la disciplina urbanistica
 della zona, e contestavano, in punto di diritto,  che  l'opera  fosse
 svincolata da quella disciplina, come ritenuto invece dalle autorita'
 statali procedenti.
    In  paticolare, i ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa
 applicazione  dell'art.  81  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,
 richiamato  dalla legge 6 febbraio 1985, n. 16, nonche' la violazione
 e la falsa applicazione  di  quest'ultima  legge.  In  sostanza  essi
 negavano  che  l'opera in questione fosse legittimamente assimilabile
 alle opere destinate alla difesa nazionale, per quanto  attiene  allo
 speciale  regime  urbanistico  di  cui  all'art.  81  del  d.P.R.  n.
 616/1977, ma sostenevano che, comunque, tale regime speciale non puo'
 esonerare  l'autorita'  statale  dall'acquisire  il  consenso   delle
 autorita' urbanistiche regionali e comunali, qualora, come nella spe-
 cie,  si  tratti  di  realizzare opere in contrasto con gli strumenti
 urbanistici. Essi richiamavano anche la legge  n.  497/1978  che,  in
 materia  di  alloggi  per  militari, prevede una consultazione con le
 autorita'  regionali  qualora si tratti di opere contrastanti con gli
 strumenti   urbanistici.   Deducevano   anche   una   questione    di
 costituzionalita',  nei  confronti del combinato disposto della legge
 n. 16/1985 e dell'art. 81 del  d.P.R.  n.  616/1977,  qualora  lo  si
 volesse  interpretare  come  rivolto  ad estendere lo speciale regime
 urbanistico, dettato per le opere destinate  alla  difesa  nazionale,
 anche ad opere non aventi nella sostanza tale carattere.
    I  ricorrenti  denunciavano,  inoltre, la mancata acquisizione del
 nulla-osta prescritto dalle leggi in materia di tutela delle bellezze
 naturali, trattandosi di zona  vincolata  ai  sensi  della  legge  n.
 1497/1939.
    Nel  corso  del  giudizio  di primo grado, poi, i ricorrenti hanno
 proposto alcuni motivi aggiunti, con  riguardo  all'incompetenza  del
 provveditore  regionale  alle  oo.pp.  (il  progetto  avrebbe dovuto,
 invece, essere approvato dal Ministro dei ll.pp.),  alla  genericita'
 del   programma  ministeriale  (esso  avrebbe  dovuto  specificare  i
 requisiti dimensionali,  funzionali  e  di  sicurezza  delle  singole
 opere),  all'insussistenza  dei  presupposti  per  l'apposizione  del
 segreto militare al progetto contestato.
    Il tribunale amministrativo regionale, con sentenza pubblicata  il
 4 aprile 1989, n. 232, ha accolto il ricorso.
    Il  t.a.r.  ha  affermato,  innanzi  tutto, di ritenere provata la
 difformita' dell'opera rispetto  alla  disciplina  urbanistica  della
 zona.  Cio'  posto, ha osservato che l'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977
 sottrae, bensi', le opere destinate alla difesa  nazionale  all'onere
 di  concessione  edilizia  ed allo stesso accertamento di conformita'
 agli strumenti urbanistici, previsto per la generalita'  delle  opere
 statali ed attribuito alla competenza del Ministro dei ll.pp.; ma non
 le  sottrae  allo  speciale  procedimento, dettato dal terzo e quarto
 comma dello  stesso  art.  81,  con  riguardo  all'ipotesi  di  opere
 difformi  dallo strumento urbanistico. E poiche' nella fattispecie le
 procedure previste dall'art. 81 non sono state osservate, ha concluso
 per l'illegittimita' dell'apporvazione del progetto.
    La sentenza e' stata impugnata, con separati  appelli  principali,
 dalla societa' G.B.S. e dalle amministrazioni statali.
    La  societa'  G.S.B.  espone di essere l'appaltatrice dei lavori e
 sostiene   che   in   tale   qualita'   doveva   essere   considerata
 controinteressata  e contraddittrice necessaria nel giudizio di primo
 grado. Poiche', invece, il ricorso di primo grado  non  le  e'  stato
 notificato,  sostiene  che  esso  avrebbe  dovuto  essere  dichiarato
 inammissibile. Denuncia, inoltre, l'incompletezza del contraddittorio
 in primo grado anche per un altro motivo,  e  cioe'  perche'  non  e'
 stato  chiamato  in  giudizio  il  comune,  titolare  della  potesta'
 urbanistica.  Infine  contesta,  nel  merito,  la  fondatezza   della
 decisione appellata.
    Le    amministrazioni    dello   Stato,   ugualmente,   contestano
 l'ammissibilita' del ricorso di primo grado,  per  non  essere  stato
 stabilito  il  contraddittorio nei confronti della societa' G.S.B.; e
 nel merito contestano il fondamento della sentenza.
    Gli  originari  ricorrenti,  oltre  a   resistere   agli   appelli
 principali,  hanno proposto appello incidentale condizionato, al solo
 fine di riproporre i motivi che il t.a.r.  non  ha  preso  in  esame,
 considerandoli assorbiti.
    Con  decisione  parziale,  deliberata  nella  camera  di consiglio
 tenuta consecutivamente all'udienza del 19 marzo 1991,  la  sezione,'
 riuniti  i  giudizi,  ha  dichiarato  inammissibile,  per  difetto di
 legittimazione, l'appello della Soc. G.S.B. ed ha respinto  l'appello
 delle  amministrazioni  dello  Stato  limitatamente  al primo motivo,
 concernente l'asserita inammissibilita' del ricorso di  primo  grado;
 si   e'   quindi  riservata  di  esaminare  con  ulteriori,  appositi
 provvedimenti le questioni prosposte dagli altri motivi d'appello.
                             D I R I T T O
    1. - Il collegio ha risolto alcune questioni preliminari  con  una
 decisione  parziale:  si  e'  giudicato inammissibile, per difetto di
 legittimazione, l'appello della societa' G.S.B. e si e'  respinto  il
 primo   motivo   dell'appello   delle  amministrazioni  dello  Stato,
 concernente l'asserita inammissibilita' del ricorso  di  primo  grado
 per  mancata  notifica  alla  stessa societa' G.S.B.   Vengono ora in
 esame gli ulteriori motivi dell'appello delle  amministrazioni  dello
 Stato.
    2.  - Conviene ricordare che il tribunale amministrativo regionale
 ha accolto il ricorso dei privati, contro il progetto di  ampliamento
 dell'edificio  del comando intermedio carabinieri di Santa Margherita
 Ligure, "per violazione dell'art. 81 del d.P.R. 24  luglio  1977,  n.
 616".  Precisamente,  secondo il t.a.r. le amministrazioni procedenti
 giustamente hanno ritenuto che il progetto fosse sottratto  non  solo
 alla  concessione  edilizia  comunale,  come tutte le opere pubbliche
 statali in genere, ma anche allo speciale accertamento di conformita'
 agli strumenti urbanistici, di cui al secondo comma del  citato  art.
 81;   ma   avrebbe  errato  nel  ritenerlo  sottratto  altresi'  agli
 adempimenti dettati dai commi terzo e quarto  dello  stesso  articolo
 per  il caso in cui l'opera sia, come nella fattispecie, in contrasto
 con gli  strumenti  urbanistici.    Il  t.a.r.  e'  giunto  a  queste
 conclusioni  in  base  ad  una certa interpretazione dell'art. 81 del
 d.P.R. n. 616/1977, che viene ora  contestata  dalle  amministrazioni
 dello  Stato  appellanti.    Donde la questione di diritto che ora il
 collegio deve affrontare.
     3. - Le disposizioni che in  vario  modo  sono  state  richiamate
 nella  sentenza  o  negli atti di parte, come rilevanti ai fini della
 suddetta questione di diritto, sono le seguenti:
       a) la legge 6 febbraio 1985, n. 16, programma  quinquennale  di
 costruzione  di  nuove  sedi  di  servizio  e relative pertinenze per
 l'arma dei carabinieri, e in particolare l'art. 3, che  dispone:  "Ai
 fini dell'accertamento di conformita' previsto dell'art. 81 ( ..), le
 opere  di edilizia previste dalla presente legge sono equiparate alle
 opere destinate alla difesa militare";
       b) l'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il suo  secondo
 comma  dispone  che  "per  le  opere  da eseguirsi da amministrazioni
 statali  o  comunque  insistenti  su   aree   del   demanio   statale
 l'accertamento  della conformita' alle prescrizioni delle norme e dei
 piani urbanistici ed edilizi, salvo che per le opere  destinate  alla
 difesa  militare,  e'  fatto  dallo  Stato,  d'intesa  con la regione
 interessata"; il  terzo  comma  dispone  che  la  localizzazione  dei
 progetti  di  opere  pubbliche  "se difforme dalle prescrizioni e dai
 vincoli delle norme o dei piani  urbanistici  ed  edilizi,  e'  fatta
 dall'amministrazione  statale  competente  d'intesa  con  le  regioni
 interessate, che devono sentire preventivamente gli enti  locali  nel
 cui territorio sono previsti gli interventi"; il quarto comma dispone
 che  in  caso di mancata intesa con la regione, il progetto puo' aver
 corso se approvato con decreto del Presidente della Repubblica,  pre-
 via  deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la commissione
 interparlamentare per le questioni regionali;
       c) la legge 24 dicembre 1976, n.  898,  Nuova  regolamentazione
 delle  servitu' militari: il suo art. 3, primo comma, dispone che "In
 ciascuna regione e' costituito un comitato misto paritetico (composto
 da sei rappresentanti dello Stato e sei della regione)  di  reciproca
 consultazione    per    l'esame   (   ..)   dei   problemi   connessi
 all'armonizzazione tra i piani di assetto territoriale della  regione
 ed  i  programmi  delle  installazioni  militari  e delle conseguenti
 limitazioni"; lo stesso articolo, decimo comma, riserva  al  Ministro
 della  difesa  la  potesta'  di adottare "le definitive decisioni sui
 programmi di  installazioni  militari  e  relative  limitazioni",  ma
 attribuisce  alla  regione interessata la facolta' di chiedere, entro
 quindici giorni, che la questione sia riesaminata dal  Consiglio  dei
 Ministri;
       d) la legge 18 agosto 1978, n. 497, Autorizzazione di spesa per
 la  costruzione  di  alloggi  di servizio per il personale militare e
 disciplina delle relative concessioni:  il  suo  art.  4,  nel  testo
 novellato  dalla  legge  28  febbraio  1981,  n.  47,  dispone che il
 relativo programma d'interventi sara' realizzato "utilizzando aree ed
 immobili demaniali disponibili, in conformita'  alle  norme  ed  agli
 strumenti  urbanistici  vigenti,  ovvero  anche  in deroga ad essi ai
 sensi dell'art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357", vale a dire
 previo  nulla-osta  della  sezione  urbanistica  regionale  e   della
 soprintendenza  ai  monumenti; dispone altresi' che le infrastrutture
 realizzate all'interno di basi, impianti, installazioni  militari,  o
 posti  al  loro diretto e funzionale servizio "sono da considerarsi a
 tutti gli effetti opere destinate alla difesa nazionale e,  pertanto,
 dovranno  essere realizzate con l'eccezione prevista al secondo comma
 dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942,  n.  1150,  come  modificato
 dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765";
       e)  la  legge  11  marzo  1988,  n.  67,  Disposizioni  per  la
 formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
 finanziaria  1988:  il suo art. 17, ventiquattresimo comma, dopo aver
 rifinanziato il programma di alloggi di servizio per militari, di cui
 alla legge n. 497/1978, aggiunge: "Nella localizzazione dei  predetti
 alloggi  devono  essere  osservate  le  prescrizioni  degli strumenti
 urbanistici adottati e delle leggi in materia di tutela paesaggistica
 e di protezione delle bellezze naturali".
    4. - Cio' posto, occorre verificare, al  di  la'  delle  deduzioni
 delle   parti,   quali   fra  le  disposizioni  teste'  citate  siano
 direttamente applicabili nella fattispecie.
    Non sembrano esserlo, innanzi tutti, quelle relative agli  alloggi
 di servizio per il personale militare, di cui alla legge n. 497/1978,
 come  integrata  dalla  legge  n.  47/1981  e dalla legge n. 67/1988.
 Queste disposizioni si riferiscono  ad  uno  specifico  programma  di
 realizzazione  di alloggi di servizio per militari, che e', con tutta
 evidenza, cosa diversa dal programma quinquennale di  nuove  sedi  di
 servizio,  e  relative pertinenze per l'arma dei carabinieri, oggetto
 della legge n. 16/1985. I due programmi differiscono  per  finalita',
 durata,   fonti  di  finanziamento,  disciplina  procedurale,  e  via
 dicendo; e non pare che le disposizioni relative al  primo  programma
 (legge  n. 497/1978) possano essere mutuate con riferimento a singoli
 progetti rientranti nel secondo programma  (legge  n.  16/1978)  solo
 perche'  si  tratti,  occasionalmente,  di "pertinenze" da utilizzare
 come alloggi.  Ma anche volendo supporre che  le  norme  dettate  per
 l'un  programma siano applicabili pure all'altro, sta di fatto che la
 legge n.  67/1988 e' posteriore all'approvazione del progetto ora  in
 contestazione,   e   che  essa  ha  carattere  innovativo,  non  gia'
 interpretativo, ne' retroattivo, nella parte in  cui  esclude  quella
 facolta'  di deroga agli strumenti urbanistici, che le leggi del 1978
 e del 1981 espressamente concedevano. Pertanto la legge del 1988  non
 protrebb'essere  invocata  per affermare l'illegittimita' di progetti
 gia'  approvati,  contrastanti  con  gli  strumenti  urbanistici   ma
 conformi alle previsioni derogatorie delle leggi del 1978 e del 1981.
 Ora,  in base a queste due ultime leggi, un progetto contrastante con
 lo strumento urbanistico doveva senz'altro considerarsi legittimo, se
 relativo ad opere  da  eseguirsi  all'interno  di  basi,  impianti  o
 installazioni  militari,  o  posti a diretto e funzionale servizio di
 essi (cfr. Cass. terza sezione pen., 29 maggio 1987, Morreale, che ha
 annullato pret. Taranto, 10 dicembre  1986),  o,  altrimenti,  poteva
 essere  autorizzato  mediante  nulla  osta  della sezione urbanistica
 regionale e della soprintendenza ai monumenti.
    Sicche', anche volendo supporre: a) che  nella  fattispecie  fosse
 applicabile  la  legge  n.  497/1978,  come modificata dalla legge n.
 47/1981; b) che l'opera rientrasse fra quelle per  cui,  a  norma  di
 detta legge, occorrevano i nulla osta in parola, emergerebbe un vizio
 di legittimita' differente da quello ritenuto sussistente dal t.a.r.;
 che  e', si ricorda, la mancata applicazione delle ben diverse proce-
 dure di cui al terzo e  quarto  comma  dell'art.  81  del  d.P.R.  n.
 616/1977.   In altre parole, il vizio di legittimita' derivante dalla
 supposta violazione della legge n. 497/1978,  non  s'identificherebbe
 col vizio derivante dalla supposta violazione dell'art. 81 del d.P.R.
 n.    616/1977.  Peraltro  il  t.a.r.  ha ravvisato nella fattispecie
 proprio  quest'ultimo  vizio,   con   argomentazioni   interpretative
 "interne"  allo  stesso  art.  81,  e  altre  derivate  dai  principi
 generali. E percio', dato e non concesso che nella fattispecie  fosse
 applicabile  anche  la  legge  n.  497/1978,  non  sarebbe  questo un
 argomento utile per sostenere la fondatezza  del  giudizio  dato  dal
 t.a.r. in ordine all'interpretazione dell'art. 81.
    5.  -  Considerazioni parzialmente analoghe possono essere fatte a
 proposito della legge  24  dicembre  1976,  n.  898,  in  materia  di
 servitu' militari.
    Questa volta, a sostegno dell'applicabilita' della legge in parola
 alla fattispecie potrebbe venir invocato un autorevole precedente: la
 Corte   costituzionale,  con  sentenza  6  dicembre  1988,  n.  1065,
 pronunciata su conflitto di attribuzioni fra lo Stato e una  regione,
 ha affermato che anche per la scelta del sito di una sede di servizio
 dei  Carabinieri  e'  necessaria  la  consultazione prevista da detta
 legge.   Anche in  questo  caso,  pero',  il  vizio  derivante  dalla
 supposta  violazione  della  legge  24  dicembre  1976,  n.  898, non
 potrebbe identificarsi con quello derivante dalla supposta violazione
 dell'art. 81 del d.P.R.  n.  616/1977:  cosi'  come  il  procedimento
 delineato  dall'una  legge non s'identifica con quello dell'altra.  E
 si puo' osservare che per l'interesse dei privati  ricorrenti  sembra
 maggiormente  satisfattiva  l'affermazione  che  l'opera  de  qua era
 soggetta  alle  procedure  di  cui all'art. 81, terzo e quarto comma;
 viceversa, le amministrazioni  dello  Stato  hanno  interesse  a  far
 affermare  che  l'opera  non  era  soggetta all'art. 81, anche se, in
 ipotesi, si  dovesse  concludere  che  era  soggetta  alla  legge  n.
 896/1976.    Si  dovrebbe  ancora  verificare se nel ricorso di primo
 grado sia ravvisabile  la  prospettazione  di  uno  specifico  motivo
 d'impugnazione  riferito  alla  supposta  violazione  della  legge n.
 898/1976;  intesa   come   norma   direttamente   applicabile   nella
 fattispecie.      Ma   pure   se  cosi'  fosse,  resterebbe  comunque
 prioritaria, e non potrebbe venir  aggirata  o  elusa,  la  questione
 dell'interpretazione  e  dell'applicazione dell'art. 81 del d.P.R. n.
 616/1977.  A questo problema sono, dunque, dedicate le considerazioni
 che seguono.
    6. - Il tribunale amministrativo ha basato la sua  interpretazione
 dell'art. 81 partendo da un'esegesi testuale dei commi secondo, terzo
 e  quarto;  ha  poi  ritenuto di poter trovare nella sistematica, nei
 principi generali e  nella  ratio  legis  le  opportune  conferme  al
 risultato ottenuto per via esegetica.
    In  sostanza,  sul  piano  testuale  il  t.a.r.  ha  osservato che
 l'inciso "salvo che per le opere destinate alla difesa  militare"  si
 legge  solo  nel  secondo  comma,  non  nel  terzo  e  nel quarto. Di
 conseguenza,   il   regime   differenziato   delle   opere   militari
 riguarderebbe soltanto il momento dell'accertamento della conformita'
 agli   strumenti   urbanistici,   e  consisterebbe  soltanto  in  uno
 spostamento di competenza: il giudizio di conformita'  dovrebb'essere
 espresso  dalla  stessa  amministrazione militare, anziche' da quella
 dei lavori pubblici (cfr. art. 31 della legge n. 1150/1942)  e  senza
 bisogno  d'intesa  con  la  regione.  Ma  quante  volte tale giudizio
 dovesse  concludersi  nel  senso   della   difformita',   il   regime
 differenziato  verrebbe  meno,  e  le  opere  destinate  alla  difesa
 militare rientrerebbero  nella  disciplina  comune  alla  generalita'
 delle opere pubbliche statali non conformi ai piani regolatori.  Pare
 al   collegio   che  questa  ricostruzione  della  normativa  non  si
 giustifichi sullo stesso piano letterale. Nel secondo comma, l'inciso
 "salvo che per le opere destinate alla difesa  militare"  non  sta  e
 disporre  che,  per queste opere, l'accertamento di conformita' segue
 un procedimento diverso:  se  questa  fosse  stata  l'intenzione  del
 legislatore   delegato,   vi  sarebbe  stato  almeno  un  accenno  al
 procedimento da seguire. Sta invece a significare che per le opere di
 difesa si prescinde dall'accertamento di conformita'.
    Ma se e' cosi', viene meno il presupposto  stesso  dell'ipotizzata
 applicazione  del terzo e del quarto comma alle opere di difesa. Essi
 prevedono i meccanismi per consentire  la  realizzazione  dell'opera,
 superando  l'ostacolo  rappresentato  dall'eventuale  sua difformita'
 rispetto al piano regolatore: se per determinate opere  dal  giudizio
 di conformita' si prescinde, l'eventuale difformita' e' irrilevante e
 non vi e' luogo a ricorrere a procedure di risoluzione del conflitto.
 D'altronde, una volta che il legislatore ha ritenuto di attribuire un
 regime    urbanistico    privilegiato    alle    opere   di   difesa,
 differenziandole dalla generalita'  delle  opere  pubbliche  statali,
 sembrerebbe   poco  ragionevole  che  tale  regime  differenziato  si
 applicasse solo nell'ipotesi, verosimilmente marginale  e  di  scarso
 interesse, di opere di difesa previste dal piano regolatore comunale;
 mentre  in  caso  contrario, e cioe' nell'ipotesi piu' frequente e di
 maggior  rilevanza,  le  opere di difesa sarebbero interamente assim-
 ilate alle ordinarie opere pubbliche statali.   Inoltre,  sempre  con
 riferimento  al  contesto dell'art. 81, si osserva che l'ultimo comma
 di detto articolo fa espressamente salve le disposizioni della  legge
 n.  898/1976  in materia di servitu' militari. Peraltro, se l'art. 81
 si dovesse interpretare nel senso voluto dal t.a.r., la sopravvivenza
 della legge del 1976 non avrebbe ragion  d'essere.  Le  finalita'  di
 tutela  delle autonomie locali, di coordinazione fra opere militari e
 territorio, ecc., sottese alla legge del 1976, sarebbero  interamente
 e  forse  meglio  soddisfatte mediante le procedure dei commi terzo e
 quarto dell'art. 81. A quanto pare, invece, il  legislatore  delegato
 ha fatta salva la legge del 1976, perche' era consapevole che i commi
 terzo  e  quarto  dell'art.  81  non  sono  applicabili alle opere di
 difesa. In alternativa, si puo'  anche  pensare  che  il  legislatore
 delegato  abbia  considerato necessario richiamare la legge del 1976,
 perche' riteneva che, in mancanza, alle  opere  militari  si  sarebbe
 estesa  la  disciplina generale di commi terzo e quarto: in ogni caso
 il risultato dell'interpretazione  e'  lo  stesso,  e  cioe'  che  la
 confermata  vigenza della legge del 1976 esclude l'applicabilita' dei
 commi terzo e quarto alle opere di difesa.
    7.   -   Queste   conclusioni   non   sono   contraddette    dalle
 considerazioni,  relative  ai  principi generali ed alla ratio legis,
 che il t.a.r. ha creduto di poter addurre a  conforto  della  propria
 contraria interpretazione.
    Ed  invero,  non  pare  contestabile  che  le opere destinate alla
 difesa nazionale richiedano, per loro natura, un  regime  urbanistico
 differenziato   rispetto   alla  generalita'  delle  opere  pubbliche
 statali. Cio' si dice non tanto con riferimento ad una  gerarchia  di
 valore fra interessi pubblici; benche' sembri tuttora sostenibile che
 l'interesse dello Stato a con servare l'integrita' del territorio, la
 sovranita'  e  l'indipendenza  s'identifichi  con  l'interesse  della
 comunita' nazionale a sopravvivere come tale,  e  sia,  pertanto,  un
 interesse  primario:    primum  vivere.  Si  dice  piuttosto perche',
 secondo la comune esperienza, le esigenze connesse alla distribuzione
 territoriale  delle  opere  di  difesa  ed  alla  loro  progettazione
 trascendono   le   possibilita'   di  apprezzamento  delle  autorita'
 urbanistiche.  La misura, poi, del relativo affrancamento delle opere
 di  difesa  dalla  pianificazione  territoriale  generale,   con   il
 necessario  contemperamento  delle diverse esigenze, e' questione che
 spetta al legislatore risolvere: in questa sede si  discute  de  iure
 condito, e piu' precisamente dell'interpretazione dell'art. 81, ed il
 collegio non puo' che prendere atto della volonta' espressa in questa
 norma.
    8.  -  Tutto  cio'  vale,  peraltro,  a  condizione  che si tratti
 realmente di "opere destinate alla difesa nazionale", e non di  opere
 di  altra  natura,  artificiosamente  definite  tali  al solo fine di
 sottrarle alla disciplina urbanistica propria delle  ordinarie  opere
 pubbliche statali.
    Si  puo' ammettere che, come ogni altra espressione del linguaggio
 giuridico,  anche  la  nozione  di  "opere  destinate   alla   difesa
 nazionale"  abbia  confini non sempre chiaramente riconoscibili; e si
 puo' ammettere che entro questi margini d'incertezza  il  legislatore
 abbia  il  potere  d'intervenire  autoritativamente,  attribuendo,  o
 negando ex professo, la qualita'  di  "opera  destinata  alla  difesa
 nazionale",   ad   un'opera   il  cui  carattere  sarebbe  altrimenti
 controvertibile.    Ma  altro  e'  dire  che  il  legislatore   possa
 attribuire   detta  qualita'  ad  opere  che,  di  per  se',  abbiano
 pacificamente altra natura, e che  non  rivestano  alcuna  di  quelle
 speciali  caratteristiche  ed  esigenze che giustificano uno speciale
 regime urbanistico.  Il problema non si porrebbe  se  il  legislatore
 fosse arbitro di sottrarre, indiscriminatamente, questa o quell'opera
 pubblica  alla  disciplina  urbanistica generale. Se cosi' fosse, una
 ipotetica legge che qualificasse come "opere di difesa", ad  es.,  le
 biblioteche  pubbliche,  o  i cimiteri, sarebbe forse criticabile sul
 piano della proprieta' di linguaggio, ma non  censurabile  sul  piano
 giuridico.    Il  legislatore,  pero',  non e' interamente libero, in
 quanto e' soggetto ai limiti che  gli  derivano  dalla  Costituzione.
 Ora,  in  materia di relazioni fra le opere pubbliche e la disciplina
 urbanistica,   vengono   in    considerazione    numerosi    precetti
 costituzionali.    In  primo luogo, vi sono gli artt. 117 e 118 della
 Costituzione, che attribuiscono  alle  regioni,  rispettivamente,  la
 potesta'   legislativa   e   quella   amministrativa,  nella  materia
 dell'urbanistica.  In secondo luogo, vi sono gli artt. 5 e  128,  che
 attribuiscono   rilevanza  costituzionale  all'autonomia  degli  enti
 locali; autonomia  che,  manifestamente,  non  puo'  non  esprimersi,
 primariamente, nel governo del territorio.
    In  terzo  luogo, vi e' l'art. 9 secondo comma, che, affermando il
 valore costituzionale del  paesaggio  e  del  patrimonio  storico  ed
 artistico  intuitivamente  assoggetta  ai  relativi  vincoli anche le
 opere pubbliche,  salvo  che  il  sacrificio  di  quei  beni  risulti
 indispensabile  in  vista  d'interessi altrettanto tutelati sul piano
 costituzionale.     Pertanto,   una   legge   che   nominalmente   ed
 arbitrariamente  conferisca  la  qualita'  di  "opera  di  difesa" ad
 un'opera di altra natura, al solo fine di sottrarla  alla  disciplina
 urbanistica  generale,  potrebbe venir giudicata incostituzionale per
 violazione delle norme teste' riferite.
    9. - Pare al collegio  che  questo  sia  il  caso  della  legge  6
 febbraio 1985, n. 16, art. 3.
    Al  riguardo  va  notato  che con le parole "le opere di edilizia,
 previste dalla presente legge, sono equiparate alle  opere  destinate
 alla  difesa  militare",  il  legislatore  stesso  sembra rivelare la
 consapevolezza  di  stare  operando  non  un   semplice   chiarimento
 interpretativo,  ma  una  vera  e propria estensione di disciplina ad
 opere non suscettibili, per se', di essere giudicate "opere destinate
 alla difesa militare".  Da un punto di  vista  sostanziale,  poi,  si
 osserva  che  e'  innegabile l'intensita' del pubblico interesse alla
 piena  efficienza  delle   strutture   edilizie   logistico-operative
 dell'arma dei carabinieri. Ma pare altrettanto certo che si tratti di
 strutture  concepite  essenzialmente,  o  almeno prevalentemente, per
 funzioni di ordine pubblico, di  pubblica  sicurezza,  e  di  polizia
 giudiziaria,  piuttosto  che  per  funzioni  di  difesa nazionale. In
 questa luce, l'interesse pubblico  alla  realizzazione  dell'edificio
 per  una  stazione di carabinieri non appare qualitativamente diverso
 da quello relativo, ad es., ad un tribunale,  una  prefettura  o  una
 questura.    Sicche',  se  lo  Stato, per realizzare la nuova sede di
 uffici giudiziari o di uffici pubblici in genere, deve sceglierne  il
 sito  in  conformita' ai piani urbanistici, o altrimenti esperire, in
 contraddittorio con le autorita' regionali e locali, le procedure  di
 cui  ai commi terzo e quarto dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, non
 vi e' alcuna evidente ragione perche' altrettanto non debba  avvenire
 per una sede di servizio dei carabinieri.
    Si  tratta,  in  ogni  caso,  di strutture la cui collocazione, in
 genere, non e' strettamente necessitata da esigenze tecniche ed oper-
 ative,  e  per  le  quali   e'   sufficiente   individuare   l'ambito
 territoriale,  piu'  o  meno  vasto  (una circoscrizione comunale, un
 centro abitato, un quartiere urbano), entro il quale debbono  trovare
 sede.   Pertanto, l'applicazione dell'art. 81, compresi i commi terzo
 e  quarto,  non  si   prospetta   come   eccessivamente   gravosa   o
 pregiudizievole per gli interessi dello Stato, tenuto anche conto che
 queste   disposizioni   consentono,   in   definitiva,  il  prevalere
 dell'interesse  dello  Stato  sugli  orientamenti   delle   autorita'
 urbanistiche locali.
    10.   -   Si   puo'   dunque  concludere  nel  senso  che  non  e'
 manifestamente infondato il sospetto d'incostituzionalita'  dell'art.
 3  della  legge 6 febbraio 1985, n. 16, con riferimento agli articoli
 costituzionali 117  e  118  (riserva  di  competenze  legislative  ed
 amministrative alle regioni, in materia urbanistica), 5 e 128 (tutela
 dell'autonomia  degli  enti  locali)  e  9, secondo comma (tutela del
 paesaggio e del patrimonio storico e artistico).
    La questione  e'  rilevante,  perche',  una  volta  eliminato,  in
 ipotesi,  il  suddetto  art.  3, si dovrebbe confermare, sia pure con
 motivazione parzialmente diversa, la  sentenza  del  t.a.r.,  che  ha
 giudicato  illegittimo  il  progetto de quo perche' non approvato con
 l'osservanza delle procedure di cui all'art.  81,  secondo,  terzo  e
 quarto  comma  del  d.P.R.  n.  616/1977.  Se, invece, l'eccezione di
 costituzionalita'   dovesse   venire   rigettata,   in   base    alle
 considerazioni  sopra  esposte la sentenza dovrebb'essere riformata e
 il  progetto  dovrebb'essere   giudicato,   sotto   questo   profilo,
 legittimo; salvo l'eventuale accoglimento del ricorso dei privati per
 altri  motivi,  che comporterebbe conseguenze parzialmente diverse in
 ordine agli interessi delle parti  ed  alle  ulteriori  attivita'  di
 coimpetenza dell'amministrazione.
    11.  -  Pertanto,  a  scioglimento  della  riserva contenuta nella
 decisione parziale  gia'  deliberata  da  questo  collegio,  si  deve
 sospendere   il   giudizio   e   rimettere   gli   atti   alla  Corte
 costituzionale, per la soluzione dell'incidente di  costituzionalita'
 sopra prospettato; e riservare, all'esito dell'incidente stesso, ogni
 altra pronuncia in rito, in merito e sulle spese.