LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha   pronunciato   la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto
 dall'Istituto   nazionale   assistenza   dipendenti    enti    locali
 I.N.A.D.E.L.,   in   persona  del  legale  rappresentante  protempore
 elettivamente domiciliato in  Roma,  piazza  delle  Muse,  7,  presso
 l'avv.  Domenico  Vicini  che  lo  rappresenta  e difende per procura
 speciale a margine del ricorso, riccorrente,  contro  Lauretti  Elio,
 elettivamente  domiciliato in Roma, via Vespasiano, 69, presso l'avv.
 Salvatore  Cabibbo  che  lo  rappresenta  e  difende  giusta  procura
 speciale   a   margine   del   controricorso,  controricorrente,  per
 l'annullamento della sentenza del tribunale di Frosinone in  data  28
 febbraio 1991 dep. il 26 aprile 1991 (r.g. n. 2524/89);
    Udita - nella pubblica udienza tenutasi il giorno 17 dicembre 1992
 - la relazione della causa svolta dal cons. rel. dott. De Rosa;
    Udito  il  p.m.  nella  persona  del sost. proc. gen. dott. Sergio
 Lanni  che  ha  concluso  per   la   rimessione   atti   alla   Corte
 costituzionale  ex  art.  4,  c.p.v.,  e  8  marzo  1968, n. 152, per
 questione   di   legittimita'   costituzionale   (art.    36    della
 Costituzione);
                           PREMESSO IN FATTO
       a) che con sentenza 28 febbraio 1991 il tribunale di Frosinone,
 confermando  la  pronuncia  20  luglio  1989  dal  locale pretore, ha
 riconosciuto  a  Lauretti  Elio  -  in  relazione   all'incarico   di
 cappellano  espletato dal 1½ febbraio 1951 al 30 novembre 1985 presso
 l'ospedale civile di detta citta'  -  il  diritto  alla  liquidazione
 della  maggiore  indennita'  a  titolo  di  premio di servizio per il
 periodo 1½ febbraio 1951-1½ aprile 1968 sul rilievo che la condizione
 ostativa - posta dall'art. 4, lett. b) della legge 8 marzo  1968,  n.
 152,  e  consistente nella mancata prestazione, in periodo successivo
 all'entrata in vigore della legge,  del  servizio  quale  titolare  e
 senza  soluzione  di  continuita'  -  pur se nella specie sussistente
 doveva  ritenersi   non   piu'   operante   per   la   incondizionata
 computabilita'  dei  servizi  non  di  ruolo,  principio da ritenersi
 vigente nell'ordinamento  pensionistico  perche'  riconosciuto  dalla
 Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 208 del 24 luglio 1986 che
 aveva dichiarato la illegittimita', per contrasto con l'art. 36 della
 Costituzione, dell'art. 9, quarto comma, del  d.l.  C.P.S.  4  aprile
 1947,  n.  207,  nella  parte  in cui non prevedeva il riconoscimento
 all'atto della cessazione  del  rapporto  della  indennita'  prevista
 dalla detta norma nel caso di passaggio in ruolo del personale non di
 ruolo;
       b) che, avverso la sentenza, ha proposto ricorso l'I.N.A.D.E.L.
 deducendo,  con  primo  motivo,  che  l'art.  della legge n. 152/1968
 doveva ritenersi tuttora applicabile per non  essere  stato  travolto
 dalla  richiamata  pronuncia  della Corte costituzionale incidente su
 diversa disposizione di legge;
       c) che resiste il Lauretti con controricorso osservando  che  -
 qualora  non  fosse  condivisa  la  tesi  del giudice del merito - la
 disposizione in esame sarebbe illegittima per contrasto con gli artt.
 3, 36, 38 della Costituzione in virtu' delle  considerazioni,  aventi
 valenza    di   carattere   generale,   contenute   nella   pronuncia
 costituzionale;
                         OSSERVATO IN DIRITTO
       a)  che  e  ius  receptum  (per  tutte: sentenze nn. 1076/1978,
 2451/1985 e 857/1987) quello secondo cui gli effetti  delle  pronunce
 dichiarative  della  illegittimita' costituzionale di disposizioni di
 legge non possono essere estesi, sulla base degli  argomenti  esposti
 in  motivazione  della  Corte costituzionale, a previsioni diverse da
 quelle indicate nel dispositivo
 di tali  pronunce.  Alla  luce  di  tale  principio,  dal  quale  non
 soccorrono  motivi  per discostarsi, appare evidente la violazione di
 legge denunciata al primo motivo di gravame  avendo  il  giudice  del
 merito esercitato un potere (declaratoria di illegittimita' derivata)
 che  l'art.  27  della legge 11 marzo 1953, n. 87, riserva al giudice
 dalla pronuncia costituzionale;
       b) che, esclusa la validita'  della  tesi  posta  a  fondamento
 della  decisione  qui  impugnata,  la  sostanziale  affinita'  fra la
 fattispecie,  rispettivamente  contemplata  nella  norma   dichiarata
 illeggittima con la pronuncia n. 208/1986, e in quella di cui si dis-
 cute  in  causa,  induce  a  ritenere  valide  anche  per  questo  le
 considerazioni  esposte  dalla  Corte  costituzionale   nella   detta
 pronuncia.
    Invero in quella - ove, in virtu' del richiamo operato dal secondo
 comma  dell'art. 16 della legge n. 152/1968 al quarto comma dell'art.
 9 del c.p.c. P. 207 del 1947, era escluso il diritto  dell'indennita'
 di  fine  servizio  per  il  personale  non di ruolo soltanto perche'
 transitato in quello di ruolo - come in questa - ove l'esecuzione del
 diritto  a  tale  indennita'  e'  collegata  soltanto  alla   mancata
 successiva  prestazione  di servizio da titolare - appare evidente la
 violazione  dell'art.  36  della   Costituzione   con   riguardo   di
 disconoscimento  di  una  parte considerevole del trattamento di fine
 rapporto acquisito mediante la prestazione dell'attivita' lavorativa,
 come frutto di essa, ed il  cui  importo  deve  essere  proporzionale
 all'intera  durata del lavoro prestato. Appare, pertanto, sospetta di
 illegittimita' costituzionale una disposizione che escluda totalmente
 la corresponsione del compenso in ragione  di  circostanza  afferente
 alla  natura  (di ruolo e non) del servizio prestato perche' questa -
 se puo', al limite giustificare soluzioni razionalmente differenziate
 - non puo' da sola legittimare la perdita totale del compenso;
       c)  che  la  questione  non  appare   pertanto   manifestamente
 infondata  e che e' evidente la sua rilevanza al fine della decisione
 della controversia;
    Visto l'art. 27 della legge n. 87/1953;