IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
   Sciogliendo la riserva di decidere  espressa  dall'udienza  del  1½
 ottobre 1992, ha pronunciato la seguente ordinanza, sentito il p.g. e
 la  difesa, nel procedimento di sorveglianza iscritto al n. 1018/1992
 r.g.t.s. promosso dalla questura di Perugia ex art. 15,  n.c.,  della
 legge di conversione 7 agosto 1992, con le seguenti osservazioni:
      sulla  falsa riga dell'ordinanza n. 2843/1992, in data 27 giugno
 1992, trasmessa alla Corte  costituzionale  il  5  agosto  1992,  del
 tribunale  di  sorveglianza  di  Firenze,  anche  questo tribunale di
 sorveglianza reputa essere incostituzionale la nuova normativa di cui
 alla prima parte del primo comma dell'art.  4-  bis  della  legge  26
 luglio  1975,  n. 154, come modificato dall'art. 15 del d.l. 8 giugno
 1992,  n.  306,  parzialmente  modificato,  ora,   dalla   legge   di
 conversione  7 agosto 1992, n. 356, art. 15, ultimo comma, per quanto
 attiene al procedimento de quo.
    La detenuta Guerrisi Carmela, condannata per concorso in sequestro
 di persona a scopo estorsivo, avendo meritato in maniera superlativa,
 nell'arco di tempo della detenzione  a  Perugia,  ed  avendo  trovato
 favorevole  sistemazione  per  lavoro  all'esterno,  con ordinanza n.
 546/1991, in data 1½ agosto 1991, dopo alterne vicende, terminate con
 giudicato risolutore della Corte di cassazione, ha ottenuto di essere
 ammessa a regime di  semiliberta'  e  in  questo  anno  di  attivita'
 lavorativa  all'esterno  non  ha  minimamente demeritato; anzi, si e'
 distinta  per  la  sua  spiccata  laboriosita',  per  l'educazione  e
 l'esternato   senso   umano  posto  nell'espletamento  dell'attivita'
 lavorativa di cui sopra.
    Improvvisamente,  quale  fulmine  a  ciel sereno, l'art. 15 dellla
 legge n. 356 del 7 agosto 1992 ha determinato segnalazione, da  parte
 della  Questura, di non collaborazione della Guerrisi Carmela con "la
 Polizia", il che dovrebbe portare alla revoca  della  semiliberta'  a
 suo  tempo  concessa  alla detenuta di cui sopra che, obiettivamente,
 non ha modo di  collaboratore,  perche'  il  procedimento  penale  di
 condanna che la riguardava - nel quale ella, moglie e soltanto moglie
 di un Facchineri, ora deceduto, ebbe partecipazione di scarso rilievo
 -,  si  e'  concluso in forma piena e definitiva, ne' versa, neppure,
 nella condizione di attivarsi quale delatrice sincera di  un  qualche
 fatto o personaggio che alla giustizia potrebbe interessare.
    Cio'  significa,  a  parere  del  tribunale,  che  alla semilibera
 Guerrisi Carmela, poiche' ad  impossibilia  nemo  tenetur,  e'  stato
 privato il diritto ad una difesa che la nostra Costituzione, all'art.
 24,  prevede  quale  "diritto  inviolabile  in ogni stato e grado del
 procedimento";
    Con la norma che si  contesta  come  incostituzionale  e'  rimasta
 esclusa la garanzia di contraddittorio, con riduzione del diritto che
 compete ad ogni cittadino della nostra Repubblica, nel senso che quel
 diritto  e' da ritenersi escluso dalla derivata impossibilita' per il
 soggetto di partecipare ad una effettiva dialettica  processuale,  la
 normativa vigente allo stato, condizionando un vero e proprio diritto
 del soggetto alla c.d. "collaborazione", vincola il soggetto medesimo
 ad  un  linea  difensiva, negandogli, pertanto, la liberta' di scelta
 garantita costituzionalmente, con  la  costrizione  legislativa  alla
 "collaborazione  processuale"  e, quindi, ad una particolare linea di
 difesa  (come  dire  che  e'  assolto  soltanto  colui  che  in  sede
 processuale  renda piena ed ampia confessioneÝ) per ottenere benefici
 penitenziari.
    In altre parole, al soggetto si preclude, a  causa  della  mancata
 collaborazione,  l'accesso alla fruizione di un diritto, anche quando
 - come nel caso di specie - la "collaborazione" richiesta dalla legge
 non e' possibile e si tratti di un soggetto - come nella specie - che
 ha  gia'  compiuto  un  ottimo  percorso  rieducativo  e  continua  a
 percorrerlo positivamente.
    Altro   rilievo   di   incostituzionalita'   della   normativa  in
 contestazione  e'  quello  della   mancata   previsione   della   non
 retroattivita'  delle norme, con conseguente violazione dell'art. 25,
 secondo comma, della Costituzione, che  prevede  che:  "Nessuno  puo'
 essere  punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore
 prima del fatto commesso".
    Il  principio  della  irretroattivita'  della  legge   costituisce
 principio  generale  del nostro ordinamento (art. 11 delle preleggi e
 Corte costituzionale 4 aprile 1990, n. 155) e va osservato  anche  in
 materia di rieducazione penitenziaria che rientra nell'ambito, con le
 norme a tanto preposte, della materia penale dell'ordinamento.
    E,  per concludere, un ultimo rilievo di incostituzionalita' della
 norma (ultimo comma dell'art. 15 della legge), con palese  violazione
 degli  artt.  25,  primo  comma, 101, secondo comma, 109 e 111, primo
 comma, della Costituzione.
    La  norma  in   discussione,   invero,   sacrifica   la   funzione
 giurisdizionale   della   magistratura  alla  discrezionalita'  della
 competente autorita' di polizia (soltanto la  Questura?)  che,  senza
 svolgere   alcuna  attivita'  di  pre-accertamento,  segnala  (o  non
 segnalaÝ) la "non collaborazione" di questo o di quel  soggetto  che,
 condannato  per  determinate  ipotesi  di reato previste dalla legge,
 versi in determinate condizioni.
    In pratica, il momendo decisionale viene, di fatto,  sottratto  al
 giudice  naturale  precostituito per legge - che per la revoca di una
 misura alternativa e' il tribunale di sorveglianza, il quale  finisce
 per prendere atto, su segnalazione del magistrato di sorveglianza, di
 una apodittica informativa in negativo della autorita' di polizia con
 riguardo  alla  sussistenza di una collaborazione o meno del soggetto
 di cui si tratti.
    Per inciso, una finalissima considerazione  che  vuol  essere  una
 domanda, con risposta, al supremo consesso della nostra giustizia: la
 "collaborazione"  (o la "non collaborazione") deve essere "attuale" e
 per un avvenimento "attuale" (visto che il legislatore, all'art.  15,
 usa  l'indicativo presente), ovvero e' possibile il riferimento ad un
 fatto del passato, giudicato o meno?.