LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso iscritto al n.
 C/121253 del registro di segreteria, presentato  dal  sig.  Cremonini
 Guido  nato  il  30  ottobre 1912, elettivamente domiciliato in Roma,
 V.G. Marcora n. 20 presso l'avv.  Darwin Albanese, avverso il decreto
 n. 2766 in data 30 marzo 1981 della direzione generale degli istituti
 di previdenza (C.P.D.E.L.), uditi,  nella  pubblica  udienza  del  20
 marzo 1991, con l'assistenza del segretario dott.ssa Laura Camilleri,
 il  consigliere  relatore  Manlio  Licari,  l'avv.  Darwin  Albanese,
 l'avvocato dello Stato Nadia Palmieri  e  il  pubblico  ministero  in
 persona del v.  procuratore generale dott. Gennaro Saccone;
    Visti gli atti e previa decisione parziale;
                           RITENUTO IN FATTO
    Con  odierna  decisione  parziale  questa  sezione, sul ricorso in
 epigrafe, ha riconosciuto (in relazione alla sentenza n. 566 del 1989
 della Corte costituzionale)  il  diritto  del  sig.  Guido  Cremonini
 (pensionato   C.P.D.E.L.   svolgente   attivita'   lavorativa  presso
 l'orfanatrofio di  Castelfranco  Emilia)  all'indennita'  integrativa
 speciale  accessoria  alla  pensione,  in  misura  intera  fino al 31
 dicembre 1978 e, dal 1º gennaio 1979  alla  cessazione  del  servizio
 contemporaneo  a  pensione  (31  ottobre  1979),  con  le limitazioni
 (intanto) di cui agli artt. 17 della legge n. 843/1978 e 15 del d.-l.
 n. 663/1979, convertito in  legge  n.  33/1980;  ha,  per  il  resto,
 sospeso   il   giudizio   in   attesa  della  pronuncia  della  Corte
 costituzionale sulla questione che viene sollevata  con  la  presente
 separata ordinanza.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    Con   la  sentenza  n.  566  del  13-22  dicembre  1989  la  Corte
 costituzionale - accogliendo in parte le argomentazioni di  cui  alla
 ordinanza  di questa sezione n. 61680 del 9 febbraio 1988 (pubblicata
 in Gazzetta Ufficiale n. 12, 1a serie  spec.  dell'anno  1989)  -  ha
 dichiarato   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  99,  quinto
 comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, per  parziale  contrasto
 con  l'art.  36,  primo  comma, della Costituzione, in quanto "non ha
 stabilito il limite dell'emolumento per le attivita'  alle  quali  si
 riferisce,  dovendosi  ritenere  ammissibile,  al  di  sotto  di tale
 limite,  il  cumulo  integrale  fra   trattamento   pensionistico   e
 retribuzione, senza che sia sospesa la corresponsione dell'indennita'
 integrativa".
    Identica  questione  ritiene  il collegio sussistente nei riguardi
 degli artt. 17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978, n.  843  e
 15  del  d.-l.  30  dicembre  1979,  n.  663,  convertito in legge 29
 febbraio  1980,  n.  33,  in   quanto   implicano   una   sostanziale
 decurtazione   del   complessivo   trattamento   pensionistico  senza
 stabilire il limite minimo dell'emolumento dell'attivita'  esplicata,
 in  relazione alla quale tale decurtazione diventa operante; con cio'
 ponendosi  in  contrasto  con   l'art.   36,   primo   comma,   della
 Costituzione,  nel senso gia' ritenuto dalla Corte costituzionale con
 la citata sentenza.
    E'  pur  vero  che  le  norme implicate prevedono un meccanismo di
 parziale conservazione delll'indennita' integrativa speciale,  ma  e'
 altrettanto  vero  che  le  relative modalita' (salvezza dell'importo
 corrispondente al trattamento minimo  di  pensione  previsto  per  il
 fondo  pensioni  lavoratori  dipendenti e limitazione agli incrementi
 dell'indennita' integrativa speciale accertati dal 1º gennaio 1979 in
 poi) non corrispondono al  criterio  di  legittimita'  costituzionale
 indicato  dalla  Corte  costituzionale,  che  ha  riguardo - invece -
 all'entita'  del  compenso  per  l'attivita'  lavorativa  svolta  dal
 pensionato.
    Nella  ritenuta  applicabilita'  alla  fattispecie  delle predette
 norme di legge  e  negli  attuali  limiti  della  decisione  parziale
 favorevole  al  ricorrente  (che ne conseguono allo stato) risiede la
 rilevanza  della  questione  che  il  collegio   solleva   d'ufficio,
 ritenendola non manifestamente infondata.