ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 13, primo comma,
 del  decreto-legge  5  maggio  1957,  n.  271  (Disposizioni  per  la
 prevenzione  e  la  repressione  delle  frodi  nel  settore degli oli
 minerali), convertito  nella  legge  2  luglio  1957,  n.  474,  come
 sostituito  dall'art.  21  della  legge  31  dicembre  1962,  n. 1852
 (Modificazioni al regime fiscale dei prodotti petroliferi),  promossi
 con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  il 4 maggio 1992 dal Tribunale di Termini
 Imerese nel procedimento penale a carico di Todaro Alfredo,  iscritta
 al  n.  392  del  registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 35,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1992;
      2)  n.  2 ordinanze emesse il 15 aprile ed il 1› aprile 1992 dal
 Pretore di Prato nei procedimenti penali a carico  di  Franchi  Piero
 Francesco  e  Favini  Francesco ed altro, rispettivamente iscritte ai
 nn. 465 e 466 del registro ordinanze 1992 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 38,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1992;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 16 dicembre  1992  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
    Ritenuto  che,  nel corso di un procedimento penale a carico di un
 imputato del reato di cui all'art. 13, primo comma, del decreto-legge
 5 maggio 1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n.  474,
 come  sostituito  dall'art.  21 della legge 31 dicembre 1962 n. 1852,
 per aver esercitato un deposito di oli minerali senza  la  prescritta
 denuncia all'U.T.I.F., il Tribunale di Termini Imerese, con ordinanza
 del  4  maggio  1992  (reg.  ord.  n. 392 del 1992), ha sollevato, in
 riferimento all'art. 27, terzo comma, della  Costituzione,  questione
 di  legittimita'  costituzionale  di detta norma, "nella parte in cui
 fissa la pena minima  per  il  reato  in  essa  previsto  nel  doppio
 dell'imposta   relativa   ai   'prodotti   trovati'   nel   deposito,
 intendendosi per 'prodotti trovati'  tutti  i  prodotti  immessi  nel
 deposito medesimo";
      che  il  tribunale  ha rilevato che, nel caso di specie, gli oli
 minerali  non  denunciati  corrispondevano  a   Kg.   350   di   olio
 lubrificante  e  di  gasolio  per autotrazione, con un minimo di pena
 applicabile di Lire 109.010.880 di multa;
      che,   a   suo   avviso,   tale   sanzione   e'   da   reputarsi
 irragionevolmente  sproporzionata  rispetto alla gravita' del fatto e
 quindi contrastante con l'art. 27, terzo  comma  della  Costituzione,
 tenuto  anche  conto  di  quanto  affermato  da  questa  Corte con la
 sentenza n. 313 del 1990, "con particolare riguardo al  principio  di
 proporzionalita'  fra qualita' e quantita' della pena da una parte ed
 offesa  dall'altra,  ..  senza  che  in  tale  estremo   rigore   sia
 ravvisabile  alcun  segno della finalita' di emenda, indefettibile ai
 sensi del richiamato principio costituzionale";
      che la  stessa  questione  e'  stata  sollevata,  nel  corso  di
 procedimenti penali a carico di piu' imputati del medesimo reato, dal
 Pretore  di  Prato con ordinanze del 15 aprile 1992 (reg. ord. n. 465
 del 1992) e del 1› aprile 1992 (reg. ord. n.  466  del  1992),  nelle
 quali   il   giudice   a  quo  ritiene  che  sussista  il  dubbio  di
 costituzionalita' della norma denunciata in riferimento al  principio
 di proporzionalita' tra fatto e sanzione (art. 27, terzo comma, della
 Costituzione), e che tale dubbio non sia "dissipato dall'ordinanza di
 questa  Corte  n.  427  (rectius:  497)  del  1991"  -  non essendosi
 all'epoca  la  Corte  pronunziata,  "perche' non chiamata a farlo dal
 giudice rimettente, sulla compatibilita' fra la finalita' rieducativa
 della pena e la fissazione del relativo minimo  edittale  nel  doppio
 dell'imposta  relativa  ai  prodotti  immessi  nel deposito" - tenuto
 anche conto che la sanzione si riferisce ad "una violazione  formale,
 di   mero   pericolo,   collocata,  nella  relazione  alla  legge  di
 conversione del decreto-legge n. 271 del 1957, fra le infrazioni meno
 pericolose";
      che la Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  intervenuta  in
 tutti  i  giudizi,  ha  chiesto dichiararsi la manifesta infondatezza
 delle questioni, richiamando l'ordinanza di questa Corte n.  285  del
 1992;
    Considerato   che   i   giudizi  debbono  essere  riuniti,  stante
 l'identita' delle questioni;
      che questa Corte, con la richiamata ordinanza n. 497  del  1991,
 ha   dichiarato   la  manifesta  infondatezza  di  analoga  questione
 sollevata sotto il profilo della sproporzione della sanzione prevista
 dalla norma denunciata rispetto alla gravita' del fatto  e  che,  con
 ordinanza  n. 327 del 1992 (successiva a quelle che hanno occasionato
 il presente giudizio), ha ribadito la  manifesta  infondatezza  della
 questione  stessa  sia  sotto  il  profilo  della  anzidetta asserita
 sproporzione, sia sotto il profilo della inadeguatezza della sanzione
 alla finalita' rieducativa della pena, con  considerazioni  idonee  a
 contrastare le questioni ora all'esame della Corte;
      che  nel  presente  giudizio  non  vengono prospettati argomenti
 nuovi che possano indurre a diverso avviso;
      che   pertanto   le   questioni   devono    essere    dichiarate
 manifestamente infondate;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.