LA CORTE DI APPELLO
    Riunita in Camera di Consiglio, ha emesso  la  seguente  ordinanza
 nella  causa  civile  iscritta  al  n.  323/87 del r.g. cont. civ. di
 questa corte di appello, posta in decisione  nell'udienza  collegiale
 del 27 novembre 1992 e promossa in questo grado da Intravaia Giacomo,
 domiciliato  elettivamente in Palermo, piazza L. Sturzo n. 40, presso
 lo studio dell'avv. Mario Nicolosi, che lo rappresenta e difende  per
 mandato a margine dell'atto di citazione, attore, contro il comune di
 Monreale,   rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Riccardo  Sciortino,
 convenuto;
    L'etti gli atti e sentito il relatore;
    Ritenuto  che  la  causa  ha  per  oggetto la determinazione della
 indennita' dovuta all'attore per l'espropriazione di  due  fabbricati
 siti  all'interno  del  perimetro urbano del comune di Monreale e che
 pertanto,  ai  fini  della  determinazione  dell'indennita',   devono
 valutarsi  sia  i fabbricati che il suolo su cui sorgevano, che aveva
 indiscutibilmente destinazione edificatoria;
      che per  la  decisione  della  controversia  deve  farsi  quindi
 applicazione  dell'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, che
 ha stabilito un nuovo criterio di determinazione  dell'indennita'  di
 esproprio per le aree edificabili;
    Ritenuto  che l'attore, nella comparsa conclusionale, ha sollevato
 la questione di legittimita'  costituzionale  di  tale  disposizione,
 perche'  sarebbe in contrasto con gli artt. 42, terzo comma, 3, primo
 comma, e 53 della Carta costituzionale;
      che la questione, se appare manifestamente  infondata  sotto  il
 profilo  del  presunto  contrasto  con  l'art.  53 della Costituzione
 (giacche' tale norma - che sancisce il principio di  uguaglianza  dei
 cittadini  anche per quanto riguarda il regime tributario - concerne,
 appunto, le imposizioni tributarie, mentre la norma in  esame,  anche
 se  appare  penalizzante  per  gli  espropriati, come si dira' meglio
 oltre, non disciplina il regime impositivo),  non  lo  e'  invece  in
 relazione  alle  altre  norme della Costituzione la cui violazione e'
 denunciata  dall'attore  nonche'  in  relazione  all'art.  24   della
 Costituzione;
    Ritenuto  infatti per quanto attiene alla violazione dell'art. 42,
 terzo comma della Costituzione, che, come piu' volte affermato  dalla
 Corte   Costituzionale  (sentenze  nn.  5/1980,  223/1983,  231/1984,
 530/1988  e  216/1990),  detto  art.  42,  pur  se   non   garantisce
 all'espropriato il diritto ad una indennita' commisurata al valore di
 mercato  del  bene ablato in quanto occorre coordinare il diritto del
 privato  con  l'interesse  generale  che  l'espropriazione   mira   a
 realizzare,  riconosce  che  l'indennita'  non puo' essere fissata in
 misura irrisoria o meramente simbolica, il  cui  ammontare  non  puo'
 scendere  sotto  il  livello  di congruita' e deve essere determinato
 applicando validi e logici criteri di estimo;
     che applicando il criterio di cui al citato art. 5-  bis  secondo
 il quale la indennita' di espropriazione e' la risultante della media
 tra il valore di mercato ed il reddito dominicale rivalutato, ridotta
 al   quaranta   per   cento,   si   perviene  ad  una  indennita'  di
 espropriazione del tutto incongrua, corrispondente, cioe', a circa il
 30% del valore di mercato dell'area espropriata, che non  puo'  certo
 considerarsi giusto ristoro;
    Rilevato  che  cio'  si  verifica,  in  primo  luogo,  perche'  il
 legislatore sostituendo, come elemento per  la  stima  dell'area,  ai
 fitti coacervati dell'ultimo decennio di cui alla legge n. 2892/11885
 il  reddito  dominicale, sia pure aggiornato, ha fatto riferimento ad
 un elemento  del  tutto  disomogeneo  e  quindi  tale  da  portare  a
 risultati  aberranti  in  quanto il reddito dominicale e' proprio dei
 terreni agricoli, il cui valore e' notevolmente inferiore rispetto  a
 quello  delle  aree  edificabili,  e  la  cui  determinazione avviene
 peraltro mediante un  metodo  di  accertamento  che  prescinde  dalla
 individuazione del reddito effettivo;
    Ritenuto che l'art. 5- bis suddetto, nella parte in cui condiziona
 la  riduzione  del 40% della indennita' alla mancanza di accettazione
 della indennita' provvisoria indicata dall'espropriante ovvero  della
 indennita'  definitiva  fissata  dalla  commissione  provinciale,  in
 concreto,  per  un  aspetto,   avrebbe   un   sostanziale   carattere
 sanzionatorio  e  punitivo  della  volonta'  del  proprietario di non
 accettare  l'indennita'  offerta  e  di  non  voler  addivenire  alla
 cessione  volontaria,  e,  per  questo profilo, sarebbe in violazione
 dell'art. 42, terzo comma,  della  Costituzione,  cui  e'  del  tutto
 alieno ogni carattere afflittivo dell'espropriato;
      che,  per  altro  verso,  tale  carattere  sanzionatorio sarebbe
 gravemente lesivo del diritto di difesa, costituzionalmente garantito
 dall'art. 24 della Costituzione, in quanto,  operando  come  sanzione
 punitiva  nei  confronti del proprietario espropriato che non intenda
 accettare la indennita' offertagli, indubbiamente coarta questi  che,
 per  evitare tale sanzione, sarebbe costretto a non esercitare il suo
 diritto di difesa e a non proporre l'opposizione alla  stima  di  cui
 all'art. 19 della legge n. 865/1971;
    Atteso, inoltre, che l'applicazione di detto criterio normativo di
 liquidazione    della   indennita'   di   espropriazione   di   certo
 introdurrebbe una evidente, irrazionale disparita' di trattamento tra
 i proprietari  di  aree  edificabili  oggetto  del  provvedimento  di
 espropriazione  che, come gia' evidenziato, si vedranno liquidate una
 indennita'  corrispondente  al  30%  circa  del   valore   del   bene
 espropriato ed i proprietari di aree aventi le stesse caratteristiche
 e  poste  nella  stessa  zona  i  quali possono disporre in regime di
 libera contrattazione e ottenere cosi' il valore  di  mercato  pieno,
 sicche'  l'applicazione  di  detta  norma  importerebbe la violazione
 dell'art. 3 della Costituzione, gia' per altro dichiarata dalla Corte
 costituzionale in analoghe fattispecie con sentenza 30 gennaio  1980,
 n. 5;
    Atteso  che  altro profilo di incostituzionalita' dell'art. 5-bis,
 sesto comma, della citata legge n. 359/1992, in relazione all'art.  3
 della Costituzione, di non manifesta infondatezza, vi sarebbe, stante
 che  tale  nuova norma ha creato una irragionevole e grave disparita'
 di trattamento tra gli espropriati che hanno accettato la  indennita'
 loro proposta convenendo la cessione volontaria ovvero proprietari la
 cui  indennita' sia divenuta non impugnabile o sia stata definita con
 sentenza passata in giudicato  prima  dell'entrata  in  vigore  della
 legge  di conversione, e gli altri soggetti espropriati con lo stesso
 procedimento di espropriazione, la cui opposizione  alla  stima,  per
 varie vicissitudini giudiziarie non imputabili agli stessi opponenti,
 non  si  sono ancora concluse con sentenza passata in giudicato e che
 quindi si vedranno applicare  il  nuovo  criterio  di  determinazione
 dell'indennita',  venendo  cosi' a percepire soltanto il 30% circa di
 quanto hanno percepito i primi;
    Ritenuto  ancora  che  non  appare  manifestamente  infondata   la
 questione  di  incostituzionalita'  della  disposizione  normativa in
 esame  perche'  determinerebbe  una   irragionevole   disparita'   di
 trattamento,   in  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione  tra
 espropriati nei cui  confronti,  al  momento  della  sua  entrata  in
 vigore, e' stato emesso il decreto di espropriazione che ha importato
 la  perdita  del  diritto di proprieta' del bene espropriato, i quali
 non possono quindi piu' convenire la cessione volontaria sena  subire
 la riduzione del quaranta per cento dell'importo determinato mediando
 tra  il  valore venale e reddito dominicale rivalutato, e proprietari
 invece nei cui confronti  nello  stesso  procedimento  non  e'  stato
 ancora   emesso   il   decreto   ablativo  e  che  quindi  accettando
 l'indennita' offerta e convenendo la cessione volontaria ben  possono
 evitare  la  decurtazione  del 40% dell'ammontare della indennita' di
 espropriazione;
    Ritenuta la rilevanza di tali questioni ai  fini  della  decisione
 nella causa;