Ricorre  la  regione  autonoma  Valle  d'Aosta, in persona dell'on.
 presidente della giunta  regionale  Ilario  Lanivi,  autorizzato  con
 delibera  della  giunta  regionale  del  22  gennaio  1993,  n.  564,
 rappresentato e difeso (in virtu' di procura autenticata  dal  notaio
 Bastrenta  di  Aosta  del  26  gennaio  1993,  repertorio  n.  14592)
 dall'avv. prof. Gustavo Romanelli, e presso lo  studio  del  medesimo
 elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via  Cosseria  n. 5, contro la
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona dell'on. Presidente
 del Consiglio pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, palazzo
 Chigi, nonche' presso l'avvocatura generale dello Stato, in Roma, via
 dei Portoghesi n. 12, e, per  quanto  occorra,  contro  il  Ministero
 dell'ambiente,  in  persona dell'on Ministro pro-tempore, domiciliato
 per la carica presso la sede del ministero  stesso  in  Roma,  piazza
 Venezia  n.  11,  nonche' presso l'avvocatura generale dello Stato in
 Roma,  via  dei  Portoghesi  n.  12  per regolamento del conflitto di
 attribuzioni che si solleva in relazione all'ordinanza del  Ministero
 dell'ambiente in data 5 gennaio 1993, recante "Divieto dell'attivita'
 venatoria  su  tutto il territorio nazionale per un periodo di giorni
 otto" (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, parti  I,
 n.  4,  del  7  gennaio 1993, a pag. 28 e segg.) e per il conseguente
 annullamento di detta ordinanza,
                           PREMESSO IN FATTO
    Lo statuto di  autonomia  speciale  della  regione  Valle  d'Aosta
 (legge  costituzionale  del  26  febbraio  1948,  n.  4)  attribuisce
 all'art. 2, primo comma, lett. l, la potesta' legislativa primaria in
 materia di caccia e pesca, mentre alla lettera d dello stesso art.  2
 e'  attribuita  alla  regione  la  potesta'  legislativa  primaria in
 materia di flora e fauna. Inoltre,  l'art.  4  del  medesimo  statuto
 dispone  che  la  regione  ha  competenza  amministrativa su tutte le
 materie su cui essa  ha  competenza  legislativa,  e  dunque,  anche,
 evidentemente, in ordine alla caccia ed alla flora e fauna.
    D'altra   parte,   competenze   in  materia  venatoria  sono  pure
 attribuite a tutte le regioni dalla legge 11 febbraio  1992  n.  157,
 agli artt. 19 e 21, lett. m.
    Su   tali   competenze  e'  venuta  ad  incidere  illegittimamente
 l'ordinanza del Ministero dell'ambiente del 5 gennaio 1993 che, senza
 prendere  in  alcuna  considerazione  la  posizione   della   regione
 ricorrente  (e senza prevedere alcuna eccezione rispetto ad essa), ha
 disposto il divieto "su tutto il territorio nazionale di  ogni  forma
 di   attivita'   venatoria"   per  giorni  otto  dalla  sua  data  di
 pubblicazione.
                              IN DIRITTO
    1. - Il divieto recato  dalla  ricordata  ordinanza  del  Ministro
 dell'ambiente  comporta una considerevole compressione della sfera di
 autonomia  della  regione  nell'esercizio  delle   proprie   potesta'
 amministrative.
    Si  tratta di una compressione illegittima. Deve evidenziarsi come
 essa non possa trovare giustificazione neppure nell'esercizio di  una
 ipotetica  estrinsecazione  della  funzione  statale  di  indirizzo e
 coordinamento. Da un lato occorre dubitare persino della  sussistenza
 di  un  potere  statale  di  indirizzo  e  coordinamento di fronte ad
 attribuzioni che, come quelle interessate dal provvedimento in esame,
 sono proprie  (in  quanto  esplicazione  della  competenza  normativa
 statutaria),  e  non  semplicemente  delegate dallo Stato, o comunque
 esercitate dalla  regione  in  applicazione  di  norme  dello  Stato.
 D'altra  parte,  sembra  comunque assorbente la considerazione che al
 provvedimento in questione, stante la specificita' del suo  contenuto
 e  comunque  il  suo limitato ambito cronologico di efficacia, non e'
 riconoscibile in alcun modo il  carattere  di  estrinsecazione  della
 funzione statale di indirizzo e coordinamento.
    Deve  aggiungersi  che,  accanto  alla  lesione delle attribuzioni
 statutarie della regione Valle d'Aosta  che  si  sono  in  precedenza
 richiamate,  e'  da  riscontrare anche la violazione delle competenze
 normative  di  carattere  ordinario  richiamate  nei   "consideranda"
 premessi   allo   stesso  provvedimento  impugnato.  Le  disposizioni
 normative ivi richiamate attribuiscono alla  sfera  regionale  (tanto
 delle  regioni  a  statuto  ordinario,  che  delle  regioni a statuto
 speciale) competenze che poi con il provvedimento impugnato sono  dal
 Ministro illegittimamente esercitate: tanto l'art. 21, lett. m, della
 legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  che  la disposizione di portata
 generale  di  cui  all'art.  19  della  stessa  legge  affermano  una
 competenza   amministrativa   regionale   in  materia  venatoria.  In
 particolare, la prima delle disposizioni teste' citate precisa che il
 divieto di caccia su terreni coperti in tutto o nella  maggior  parte
 dalla neve va osservato secondo le disposizioni emanate dalle regioni
 interessate. L'altra disposizione richiamata attribuisce alle regioni
 la  competenza  in  materia  di  riduzione del periodo di caccia e di
 divieto  "per   sopravvenute   particolari   condizioni   ambientali,
 stagionali, o climatiche, o per malattie, o altre calamita'".
    Il   provvedimento  oggi  in  esame  e'  proprio  giustificato  in
 relazione alle "attuali condizioni meteo-climatiche",  di  cui  viene
 ravvisata la "gravita'", tale da integrare i presupposti, appunto, di
 cui   agli   artt.   19   e   21  della  legge  n.  157/1992.  Dunque
 l'amministrazione  dello   Stato   ha   esercitato   una   competenza
 univocamente   attribuita   alle  regioni,  indicando  a  presupposto
 giustificativo le norme  che  attribuiscono  quelle  competenze  alle
 regioni,  e  che  comunque  alla  ricorrente  regione  Valle  d'Aosta
 appartengono, come si e' visto, per previsione di statuto.
    D'altronde, occorre ancora evidenziare  che  la  stessa  legge  11
 febbraio  1992,  n. 157, all'art. 36, settimo comma, ha precisato che
 l'adeguamento alle previsioni da essa dettate da parte delle  regioni
 a   statuto   speciale   era  comunque  sottoposta  al  limite  della
 compatibilita'  con  la  Costituzione  e  con  i  relativi   statuti:
 l'impugnata  ordinanza ha dunque violato in via amministrativa quella
 stessa sfera di  attribuzioni  statutarie,  che  era  stata  ritenuta
 intangibile persino dal legislatore statale ordinario.
    2.  -  Va  ancora  osservato  che  l'impugnata  ordinanza non puo'
 trovare  alcuna  giustificazione  nemmeno  nella  pretesa  competenza
 attuativa  del  Ministero  dell'ambiente  in  materia  ambientale  di
 convenzioni internazionali, genericamente invocata in altro punto dei
 "consideranda". A tale  riguardo  e'  sufficiente  rilevare  che  non
 sembra  possibile  individuare una convenzione internazionale vigente
 in  materia,  di  cui  il  provvedimento  possa  essere  inteso  come
 attuazione;  e'  d'altra  parte  significativo  che,  nell'emanare il
 provvedimento impugnato, si sia totalmente  omesso  di  indicare  una
 qualunque  specifica  convenzione. In ogni caso, la norma attributiva
 di tale competenza (art. 1, quinto comma, della  legge  n.  349/1986)
 sembra  doversi  intendere  derogata  dalle  disposizioni  piu' sopra
 richiamate, attributive di competenza alle regioni,  in  quanto  piu'
 specifiche ed oltre tutto emanate successivamente.
    La   stessa   considerazione  puo'  essere  svolta  rispetto  alla
 disposizione, pur invocata nei  "consideranda",  di  cui  all'art.  8
 della  legge  3  marzo  1987,  n.  59,  che  attribuisce al Ministero
 dell'ambiente un potere di ordinanza condingibile ed urgente.
    3. - Resta infine da precisare, per mero scrupolo  difensivo,  che
 sebbene  l'ambito  cronologico  di  efficacia  del  provvedimento  in
 questione e' gia' compiuto nel momento  nel  quale  viene  ad  essere
 proposto  il  ricorso,  sussiste  l'interesse  della  regione a veder
 decidere la questione. Infatti, il thema decidendum del conflitto  di
 attribuzione  e'  (come  ribadito fra l'altro da codesta ecc.ma Corte
 con la sentenza 25 febbraio 1988, n. 215, in giur.  cost.,  1988,  I,
 816)   non  gia'  l'atto  invasivo  del  potere  in  se',  quanto  la
 dichiarazione della competenza in contestazione. E' stato al riguardo
 messo  in evidenza come l'atto idoneo a dare origine al conflitto non
 sia l'oggetto principale del giudizio, ma l'indizio della concretezza
 della  controversia  (cfr.    Grassi,  Conflitti  costituzionali,  in
 digesto  delle  discipline  pubblicistiche,  III,  Torino, 1989, 363,
 373),  e  che  comunque  il  regolamento  e'  destinato  ad  assumere
 rilevanza  anche per quelle ipotesi in cui l'autorita' che ha emanato
 il provvedimento impugnato possa reiterare un provvedimento  invasivo
 delle  attribuzioni  della  parte  ricorrente  di contenuto analogo a
 quello che ha dato luogo al giudizio.