ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6 del decreto-
 legge 25 gennaio 1985, n. 8, convertito dalla legge 27 marzo 1985, n.
 103 (Ripiano di disavanzi di amministrazione delle  Uu.ss.ll.  al  31
 dicembre  1983 e norme in materia di convenzioni sanitarie), promosso
 con ordinanza emessa il 13 aprile 1992 dal  Pretore  di  Livorno  nel
 procedimento  civile  vertente  tra Cipriano Cipriani ed il ministero
 del tesoro,  iscritta  al  n.  417  del  registro  ordinanze  1992  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 36, prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 16 dicembre 1992 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 13 aprile 1992 il  pretore  di  Livorno  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 6 del d.l. 25 gennaio 1985, n.
 8, convertito dalla legge
 27  marzo  1985,  n.  103,  nella  interpretazione  che  esclude   la
 irripetibilita' delle somme non pagate spontaneamente.
    Lo  stesso  pretore,  con  sentenza  del  1›  febbraio 1982, aveva
 riconosciuto ad un medico, titolare  di  un  laboratorio  di  analisi
 mediche,  il diritto a percepire dall'Inam il pagamento degli aumenti
 o adeguamenti sul corrispettivo risultante dalle  convenzioni  stipu-
 late.
    La  decisione  era  stata riformata dal tribunale, il cui giudizio
 era stato successivamente confermato dalla  Corte  di  cassazione.  A
 seguito   di   cio',   il  ministero  del  tesoro  aveva  chiesto  la
 restituzione della somma percepita, con le dovute maggiorazioni.
    Il medico ha convenuto in giudizio  il  ministero,  chiedendo  che
 venisse  dichiarata  infondata  la pretesa ai sensi dell'ultimo comma
 dell'art. 6 del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8 convertito nella legge  27
 marzo  1985,  n.  103,  il quale, dopo aver dettato l'interpretazione
 autentica degli artt. 11, primo comma, della legge n. 349 del 1977  e
 8,  sesto  comma,  del  d.l.  n.  264  del  1974, nel senso della non
 spettanza delle suddette maggiorazioni per l'adeguamento degli indici
 ISTAT, ha stabilito che "sono comunque  irripetibili  le  somme  gia'
 corrisposte sulla base di diverse interpretazioni".
    La norma viene peraltro interpretata dalla Corte di cassazione nel
 senso   che   l'irripetibilita'   si   riferisce   solo   alle  somme
 spontaneamente   pagate   dagli   enti   mutualistici   ai   sanitari
 convenzionati  e  non  anche  alle somme corrisposte in esecuzione di
 decisioni giudiziali.
    In tal modo, ad avviso del giudice a quo, si vanifica la finalita'
 della legge, individuata nella intenzione di por fine  "alle  diverse
 interpretazioni  delle  disposizioni sopra indicate", e si applica la
 norma in modo irragionevole, incongruo ed arbitrario, dando  vita  ad
 una ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni giuridiche
 identiche, con violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    Quanto  alla  rilevanza,  il pretore di Livorno osserva che, nella
 specie, la sentenza della  Corte  di  cassazione  n.  2894  del  1987
 (rectius,  1988)  e'  successiva alla disposizione di cui all'art. 6,
 della legge 27 marzo 1985, n. 103 e non influisce sul  giudizio,  che
 prescinde  da  essa  e  riguarda  la  richiesta di applicazione della
 normativa succitata a seguito di domanda di restituzione delle  somme
 gia'  pagate.  Ne  deduce  quindi  che  il  giudizio  non puo' essere
 definito  indipendentemente  dalla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita'   costituzionale   il   cui  accoglimento  comporterebbe
 l'accoglimento del ricorso.
    2. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata inammissibile  per
 difetto di rilevanza o quanto meno infondata.
    Il   pagamento,  della  cui  ripetizione  e'  controversia,  venne
 eseguito per effetto  della  esecutivita'  della  sentenza  di  primo
 grado,  favorevole al medico convenzionato, ma il giudizio si e' gia'
 concluso con  sentenza  definitiva  di  segno  opposto,  emessa  dopo
 l'entrata in vigore dell'art. 6 della legge 27 marzo 1985, n. 103.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura,  esiste  dunque  un  giudicato che ha
 definito la controversia in modo incompatibile con le pretese,  e  le
 assunte  fonti normative, oggi azionate dal medico nel giudizio a quo
 e  dunque  tale  da  rendere   irrilevante   la   norma   della   cui
 costituzionalita' si dubita.
    Quanto  al merito l'Avvocatura ricorda che nella sentenza n. 6 del
 1988 questa Corte, nell'esaminare i dubbi all'epoca  sollevati  circa
 la  legittimita' della limitazione della regola dell'irripetibilita',
 aveva fatto riferimento a quella  giurisprudenza  amministrativa  che
 sottopone ad un trattamento differenziato il pagamento oggettivamente
 indebito  di  emolumenti retributivi in relazione alle circostanze in
 cui quel pagamento fosse avvenuto.
    Le limitazioni che quella giurisprudenza, cui il legislatore si e'
 ispirato  nella  norma  in   esame,   apporta   alla   regola   della
 ripetibilita'  presuppongono  almeno  che  il pagamento sia stato non
 coartato: se le somme vengono invero ottenute contro la volonta'  del
 preteso  debitore,  che  contesta  di  essere tale e che e' costretto
 all'esborso solo perche' minacciato di  esecuzione  forzata,  non  e'
 neppure   profilabile  uno  stato  di  buona  fede  del  percipiente,
 opponibile a chi e' coartato a pagare.
    Se  anche  a  questo  caso  si  potesse  estendere  l'applicazione
 dell'indirizzo  giurisprudenziale  richiamato,  si  avrebbe l'assurdo
 effetto  di  una  sentenza,  che  ancorche'  ingiusta  e  come   tale
 riconosciuta   poi  dal  giudice  del  gravame,  acquisterebbe  nella
 sostanza autorita' di giudicato solo perche' medio tempore  posta  in
 esecuzione.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  la  questione  va  dunque  dichiarata
 infondata.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Viene  posta  in  dubbio  la  legittimita'   costituzionale
 dell'art. 6 del d.l. 25 gennaio 1985, n. 8, convertito dalla legge 27
 maggio 1985, n. 103. L'articolo, dopo avere dettato l'interpretazione
 autentica  degli artt. 11, primo comma, della legge n. 349 del 1977 e
 8, sesto comma, del d.l.  n.  264  del  1974,  nel  senso  della  non
 spettanza  ai  sanitari  di  aumenti  o  adeguamenti  di alcun genere
 rispetto  ai   corrispettivi   risultanti   dall'ultima   convenzione
 stipulata  da  ciascun  ente con le categorie professionali, sancisce
 l'irripetibilita' delle somme gia' corrisposte sulla base di  diverse
 interpretazioni  delle  disposizioni  sopra  indicate. La norma viene
 costantemente interpretata dalla Corte di cassazione  nel  senso  che
 l'irripetibilita'  non  si riferisce alle somme erogate in esecuzione
 di decisioni giudiziarie ed ancora oggetto di contestazione.
    Ad avviso del  giudice  a  quo,  tale  interpretazione  violerebbe
 l'art. 3 della Costituzione.
    Essa    determinerebbe    infatti    disparita'   di   trattamento
 ingiustificate perche' fondate soltanto sulle differenti modalita' di
 pagamento dei corrispettivi. Le situazioni giuridiche  sarebbero  per
 contro  rese omogenee dalla corresponsione avvenuta sulla base di una
 interpretazione   delle   norme   contraddetta   dalla    legge    di
 interpretazione autentica.
    2.  -  L'Avvocatura generale dello Stato contesta l'ammissibilita'
 della questione.
    Il pagamento venne eseguito per effetto della  esecutivita'  della
 sentenza  di  primo  grado, favorevole al medico convenzionato, ma il
 giudizio si e' poi concluso  con  sentenza  definitiva  di  contenuto
 opposto, pronunciata dopo l'entrata in vigore dell'art. 6 del d.l. n.
 8 del 1985.
    Esisterebbe  dunque  un giudicato incompatibile con le pretese del
 medico,  tale   da   rendere   irrilevante   la   norma   della   cui
 costituzionalita'si dubita.
    L'eccezione  non  puo'  accogliersi. Il giudizio conclusosi con la
 sentenza della Corte di cassazione n. 2894 del 1988 aveva ad  oggetto
 il  diritto  del  sanitario  a  percepire  dall'Inam  alcuni compensi
 aggiuntivi  rispetto  a  quelli  determinati  dalla  convenzione.  Il
 giudizio,  nel  corso  del  quale  e' stata sollevata la questione di
 legittimita' costituzionale, concerne per contro la ripetibilita'  da
 parte  dell'Inam  delle  somme  gia' corrisposte, pur in presenza del
 disposto dell'art. 6 impugnato. Il thema decidendum non pote'  essere
 considerato  ne'  nelle  due  sentenze  di merito, entrambe anteriori
 all'entrata in vigore della nuova disciplina, essendo dell'1 febbraio
 1982 quella del pretore e dell'11 gennaio 1985 quella del  tribunale,
 ne' nella sentenza della Corte di cassazione, non risultando il thema
 stesso tra i motivi di ricorso.
    Deve  quindi  concludersi  che,  sebbene  il  secondo giudizio sia
 conseguenziale al primo, tra i due non esiste  identita'  ne'  quanto
 all'oggetto ne' quanto alle norme venute in considerazione.
    3. Nel merito, peraltro, la questione e' infondata.
    Secondo  il consolidato orientamento della Corte di cassazione, la
 irripetibilita' delle somme gia' corrisposte trova fondamento, per un
 verso, nella erronea interpretazione della norma da parte del solvens
 e, per altro verso, nella buona fede dell'accipiens, che la norma  di
 interpretazione   autentica   ha  inteso  salvaguardare.  Entrambi  i
 presupposti difettano quando il pagamento venga  imposto  al  preteso
 debitore, che pur continui a protestare il proprio buon diritto.
    Le   differenziazioni   di   trattamento   che   discendono  dalla
 giurisprudenza  di  legittimita'  si  collegano  quindi  non  a  mere
 modalita'  di  esecuzione  del  pagamento, secondo quanto contesta il
 giudice a quo, ma a  diversita'  sostanziali  della  posizione  delle
 parti nel loro reciproco rapporto.
    Tali diversita' risultano, nell'ambito delle valutazioni rimesse a
 questa  Corte  in  relazione  al  parametro  costituzionale invocato,
 idonee a giustificare il regime giuridico che consegue al consolidato
 orientamento della Corte di cassazione.
    Il rilievo e' ulteriormente confortato dalla constatazione che  le
 differenziazioni risultano coerenti con la ratio della norma.
    Anche  questa  Corte  ha infatti gia' osservato, con sentenza n. 6
 del 1988, che la disciplina in esame si ispira al principio,  che  ha
 ricevuto     significativa    applicazione    dalla    giurisprudenza
 amministrativa   proprio   in   materia   di   retribuzione,    della
 irripetibilita'   delle   somme   percepite   in   buona  fede  dagli
 interessati. Non risulta quindi irrazionale che  differenziazioni  di
 trattamento  siano  disposte in relazione alla presenza o all'assenza
 di questo scriminante elemento.