Ricorso della regione Liguria, in persona del presidente pro- tempore, rappresentato e difeso per procura a margine del presente atto dell'avv. Giuseppe Petrocelli, con domicilio eletto in Roma, presso lo studio dell'avv. Gian Paolo Zanchini, via Settembre, 1, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del presidente pro-tempore per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 30 aprile 1992, n. 274, recante "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative ed altre disposizioni urgenti". F A T T O Sulla Gazzetta Ufficiale n. 101 del 2 maggio 1992 e' stato pubblicato il d.-l. indicato in epigrafe ove, all'art. 3 e' stato qualificato come perentorio il termine di centottanta giorni assegnato alle regioni dall'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702, convertito in legge 8 gennaio 1979, n. 3, per l'approvazione degli strumenti urbanistici comunali, pena la formazione del silenzio-assenso. La regione Liguria assume la illegittimita' costituzionale della disposizione ridetta, e pertanto si vede costretta ad impugnarla davanti a codesta ecc.ma Corte, adducendo i seguenti motivi di D I R I T T O I. - Violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione in relazione all'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 e agli artt. 79 e 80 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 16. Com'e' noto, l'art. 1 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8, nell'individuare le funzioni amministrative statali trasferite alle regioni in materia di "urbanistica", vi ha ricompreso la approvazione degli strumenti urbanistici ivi elencati. Successivamente, il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, ha ancora ribadito il totale trasferimento alle regioni delle funzioni statali in detta materia, specificando la riconducibilita' all'"urbanistica"di "tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo". In tale ambito, trova piena applicazione il paradigma delineato dall'art. 117 della Costituzione ove e' imposto il rispetto di quella rigorosa ripartizione di competenze tra Stato e regioni in virtu' della quale nelle materie ivi elencate al legislatore statale spetta enunciare le sole scelte di indirizzo, mentre lo svolgimento e la attuazione di quelle scelte inerisce incontestabilmente alla sfera di attivita' del legislatore regionale, il quale realizza l'autonomia ordinaria mediante la creazione della c.d. "normativa di dettaglio". Ora, appare evidente che la norma qui denunciata, lungi dal costituire un "principio" per l'ordinamento regionale afferente la materia "urbanistica", introduce una disposizione che per la limitatezza e settorialita' del relativo contenuto, si appalesa come tipica norma di dettaglio (che interviene, tra l'altro, in un campo gia' ampliamente disciplinato dalla normativa regionale ligure: ll.rr. n. 8/1972 e 9/1980). Ed invero, l'aver attribuito da parte del decreto-legge qui impugnato carattere di perentorieta' al termine massimo di centottanta giorni assegnato dall'art. 9 del d.-l. 10 novembre 1978, n. 702, alle regioni per l'approvazione degli strumenti urbanistici, sanzionando il silenzio regionale con l'attribuzione del significato di "assenso" al mero decorso del suddetto termine, non costituisce sicuramente espressione di principio, ma comporta l'indebita interferenza statale nel potere regionale di autoorganizzazione, pacificamente riconosciuto alle regioni stesse quando si tratti di stabilire gli aspetti gestionali delle procedure ricadenti in materie elencate all'art. 117 della Costituzione. Pertanto, in quanto norma di dettaglio statale, emanata in campo gia' coperto da copiosa normativa di fonte regionale, la disposizione qui impugnata si pone in insanabile contrasto con le norme di cui in rubrica. II. - Violazione dell'art. 97 della Costituzione. L'attribuzione del carattere di perentorieta' al termine di cui all'art. 9 del d.-l. n. 702/1978 confligge irrimediabilmente con il principio di buon andamento dell'attivita' amministrativa sancito dalla norma costituzionale di cui in rubrica, a cui il potere di autoorganizzazione regionale risulta funzionale. Ora, la giurisprudenza di codesta Corte ha piu' volte insegnato che, in sede di giudizio di costituzionalita' delle leggi, la violazione del principio del buon andamento "non puo' essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarieta' o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata rispetto al fine indicato dall'art. 97, primo comma, della Costituzione" (v. sentenze nn. 277/1983, 217/1987 e numerose altre); ma per chi conosca a fondo la complessita' delle valutazioni di competenza dell'amministrazioneregionale nei procedimenti approvativi di strumenti urbanistici, e' di tutta evidenza che la messa a disposizione delle regioni di un spazio temporale quale e' quello di centottanta giorni, al termine del quale l'approvazione dello strumento urbanistico e' da considerarsi intervenuta, appare davvero "arbitraria" e "irragionevole", al punto da poter sin da ora prevedere, nella maggioranza dei casi, l'impossibilita' di qualsivoglia controllo da parte regionale. Le affermazioni di cui sopra possono agevolmente trovare dimostrazione ponendo mente al fatto che - in sede di approvazione di strumenti urbanistici - sono richieste alla regione verifiche tecnico-amministrative di estrema complessita' e varieta', avuto riguardo alla grande confluenza di interessi pubblici coinvolti nel procedimento de quo. Sono, invero, richiesti all'apparato regionale pareri di varia natura, tra cui quelli di tipo geologico, idraulico, sismico, nonche' valutazioni di conformita' sotto il profilo paesistico-ambientale, che non e' pensabile possano essere svolte nel perentorio termine assegnato. Cosi' come appare irragionevole ed arbitrario, e' pertanto sintomo di negazione del buon andamento della p.a. privare le regioni del potere di decidere, una volta scaduto il limite di tempo imposto da parte statale. III. - Violazione dei principi generali dell'ordinamento di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241. Com'e' noto, le disposizioni della legge n. 241/1990 costituiscono "principio generale dell'ordinamento" per le regioni a statuto ordinario. L'affermazione e' contenuta nell'art. 29 di detta legge, ove e' enunciata altresi' la piena competenza regionale a disciplinare autonomamente i procedimenti amministrativi nelle materie di loro spettanza, tra cui rientrano, ovviamente, anche i procedimenti urbanistici. Il principio e' stato altresi' ribadito dalla recente sentenza di codesta Corte n. 465/1991, ove e' affermato che la disciplina di vari procedimenti dovra' essere affidata a fonti statali o a fonti regionali, a seconda che gli stessi attengano all'esercizio di competenze materiali proprie dello Stato o delle regioni. E questo tanto piu' ove si consideri la connessione naturale esistente tra la disciplina del procedimento e la materia dell'organizzazione, connessione che conduce a individuare nella regolamentazione ad opera della regione dei procedimenti amministrativi di propria spettanza un corollario della competenza regionale, richiamata nell'art. 117 della Costituzione, concernente l'ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalle regioni. La norma che qui si denuncia viola pertanto anche il principio generale suddetto.