IL PRETORE Pronunciando fuori udienza nella causa proposta da Daniela Buttazzoni Stefani contro la U.S.S.L. n. 10 di Treviso, iscritta al n. 792/92 r.g. della pretura di Treviso; sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 18 settembre 1992; RITENUTO IN FATTO che con atto di citazione notificato in data 20 marzo 1992, Daniela Buttazzoni Stefani premesso che l'attrice, in quanto titolare di una farmacia convenzionata con il S.S.N. (in base all'art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ed al d.P.R. 21 febbraio 1989, n. 94, che ha reso esecutivo l'accordo nazionale tra S.S.N. e farmacie), riceve ogni mese dalla U.L.S.S. n. 10 di Treviso il rimborso dei medicinali dispensati agli assistiti, al netto di quanto corrisposto da questi ultimi per tickets; che nell'operare il rimborso dei medicinali dispensati nel gennaio 1992 la U.L.S.S. ha operato una ritenuta del 2,5% in applicazione dell'art. 4, quarto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che nella parte che in questa sede interessa recita testualmente "il S.S.N., nel provvedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene una quota pari al 2,5 per cento dell'importo al lordo dei tickets"; che la U.L.S.S. n. 10 ha liquidato le competenze del mese di gennaio 1992 operando le trattenute E.N.P.A.F. 0,9%, sindacali 0,2% e convenzionali 0,02% sull'importo lordo teorico non decurtato dello sconto 2,5% al S.S.N., incidendo cosi' in misura superiore a quella prevista dalla legge e dalla convenzione; che vi sono seri motivi per dubitare della legittimita' costituzionale della trattenuta del 2,5% di cui all'art. 4, quarto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, dal momento che essa pone a carico di una ristretta categoria (quella dei titolari di farmacia) un onere che, ove ritenuto necessario, dovrebbe gravare sull'intera comunita', (o quantomeno su tutte le categorie coinvolte nella produzione e distribuzione dei medicinali, dalle case produttrici ai grossisti) in contrasto con i principi di uguaglianza e di correlazione alla capacita' contributiva (artt. 3 e 53 della Costituzione); appare irragionevole in quanto grava su prezzi determinati autoritativamente dal C.I.P., secondo parametri obiettivi ancorati ad un metodo (di cui all'art. 2 della legge 11 luglio 1977, n. 395) approvato con deliberazione del 2 ottobre 1990 dello stesso C.I.P. (Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 1990) e che si suppone congruo; paradossalmente lo stesso art. 4 della legge n. 412/1991 dispone riduzioni dei prezzi cosi' stabiliti, delegittimando tanto il C.I.P. quanto il suo metodo, e determinando rilevanti perplessita' sulla logica che ispira la determinazione del prezzo dei medicinali; e' commisurata al ricavo lordo e non al reddito, e quindi grava in modo difforme e causuale, all'interno della stessa categoria dei titolari di farmacia, tra coloro che svolgono un intenso servizio mutualistico (in particolare le farmacie rurali sussidiate, le quali finiscono col restituire attraverso la trattenuta piu' di quanto incassino attraverso il sussidio) e coloro per i quali tale servizio costituisce solo una componente dell'attivita'; che la questione di legittimita' costituzionale della norma in questione e' sicuramente rilevante ai fini della presente domanda e, sulla base delle considerazioni che precedono, e che si fa riserva di meglio illustrare in corso di causa, non appare manifestamente infondata; che qualora la ritenuta del 2,5% venisse considerata legittima, le trattenute previste dalla legge e dalla convenzione non possono che essere operate sugli importi effettivamente corrisposti, e cioe' sul 97,5% del prezzo al pubblico dei farmaci dispensati agli aventi diritto, poiche' diversamente inciderebbero in misura percentuale diversa e superiore a quella stabilita; Tutto cio' premesso conveniva in giudizio la U.S.S.L. n. 10 di Treviso, in persona dell'amministratore straordinario, per sentire accogliere le seguenti conclusioni: previa trasmissione del fascicolo alla Corte costituzionale a norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, affinche' venga accertata e dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, nella parte in cui dispone una trattenuta del 2,5% sui compensi lordi dovuti dal S.S.N. alle farmacie e conseguente sospensione del giudizio; in via principale: condannarsi la U.L.S.S. convenuta al pagamento dell'importo di L. 1.971.786, pari al 2,5% dell'importo lordo dei medicinali dispensati dalla farmacia nel mese di gennaio del 1992, trattenuto in applicazione della legge predetta; con gli interessi nella misura legale della scadenza convenzionale del 25 febbraio 1982 all'effettivo saldo; in via subordinata e salvo gravame accertarsi e dichiararsi che le trattenute percentuali previste dalla legge e dalla convenzione sui rimborsi dovuti dal S.S.N. alle farmacie, e quindi anche alla farmacia dell'attrice, debbono essere operate sulle somme effettivamente corrisposte per il servizio mutualistico, e quindi al netto della ritenuta del 2,5% di cui e' causa. Con la rifusione delle spese in caso di resitenza in giudizio. che la parte convenuta, regolarmente citata, non si costituiva in giudizio; che, il pretore, ritenuto che ai fini della decisione appariva rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, quarto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 421, nella parte in cui dispone una trattenuta del 2,5% sui compensi lordi dovuti dal S.S.N. alle farmacie, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, si riservava di deliberare la sua non manifesta infondatezza. CONSIDERATO IN DIRITTO La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, in riferimento agli artt. 53 della Costituzione e' rilevante rispetto alla soluzione della causa, poiche' la domanda attorea di rimborso della somma di L. 1.971.786, pari al 2,5% dell'importo lordo dei medicinali dispensati dalle farmacie, della quale l'attrice e' titolare, nel mese di gennaio 1992, non puo' essere decisa senza la definzione dell'incidente; che l'eccezione di illegittimita' costituzionale del disposto dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, nella parte in cui dispone che "il S.S.N. nel provvedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto trattiene una quota pari al 2,5% dell'importo lordo dei ticktes", va sottoposta all'esame della Corte costituzionale per i seguenti motivi: 1) contrasto della norma con il principio di uguaglianza (art. 3 Costituzione). L'art. 4 della legge n. 412/1991, nella parte in cui dispone che "il S.S.N., nel provvedere alla corresponsione alle farmacie di quanto dovuto, trattiene una quota pari al 2,5% dell'importo lordo dei tickets" introduce una prestazione patrimoniale obbligatoria a carico di una limitata categoria di cittadini - i titolari di farmacia: circa 14.000 italiani - senza che emerga il motivo di un tale trattamento discriminatorio, poiche' i titolari di farmacia sono gravati quanto chiunque altro dalle normali imposte e dal contributo per il S.S.N. Ne' si puo' sostenere che la disposizione risulta ispirata dall'intendimento di compensare una presunta evasione fiscale poiche' i farmacisti sono operatori economici che hanno come cliente di gran lunga prevalente, ed in parecchi casi pressoche' esclusivo, proprio il sistema sanitario pubblico, i rimborsi del quale non sfuggono certamente al prelievo fiscale. Una volta escluso che la trattenuta in questione sia giustificata da un qualsiasi genere di contropartita (magari a beneficio di terzi, come accadde per la categoria dei pensionati nel 1955) poiche' anzi la stessa legge eleva al 50% il cosiddetto ticket dovuto dagli assistiti oltre a una quota fissa di L. 3.000 per ricetta, resta da chiedersi a quale ordine di ragioni possa venir ricollegato un prelievo illogico. La riforma sanitaria del 1978 ha inteso dare piena e concreta applicazione ai principi contenuti nell'art. 32 della Costituzione, e creare sul modello del NHS inglese, un sistema organico della tutela della salute finanziato direttamente dallo Stato (art. 69 della legge n. 833/1978), in un contesto sociale nel quale ad un sostanziale generalizzato miglioramento delle condizioni di vita si contrappone un tendenziale allineamento di redditi e di consumi tra i diversi ceti, sicche' la distanza economica e sociale tra un pensionato Inam ed un titolare di farmacia, che nel 1955 poteva essere rilevante, appare 37 anni dopo assai piu' sfumata: in particolare entrambi fruiscono dell'identico sistema di assistenza sanitaria, al quale contribuiscono con identici criteri di proporzione ai rispettivi redditi. Di talche' cio' che nel passato era forse conforme alla esigenza di "rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale" di cui all'art. 3 della Costituzione, risulta oggi, in presenza di un sistema sanitario pubblico cosi' maturo che se ne sta da tempo dibattendo la riforma (l'articolo unico, settimo comma, della legge 4 aprile 1991, n. 111, prefigura espressamente il "riordinamento del servizio sanitario nazionale", manifestamente contrastante con i principi di uniformita' ai quali e' ispirata tutta la normativa sanitaria dal 1978 in avanti, ovviamente piu' avanzata anche rispetto alle garanzie minime con le quali l'art. 38 tutelava i soli "lavoratori" che versassero in particolare condizioni di difficolta'; 2) contrasto della norma con il principio di uguaglianza, contrasto con il principio di concorrenza alle spese pubbliche in ragione della capacita' contributiva, contrasto con il principio di progressivita' del sistema tributario (artt. 3 e 53 della Costituzione). Sul punto occorre rilevare che non appaiono sussistere ragionevoli motivi che indicano a ritenere che i titolari di farmacia non assolvano compiutamente al loro dovere di contribuire alle spese pubbliche mediante le imposte ed i contributi di diritto comune, sicuramente improntati a criteri di progressivita', e che debbano essere oggetto di disposizioni tributarie particolari. Nonostante il suindicato rilievo attraverso il prelievo del 2,5% la categoria dei titolari di farmacia viene sottoposta ad una prestazione patrimoniale la cui base imponibile e' rappresentata, anziche' dal reddito, dal ricavo lordo; in tal modo la norma discrimina, all'interno della stessa categoria dei titolari di farmacia, tra coloro che svolgono un'elevata percentuale di servizio mutualistico (in particolare le farmacie rurali, e coloro per i quali tale servizio costituisce solo una componente dell'attivita'; d'altra parte essa grava in modo ineguale all'interno della stessa categoria che la subisce, distribuendosi in modo casuale, e talvolta in modo inversamente proporzionale alla effettiva capacita' contributiva.