IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letti gli atti dell'emarginato procedimento, osserva.
                               F A T T O
    Il procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale di
 Matera, aderendo ad analoga istanza contenuta  nell'atto  di  querela
 presentato dalla Fiat Sava S.p.a. di Torino, nei confronti di Zaccaro
 Rosaria, per il reato p. e p. dall'art. 10 del r.d.-l. 15 marzo 1927,
 n.  436,  ha  chiesto  a  questo  g.i.p.  di  disporre  il  sequestro
 preventivo dell'autoveicolo marca Fiat, tipo 831, targato MT  139342,
 telaio n. 03166222.
    Nell'indicato  lamento  penale,  riportato  nella documentazione a
 corredo  della  richiesta  ex  art.  321  del  c.p.p.,  la   societa'
 querelante ha rappresentato:
      d'aver finanziato l'acquisto del mezzo, soggetto ad " .. ipoteca
 legale .." in proprio favore;
     d'aver  chiesto  ed  ottenuto  dal  pretore  di  Matera,  sezione
 distaccata di Pisticci provvedimento  di  sequestro  ex  art.  7  del
 r.d.-l.  n.  426/1927,  in  quanto  la  debitrice aveva trascurato di
 pagare alcune rate di rimborso del prestito;
      che  l'ufficiale  giudiziario  non  ha  rinvenuto il bene, ed ha
 redatto verbale negativo di sequestro;
      che la  debitrice,  sottraendo  il  veicolo  alla  garanzia  del
 credito, ha posto in essere il reato oggetto di querela.
                             D I R I T T O
    E'   opportuno   premettere   che  la  piu'  evoluta  dottrina  ha
 evidenziato come uno dei cardini del moderno diritto  penale  sia  il
 "principio della necessaria lesivita' od offensivita' del reato".
    Lo  stesso  implica  che un dato comportamento in tanto puo' esser
 previsto quale oggetto di sanzione penale, in quanto esso leda o, per
 lo meno, metta in serio pericolo beni giuridici di rilievo.
    A causa della sua  gravita',  la  sanzione  penale  viene  percio'
 considerata,  negli  ordinamenti  di ispirazione liberal-democratica,
 quale extrema ratio.
    Essa e' posta, percio', ad  esclusivo  presidio  delle  condizioni
 essenziali della convivenza civile e dei beni che vengono socialmente
 ritenuti   piu'   meritevoli  di  protezione  giuridica,  quando  non
 diversamente tutelabili.
    In sostanza,  all'intervento  punitivo  statuale  e'  riconosciuto
 l'ambito piu' ristretto possibile.
    Nel  nostro  ordinamento, siffatta concezione, dell'utilizzo dello
 strumento penale in casi di "stretta necessita'", ha permeato di  se'
 la stessa Carta costituzionale.
    Espressione  ne sono gli articoli che hanno affermato il principio
 di riserva di legge in materia penale  (25,  secondo  comma);  quello
 della  personalita'  (al contrario di altre forme di responsabilita')
 della pena (27, primo comma) e della sua necessaria finalizzazione ad
 un   funzione   rieducativa   (27,   terzo   comma);   quello   della
 inviolabilita'  e  normale  incoercibilita'  della liberta' personale
 (13); quello della supremazia  assoluta  del  valore  della  dignita'
 umana  e  della persona e del favore per la sua piena estrinsecazione
 mediante l'abbattimento di vincoli ed ostacoli  economici  e  sociali
 che ne limitino lo sviluppo (2 e 3).
    Atteso il carattere primario e fondamentale della Costituzione fra
 le  fonti  dell'ordinamento  statuale,  conseguenza  necessaria della
 costituzionalizzazione del cennato principio e' che da quella bisogna
 ricavare orientamento per stabilire quali siano i beni, che  in  essa
 hanno  diretta  o implicita protezione, per i quali trova eccezionale
 legittimazione la tutela penale ed  e'  consentito  far  assurgere  a
 fattispecie  di  reato  i  comportamenti  che  li ledano o mettano in
 pericolo.
    Tanto premesso, si osserva che la normativa in esame (art. 10  del
 r.d.-l. n. 436/1927: "Disciplina dei contratti di compravendita degli
 autoveicoli  ed  istituzione  del  pubblico  registro automobilistico
 presso le sedi dell'Automobil  club  d'Italia"  prevede  la  sanzione
 penale  della  reclusione  sino  a sei mesi e della multa sino a lire
 centomila per chi possedendo o detenendo, anche se  proprietario,  un
 autoveicolo oggetto del privilegio legale o convenzionale debitamente
 iscritto,  in  prima  persona,  oppure  prestando consenso all'azione
 d'altri, lo distrugga,  guasti,  deteriori,  ovvero  lo  occulti,  o,
 comunque, lo sottragga alla garanzia del creditore previlegiato.
    Tale  normativa,  in sostanza, sancisce una stravagante ed anomala
 ipotesi di responsabilita' penale per inadempimento, o,  meglio,  per
 il  pericolo  d'inadempimento  di  obbligazioni  civilistiche  e, con
 l'eccezione dell'omologo e coevo art. 10 del r.d.-l. 29 luglio  1927,
 n.  1509  "Provvedimento  per  l'ordinamento  del credito agrario del
 Regno", costituisce una singolarita' per il sistema vigente.
    Invero, come e' stato evidenziato  in  dottrina,  nell'ambito  dei
 delitti  contro  il  patrimonio (bene che e', come e' ovvio, ritenuto
 meritevole di tutela), il legislatore non sanziona penalmente le mere
 violazioni contrattuali, pur  se  capaci  di  provocare  gravi  danni
 patrimoniali,   ma   soltanto  certe  modalita'  di  aggressione  del
 patrimonio stesso.
    In siffatto contesto, assumono cosi' rilievo, ai fini della tutela
 penale, la sottrazione materiale della cosa nel furto, l'induzione in
 errore  nella  truffa,  l'approfittamento  dello  stato  di   bisogno
 nell'usura,  il previo proposito di non adempiere e la dissimulazione
 del  proprio   stato   d'incapacita'   patrimoniale   nell'insolvenza
 fraudolenta.
    Archiviato   come   un   arcaico   residuato   storico  l'istituto
 dell'arresto per debiti, il reato di cui  alla  legge  citata  sembra
 riecheggiarne il tristo ricordo.
    Esso  appare,  percio',  in assoluta dissonanza con l'ordinamento,
 avuto riguardo alla scala gerarchica del valore dei beni  socialmente
 rilevanti,   su  delineata,  ricavabile  dalla  lettura  del  dettato
 costituzionale e dalla quale bisogna desumere non solo  le  direttive
 programmatiche  di  tutela  che devono ispirare il legislatore per la
 normazione  futura,  ma  anche  il  criterio  per  il  controllo   di
 legittimita' costituzionale della legislazione gia' esistente.
    E' la dissonanza si rivela ancor piu' evidente se si considera che
 tale  reato,  per  cui  e' prevista la pena della reclusione in uno a
 quella  della  multa,  e'  inviduato  addirittura  come  delitto:  in
 contraddizione,  cioe', con la scarsa considerazione sociale del bene
 compromesso e dell'entita' dell'offesa  arrecata,  ed  in  contrasto,
 quindi, con il "principio di meritevolezza" della pena, che di quello
 di "stretta necessita'" della stessa e' corollario.
    Invero,  i  comportamenti che la norma sanziona, caratterizzati da
 una, peraltro solo potenziale, lesivita' dell'interesse del venditore
 o finanziatore dell'acquisto di autoveicoli o del creditore che abbia
 su tale tipo di bene  privilegio  convenzionale,  non  sembrano  piu'
 raggiungere  un  livello  di gravita' tale da risultare intollerabili
 per il contesto sociale o, comunque, da farli ritenere non  ovviabili
 mediante  il  ricorso alla (sola) forma di tutela rappresentata dalla
 responsabilita' da illecito civile.
    La disposizione appare come il reliquato di tempi, oramai lontani,
 in cui il tipo di beni che essa protegge avevano una  importanza  che
 loro non e' certamente piu' riconosciuta.
    Analogamente,  non  e'  piu'  ragionevolmente  ed  equitativamente
 possibile attribuire particolare significato,  tale  da  giustificare
 l'intervento  tutorio  penale,  alle  ragioni,  meramente creditorie,
 della potenziale vittima (d'inadempimento) che essa individua.
    Ma v'e' di piu'.
    Poiche'  la  responsabilita'  penale   e'   di   esso   "comunque"
 ricollegata  alla  semplice  sottrazione  del  bene alla garanzia del
 creditore, l'art. 10 della legge citata tipizza come illecito  penale
 una  condotta  che e' ritenuta pericolosa in forza di una mera regola
 di  esperienza  la  quale, in fatto, ben puo' dimostrarsi falsa (e la
 ritenuta esposizione a rischio del tutto inesistente).
    Esso,  percio',  delinea  e  concretizza  un  reato  di   pericolo
 presunto,  ossia  una  ipotesi  normativa  che si pone, come e' stato
 autorevolmente osservato in dottrina, in contrasto con quel principio
 (costituzionalizzato)di necessaria lesivita' il quale, si  e'  detto,
 condiziona ed ispira il diritto penale.
    Alla  stregua  di  tanto,  non  e' palesemente infondato, a parere
 dell'ufficio, sospettare  che  l'art.  10  del  r.d.-l.  n.  436/1927
 contrasti con la normativa fondamentale dello Stato.
    I  parametri  sono quelli degli artt. 2, 3, secondo comma, 13, 25,
 secondo comma, e 27, primo e terzo comma, per  via  della  violazione
 del   principio   di   necessaria   lesivita',  della  ingiustificata
 compressione  dei  valori  della  dignita'  umana  e  della  liberta'
 personale,   e  dell'irragionevolezza  della  scelta  legislativa  di
 prevedere per un tipo d'illecito (per  lo  meno  divenuto)  privo  di
 particolare   rilevanza  sociale  e  di  concreta  pericolosita',  la
 sanzione piu' grave, per giunta nella forma congiuntamente  detentiva
 e  pecuniaria,  correlata  alla  qualificazione  dello  stesso  quale
 delitto.
    Ne', infine, e' da  trascurare,  chiamando  ancora  a  riferimento
 l'art. 3 della Costituzione, che la norma instaura una ingiustificata
 disparita'  di  trattamento,  si tra le varie categorie di creditori,
 attesa la tutela particolare riconosciuta solo  a  quelli  che  siano
 venditori o finanziatori dell'acquisto di autoveicoli, o che su detti
 mezzi  abbiano  comunque  privilegio,  sia  tra le varie categorie di
 debitori,   in   considerazione   della    previsione    di    penale
 responsabilita'  per  i  soli  debitori  proprietari,  in  possesso o
 detentori di autoveicoli oggetto di privilegio.
    La rilevanza della questione e' di palmare evidenza.
    Soltanto se la norma sospettata non e' incostituzionale, il  reato
 sussiste  ed  occorre  che l'ufficio prenda in esame la richiesta del
 requirente.