LA CORTE DEI CONTI Uditi, nella pubblica udienza del 30 marzo 1992, il consigliere relatore dott. Ezio Dario ed il pubblico ministero dott. Emanuele Arcano; Visto il ricorso iscritto al n. 0122620 del registro di segreteria; Visti gli atti; Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso presentato da Landriscina Giovanna, domiciliata presso lo studio dell'avv. Gilberto Gualandi, in Bologna, via S. Margherita n. 6, contro il decreto n. 7653 in data 29 gennaio 1981 della direzione provinciale del tesoro di Bologna. F A T T O Con l'impugnato decreto e' stata revocata, a decorrere dal 1½ gennaio 1976, la pensione di riversibilita' intestata all'orfana maggiorenne Landriscina Giovanna, essendo risultato che la stessa aveva posseduto redditi assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare superiore a L. 960.000 annue, per cui, a norma dell'art. 85 del del d.P.R. n. 1092/1973, non poteva essere piu' considerata nullatenente. Avverso tale provvedimento l'interessata ha presentato il ricorso di cui in premessa, col patrocinio dell'avv. Gilberto Gualandi, per eccepire l'illegittimita' costituzionale dell'art. 85, secondo comma, del del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, con riferimento all'art. 70 del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 ed agli artt. 3 e 38 della Costituzione. A sostegno del predetto assunto, il difensore ha rilevato che, circa la condizione economica di nullatenenza prescritta per i richiedenti la riversibilita' sia di pensione ordinaria che di pensioni di guerra, si e' ricreata quella disparita' di trattamento che la Corte costituzionale aveva eliminato con la sentenza n. 133/1972, per cui ha ritenuto ingiustificata la discriminazione esistente in materia, risultante dal fatto che per la riversibilita' delle pensioni ordinarie e' stabilito l'invariato limite di reddito di L. 960.000 annue (art. 85, secondo comma del d.P.R. n. 1092/1973) mentre per la riversibilita' delle pensioni di guerra tale limite e' stato stabilito in L. 2.400.000 annue (art. 70 del d.P.R. n. 915/1978) e successivamente e' stato elevato a L. 5.200.000 annue (art. 12 del d.P.R. n. 834/1981), pertanto, ha chiesto la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per il giudizio di sua competenza sulla eccepita disparita' di trattamento. A tale riguardo il vice procuratore generale, nel formulare le proprie conclusioni, ha rilevato che la Corte costituzionale, cui era stata rimessa analoga questione, ha deciso, con sentenza n. 186/1985, nel senso che non e' ravvisabile la denunciata disparita' di trattamento, essendo facolta' del legislatore stabiL. condizioni di- verse al fine del conseguimento dei due tipi di trattamento pensionistico, ordinario e di guerra, considerata la diversa natura dei due trattamenti, il primo a carattere retributivo ed il secondo a carattere risarcitorio, per cui, ritenuta, da un lato, la manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale e, dall'altro lato, la legittimita' dell'operato dell'amministrazione, ha chiesto la reiezione del ricorso. Ha controdedotto l'avv. Gualandi per sostenere che deducendo le spese di produzione del reddito e gli oneri deducibili, non si supera il tetto di L. 960.000 annue e quindi risulta lo stato di nullatenenza della ricorrente per il 1976, condizione che, a seguito dell'elevazione del tetto suindicato per effetto delle successive leggi finanziarie, sussiste comunque dal 1987, per cui quanto meno da tale anno spetta alla ricorrente il ripristino della contestata pensione. All'udienza odierna, non comparso il difensore della ricorrente, il pubblico ministero ha confermato la richiesta scritta. D I R I T T O La disparita' di trattamento evidenziata dalla difesa di parte, oggettivata dalla notevole diversita' dei limiti di reddito stabiliti dall'art. 85, secondo comma, del d.P.R. n. 1092/1973, per la riversibilita' delle pensioni ordinarie, e dall'art. 70 del d.P.R. n. 915/1978, per la riversibilita' delle pensioni di guerra, analoga a quella in precedenza stabilita dall'art. 12, terzo comma, della legge n. 46/1958 e dall'art. 67 della legge n. 313/1968, che era stata eliminata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 133/1972, in considerazione della assoluta identita' di causa e di ragion d'essere dei due trattamenti pensionistici, in quanto entrambi preordinati al soddisfacimento dell'identico fine assistenziale d'un soggetto rimasto privo d'un sufficiente sostegno materiale, non consente di ritenere manifestamente infondata l'avanzata eccezione, atteso che, con la richiamata sentenza, la Corte costituzionale ha ritenuto che la valutazione in termini economici della condizione di nullatenenza deve essere eguale per ambedue i casi, considerato che lo stesso legislatore valuto' in origine nella identica misura lo stato di bisogno dei richiedenti il trattamento pensionistico indiretto, sia ordinario che di guerra, per cui non trova nessuna razionale giustificazione, se non quella di un evidente difetto di coordinamento legislativo, la diversita' nuovamente introdotta tra i due trattamenti, pur continuando gli stessi a rimanere fondati su obiettive identiche condizioni di bisogno. Di contro, il concludente vice procuratore generale ha opposto che analoga questione e' stata decisa dalla Corte costituzionale con sentenza n. 186/1985, nel senso che in materia non e' ravvisabile le denunciata disparita' di trattamento. Al riguardo, la sezione rileva che con la predetta sentenza la Corte costituzionale, nell'esaminare un caso analogo a quello di cui trattasi, comportante la revoca della pensione di riversibilita' ordinaria per essere venuto meno il requisito della nullatenenza, ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 85, secondo comma, del d.P.R. n. 1092/1973, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, in quanto alla data del 1½ gennaio 1976 in cui si era verificato il denunciato evento, il trattamento di riversibilita' della pensione ordinaria era identico a quello di riversibilita' della pensione di guerra, per cui, essendosi la diversita' cominciata a verificare per effetto del successivo del d.P.R. n. 915/1978, non sussisteva al 1976, la denunciata violazione dell'invocato precetto costituzionale, onde non e' stata affrontata la questione della diversita' verificatasi negli anni seguenti, quale e' stata denunciata con il ricorso in esame, per l'esplicito riferimento al disposto degli articoli: 85, secondo comma, del d.P.R. n. 1092/1973; 70 del d.P.R. n. 915/1978; 12 del d.P.R. n. 834/1981, con l'intento di ottenere il ripristino della pensione quanto meno in base all'ammontare del reddito accertato negli anni successivi al 1978, a parita' di condizioni. Pertanto, considerato l'eguale contenuto etico e sociale dei trattamenti pensionistici di riversibilita' ed il comune carattere assistenziale ed alimentare, finalizzato a sopperire alle condizioni di bisogno in cui vengono a trovarsi i superstiti per la morte del dante causa, la sezione ritiene la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di parte non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere, in quanto, se la Corte costituzionale confermasse, per la sopravvenuta normativa, la censura gia' formulata con la sentenza n. 133/1972 per la precedente normativa vigente nella stessa materia, cio' consentirebbe nuovamente l'allineamento delle condizioni di reddito per la riversibilita' delle pensioni ordinarie a quelle piu' favorevoli stabilite per la riversibilita' delle pensioni di guerra e quindi, sussistendo le prescritte univoche condizioni, l'accoglimento del ricorso in esame.