LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  dal
 procuratore  della  Repubblica  presso  il tribunale di Rovigo contro
 Borille Gianfranco, nato a Ceregnano  il  3  dicembre  1947,  avverso
 l'ordinanza emessa il 14 maggio 1992 dal tribunale di Rovigo;
    Sentita la relazione fatta dal consigliere dott. Antonio Morgigni;
    Sentite  le  conclusioni  del  p.m. con le quali chiede rimessione
 atti alla Corte costituzionale.
    Il 14 maggio 1992 il tribunale di Rovigo - in sede di riesame - ha
 revocato il decreto di sequestro preventivo  del  cantiere  edile  di
 proprieta'   della  Societa'  Edil  Ceregnano  S.n.c.,  adottato  dal
 procuratore della Repubblica presso la Pretura di Rovigo il 1½ aprile
 1992.
    Il tribunale ha osservato che si e' formato  il  silenzio-assenso,
 avendo  Borille  Gianfranco - titolare della societa' - presentato al
 comune di Rosolina tutti i documenti richiesti  in  data  26  ottobre
 1991  ed  essendo  trascorsi  i novanta giorni, previsti dall'art. 79
 della legge regione Veneto n. 61 del 27 giugno 1985. Ha aggiunto  che
 tale   ultima   disposizione  normativa  ha  trovato  una  disciplina
 generalizzata nell'art. 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241  ("Nuove
 norme  in  materia  di  procedimento  amministrativo  e di diritto di
 accesso ai documenti amministrativi").
    Ha ricordato il tribunale che l'art. 79 citato legge regionale  e'
 applicabile in subiecta materia, in quanto - per le regioni a statuto
 ordinario  -  l'art.  17  della legge 16 maggio 1970, n. 28 e (che ha
 modificato l'art. 9 della legge 10 febbraio 1953, n. 62) precisa  che
 "l'emanazione  della  norma  legislativa  da  parte  delle regioni si
 svolge nei limiti dei principi fondamentali, quali risultano da leggi
 che espressamente li stabiliscono per le singole materie o  quali  si
 desumono dalle leggi vigenti".
    Non  sarebbe  quindi  necessario  attendere  l'emanazione da parte
 dello Stato di una legge cornice per potere legiferare in una materia
 riservata ex art. 117 della Costituzione, poiche' la legge  regionale
 avrebbe  - nel proprio campo di attuazione - la medesima efficacia di
 quella statale.
    In   ogni   caso,   ha  osservato  ancora  il  tribunale,  sarebbe
 applicabile l'art. 2, terzo comma, della legge n. 241/1990, a seguito
 del rinvio operato dall'art. 29, primo  comma,  seconda  parte  della
 stessa legge, ed il termine sarebbe di trenta giorni.
    Non  vi sarebbe - ha asserito inoltre quel giudice - contrasto con
 l'art. 25 della Costituzione, poiche'  l'art.  20,  lett.  c),  della
 legge  n. 47 del 1985 lascerebbe a fonti secondarie la determinazione
 dell'elemento normativo.
    Ricorre il  procuratore  della  Repubblica  presso  il  tribunale,
 deducendo due motivi.
    Con il primo lamenta violazione degli artt. 8 della legge 25 marzo
 1982,  n. 94 e 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Ricorda che la
 legge n. 94 citata e' venuta meno  il  31  dicembre  1991  a  seguito
 dell'esaurirsi delle proroghe.
    Afferma   che  la  concessione  e'  un  atto  formale  e  scritto,
 sommariamente motivato.
    Il   silenzio-assenso   costituirebbe   istituto   di    carattere
 eccezionale e derogatorio.
   Il  menzionato  art.  8  comunque  avrebbe  introdotto una autonoma
 fattispecie a seguito dell'esaurirsi della proroghe con il richiamo -
 soltanto quoad poenam - alle sanzioni  previste  dall'art.  17  della
 legge 28 gennaio 1977, n. 10.
    La  creazione  di  tale  nuova  figura  di  reato costituirebbe la
 riprova della diversita' tra i due istituti: se fosse stato possibile
 considerare  il  silenzio  assenso  come  concessione  sarebbe  stato
 sufficiente  l'art.  17  a  sanzionare le eventuali difformita' ed il
 contrasto con i vincoli.
    Con  il  secondo  motivo   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  79, terzo comma, della legge regionale del
 Veneto n. 61 del 27 giugno 1985, per contrasto con gli art. 3,  27  e
 117 della Costituzione.
    La questione non e' manifestamente infondata.
    La  legge  n.  94  del 1982 ha introdotto il silenzio-assenzo come
 istituito  di  carattere  eccezionale  e  con  numerose   limitazioni
 ("perche'  conformi  alle  prescrizioni  degli  strumenti urbanistici
 vigenti e non sottoposte ai vincoli previsti dalle  leggi  1½  giugno
 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497").
    La  formulazione dell'art. 79 della legge regionale ricalca invece
 quella dell'art. 8,  legge  n.  94/1982,  ma  senza  prevedere  alcun
 carattere di temporaneita' e senza alcuna limitazione.
    Reputa  quindi il collegio che per questo motivo gia' si evidenzia
 un primo contrasto con la normativa costituzionale e  cioe'  con  gli
 artt. 3, 25 e 117.
    La  mancata proroga da parte del legislatore nazionale della legge
 n.  94  rende  ancora  piu'  palese  la  illegittimita'  della  norma
 regionale,  poiche'  da  un  lato  esorbita dai limiti assegnati alla
 potesta' legislativa locale e dall'altro,  venendo  ad  incidere  sul
 precetto   penale,   tocca  una  fonte  normativa,  che  puo'  essere
 modificata esclusivamente da fonte pari-ordinata.
    Ne' la disciplina de qua attiene  ad  una  semplice  modalita'  di
 rilascio   dell'atto  amministrativo,  ne'  concerne  l'acceleramento
 dell'esame delle domande di concessione, come stabilito dall'art. 25,
 legge 28 febbraio 1985, n. 47, che delega appunto alle  regioni  tale
 specifico compito.
    L'istituto   previsto   dalla   legge   della  regione  Veneto  e'
 completamente innovativo e viene non ad "accelerare" la procedura, ma
 ad eliminarla totalmente anche nella sua espressione formale e finale
 di atto-documento, a seguito della semplice inerzia della p.a.
    Ritiene inoltre il collegio che le disposizioni di cui agli  artt.
 17,  19  e 20 in riferimento all'art. 29, legge 7 agosto 1990, n. 241
 non trovino applicazione nella materia paesaggistica e  disciplinante
 l'assetto   ambientale,  in  esso  inclusa  la  regolamentazione  del
 territorio,  per  le  espresse  esclusioni  previste  al  comma   due
 dell'art. 17 ed al comma quarto dell'art. 9.