ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  30  (recte:
 combinato  disposto  degli artt. 30 e 31) della legge 19 maggio 1976,
 n. 335 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia  di
 bilancio  e  di  contabilita'  delle  regioni),  promossi  con  n.  2
 ordinanze emesse il 13  giugno  1991  dalla  Corte  di  cassazione  -
 Sezioni  Unite  Civili  sui ricorsi proposti da Emidio Massi ed altri
 contro il Procuratore  Generale  della  Corte  dei  conti  ed  altri,
 iscritte  ai  nn.  302 e 429 del registro ordinanze 1992 e pubblicate
 nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23 e n. 37, prima  serie
 speciale, dell'anno 1992;
    Visti gli atti costituzione di Emidio Massi ed altri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  3  novembre  1992  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Udito l'avv. Giulio Correale per Emidio Massi ed altri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - La Corte di cassazione, con due ordinanze in data  13  giugno
 1991  -  emesse  in  sede di regolamento preventivo di giurisdizione,
 proposto in relazione a giudizi di responsabilita'  pendenti  dinanzi
 alla  Corte  dei conti per danni che si asserivano cagionati, fra gli
 altri, dai componenti della giunta  regionale  delle  Marche  ad  una
 unita'  sanitaria locale - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
 97 e 103 Cost., questione di legittimita' costituzionale dell'art. 30
 della legge 19 maggio 1976, n. 335, "nella parte in  cui  correla  la
 responsabilita'  patrimoniale degli amministratori e dipendenti delle
 regioni alla incidenza del danno, derivante da violazione di obblighi
 di funzione o di servizio, sull'erario dell'ente regione e non  anche
 dello Stato o di altro ente pubblico".
    Nelle   ordinanze   di   rimessione   si   osserva   che,  secondo
 l'interpretazione giurisprudenziale  consolidata,  l'esercizio  della
 funzione  giurisdizionale  da  parte  del  giudice  contabile postula
 l'esistenza di un rapporto di impiego, o  quanto  meno  di  servizio,
 caratterizzato   dall'inserimento  del  soggetto  danneggiante  nella
 struttura  organizzativa dell'amministrazione danneggiata, cosicche',
 ove il danno cagionato dagli  amministratori  regionali  non  incida,
 come  nel  caso  di  specie,  sulla  finanza  regionale, ma su quella
 statale, essi non sono sottoponibili a  giudizio  di  responsabilita'
 dinanzi alla Corte dei conti.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  in  tal modo, viene consentito agli
 amministratori  regionali  di  commettere   irregolarita',   restando
 esonerati  da  responsabilita'.  Cio'  in  contrasto  con la tendenza
 legislativa al riguardo - caratterizzata dalla introduzione di  norme
 sanzionatrici   di   responsabilita'  personale  dei  componenti  dei
 Comitati regionali di controllo nei confronti degli enti locali per i
 danni a questi arrecati con dolo o colpa grave  nell'esercizio  delle
 loro funzioni (art. 16 della legge 27 febbraio 1978, n. 43 ed art. 58
 della  legge  8 giugno 1990, n. 142), - nonche' con l'indirizzo della
 Corte costituzionale, secondo la quale spetta allo Stato, e per  esso
 al procuratore generale della Corte dei conti, promuovere l'azione di
 responsabilita'  nei  confronti degli amministratori e dei dipendenti
 delle  regioni  per  l'accertamento  di  eventuali   danni   connessi
 all'esercizio  delle  loro  funzioni, senza ulteriori condizionamenti
 (sentt. n. 421 e n. 995 del 1988).
    Cio' premesso, si afferma nelle ordinanze che  l'introduzione  nel
 sistema di una esenzione da responsabilita' per il caso in cui l'ente
 pubblico   danneggiato   sia  diverso  dall'ente  regione,  viola  il
 principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), l'art. 97 Cost.,  che  vuole
 assicurato  il buon andamento della pubblica amministrazione, nonche'
 l'art. 103, secondo comma, Cost., che devolve alla Corte dei conti la
 giurisdizione in materia di responsabilita' patrimoniale dei pubblici
 dipendenti.
    Dinanzi a questa Corte  si  sono  costituiti  i  componenti  della
 giunta  regionale  delle  Marche,  chiedendo  che  la  questione  sia
 dichiarata manifestamente inammissibile o infondata.
    In relazione alla prima richiesta, si osserva che  la  limitazione
 alla giurisdizione della Corte dei conti ritenuta illegittima, non e'
 stabilita  nell'impugnato art. 30 della legge n. 335 del 1976, ma nel
 successivo art. 31.
    Quanto alla non manifesta infondatezza, si deduce che erroneamente
 il giudice a quo ha  ritenuto  la  sussistenza,  alla  stregua  della
 normativa  impugnata,  di  una irresponsabilita' degli amministratori
 regionali per i danni arrecati, nell'esercizio delle  loro  funzioni,
 ad enti diversi dalla regione. Detta normativa, infatti, si limita ad
 escludere  in  proposito  la  giurisdizione della Corte dei conti, ma
 resta al riguardo, secondo i principi generali,  quella  del  giudice
 ordinario.
   Circa  la  esclusione della giurisdizione della Corte dei conti, si
 rammenta  che  alla  stregua   della   giurisprudenza   della   Corte
 costituzionale  -  e  della  stessa  Corte di cassazione remittente -
 l'art. 103 Cost., va interpretato  nel  senso  che  la  giurisdizione
 della  Corte  dei  conti,  in  materia  di  contabilita'  pubblica  e
 responsabilita' amministrativa, e' tendenzialmente generale, ma esige
 l'interpositio legislatoris, il quale puo' legittimamente lasciare la
 cognizione,  in  relazione  a  determinate  fattispecie,  al  giudice
 ordinario,  che  e'  normalmente  competente  in  materia  di diritti
 soggettivi.
    Ne deriva che la normativa non lede la Costituzione e comunque non
 contrasta con alcun principio normativo della specifica materia.
                        Considerato in diritto
    1.  - I giudizi promossi con le ordinanze di rimessione, avendo ad
 oggetto la medesima questione, vanno riuniti per  essere  decisi  con
 un'unica sentenza.
    2. - La Corte di cassazione ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  30  della  legge  19  maggio 1976, n. 335,
 "nella parte in cui correla  la  responsabilita'  patrimoniale  degli
 amministratori  e  dipendenti delle regioni alla incidenza del danno,
 derivante da violazione  di  obblighi  di  funzione  o  di  servizio,
 sull'erario dell'ente regione e non anche dello Stato o di altro ente
 pubblico". Ne ha dedotto il contrasto con l'art. 3 Cost., non essendo
 ragionevole  una  esenzione dalla responsabilita' ove l'ente pubblico
 danneggiato sia diverso dall'ente regione; con l'art. 97  Cost.,  che
 vuole  assicurato  il  buon andamento della pubblica amministrazione;
 con l'art. 103 Cost. in quanto, una volta  devoluta  legislativamente
 alla  Corte  dei  conti la materia della responsabilita' patrimoniale
 degli amministratori e dei  dipendenti  della  Regione  per  i  danni
 derivanti dalla violazione di obblighi di funzioni o di servizio, una
 limitazione  dell'attribuzione  relativamente  al  danno subito dallo
 stesso ente pubblico di appartenenza e non di  altro  ente  pubblico,
 risulterebbe artificiosa e disarmonica.
    3.  - Va pregiudizialmente respinta l'eccezione d'inammissibilita'
 della questione, formulata dalle parti private sotto il  profilo  che
 la  limitazione  alla  giurisdizione  della  Corte  dei  conti non e'
 stabilita dall'impugnato art. 30 della legge  n.  335  del  1976,  ma
 dall'art. 31.
    In effetti l'art. 30 (primo comma), della legge n. 335 del 1976 si
 limita  a  disporre  che  "gli  amministratori  e  i dipendenti dalla
 regione sono  tenuti  a  risarcire  all'ente  i  danni  derivanti  da
 violazioni  di  obblighi  di funzioni o di servizio, secondo le norme
 vigenti per le amministrazioni dello Stato". Il successivo  art.  31,
 invece,  statuisce  che  gli  amministratori  e  i  dipendenti  della
 regione, in relazione alla  responsabilita'  prevista  dall'art.  30,
 "sono  sottoposti  alla  giurisdizione della Corte dei conti nei modi
 previsti dalle leggi vigenti in materia". Dall'esame delle  ordinanze
 di  rimessione risulta chiaro che il giudice a quo lamenta da un lato
 che gli amministratori regionali siano  esentati  da  responsabilita'
 per  i  danni derivanti da violazione dei loro obblighi di funzione o
 di servizio ad un ente pubblico diverso  dalla  regione.  Dall'altro,
 che  in  tali  ipotesi essi non siano assoggettati alla giurisdizione
 della Corte dei conti.
    Ne deriva che la questione deve intendersi riferita  al  combinato
 disposto  degli  artt. 30 e 31 della legge n. 335 del 1976 ed essendo
 essa  chiaramente  percepibile   nelle   ordinanze   di   rimessione,
 l'eccezione  d'inammissibilita'  va  respinta,  in  conformita' della
 giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale  la  questione  deve
 ritenersi  validamente proposta ove la normativa impugnata, ancorche'
 inesattamente indicata, sia chiaramente identificabile in  base  alla
 prospettazione compiuta dal giudice a quo (cfr. da ultimo le sentenze
 nn. 595, 446 e 115 del 1990).
    4.  - Venendo all'esame del contenuto della questione, va rilevata
 l'inesattezza dell'affermazione - su cui il giudice  a  quo  basa  la
 dedotta  violazione degli artt. 3 e 97 Cost. - secondo la quale dalla
 normativa impugnata deriverebbe esenzione di responsabilita' per  gli
 amministratori e i dipendenti regionali ove l'ente danneggiato sia lo
 Stato od altro ente pubblico.
    In  proposito  va  osservato che la responsabilita' amministrativa
 patrimoniale  dei  dipendenti  pubblici   ha   natura   contrattuale,
 presupponendo l'esistenza di un rapporto di servizio tra l'autore del
 danno  e l'ente danneggiato, nonche' la violazione di doveri inerenti
 a detto rapporto.
    Tale responsabilita', a sua volta, costituisce  presupposto  della
 giurisdizione  della  Corte  dei  conti,  che  e'  esclusa, in via di
 principio, secondo consolidata giurisprudenza, ove manchi l'anzidetto
 rapporto che e' base della responsabilita' amministrativa.
   E' parimenti ius receptum che i pubblici dipendenti,  per  i  danni
 cagionati  nell'esercizio  delle  loro  attribuzioni  a terzi - siano
 questi soggetti privati, ovvero enti pubblici diversi  da  quelli  ai
 quali  siano legati dal rapporto di servizio - rispondono a titolo di
 responsabilita' extracontrattuale  e  la  giurisdizione  al  riguardo
 spetta al giudice ordinario.
    Ne  deriva  che  la asserita esclusione della responsabilita', per
 gli amministratori e  i  dipendenti  regionali  ove  l'ente  pubblico
 danneggiato   sia   diverso  dalla  regione,  non  sussiste,  con  la
 conseguente infondatezza della questione in  relazione  alla  dedotta
 violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
    5.  -  Quanto  alla mancata devoluzione alla Corte dei conti della
 giurisdizione in  ordine  a  detta  ipotesi  di  responsabilita',  va
 osservato  che la Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 102 del
 1977, ha ritenuto il carattere  non  cogente  ed  assoluto,  ma  solo
 tendenzialmente  generale, dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad
 opera  dell'art.  103  Cost.,  della  giurisdizione  in  materia   di
 contabilita'  pubblica,  intesa  come  comprensiva sia dei giudizi di
 conto che di quelli sulla responsabilita' amministrativa patrimoniale
 dei pubblici dipendenti ed amministratori.
    La concreta attribuzione della giurisdizione,  in  relazione  alle
 diverse  fattispecie  di  responsabilita'  amministrativa  e' infatti
 rimessa alla discrezionalita' del legislatore ordinario e  non  opera
 automaticamente    in    base   all'art.   103   Cost.,   richiedendo
 l'interpositio legislatoris, al quale sono  rimesse  valutazioni  che
 non  toccano solo gli aspetti procedimentali del giudizio, investendo
 la stessa disciplina sostanziale della responsabilita' (sentenze  nn.
 189 e 241 del 1984; n. 641 del 1987; nn. 411, 421 e 773 del 1988). Le
 relative  scelte,  pertanto, attenendo alla politica legislativa, non
 sono censurabili in sede di giudizio di  legittimita'  costituzionale
 ed escludono la possibilita' di sentenze additive, con la conseguente
 inammissibilita' della questione sollevata;