IL PRETORE F A T T O A seguito di protesto di un assegno bancario dell'importo di L. 10.000.000 emesso in Giffoni Valle Piana il 20 dicembre 1989 e tratto sul Monte dei Paschi di Siena filiale di Scafati, il p.m. presso la pretura circondariale di Salerno emetteva in data 15 maggio 1990 decreto di citazione a giudizio di Sperindeo Gaetano davanti al pre- tore della Sezione distaccata di S. Cipriano Piacentino per il delitto previsto dall'art. 116 del r.d. n. 1736/1933. Nei termini di legge l'imputato formulava richiesta di applicazione della pena nella misura di L. 500.000 di multa, previa concessione delle attenuanti generiche oltre che della diminuente del rito. Il p.m. esprimeva il consenso sulla richiesta. Lo scrivente quale giudice per le indagini preliminari, all'esito dell'udienza camerale, respingeva la richiesta ravvisando tra l'altro l'erronea concessione delle attenuanti generiche precluse, ad avviso del giudicante, dai numerosi precedenti penali specifici dello Sperindeo. Costui pertanto, in applicazione degli artt. 563, terzo comma, e 562, primo comma, del c.p.c., veniva nuovamente citato a giudizio del Pretore del dibattimento. Dopo la sospensione del processo ex lege (art. 11, secondo comma, della legge 15 dicembre 1990, n. 386) all'odierna udienza lo scrivente, quale magistrato in supplenza presso la sezione distaccata di S. Cipriano Picentino, si trova a svolgere le funzioni di pretore del dibattimento. D I R I T T O Osserva questo giudice che il caso di specie (e cioe' l'essere il medesimo magistrato investito quale pretore del dibattimento della cognizione di un processo nel quale egli ha gia' svolto le funzioni di giudice per le indagini preliminari respingendo la richiesta dell'imputato di applicazione della pena) non e' espressamente contemplato dall'art. 34 del c.p.p. tra le cause di incompatibilita' che giustifichino l'astensione ai sensi dell'art. 36, lett. g), stesso codice. L'art. 34 nel secondo comma ravvisa infatti l'incompatibilita' soltanto nelle ipotesi in cui il giudice per le indagini preliminari abbia emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare ovvero abbia disposto il giudizio immediato (fattispecie che esulano entrambe dal rito pretorile e che si riferiscono esclusivamente al procedimento davanti al tribunale); nonche' nell'ipotesi prevista dall'art. 428 del c.p.p. di competenza della corte di appello e nel caso in cui il giudice abbia emesso il decreto penale di condanna opposto. La Corte costituzionale, con sentenza n. 496 del 26 ottobre 1990, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al successivo giudizio abbreviato il g.i.p. presso la pretura che abbia emesso l'ordinanza di rigetto della richiesta di archiviazione. Si legge nella motivazione della citata sentenza che "il regime delle incompatibilita' indicato nella legge delega risponde all'esigenza di evitare che la valutazione di merito del giudice possa (o possa ritenersi che sia) condizionata dallo svolgimento di determinate attivita' nelle precedenti fasi del procedimento o dalla previa conoscenza dei relativi atti processuali". Cio' premesso, la Corte costituzionale osserva che, con riferimento agli istituti che la legge delega non ha direttamente previsto nella materia de qua, occorre verificare in concreto la ricorrenza o meno delle ragioni che hanno ispirato le direttive impartite dal legislatore delegante e, in tale prospettiva, ravvisa la convergenza sotto piu' profili della fattispecie non prevista dalla norma sottoposta al suo giudizio con un'ipotesi di incompatibilita' prevista dall'art. 34 del c.p.p., individuando un comune denominatore nell'operata valutazione non formale ma di contenuto dei risultati delle indagini preliminari. Analoga valutazione ritiene di aver effettuato lo scrivente dell'esercizio delle sue funzioni di g.i.p. presso la pretura circondariale allorche' respingeva la richiesta di applicazione della pena, restituendo gli atti al p.m. e motivando la relativa ordinanza sotto il profilo della prospettazione erronea di circostanze attenuanti con le relative conseguenze in ordine alla determinazione della pena. Pertanto, per identita' di ratio con la fattispecie gia' esaminata dalla Corte costituzionale nella menzionata sentenza n. 496/1990 e per la necessita' di una rigorosa tutela del principio di terzieta' del giudice, dettato per il giudizio pretorile dalla direttiva 103 della legge delega n. 81 del 16 febbraio 1987 per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, questo giudice ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. (d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447) nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il g.i.p. presso la pretura circondariale che abbia emesso l'ordinanza di rigetto della richiesta di applicazione della pena con restituzione degli atti al p.m. ai sensi degli artt. 563, terzo comma, e 562, primo comma, del c.p.p. La questione appare decisamente rilevante nel procedimento penale in corso, pervenuto alla fase dibattimentale e non essendovi altrimenti alternative alla sua celebrazione e definizione. E' il caso di aggiungere che questo giudice non ritiene possibile superare i dubbi di legittimita' costituzionale della norma attraverso un'interpretazione per cosi' dire estensiva od analogica della stessa, condividendo sul punto i rilievi gia' espressi dal pre- tore di Massa con l'ordinanza che sollevava la questione decisa dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 496/1990. Ne' appaiono invocabili nella specie le gravi ragioni di convenienza previste dalla lett. h) dell'art. 36 del c.p.p. giacche' esse esulano concettualmente dall'ambito delle cause di incompatibilita' e sono piuttosto da individuare per analogia con gli altri motivi di astensione ovvero di ricusazione secondo il diverso ipianto del codice di rito abrogato ed atteso che, diversamente opinando, si sarebbe potuta evitare la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. trovandosi il rimedio nel sistema. E' degno in ogni caso di nota il fatto che il Giudice, qualora non ravvisi nel caso in esame una grave ragione di convenienza per astenersi, non potrebbe neppure essere ricusato dalle parti, non essendo tale ipotesi prevista dall'art. 37, primo comma, lett. a), del c.p.p.