ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 2, comma 2,
 della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (Legge finanziaria 1992),  nella
 parte  in  cui  approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e 1994; 7,
 comma 1, della legge 31 dicembre 1991, n. 431 (Rifinanziamento  delle
 leggi  22  marzo  1985, n. 111, e 14 giugno 1989, n. 234, concernenti
 interventi a favore del settore  navalmeccanico  e  armatoriale);  9,
 commi  1  e 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 433 (Disposizioni per
 la ricostruzione e la  rinascita  delle  zone  colpite  dagli  eventi
 sismici  del  dicembre  1990  nelle  province  di Siracusa, Catania e
 Ragusa); 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992, n. 104  (Legge
 quadro  per  l'assistenza,  l'integrazione  sociale e i diritti delle
 persone handicappate); 4, comma 1, della legge 7  febbraio  1992,  n.
 140  (Interventi per la realizzazione di opere di rilevanza nazionale
 nel  settore della irrigazione, nonche' per la concessione di mutui a
 tasso  agevolato  per  operazioni  di  credito   a   sostegno   della
 cooperazione  agricola  di  rilevanza nazionale); 1, comma 2, e 5 del
 decreto legge 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di  spesa  per  la
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale
 n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione  di  giudicati,  nonche'
 perequazione  dei  trattamenti  economici relativi al personale delle
 corrispondenti categorie delle altre forze di  polizia),  convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  6  marzo 1992, n. 216; 7, 11 e 14,
 comma 1, del decreto  legge  18  gennaio  1992,  n.  9  (Disposizioni
 urgenti per l'adeguamento degli organici delle forze di polizia e del
 Corpo  nazionale  dei  vigili del fuoco, nonche' per il potenziamento
 delle infrastrutture, degli impianti e delle attrezzature delle forze
 di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge  28  febbraio
 1992,  n.  217,  promosso  con  ordinanza emessa il 17 settembre 1992
 dalla Corte dei conti - Sezione  del  controllo  -  nel  procedimento
 sull'ammissione al visto e alla registrazione di decreti del Ministro
 del  tesoro,  iscritta  al  n.  698  del  registro  ordinanze  1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  46,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un giudizio sull'ammissione al visto e alla
 registrazione di alcuni decreti del Ministro del tesoro, attuativi di
 altrettante leggi mediante variazioni  di  bilancio  a  carico  degli
 accantonamenti  iscritti  nei  fondi  speciali  di parte corrente (n.
 6856) e di parte capitale (n. 9001), per il 1992, e (per due decreti)
 a carico dei capitoli del bilancio pluriennale dello stesso ministero
 per gli anni 1993 e 1994, la Corte dei conti, Sezione del  controllo,
 con   ordinanza  emessa  il  17  settembre  1992,  ha  sollevato,  in
 riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione,  questioni
 di legittimita' costituzionale degli articoli:
       a) 7, comma 1, della legge 31 dicembre 1991 n. 431;
       b) 9, commi 1 e 2, della legge 31 dicembre 1991 n. 433;
       c) 42, commi 6 e 7, della legge 5 febbraio 1992 n. 104;
       d) 4, comma 1, della legge 7 febbraio 1992, n. 140;
       e)  1,  comma  2,  e  5  del decreto legge 7 gennaio 1992 n. 5,
 convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992 n. 216;
       f) 7, 11 e 14, comma 1, del decreto legge 18 gennaio 1992 n. 9,
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992 n. 217;
       g) 2, comma 2, della legge 31 dicembre 1991 n. 415, nella parte
 in cui approva le tabelle A e B per gli anni 1993 e  1994,  ove  sono
 iscritti  gli  accantonamenti dei fondi speciali (di parte corrente e
 di parte capitale) utilizzati dalle  disposizioni  legislative  sopra
 elencate.
    2.  -  Il  Collegio  rimettente  ha rilevato che tutte le leggi "a
 monte" dei  decreti  di  variazione  autorizzano  spese  a  carattere
 pluriennale   e   permanente,   facoltizzando   l'amministrazione  ad
 assumere, sin dal primo anno della  loro  operativita',  obbligazioni
 verso  terzi  i  cui  effetti sono destinati a prodursi sia nell'anno
 1992,  sia  a  carico degli altri due esercizi (1993 e 1994) compresi
 nel bilancio triennale 1992-1994, sia infine a carico degli  esercizi
 successivi al triennio.
    Gli  interventi  disposti  da  ciascuna  di dette leggi presentano
 infatti carattere unitario ed inscindibile tale  da  comportare,  sia
 per   l'esercizio   in   corso   che  per  quelli  successivi,  oneri
 inderogabili, una volta che sia stata assunta la necessaria decisione
 amministrativa di attivazione dei benefici.
    Le leggi in esame, ad avviso  del  Collegio,  non  indicherebbero,
 "nella  quasi totalita', mezzi di copertura finanziaria relativamente
 agli oneri che graveranno sui bilanci successivi a quello del  1994",
 mentre,   quanto   agli   oneri   relativi   al  triennio  1992-1994,
 prevederebbero unicamente il ricorso ad accantonamenti  iscritti  nei
 fondi  speciali  di  parte  corrente e di conto capitale (di cui alle
 tabelle A e B allegate alla legge finanziaria  1992),  privi  a  loro
 volta,  per  gli  ultimi  due  anni  del  triennio  (1993 e 1994), di
 adeguate indicazioni di copertura,  non  trovando  corrispondenza  in
 risorse  finanziarie  certe  o  ragionevolmente attendibili; donde il
 dubbio che sia le suindicate leggi di spesa che la legge  finanziaria
 1992 (n. 415 del 1991) - quest'ultima nella parte in cui preordina, a
 copertura   degli   oneri  derivanti  dalle  stesse  leggi,  appositi
 accantonamenti dei fondi speciali  -  abbiano  violato  l'obbligo  di
 copertura sancito dall'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    3.  - In ordine alla rilevanza delle questioni, nella ordinanza di
 rimessione  si   afferma   che   la   risoluzione   del   dubbio   di
 costituzionalita'  delle  norme  impugnate  e'  condizione essenziale
 perche' l'organo di controllo si pronunci sulla conformita'  a  legge
 dei  decreti ministeriali, attuativi di quelle norme, sul presupposto
 di una loro idonea copertura finanziaria.
    4.1. - Nel merito, il Collegio rimettente ricorda che le leggi nn.
 478 del 1978 e 362 del 1988, recanti innovazioni alla disciplina  del
 bilancio  dello  Stato,  prevedono,  in  sostituzione  del previgente
 sistema  di  bilancio   meramente   recettizio,   un   documento   di
 programmazione  economico-finanziaria,  un  bilancio  "a legislazione
 vigente" - che riflette gli  andamenti  "inerziali"  della  spesa  da
 correggere  con  la  manovra  di  bilancio - ed una legge finanziaria
 chiamata ad assumere decisioni sostanziali di  finanza  pubblica  per
 l'"approvazione   del   bilancio  annuale  e  pluriennale  a  valenza
 programmatica, che riassume e conclude la decisione di bilancio".  La
 nuova  disciplina legislativa costituisce applicazione dei precetti e
 dei vincoli posti al bilancio dello  Stato  e  alla  legislazione  di
 spesa  dall'art.  81,  terzo e quarto comma, della Costituzione, come
 interpretato dalla giurisprudenza  costituzionale,  a  partire  dalla
 sentenza  n.  1 del 1966, per le leggi pluriennali di spesa nel senso
 della necessita' dell'indicazione  dei  mezzi  finanziari  occorrenti
 anche  per  gli  oneri  gravanti  sugli esercizi successivi al primo,
 senza che cio' si traduca in una previsione "stringente e  puntuale",
 ma  occorrendo, comunque, un riscontro in "impegnative esplicitazioni
 delle  proiezioni  pluriennali  di  finanza  pubblica,  in  documenti
 programmatici  sufficientemente  articolati  ed analitici, in bilanci
 pluriennali corredati di un'intelaiatura programmatica e previsionale
 ... (per le) decisioni di spesa che .. sono in grado di ipotecare ...
 i bilanci a venire ...".
    Tali principi sono stati confermati ed ulteriormente sviluppati di
 recente dalla sentenza n. 384 del 1991, nella quale opportunamente si
 esplicita  l'esigenza  di  un  "equilibrio  tendenziale tra entrate e
 spese,    la    cui    alterazione,    in    quanto     riflettentesi
 sull'indebitamento,  postula  una  scelta  legata  ad  un giudizio di
 compatibilita' con tutti  gli  oneri  gia'  gravanti  sugli  esercizi
 futuri".
    Da cio' deriverebbe, sempre secondo l'ordinanza di rimessione, che
 anche  gli  accantonamenti  dei  fondi speciali, iscritti nella legge
 finanziaria - abilitata essa pure a prevedere nuove o maggiori  spese
 o  minori  entrate, e quindi "soggetta al vincolo di copertura di cui
 al quarto comma dell'art. 81 Cost. - per costituire  mezzi  effettivi
 di copertura riguardo alle leggi di spesa successive, debbano trovare
 corrispondenza in risorse finanziarie "certe o almeno ragionevolmente
 attendibili"  non  solo  per  il  primo  anno  del  triennio  cui gli
 accantonamenti si riferiscono, ma anche  per  il  secondo  e  per  il
 terzo.  Senonche'  ne' la legge finanziaria 1992 ne' le singole norme
 di spesa impugnate  risponderebbero  ai  suddetti  canoni.  Tale  non
 rispondenza  si  riscontrerebbe  per  la  copertura  sia  degli oneri
 ricadenti nei due esercizi successivi al primo anno del triennio, sia
 degli oneri ricadenti negli esercizi successivi al triennio.
    4.2. - Sotto il primo aspetto si rileva che la  legge  finanziaria
 1992 sarebbe rispettosa del precetto costituzionale solo per il primo
 esercizio,  il 1992, e non anche per gli altri due (1993 e 1994), per
 i quali avrebbe rinviato l'effettivo reperimento delle  risorse  alle
 leggi  finanziarie degli anni a venire; le sei leggi di spesa, a loro
 volta, non conterrebbero altro "quadro programmatico della spesa", se
 non il riferimento alle tabelle A e B allegate  alla  suddetta  legge
 finanziaria 1992, e quindi agli accantonamenti iscritti nei due fondi
 speciali, privi anch'essi di adeguata copertura.
    Gli stessi documenti di bilancio segnalerebbero che il legislatore
 si  sarebbe  limitato  a  prevedere  la  spesa,  senza collocare tale
 previsione in un contesto di "ragionati equilibri di bilancio neppure
 per il triennio al quale si estende la  programmazione  finanziaria";
 infatti  "per  il  1993, mentre il bilancio pluriennale programmatico
 (che  riflette  l'impostazione  del   documento   di   programmazione
 economico-finanziaria per il triennio 92-94) reca l'indicazione di un
 saldo  netto  da  finanziare  (  ..con  indebitamento) pari a 102.700
 miliardi, il bilancio triennale '92-94 (nel quale  si  riflettono  le
 effettive   decisioni   di  spesa  pluriennale  assunte  dalla  legge
 finanziaria 1992) indica che l'indebitamento raggiungera', nel  1993,
 i  152.147 miliardi; per il 1994, poi, il divario si prospetta ancora
 piu' ampio  poiche'  il  saldo  netto  da  finanziare  auspicato  dal
 bilancio pluriennale programmatico e' previsto nella misura di 78.600
 miliardi,  mentre  l'analogo  saldo  esposto  nel  bilancio triennale
 1992-94 ammonta a 169.328 miliardi".
    Questa divaricazione sarebbe, secondo l'ordinanza  di  rimessione,
 "del  tutto  irragionevole"  e  deriverebbe  "in  larga misura" dalla
 previsione di spese pluriennali e permanenti a carattere inderogabile
 e incomprimibile (cioe' non modulabili dalle leggi  finanziarie  suc-
 cessive),  alla  cui  previsione non farebbe riscontro l'indicazione,
 "sia pure di larga massima", delle risorse con cui farvi fronte.
    Spese siffatte sarebbero quelle previste appunto dalle  sei  leggi
 denunciate,  il  cui  onere  e'  distribuito nel triennio in modo non
 uniforme e costante, bensi' crescente da un anno all'altro,  si'  che
 gran  parte  di  esso  grava  proprio  sugli  ultimi due esercizi del
 triennio.  Orbene,  pur  se  la  graduazione degli oneri nel triennio
 rientra nella discrezionalita' del legislatore, ove si colleghi a una
 "ragionevole" valutazione dei  tempi  di  attuazione  della  spesa  o
 dell'intervento,   nelle   leggi   in   esame  mancherebbe  qualsiasi
 indicazione sulle fonti e sui  mezzi  di  copertura,  anche  solo  in
 termini  di  "ragionevole  e  credibile  indicazione". Perche' vi sia
 ragionevolezza della  copertura  finanziaria  delle  spese  di  parte
 corrente,  osserva  la  rimettente  che: "gli accantonamenti di segno
 negativo dovrebbero essere sostenuti  e  supportati  da  progetti  di
 legge  gia' presentati alle Camere (art. 11-bis, comma 3 (della legge
 n. 362 del 1988)) e .. dalla indicazione, pur soltanto allo stato  di
 iniziativa  legislativa,  di  incrementi di entrata o di riduzione di
 spesa. Invece .. la natura straordinaria e non  ripetibile  di  buona
 parte  dei  mezzi  di  copertura  previsti  per il 1992 ha condotto a
 prevedere, per gli esercizi finanziari 1993  e  1994,  accantonamenti
 negativi  nel  fondo  speciale  di parte corrente rispettivamente per
 20.950 e 28.426 miliardi, senza  che  i  corrispondenti  progetti  di
 legge  siano  stati  presentati  alle  Camere,  rinviando  cosi' alle
 manovre di bilancio per il 1993 ed il 1994 non solo  l'individuazione
 dei  mezzi  per  avvicinare  i  saldi a legislazione vigente e quelli
 programmatici, ma anche l'individuazione dei mezzi  di  copertura  di
 oltre  la  meta'  delle  spese  iscritte  nel fondo speciale di parte
 corrente".
    Quanto alle spese in conto capitale nell'ordinanza si sostiene che
 "la legge finanziaria 1992 non reca  alcuna  previsione  di  nuove  o
 maggiori  entrate  o  di  minori  spese a fronte degli accantonamenti
 iscritti per dette spese (tabella B allegata alla  legge  finanziaria
 1992) ...; che l'art. 81, quarto comma, Cost. non distingue fra spese
 correnti  e spese in conto capitale ai fini dell'obbligo di copertura
 ... (e che) in ogni caso l'evoluzione della spesa in  conto  capitale
 e'  anch'essa  legata,  nel  contesto delle leggi n. 468/78 e 362/88,
 all'equilibrata evoluzione delle grandezze di  bilancio  (art.    11,
 sesto  comma,  della legge n. 468/78, nel testo novellato dalla legge
 n. 362/88); equilibrata evoluzione che  si  e'  gia'  dimostrato  non
 essere  stata  posta  a fondamento della decisione di bilancio per il
 1992".
    4.3. - Per quanto concerne  gli  oneri  ricadenti  negli  esercizi
 successivi   al   periodo  di  vigenza  del  bilancio  triennale,  la
 rimettente richiama la giurisprudenza costituzionale (sent.  384  del
 1991 cit.) con la quale si e' affermato l'obbligo di indicare i mezzi
 di  copertura  esteso  a  tutto  il  periodo di durata delle leggi di
 spesa, e non solo al triennio, e ribadisce che le disposizioni denun-
 ciate, "del  tutto"  prive  della  indicazione  di  idonei  mezzi  di
 copertura per il periodo ultratriennale, non sarebbero rispettose del
 parametro costituzionale invocato.
    5.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  per  il  tramite  dell'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo  che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata,
 ovvero sia rimessa per un nuovo esame al giudice a quo.
    Quanto all'inammissibilita', nell'atto di intervento  si  sostiene
 che  puo' dubitarsi della rilevanza della questione, "sia in generale
 perche' non. .. sollevata nell'ambito di un procedimento di controllo
 riguardante l'attuazione di spese ipoteticamente non coperte, sia  in
 particolare,  per  quanto  riguarda  le  leggi interessate da decreti
 relativi a variazioni per il solo esercizio 1992, in ordine al  quale
 non  vengono  mossi  rilievi  nell'effettivita' della copertura della
 spesa". Nel merito, ad avviso della difesa dello Stato,  diversamente
 da  quanto sostenuto nell'ordinanza di rimessione, le leggi impugnate
 recherebbero un'esatta quantificazione della  spesa  e  una  corretta
 indicazione della relativa copertura.
    Infatti,  per  gli  oneri gravanti sui bilanci successivi a quello
 del 1994, la "strumentazione contabile" consentirebbe  di  verificare
 "come gli oneri inerenti al terzo anno di spesa siano pari a quelli a
 regime;  il  che implica il massimo di attendibilita' possibile nella
 conseguente previsione di copertura .." in  un'ottica  di  equilibrio
 tendenziale  della  finanza  pubblica.  L'indicazione  dei  mezzi  di
 copertura per tutto il periodo di attuazione delle leggi di spesa  si
 realizzerebbe,  infatti,  "attraverso  il  controllo  della  perfetta
 coerenza tra onere a regime e onere coperto nell'ultimo anno compreso
 nell'orizzonte  del  bilancio   triennale";   e   "in   una   cornice
 convenzionale  di  previsione pluriennale solo l'accennato equilibrio
 puo' costituire l'elemento  per  una  valutazione  di  ragionevolezza
 della  previsione  di  copertura",  che si voglia mantenere sul piano
 rigoroso della legittimita' "senza invadere il  campo  dell'indirizzo
 politico  e  degli apprezzamenti economici". Sulla specifica censura,
 secondo la quale sussisterebbe una asserita carenza di copertura  nel
 terzo anno del bilancio triennale (e quindi nel momento della massima
 esposizione  finanziaria  delle  leggi in esame), tale da determinare
 una frattura del sistema interno allo  stesso  ciclo  triennale  "che
 impedirebbe   di   postulare,   in  proiezione,  una  continuita'  di
 tendenziale equilibrio per gli esercizi ulteriori" - censura, questa,
 che  darebbe  fondamento  anche  alla  prospettazione  inerente  alla
 mancanza  di  copertura  per gli esercizi successivi al triennio - la
 difesa dello Stato rileva che le norme di spesa  impugnate  prevedono
 il  ricorso  ad  accantonamenti iscritti nei fondi speciali (di parte
 corrente e di conto capitale) della legge finanziaria 1992, la  quale
 "non presenta smagliature formali .." e "i (cui) profili problematici
 hanno  superato  il  vaglio  delle  specifiche procedure previste dai
 regolamenti parlamentari".
    Infine l'Avvocatura generale dello Stato osserva che e'  in  corso
 un'importante  manovra di riequilibrio della finanza pubblica avviata
 sulla base del decreto legge n. 384 del 1992 e della legge di  delega
 n.  421  del  1992, per cui "risulta del tutto innovato e corretto il
 quadro di riferimento finanziario per gli anni  1993  e  1994".  Cio'
 comporta che le norme impugnate andrebbero valutate alla luce di tale
 sostanziale modifica e che, di conseguenza, le sollevate questioni di
 legittimita' costituzionale dovrebbero essere rinviate alla Corte dei
 conti per una nuova valutazione.
    La  difesa  dello  Stato  riferisce,  poi, che la stessa Corte dei
 conti "si e' di recente positivamente espressa" in ordine  a  decreti
 del  Ministro  del tesoro relativi ad altre leggi di spesa (leggi nn.
 145,  212  e  356  del  1992)  che,  in  relazione   alla   copertura
 finanziaria, hanno connotati analoghi a quelli delle leggi ora denun-
 ciate;  il  che  dovrebbe  far  ritenere  "caducato"  ogni rilievo di
 attendibilita' precedentemente mosso in ordine alla copertura di tali
 leggi.
    6. - In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato
 ha  depositato  una  memoria  nella  quale  sostiene che i denunciati
 scostamenti, per gli anni 1993 e 1994 - negli importi del saldo netto
 da finanziare,  riportati  nel  bilancio  pluriennale  programmatico,
 rispetto  ai  valori  esposti,  sempre  per  gli  anni '93 e '94, nel
 bilancio triennale a  legislazione  vigente  -  sarebbero  del  tutto
 normali  in  un sistema di programmazione finanziaria "a scorrimento"
 ed irrilevanti ai fini del rispetto dell'art. 81 della Costituzione.
    Quanto  poi  alla  circostanza  della  mancata  presentazione   di
 progetti  di  legge a sostegno degli accantonamenti negativi di fondo
 speciale, la difesa dello Stato  osserva  che  la  funzione  di  tali
 accantonamenti sarebbe proprio quella di "sterilizzare" le spese fino
 al   reperimento   delle   risorse  occorrenti,  per  cui  la  omessa
 presentazione  delle  iniziative   legislative   avrebbe   comportato
 automaticamente la mancata attivazione delle spese collegate; inoltre
 con   la   legge   finanziaria  1993  si  sarebbe  proceduto  ad  una
 ricognizione della  legislazione  vigente,  comprensiva  della  nuova
 manovra,  provvedendosi  cosi'  al reperimento dei mezzi di copertura
 anche per gli accantonamenti negativi non perfezionati,  e  l'entita'
 della  manovra  realizzata,  valutabile in un miglioramento del saldo
 netto da  finanziare  di  oltre  88.000  miliardi,  eliminerebbe  "in
 radice"  qualsiasi  perplessita'  cui  possa aver dato luogo la legge
 finanziaria 1992.
                         Considerato in diritto
    1. - La Sezione del controllo della Corte dei conti, nel corso  di
 procedimenti  sull'ammissione  al  visto  ed  alla  registrazione dei
 decreti del Ministro del tesoro  concernenti  variazioni  per  l'anno
 finanziario  1992 negli stati di previsione della spesa dei ministeri
 del  tesoro,  dell'agricoltura  e   delle   foreste,   della   marina
 mercantile,  dell'interno,  della  difesa, delle finanze, di grazia e
 giustizia, dei lavori  pubblici,  dell'universita'  e  della  ricerca
 scientifica  e  tecnologica,  del  lavoro e della previdenza sociale,
 della pubblica istruzione e della  sanita',  per  l'anno  finanziario
 1992,  nonche'  per  due  di  detti decreti - riguardanti i ministeri
 della marina mercantile e della difesa - anche gli anni 1993 e  1994,
 ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 2,
 comma 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 415 (legge finanziaria  per
 il  1992)  nella  parte  in cui approva le tabelle A e B per gli anni
 1993 e 1994; 7, comma 1, della legge 31 dicembre  1991,  n.  431;  9,
 commi  1  e 2, della legge 31 dicembre 1991, n. 433; 42, commi 6 e 7,
 della legge 5 febbraio 1992, n.  104;  4,  comma  1,  della  legge  7
 febbraio  1992,  n.  140; 1, comma 2, e 5 del decreto legge 7 gennaio
 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo  1992,
 n.  216;  7,  11,  14,  comma  primo, del d.l. 18 gennaio 1992, n. 9,
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1992, n. 217.
    Ad  avviso  della  Corte  dei   conti,   le   sopracitate   leggi,
 autorizzando  spese  di  carattere  permanente,  a  valere  tanto sul
 triennio 1992-94, al quale si riferisce la programmazione di bilancio
 operata dalla legge finanziaria 1992 (legge n. 415 del 1991) e  dalla
 legge  di  bilancio  annuale  e  pluriennale (legge n. 416 del 1991),
 quanto  sugli  esercizi  successivi   al   suddetto   triennio,   non
 prevederebbero,   "nella   quasi   totalita'",   mezzi  di  copertura
 finanziaria relativamente  agli  oneri  che  graveranno  sui  bilanci
 successivi  a  quello  del  1994.  Quanto,  invece, agli oneri che si
 produrranno   nel   triennio   1992-94,   le   leggi   predette   non
 risulterebbero adeguatamente coperte dalle risorse recate dalla legge
 finanziaria  suddetta  nel  suo  complesso, la quale prevede anche il
 ricorso ad  accantonamenti  di  segno  negativo  iscritti  nei  fondi
 speciali,  privi  a  loro volta di provvista costituita da disegni di
 legge almeno presentati alle Camere.
    2. -  La  Presidenza  del  Consiglio  interveniente  ha  adombrato
 l'eventualita' della restituzione degli atti alla Corte dei conti per
 un riesame delle questioni, "in dipendenza dell'importante manovra di
 riequilibrio  della  finanza pubblica, avviata sulla base del d.l. n.
 384/1992 e della legge di delega 421/1991", che  avrebbe  "del  tutto
 innovato e corretto il quadro di riferimento finanziario per gli anni
 1993 e 1994".
    Questa  Corte non ritiene che sussistano le condizioni per potersi
 provvedere nei sensi anzidetti, con riguardo  a  tutte  le  questioni
 sollevate  nell'ordinanza di rinvio, perche' non solo non risulta una
 specifica corrispondenza fra la menzionata "manovra di  riequilibrio"
 e  le  varie  leggi  di  spesa  oggetto  di censura, ma l'auspicio e'
 formulato dall'Avvocatura generale dello Stato  con  indicazione  del
 tutto   generica,  senza  che  sia  chiarito  in  qual  modo  il  jus
 superveniens possa incidere sulle questioni nei termini in cui queste
 sono state sollevate.
    3. - L'interveniente Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  ha
 eccepito  poi  l'inammissibilita'  delle  questioni  per irrilevanza,
 sostenendo  che  non  sono  state  sollevate   "nell'ambito   di   un
 procedimento   di   controllo   riguardante   l'attuazione  di  spese
 ipoteticamente non coperte in  particolare  per  quanto  riguarda  le
 leggi  interessate  da  decreti  relativi  a  variazioni  per il solo
 esercizio  1992,  in  ordine  al  quale  non  vengono  mossi  rilievi
 sull'effettivita' della copertura della spesa".
    L'eccezione  e',  nella  sostanza,  analoga a quella formulata nel
 giudizio conclusosi con la sentenza n. 384 del 1991  ed  allora  gia'
 disattesa  da  questa  Corte  in ragione del carattere unitario delle
 leggi di spesa pluriennali quando sono  riferite  ad  interventi  per
 loro  natura  finanziariamente inscindibili, per cui, anche se per la
 maggior parte dei decreti di variazione - sottoposti al  visto  della
 Corte  dei  conti  e  che  riguardano  il  bilancio  annuale o quello
 triennale  in  corso  -  non  vengono  mossi  rilievi   relativamente
 all'esercizio cui le variazioni si riferiscono, detta inscindibilita'
 determina la rilevanza delle questioni pur se il difetto di copertura
 riguardi  gli esercizi successivi; cio' non senza considerare che due
 dei decreti predetti si riferiscono anche agli altri due esercizi del
 triennio.
    Le leggi di spesa ora denunciate presentano  tali  caratteristiche
 perche'  esse,  come  risulta  dal  loro  contenuto e come si precisa
 nell'ordinanza di rinvio, regolano "interventi che, per il modo  come
 sono  configurati,  presentano  carattere  unitario  ed inscindibile,
 atteso che, una volta assunta  la  decisione  amministrativa  di  far
 luogo    all'intervento,   tale   decisione   determina,   a   carico
 dell'esercizio in corso e di quelli successivi, oneri sostanzialmente
 inderogabili".
    4.1.   -  Ridotta  ai  suoi  termini  essenziali,  l'ordinanza  di
 rimessione  si  muove  su  un  duplice   ordine   di   considerazioni
 sostenendo,  in  primo  luogo,  che rispetto alle sei leggi di spesa,
 sospettate  di   incostituzionalita'   negli   articoli   denunciati,
 mancherebbe  ogni  attendibile  indicazione  dei  mezzi  di copertura
 relativamente agli  oneri  successivi  al  triennio  considerato  dal
 bilancio  pluriennale  1992-94,  per  cui  si verserebbe nella stessa
 ipotesi censurata da questa Corte con la sentenza n. 384 del 1991. In
 secondo luogo si sostiene che le previsioni di copertura indicate per
 il triennio in corso dalla legge finanziaria 1992 (legge n.  415  del
 1991) sarebbero a loro volta inattendibili perche' fondate su entrate
 occasionali  e  non  ripetibili  oltre  il  primo  anno,  mentre  gli
 accantonamenti di segno negativo, cui  farebbero  capo  le  leggi  di
 spesa  denunciate,  non sarebbero accompagnati dalla presentazione di
 disegni di  legge  di  provvista;  onde,  sotto  questo  profilo,  il
 sospetto   di  incostituzionalita',  per  inidoneita'  dei  mezzi  di
 copertura, dell'art. 2, comma 2, della legge n. 415 del  1991  (legge
 finanziaria 1992) si riverberebbe sulle leggi di spesa sopraindicate.
    4.2.  -  Seguendo  nell'ordine  prospettato  lo  svolgimento delle
 questioni,  va  innanzitutto  dichiarata  l'infondatezza  di   quella
 concernente  la mancanza di previsione della copertura ultratriennale
 delle leggi di spesa denunciate.
    In proposito  questa  Corte,  anche  alla  stregua  di  precedenti
 pronunce,  nella  piu'  recente  sentenza  n.  384  del 1991, assunta
 dall'ordinanza di rimessione a fondamento delle  questioni  sollevate
 nel  presente  giudizio,  ha affermato che, quando si tratti di oneri
 inderogabili, pur dopo l'introduzione del bilancio pluriennale ad op-
 era delle leggi n. 468  del  1978  e  n.  362  del  1988  permane  la
 validita'   del  principio  secondo  cui,  relativamente  alle  leggi
 pluriennali di spesa, l'obbligo di indicazione dei mezzi di copertura
 riguarda anche gli esercizi successivi a quelli compresi nel bilancio
 triennale. Nelle richiamate pronunce si e' poi precisato che,  mentre
 per  gli esercizi considerati dal bilancio e' necessaria una puntuale
 indicazione  delle  risorse  finanziarie  disponibili,   per   quelli
 successivi  e' sufficiente che la previsione delle risorse, destinate
 a far fronte  ai  relativi  oneri,  risulti  in  modo  ragionevole  e
 credibile, tale da evitare previsioni fittizie ed arbitrarie.
    Nel  caso  che  aveva  allora  formato  oggetto  di  sindacato  di
 costituzionalita', la richiamata  sentenza  n.  384  del  1991  aveva
 dichiarato  l'illegittimita' costituzionale della legge denunciata in
 quanto questa, riguardando l'assunzione da parte del  bilancio  dello
 Stato  degli  oneri,  per  interessi  e  per  ammortamenti, derivanti
 dall'accensione di mutui e dalla emissione di obbligazioni  da  parte
 degli  enti  di gestione delle partecipazioni statali, aveva previsto
 un  periodo  di  pre-ammortamento  pari  alla  durata  del   bilancio
 triennale  in corso, sul quale andava a gravare solo la spesa per gli
 interessi, mentre nessuna previsione dei mezzi di copertura risultava
 relativamente agli anni successivi, nei quali sarebbero cominciati  a
 decorrere,  in  aggiunta agli interessi, i ben piu' consistenti oneri
 di ammortamento del capitale.
    L'illegittimita' costituzionale della legge, che  risultava  cosi'
 coperta  solo  per  i  primi  tre esercizi corrispondenti al bilancio
 triennale, era stata percio'  dichiarata  in  presenza  del  notevole
 divario  quantitativo  tra  il  limite  di  impegno  relativo ai soli
 interessi - gravante sui primi tre anni e per il quale  era  prevista
 la copertura nel bilancio triennale - e gli stanziamenti, comprensivi
 di  interessi  ed  ammortamento, che sarebbero andati a gravare sugli
 esercizi  successivi,  senza  che   risultasse   alcuna   attendibile
 previsione  di  copertura con cui far fronte agli oneri relativi agli
 esercizi successivi al triennio, rispetto al quale essi, come  si  e'
 rilevato, sarebbero lievitati in modo tanto considerevole.
    Il principio, desumibile dalla richiamata sentenza, e' dunque che,
 in  presenza  di  leggi pluriennali di spesa che si protraggono anche
 negli esercizi successivi a quelli considerati dal bilancio triennale
 in corso, non e' sufficiente la copertura degli oneri  relativi  alla
 durata  di  esso,  quando  per  gli anni successivi le quote assumono
 andamenti marcatamente crescenti e richiedono percio'  un  fabbisogno
 ulteriore  rispetto a quello previsto per l'ultimo anno del triennio.
 Difatti l'equilibrio contabile tra onere coperto ed  onere  a  regime
 deve  costituire  l'elemento  formale  da prendersi a riferimento per
 valutare - senza invadere il campo dell'indirizzo politico in materia
 di bilancio - la  ragionevolezza  della  copertura,  dallo  specifico
 punto  di  vista  del  mantenimento  di  un  plausibile  rapporto  di
 equilibrio tra entrate e spese.
    Invece, il caso delle leggi di spesa oggetto del presente giudizio
 e' diverso da quello risolto con la richiamata sentenza  n.  384  del
 1991,  che  impropriamente  la Corte dei conti invoca come precedente
 per la soluzione della  presente  questione.  Difatti,  relativamente
 alle  leggi  ora  denunciate, per gli esercizi successivi al bilancio
 triennale, non si  ravvisa  quell'apprezzabile  scostamento  rispetto
 alle  previsioni  di  spesa gravanti nell'anno di massima esposizione
 finanziaria del triennio, che questa  Corte  aveva  allora  censurato
 nella  prospettiva  della salvaguardia del tendenziale equilibrio tra
 entrate e spese. Di  conseguenza,  muovendo  dal  presupposto  di  un
 presumibile andamento non regressivo del flusso delle entrate secondo
 dati confortati dall'esperienza, si realizza una ragionevole coerenza
 tra onere coperto nel triennio e onere a regime, il che non risultava
 invece relativamente alla legge censurata con la richiamata sentenza.
    5.  -  Per  quel  che  riguarda  il  secondo dei profili indicati,
 relativo al difetto di copertura nell'arco del  triennio  -  profilo,
 questo, che puo' riverberarsi sulla questione della copertura per gli
 anni successivi, per l'effetto di trascinamento che su questi sarebbe
 prodotto  dalla  asserita  carenza di mezzi finanziari nel triennio -
 poiche' le sei leggi di spesa in esame fanno capo ai  fondi  speciali
 previsti  dalla legge finanziaria per il triennio 1992-94, la censura
 di inattendibilita' delle previsioni di copertura, pur investendo sia
 le  leggi  di  spesa  che  la  legge   finanziaria   1992,   riguarda
 direttamente quest'ultima. Difatti, quello che viene presentato anche
 come argomento rivolto a sorreggere la questione riguardante le leggi
 di spesa in precedenza elencate, si risolve in sostanza nella censura
 dell'art.  2, comma 2, della legge finanziaria 1992 (legge n. 415 del
 1991) influendo solo indirettamente sulle altre leggi denunciate,  in
 quanto  si  basa  sulla  asserita natura straordinaria di buona parte
 delle previsioni di entrate contemplate dalla legge finanziaria,  che
 non  sarebbero  ripetibili  oltre  il 1992, e sulla mancata provvista
 degli accantonamenti di segno negativo della stessa legge, per cui la
 censura potrebbe influire, ove accolta, solo  in  via  consequenziale
 sulle leggi pluriennali di spesa.
    Per   mettere  in  dubbio  l'attendibilita'  delle  previsioni  di
 copertura relative al secondo e al terzo anno del  triennio  1992-94,
 la  Corte  dei  conti ritiene, "per quanto riguarda le spese di parte
 corrente", non rispettata la "legge n.  362/88,  nel  senso  che  gli
 accantonamenti  di  segno  negativo  dovrebbero  essere  sostenuti  e
 supportati da progetti di legge gia'  presentati  alle  Camere  (art.
 11-bis,  comma  3)  e,  insomma, dalla indicazione, pur soltanto allo
 stato di iniziativa  legislativa,  di  incrementi  di  entrata  o  di
 riduzione  di  spesa".  Sostiene  la  Corte  dei conti che "la natura
 straordinaria e non ripetibile di buona parte dei mezzi di  copertura
 previsti  per  il  1992  ha  condotto  a  prevedere  per gli esercizi
 finanziari 1993 e 1994, accantonamenti negativi nel fondo speciale di
 parte corrente rispettivamente per lire  20.950  e  28.426  miliardi,
 senza  che  i corrispondenti progetti di legge siano stati presentati
 alle Camere, rinviando cosi' alle manovre di bilancio per il 1993  ed
 il  1994 non solo l'individuazione dei mezzi per avvicinare i saldi a
 legislazione   vigente   a    quelli    programmatici,    ma    anche
 l'individuazione dei mezzi di copertura di oltre la meta' delle spese
 iscritte nel fondo speciale di parte corrente".
    In  primo  luogo  va  rilevato  che  se,  da quel che e' possibile
 arguire dall'ordinanza di rimessione, la Corte dei conti abbia inteso
 dire che proprio a causa della irripetibilita'  delle  entrate  negli
 anni  successivi  al  1992 si e' dovuti ricorrere al meccanismo degli
 accantonamenti negativi, la  censura  relativa  alla  irripetibilita'
 anzidetta  perderebbe  valore  perche' sarebbe allora la stessa legge
 finanziaria a dimostrare la consapevolezza che dal 1993 non si potra'
 piu' contare su  quel  tipo  di  entrate,  tanto  e'  vero  che,  per
 compensarne  la mancanza, sono stati previsti accantonamenti di segno
 negativo; di conseguenza residuerebbe soltanto la censura relativa al
 meccanismo di quegli accantonamenti, di cui si parlera' in prosieguo.
    Ma poiche', come e'  piu'  probabile  dal  tenore  dell'ordinanza,
 sembra  che la Corte dei conti abbia prospettato entrambe le censure,
 pur  accomunandole  sotto  un  unico  profilo,  esse  concretano  due
 autonome  questioni:  la prima, che riguarda la sufficienza dei fondi
 speciali nel loro complesso a far  fronte  alle  leggi  di  spesa  in
 parola  e, la seconda, che riguarda l'asserita violazione della norma
 (art. 11- bis della legge n. 468  del  1978,  come  modificata  dalla
 legge  n.  362  del  1988)  che disciplina il meccanismo compensativo
 degli accantonamenti di segno negativo sostenendosi che,  nella  spe-
 cie,  essi  sarebbero stati iscritti nella legge finanziaria, per far
 fronte  ad  accantonamenti  di  segno  positivo,   senza   l'avvenuta
 presentazione  dei  "corrispondenti  progetti  di  legge"  (comma  3)
 relativi alle "minori spese o maggiori entrate" (comma 2).
    Quanto  alla  prima  delle  questioni  anzidette,   che   riguarda
 l'inattendibilita' della copertura in dipendenza della occasionalita'
 ed  irripetibilita'  di  alcune  entrate,  essa  e' inammissibile per
 genericita'. Difatti dal collegio rimettente non vengono indicate  le
 entrate  che  sarebbero  caratterizzate  da  tale  occasionalita'  ed
 irripetibilita', il che non consente a questa Corte di compiere,  con
 propri  autonomi  criteri,  un'indagine  diretta ad individuarle, non
 essendosi  in  grado  di  stabilire,   in   mancanza   di   qualunque
 indicazione,  quale  sia  il  punto  di  vista  da cui muove l'organo
 rimettente per esprimere tale giudizio.
    6.1.   -   Relativamente  alla  questione  della  provvista  degli
 accantonamenti di segno negativo iscritti nel fondo speciale di parte
 corrente della legge finanziaria 1992, la Corte dei conti lamenta  il
 mancato  rispetto  del  meccanismo  previsto  dall'art. 11- bis della
 legge n. 468 del 1978, come modificato dalla legge n. 362  del  1988.
 Questo   consente  di  prevedere,  nei  fondi  speciali  della  legge
 finanziaria, accantonamenti di segno negativo  in  corrispondenza  di
 accantonamenti  di segno positivo diretti a coprire leggi di spesa in
 itinere,  solo  nel  caso  in  cui  i  corrispondenti   provvedimenti
 legislativi,   recanti   minori   spese  o  maggiori  entrate,  siano
 presentati alle Camere.  Nell'ordinanza  di  rinvio  si  assume  che,
 invece, la previsione di tali accantonamenti negativi e' nella specie
 avvenuta  senza  presentazione  di  dette  leggi  di  provvista, onde
 l'illegittimita'   costituzionale   della   legge   finanziaria   per
 violazione  di tale prescrizione, considerata attuativa dell'art. 81,
 quarto  comma,  della  Costituzione.  L'illegittimita'  della   legge
 finanziaria sotto tale aspetto si riverbererebbe cosi' sulle leggi di
 spesa denunciate, la cui copertura grava su tali accantonamenti.
    In  proposito  l'Avvocatura  generale  dello Stato sostiene che la
 funzione  "degli  accantonamenti  negativi  e'  proprio   quella   di
 sterilizzare talune iniziative di spesa fino al concretarsi dei mezzi
 di  copertura  corrispondenti,  per  cui la mancata presentazione dei
 relativi disegni di legge ha comportato  automaticamente  la  mancata
 attivazione delle spese collegate".
   L'assunto  non  puo'  essere  condiviso  perche',  in  primo luogo,
 l'Avvocatura generale dello Stato non  considera  che  il  meccanismo
 dell'art.  11-  bis  e'  proprio  nel  senso  che la previsione degli
 accantonamenti di segno negativo sia collegata alla presentazione  di
 disegni  di  legge  di provvista e cio' in relazione alla circostanza
 che  la  pluriannualita'  delle   coperture   e'   posta   a   difesa
 dell'equilibrio  finanziario,  per  cui  ai vantaggi del promettere i
 benefici della maggiore  spesa  deve  corrispondere,  fin  dalla  sua
 deliberazione e con sufficiente credibilita', la previsione dei costi
 della promessa.
    In secondo luogo, se e' vero che la copertura delle leggi di spesa
 impugnate,  e propriamente soltanto di alcune di esse, come si vedra'
 in prosieguo, andra' a gravare - peraltro solo  dal  1994  -  su  uno
 degli  accantonamenti  in  parola,  e'  pur  vero  che  i  decreti di
 variazione sottoposti a controllo attivano interventi che, una  volta
 avviati,   determinano   spese   che  l'organo  rimettente  asserisce
 inderogabili per tutti gli esercizi successivi. Di conseguenza,  come
 si  e'  gia' avuto modo di osservare nel respingere in limine analoga
 eccezione per irrilevanza di tutte le questioni, si e' in presenza di
 oneri inscindibili rispetto  ai  quali  le  previsioni  di  copertura
 devono essere osservate per tutto l'arco degli interventi.
    Non puo' quindi parlarsi di "sterilizzazione" degli accantonamenti
 di   segno   positivo  e,  quindi,  per  questa  parte,  della  legge
 finanziaria, perche', attivandosi, mediante i decreti di  variazione,
 interventi  che determinano oneri inscindibili, fin dal primo momento
 deve essere garantita la provvista della copertura anche per il 1994.
    6.2. - Sulla questione in esame questa Corte  condivide,  percio',
 le  preoccupazioni  da  cui  muove  l'ordinanza  di  rimessione sulla
 possibilita'  che  il  meccanismo  degli   accantonamenti,   se   non
 puntualmente  osservato,  si risolva in un "espediente contabile" per
 eludere l'obbligo di copertura previsto dall'art. 81,  quarto  comma,
 della  Costituzione.  Il rispetto sostanziale di questo esige difatti
 che, per gli oneri pluriennali di spesa, il  meccanismo  compensativo
 dell'art. 11- bis non si traduca, come paventa la Corte dei conti, in
 un  rinvio  della  copertura  alle  successive  manovre  di bilancio,
 dovendosi, fin dal momento in cui una spesa viene deliberata,  essere
 consapevoli    dei    suoi    costi    reali   e   delle   fonti   di
 approvvigionamento,in  vista  del  perseguimento   della   linea   di
 tendenziale equilibrio finanziario.
    D'altronde  l'art.  11-bis,  il  cui  meccanismo  non  e' posto in
 discussione  in  se',  ma  solo  per  lamentarne   l'abuso,   ritiene
 soddisfatta quest'ultima esigenza con la previsione - che l'ordinanza
 di  rinvio  dichiara  non  rispettata  -  dell'obbligo  della  previa
 presentazione alle Camere dei disegni di legge  (comma  3)  a  fronte
 degli   accantonamenti   di   segno   negativo,   consentendo  quindi
 l'utilizzazione concreta (comma 2) dei corrispondenti  accantonamenti
 di  segno positivo solo a seguito dell'approvazione di tali leggi. Il
 che, assecondando una giusta esigenza di elasticita', pone  in  grado
 gli   organi  preposti  alla  manovra  di  bilancio  di  modulare  le
 previsioni della legge finanziaria nel tempo in relazione ai concreti
 esiti di tali iniziative legislative.
    Peraltro,  risulta  che  nel  corso  del  dibattito   parlamentare
 (documento  di base n. 8 del servizio bilancio del Senato sulla legge
 finanziaria  1992)  il  problema  fu  espressamente  affrontato,   ma
 superato  nonostante che ci si fosse fatti carico che non erano stati
 presentati i disegni  di  legge  di  provvista  degli  accantonamenti
 negativi.
    6.3.  -  Relativamente  a quest'ultima questione, va innanzi tutto
 precisato che, come si e' gia' accennato, non per tutte le  leggi  di
 spesa  denunciate  e non per tutti gli esercizi del triennio cui esse
 fanno riferimento, i relativi accantonamenti di segno positivo  fanno
 capo ad accantonamenti di segno negativo, per la iscrizione dei quali
 vige la previsione del ricordato art. 11-bis.
    La tabella A allegata alla legge finanziaria 1992, per le spese di
 parte   corrente,  prevede,  tra  l'altro,  accantonamenti  di  segno
 negativo di lire 20.950  miliardi  per  il  1993  e  di  lire  28.426
 miliardi per il 1994, contrassegnati dalla lettera (a) corrispondente
 a quella che contraddistingue alcuni accantonamenti di segno positivo
 riportati  nella  tabella  stessa a copertura di diverse leggi. Delle
 sei leggi di spesa impugnate, nessuna e'  interessata  al  meccanismo
 degli accantonamenti di segno negativo sopra illustrato (v. nn. 6.1 e
 6.2)  per  l'esercizio  1993,  mentre per il 1994 soltanto il decreto
 legge n. 9 del 1992, convertito nella legge n. 217  del  1992  ed  il
 decreto  legge n. 5 del 1992, convertito nella legge n. 216 del 1992,
 fanno riferimento nelle loro norme di copertura (rispettivamente,  il
 primo,   negli   artt.   7   e   14,  e,  il  secondo,  nell'art.  5)
 all'accantonamento di segno positivo di lire  540  miliardi  (appunto
 per il 1994) denominato "potenziamento delle forze di polizia" (sotto
 la  voce  Ministero  dell'interno),  per  un onere rispettivamente di
 circa 380 miliardi, il primo, e di circa lire 60 miliardi il  secondo
 (complessivamente lire 440 miliardi).
    Questo  specifico accantonamento positivo, come risulta dalla nota
 in calce alla tabella  A  sopra  ricordata,  fa  capo  solo  per  100
 miliardi   all'accantonamento  di  segno  negativo  di  oltre  28.000
 miliardi, sempre per il 1994.
    Alla  stregua  di  tale ricostruzione, che non emerge direttamente
 dall'ordinanza  di  rimessione,  va   dichiarata   l'inammissibilita'
 dell'ultima  questione  per  genericita',  perche' in primo luogo non
 risulta se la Corte  dei  conti  intendesse  sollevare  la  questione
 riferita agli accantonamenti nei confronti di tutte le leggi denunci-
 ate,  nel  qual  caso  l'asserita mancanza di copertura triennale per
 effetto del meccanismo degli accantonamenti di segno negativo e della
 connessa  violazione  dell'art.  11-  bis  sopra  ricordato,  sarebbe
 addirittura  irrilevante per quella parte della legge finanziaria cui
 si  riferiscono  le  leggi  di  spesa  che  non   fanno   capo   agli
 accantonamenti  negativi; in secondo luogo non e' dato comprendere in
 qual modo non vi sarebbe sufficiente copertura delle richiamate leggi
 nn. 216 e 217 del 1992 (le sole per le quali, in via  consequenziale,
 sarebbe rilevante l'eccezione di incostituzionalita'), nonostante che
 l'onere  complessivo da esse previsto per il 1994 (lire 440 miliardi)
 sembrerebbe gia' soddisfatto per eccesso nelle  disponibilita'  indi-
 cate  dall'accantonamento  positivo  di lire 540 miliardi, dei quali,
 come si e' detto, solo 100 miliardi fanno capo all'accantonamento  di
 segno  negativo  che  manca  della  provvista di cui all'art. 11-bis,
 comma 3, piu' volte ricordato;  in  terzo  luogo,  non  e'  possibile
 stabilire  come  tale  limitato onere, per la sua irrilevante entita'
 rispetto agli oneri complessivi gravanti sulla legge finanziaria 1992
 -  e  che,  se  effettivamente  esistente,  potrebbe   far   apparire
 comprensibile  un  rinvio alla successiva manovra di bilancio - possa
 incidere in modo sostanziale sull'equilibrio tra entrate e spese che,
 nel  sollevarsi  una   questione   di   legittimita'   costituzionale
 riguardante la provvista degli accantonamenti di segno negativo della
 legge   finanziaria,   cui   rinviano,   tramite   i   corrispondenti
 accantonamenti di segno positivo, altre numerose leggi di  spesa,  e'
 l'aspetto che potrebbe essere preso in considerazione.
    7.  -  Residua  il  rilievo  di  cui  e'  cenno  nell'ordinanza di
 rimessione, circa l'esigenza del legame che dovrebbe  sussistere  tra
 la  legge  finanziaria  ed il documento di programmazione economica e
 finanziaria.
    Osserva in proposito questa Corte che tale legame non puo'  essere
 inteso nel senso di un vincolo assoluto, bensi' come coerenza con gli
 indirizzi  emergenti  dal  documento  programmatico.  Questo, come e'
 noto, e' espressione, per sua essenza, di un momento indicativo  -  e
 non    precettivo    come   sembrerebbe   invece   trasparire   dalle
 considerazioni della Corte dei conti - per cui gli scostamenti  dalle
 sue  previsioni,  e  specificamente  da quelle del bilancio triennale
 programmatico, anch'esso di indirizzo, che fa parte del documento  in
 parola,    potrebbero    assumere    rilievo   nello   scrutinio   di
 costituzionalita', attinente a profili di copertura finanziaria delle
 leggi nel quadro del  tendenziale  equilibrio  tra  entrate  e  spese
 (sent.  n.  384  del  1991),  non  tanto  su  di  un  piano meramente
 quantitativo, ma se denotino mancanza di coordinamento tra il momento
 di fissazione degli obbiettivi e quello  della  individuazione  delle
 scelte  concrete,  si'  da togliere al primo quel valore di indirizzo
 che invece gli e' riconosciuto  dalla  giurisprudenza  costituzionale
 (sentenze nn. 384 del 1991, 12 del 1987 e 1 del 1966). Cio' non senza
 osservare  che tale coordinamento assume rilevanza essenzialmente per
 le spese in conto capitale, perche', essendo possibile  per  la  loro
 copertura  il  ricorso  all'indebitamento, il documento programmatico
 costituisce un indubbio indirizzo per la ponderatezza delle  relative
 decisioni.
    Tutta  una  serie  di  problemi,  questi, che la Corte dei conti -
 sembrando  reputare  prevalente,  se  non   addirittura   essenziale,
 l'aspetto quantitativo e senza tener conto del diverso rilievo che il
 documento  programmatico  assume  per  le  spese  di  parte  corrente
 rispetto a quelle in conto capitale - affronta in  un'ottica  diversa
 dalle  linee  anzidette che comunque escludono, come si e' osservato,
 di poter attribuire a quel documento carattere precettivo.