ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 519,  secondo
 comma,  e  451,  terzo  comma  (rectius: quinto comma), del codice di
 procedura penale, promosso con ordinanza emessa il  4  febbraio  1992
 dalla  Corte  di  cassazione  nel  procedimento  penale  a  carico di
 Quotidiano Pasquale  ed  altro,  iscritta  al  n.  304  del  registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 10 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  Quotidiano  Pasquale  e Andolfi Giuseppe sono stati
 tratti a giudizio direttissimo dinanzi al Tribunale di Napoli per  il
 reato  previsto  dagli  artt. 110, 56 e 628, primo e terzo comma, del
 codice  penale,  modificato  poi   dal   P.M.,   dopo   l'istruttoria
 dibattimentale  e  l'acquisizione  di prove, in quello previsto dagli
 artt. 110, 610 e 339 del codice penale;
      che l'istanza di giudizio abbreviato dai suddetti avanzata  dopo
 la  modifica  dell'imputazione  e'  stata respinta sia dal giudice di
 primo grado che da quello di appello;
      che  la  Corte  di cassazione, con ordinanza del 4 febbraio 1992
 (R.O. n.  304  del  1992)  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale  degli  artt.  519,  secondo comma, e 451, terzo comma
 (rectius: quinto comma), del codice di procedura penale;
      che, a parere della  Corte  remittente,  sarebbero  violati  gli
 artt.  3 e 24 della Costituzione per la disparita' di trattamento che
 si verifica tra coloro che sono  tratti  a  giudizio  ordinario,  nel
 quale il giudizio abbreviato puo' essere chiesto anche dopo che siano
 assunte  le  prove e sia stata modificata l'imputazione, e coloro che
 sono tratti a giudizio direttissimo, nel  quale  la  detta  richiesta
 deve essere avanzata prima che siano assunte le prove e prima che sia
 possibile conoscere se l'imputazione sia modificata;
      che  nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura Generale dello
 Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio  dei  ministri,
 che ha concluso per la infondatezza della questione;
    Considerato  che questa Corte ha piu' volte affermato (sentenze n.
 316 del 1992; n. 213 del 1992) che i benefici  connessi  al  giudizio
 abbreviato conseguono alla rinuncia dell'imputato al dibattimento, la
 quale  consente  di realizzare l'obiettivo prefissosi dal legislatore
 della rapida definizione del processo;
      che detto obiettivo non puo' essere raggiunto quando gia' si  e'
 pervenuti  al  dibattimento  in  base  alle  contingenti  valutazioni
 dell'imputato sull'andamento del processo;
      che  la  richiesta  di  giudizio  e'  collegata  solo  al  fatto
 contestato   e  non  rileva  l'eventuale  modifica  dell'imputazione,
 peraltro ben prevedibile dall'imputato,  in  un  sistema  processuale
 imperniato sulla formazione della prova nel dibattimento;
      che  allo  stesso  imputato e' affidata la scelta tra i benefici
 derivanti dal  giudizio  abbreviato  e  gli  eventuali  vantaggi  che
 possono conseguire alla modifica dell'imputazione;
      che  non  sussiste  disparita'  di  trattamento  derivante dalla
 diversita' del rito, ne' lesione del diritto a difesa;
      che,  pertanto,  la  questione   sollevata   e'   manifestamente
 infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;