IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al numero 1450/1992, promossa da Medusa S.n.c., col procuratore domiciliatario avv. G. Galante, del foro di Bergamo, contro Glamour S.a.s., contumace. Sciogliendo la riserva adottata nell'udienza 20 gennaio 1993. O S S E R V A Con atto di notificato ritualmente il 14 marzo 1992, la societa' in nome collettivo Medusa, con sede in Miramare di Rimini (gia' provincia di Forli'), citava la societa' in accomandita semplice Glamour, di Palazzari P. & C., con sede in Gubbio (provincia di Perugia) a comparire avanti il pretore di Bergamo, per ottenere la condanna al pagamento della fornitura di merce (spille, collane ed altro) meglio elencata nella fattura n. 1328 emessa il 5 dicembre 1989. Nel fascicolo attoreo, venivano prodotte, oltre alla predetta fattura, le copie delle bolle di accompagnamento della merce, firmate dal destinatario, e le copie conto ritorno insoluti. Dichiarata, con ordinanza 6 maggio 1992, la contumacia della convenuta, non comparsa alla prima udienza, veniva ammesso l'interrogatorio formale del legale rappresentante della medesima. All'udienza 20 gennaio 1993, il pretore si riservava di provvedere sulle ulteriori istanze dell'attrice. D'ufficio, infatti, deve essere sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38 del c.p.c., in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 25, primo comma, nonche' 97, della Costituzione. Al riguardo, deve osservarsi che ne' l'attrice ne' la convenuta risultano avere sede entro il circondario di questa pretura; che la prestazione, per la quale l'attrice chiede il corrispettivo, non risulta eseguita nel predetto circondario di Bergamo; ne' deve essere eseguita in Bergamo la prestazione di pagamento del prezzo delle merci compravendute; che, infine, non vi sono, in atti, elementi tali da giustificare, anche solo sommariamente, l'ipotesi che il contratto di compravendita in discorso sia stato concluso in Bergamo. Il pretore di Bergamo, insomma appare assolutamente estraneo al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, poiche' la sua competenza non appare fondata ne' sull'art. 19 del c.p.c., ne' sull'art. 20 del c.p.c. D'altro canto, l'attrice neppure prospetta l'esistenza, nel circondario di Bergamo, di uno stabilimento o rappresentante della convenuta ex art. 19, primo comma, ultima parte; e neppure adombra la circostanza che l'obbligazione sia sorta in tale circondario. L'attrice, insomma, ha scelto arbitrariamente un foro, e vi ha radicato la lite, confidando da un lato sulla improbabilita' che la convenuta, costituendosi o anche solo comparendo personalmente, eccepisse alcunche' al riguardo; e dall'altro lato sulla non rilevabilita' d'ufficio del difetto di competenza per territorio. Al riguardo, va sottolineato che, se la difesa e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, non e' possibile pretendere che essa venga sistematicamente esercitata col patrocinio di un procuratore legale, specie nei casi in cui la prova il cui onere grava sull'attore sia stata soddisfatta sul filo del rasoio. Per chiedere tale argomento, non e' inopportuno considerare che, per risolvere una situazione di semiplena probatio legittimamente il giudice ricorrera' alla presunzione di cui all'art. 232 del c.p.c. (come appunto dovrebbe ricorrere in questo caso, da cui la rilevanza della questione ai fini della decisione di questa controversia). Ma non v'e' dubbio che la ficta confessio di cui, per rendere l'interrogatorio formale, dovrebbe affrontare spese non indifferenti di viaggio, oltre che impiegare tempo piu' utilmente destinabile ad altre attivita', ha ben scarso significato confessorio. Del resto, anche solo le libere dichiarazioni, che la parte convenuta, comparendo spontaneamente, e senza necessita' di costituirsi, potrebbe versare nel processo, potrebbero consentire al giudice di diversamente inquadrare la fattispecie sottopostagli. E' pur vero che, qualora tra i fori alternativi previsti ad esempio dall'art. 20 del c.p.c., ve ne sia uno comunque idoneo a paralizzare, o rendere inutilmente dispendiosa la comparizione personale del convenuto, ci si imbatterebbe nelle medesime difficolta', ma e' altrettanto vero che, in tal caso, il foro alternativo non sarebbe comunque rimesso al puro arbitrio dell'attore (come pare esser invece accaduto nel caso presente). Ne segue che la mancanza di rilevabilita' d'ufficio dell'incompetenza per territorio, nel caso in cui, dalla prospettazione attorea, nessun elemento emerga che possa suffragare la sussistenza, almeno, di uno dei criteri alternativi, comporta una sostanziale neutralizzazione del diritto costituzionalmente garantito alla difesa del convenuto, il quale, talora, specie in cause di modestissimo valore, come appunto la presente, potrebbe ritenere economicamente piu' vantaggioso non difendersi, anziche' sobbarcarsi gli oneri di una costituzione in giudizio i quali, aggiunti alla normale alea di soccombenza, renderebbero assolutamente inutile "vincere" la causa nel merito. Insomma, l'art. 38 del c.p.c., nella parte in cui non consente al giudice di rilevare d'ufficio la propria incompetenza per territorio, anche nei casi diversi da quelli previsti dall'art. 28, appare in contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione dacche' impedisce, e comunque rende inutilmente difficoltoso, l'esercizio di difesa (anche personale) della parte convenuta. Non solo: la mancanza di rilevabilita' d'ufficio di tale incompetenza, consente all'attore di citare la parte avanti ad un giudice diverso da quello naturale precostituito per legge, senza che tale giudice possa far nulla per verificare la propria competenza a decidere nel merito, e violando cosi' anche l'art. 25, primo comma, della Costituzione. Ancora, va considerato che la possibilita', rimessa all'esclusivo arbitrio dell'attore, di scegliersi il foro competente, comporta lesione del principio di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, sancito dall'art. 97 della Costituzione. Invero, se gli uffici (giudiziari) sono organizzati in relazione a ragionevoli criteri di distribuzione del lavoro, e' chiaro che l'esistenza di una variabile indipendente cosi' sfuggente, quale e' costituita dalla rimessione ad una parte di scegliersi l'ufficio di suo gradimento, da un canto perviene al risultato di sovraccaricare un ufficio (altrimenti non esposto a tale ulteriore carico), e dall'altro alla rarefazione del lavoro nell'ufficio che sarebbe stato competente. Infine, l'osservazione che l'art. 232 del c.p.c., nel consentire all'istruttore di disporre per l'assunzione altrove dell'interrogatorio formale, potrebbe ripristinare quel diritto di difesa, che qui si assume compromesso dalla disposizione denunciata, appare neutralizzata dall'altra osservazione, ossia dal fatto che - secondo l'esegesi ordinaria - tale facolta' presuppone che la parte interroganda abbia addotto giustificazioni (il che, nuovamente, puo' esser precluso dalla distanza tra l'ufficio avanti al quale e' stata promossa la causa, e la sede della parte convenuta). Inoltre, tale facolta' non risulta attribuita anche in relazione alla comparizione personale delle parti di cui all'art. 185 del c.p.c., col che restano immutati gli argomenti svolti in precedenza. Pertanto, in questa fase, unico potere legittimamente esercitabile dal giudicante, dopo la prospettazione della questione di legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo. Gli atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la relativa decisione; il presente processo deve essere sospeso; a cura della cancelleria vanno inoltrate le prescritte comunicazioni e notificazioni alle parti.