IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'appello proposto dall'I.N.P.S. avverso la sentenza n. 405/92 emessa dal pretore di Lecco in data 3 luglio 1992; Rilevato che uno dei motivi di impugnazione riguarda gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria concessa dal pretore sulla somma dovuta a titolo di assegno di invalidita' in violazione dell'art. 16 della legge n. 419/1991 che prevede la non cumulabilita'; Atteso che con sentenza n. 156/1991 la Corte costituzione ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 442 del c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di condanna al pagamento di somme di danaro per crediti relativi a prestazioni di previdenza sociale, deve determinare, oltre agli interessi nella misura legale, il maggior danno eventualmente subito dal titolare per la diminuzione del valore del suo credito, applicando l'indice dei prezzi dell'Istat per la scala mobile nel settore dell'industria; che una tale decisione e' basata sul presupposto che i crediti previdenziali sono assimilabili ai crediti di retribuzione in ragione della comune finalita' di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia e, quindi, anche per essi sorge l'esigenza di difendere il potere di acquisto, commisurando le somme spettanti al lavoratore ai nuovi valori della moneta, e che la corresponsione degli interessi legali si aggiunge, in quanto destinata a compensare il pregiudizio sofferto per la mancata tempestiva disponibilita'; che la prestazione previdenziale avendo la funzione di surrogare o di integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli eventi considerati nell'art. 38, secondo comma, della Costituzione (infortunio, malattia, invalidita' e vecchiaia, disocuppazione involontaria), rende applicabile l'art. 36, primo comma, della Costituzione quale parametro delle esigenze di vita del lavoratore e, di conseguenza, l'art. 429 del c.p.c. il quale e' un modo di attuazione di detto art. 36; che l'art. 16, sesto comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 ha stabilito che "gli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli interessi legali sulle prestazioni dovute a decorrere dalla data di scadenza del termine previsto per l'adozione del provvedimento sulle domande. L'importo dovuto a titolo di interesse e' portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subito dal titolare della prestazione per la diminuzione del valore del suo credito"; che tale disposizione fa rivivere, per i crediti derivanti da prestazioni previdenziali, la disciplina dettata dall'art. 1224 del c.c. e cioe' la inammissibiita' del cumulo della rivalutazione monetaria con gli interessi legali di mora, mentre invece, ai sensi dell'art. 429 del c.p.c. (espressamente indicato come applicabile dalla Corte costituzionale) la liquidazione del maggior danno da svalutazione va effettuata indipendentemente dalla imputabilita' colpevole dell'inadempimento del debitore, dalla costituzione in mora e dalla prova del concreto verificarsi di un danno a carico del lavoratore, in quanto l'avverbio Eventualmente va riferito alla svalutazione intervenuta e non al danno e gli interessi legali sui crediti del lavoratore (ai quali sono state equiparate le prestazioni previdenziali), dovendo essere liquidati separatamente, si computano dalla data di insorgenza di ciascun credito sulle frazioni di capitale via via rivalutato; Tanto premesso solleva di ufficio, ex art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questione di legittimita' costituzionale; Essa e' rilevante nel presente giudizio in quanto comporterebbe l'accoglimento dell'appello sul punto e non appare manifestamente infondata posto che la norma di cui all'art. 16, sesto comma, della legge n. 412/1991 lede il diritto alla previdenza in quanto svincola la prestazione previdenziale dai parametri dettati dall'art. 36, primo comma, della Costituzione per garantire all'assicurato (equiparato al lavoratore per effetto del disposto di cui all'art. 38, secondo comma, della Costituzione) una esistenza libera e dignitosa (avendo la prestazione previdenziale funzione di surrogare o di integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto) e viola il principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) in quanto op- era una immotivata e irrazionale disparita' di trattamento tra l'assicurato e il lavoratore nonostante la comune finalita' di sostentamento proprio e della famiglia che hanno i crediti di lavoro e i crediti per prestazioni previdenziali.