IL TRIBUNALE
    Ritenuto   necessario   sollevare   d'ufficio   la   questione  di
 costituzionalita', in riferimento all'art. 101, secondo comma,  della
 Costituzione,  degli  artt. 476, secondo comma, e 207, secondo comma,
 del c.p.p., nella  parte  in  cui  non  prevedono,  se  il  testimone
 commette  al dibattimento taluno dei fatti previsti dall'art. 372 del
 c.p., di trasmettere immediatamente il verbale al p.m.  e  sospendere
 il  dibattimento in attesa del giudizio di falsita', qualora cio' sia
 necessario per la definizione del procedimento in corso;
                             O S S E R V A
    Nel corso dell'istruttoria dibattimentale nei confronti di  Faraci
 Giovanni,  imputato dei reati di cessione di stupefacenti, estorsione
 aggravata, porto e detenzione illegale  di  pistola,  veniva  sentita
 come  teste  Calcagno  Caterina.  Interrogata  dal  p.m.  la Calcagno
 rendeva dichiarazioni totalmente difformi da quelle accusatorie  rese
 nel  corso  delle indagini preliminari al p.m. il quale gliene faceva
 rituale contestazione. Persistendo in questo atteggiamento ed  avendo
 lettura del verbale di sequestro di una foto del Faraci che risultava
 essere  stata da lei fornita ai c.c. operanti al fine di identificare
 la persona che l'aveva minacciata con un coltello, la teste negava di
 aver consegnato la foto e di aver indicato la persona ivi raffigurata
 come autore delle minacce, contrariamente a quanto riferito dal teste
 sig. Loiacono.
    La testimonianza della Calcagno  e'  risultata  essere,  all'esito
 dell'istruttoria  dibattimentale, fonte di prova determinante ai fini
 della decisione.
    Rileva il tribunale che la commissione in  udienza  del  reato  di
 falsa  testimonianza  trovava  nel  previgente  codice  di  rito  una
 compiuta regolamentazione.
    L'art. 458 del c.p.p. 1930, infatti, consentiva, oltre all'arresto
 del testimone che si assumeva  essere  falso,  la  facolta',  per  il
 giudice,  di  sospendere il giudizio in corso, in attesa del giudizio
 sulla falsita'  cui  poteva  anche  provvedere  direttamente,  ovvero
 trasmettere  gli atti al p.m. a procedere oltre, se il giudizio sulla
 falsita' non appaia assolutamente necessario ai fini della  decisione
 del giudizio in corso.
    Il  sistema  risultante dal combinato disposto degli attuali artt.
 476, secondo comma, e 207, secondo comma, del c.p.p. - che invece non
 prevedono   una   disciplina   delle   possibili   interferenze   tra
 procedimento  in  corso  e giudizio sulla falsita' - e la mancanza di
 una norma generale che consenta la sospensione  del  procedimento  in
 presenza  di  pregiudiziale penale (art. 479 del c.p.p.) obbligano il
 giudice a proseguire il dibattimento fino alla  sentenza,  anche  nel
 caso  in  cui si riveli assolutamente necessario l'accertamento sulla
 falsita' del teste che rimane rimesso  ad  un  eventuale  e  separato
 procedimento.
    Pertanto,  nel  caso in cui l'imputazione sia sostenuta - come nel
 caso in esame - da dichiarazioni  di  una  persona  che,  chiamata  a
 deporre non le confermi, il giudizio, non potendo il giudice esimersi
 dal   proseguirlo,  non  potra'  che  concludersi  con  una  sentenza
 assolutoria, destinata  a  rimaner  ferma,  quand'anche  venisse  poi
 accertato  che  la  mancata  conferma  fosse  deviata  dall'opera  di
 intimidazione o subornazione  posta  in  essere  dall'imputato  o  da
 terzi.
    Questo risultato sembra porsi in contrasto con l'art. 101, secondo
 comma,  della  Costituzione in quanto impedisce un corretto esercizio
 della  funzione  giurisdizionale.  Infatti,  il   giudice,   soggetto
 soltanto alla legge, si vede costretto a porre a fondamento della sua
 decisione un fatto che vi e' il sospetto costituisca illecito penale.