IL TRIBUNALE PER I MINORENNI Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento riguardante Giusti Manolo, nato a Prato (Firenze) il 23 dicembre 1971, residente in Genova, via Inferiore Budulli n. 1/1, imputato: a) del reato p. e p. dall'art. 521 del c.p. perche' con violenza commetteva atti di libidine su Mensio Giovanna, palpandole il seno e tentando di baciarla. In Genova nel maggio 1989; b) del reato p. e p. dall'art. 527 del c.p. perche' nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo a) nel commettere il reato medesimo, compiva atti osceni in luogo pubblico. In Genova nel maggio 1989; c) del reato p. e p. dagli artt. 56 e 521 del c.p. per aver commesso atti idonei diretti in modo non equivoco a commettere atti di libidine violenta sulla persona di Mensio Giovanna, tentava con violenza di infilare la mano tra le gambe; d) del reato p. e p. dall'art. 527 del c.p. perche' nelle circostanze di tempo e di luogo di cui al capo c) compiva atti osceni in luogo pubblico. In Genova il 22 settembre 1989. Rilevato che in data 3 aprile 1990 il g.u.p. del tribunale per i minorenni di Genova, pronunciava sentenza ai sensi dell'art. 32 del d.P.R. n. 448/1988 (d'ora in poi, per brevita' del c.p.p. minori) con la quale dichiarava non doversi procedere a carico di Giusti Manolo, imputato come in atti, per concessione del perdono giudiziale; in data 11 aprile 1990 il difensore dell'imputato presentava tempestivo atto di appello (ancorche' genericamente qualificato come "impugnazione" con il quale chiedeva alla Corte di appello di riformare nel merito la sentenza del g.u.p. minori; la Corte di appello di Genova, sezione minori, con ordinanza pronunciata e depositata in data 17 dicembre 1990, ritenuto che, ai sensi dell'art. 32 del c.p.p. minori, contro le sentenze emesse dal g.u.p. minori sia proponibile (non l'appello, ma) l'opposizione allo stesso tribunale, disponeva la trasmissione degli atti del tribunale per quanto di competenza; da qui la fissazione della odierna udienza dibattimentale; Ritenuto che: la Corte di appello di Genova e' incorsa in un errore di interpretazione della legge processuale minorile; ed invero l'art. 32 del c.p.p. minori, nel testo vigente prima delle modifiche introdotte con il d.lgs. 14 gennaio 1991 n. 12 (e cioe' nel testo esaminato nel 1990 dalla Corte di appello) disponeva al primo comma che nell'udienza preliminare il giudice, chiusa la discussione, nella ipotesi in cui ritenesse di decidere allo stato degli atti, pronunciasse sentenza di non luogo a procedere: a) nei casi previsti dall'art. 425 c.p.p.; b) per concessione del perdono giudiziale, o per irrilevanza del fatto, o nel caso previsto dall'art. 23 (rectius 29) del c.p.p. minori, per esito favorevole della messa alla prova e conseguente estinzione del reato; al secondo comma era poi prevista la pronuncia di una particolare sentenza, anch'essa atta a definire il giudizio e subordinata a specifica richiesta del p.m., di condanna dell'imputato a pena pecuniaria o a sanzione sostitutiva; il terzo comma prevedeva poi che: "contro la sentenza il pubblico ministero ed il difensore munito di procura speciale possono proporre opposizione al tribunale per i minorenni con atto depositato in cancelleria entro tre giorni dalla pronuncia della sentenza o della notifica di estratto di essa, quando l'imputato non e' comparso; a parte l'evidente errore in cui era incorso il legislatore delegato, che non aveva previsto la possibilita' per l'imputato (e per i genitori ed il tutore) di proporre l'impugnazione della sentenza del g.u.p. con la quale egli veniva condannato ad una sanzione penale, sia pure sostitutiva, la dizione con cui iniziava il terzo comma della norma in esame "contro la sentenza" poteva a prima vista far pensare (come ha mostrato di ritenere la Corte genovese) ad una impugnabilita' con il mezzo dell'opposizione anziche' con l'appello, di tutte le sentenza del g.u.p. con le quali tale organo definiva il giudizio, comprese quelle di cui al primo comma della norma nel testo allora vigente; interpretazione conforme, del resto, a quanto stabilito dalla legge delega, art. 3, lett. (1), e poi non attuato dal legislatore delegato; tale interpretazione era peraltro da ritenere inesatta sulla scorta di un esame sistematico del testo allora vigente, dal momento che era evidente nel terzo comma il riferimento alla sentenza pronunciata a norma del secondo comma perche', in caso contrario, il legislatore avrebbe usato l'espressione "contro i provvedimenti emessi dal g.u.p. a norma degli articoli precedenti" o altra equipollente, sulla base dello stesso testo normativo della legge delega, art. cit.; lo stesso legislatore delegato, quando si e' avvalso dei poteri di cui all'art. 7 della legge delega ed ha introdotto, col ricordato d.lgs. 14 gennaio 1991, n. 12, modifiche ed integrazioni al c.p.p. minori, ha mostrato di intendere la impugnabilita' a mezzo della opposizione al tribunale per i minorenni (anziche' dell'appello alla Corte) dei provvedimenti decisori emessi dal g.u.p. limitatamente alle sole sentenze di condanna pronunciate a norma del secondo comma dell'art. 32, di cui ha fatto ora testuale riferimento; si veda inoltre l'art. 32-bis, anch'esso introdotto in sede di modifica, che fa chiaro ed esclusivo riferimento alle sole sentenze di condanna emesse dal g.u.p., che non possono essere che quelle pronunciate a norma dell'art. 32, secondo comma, di condanna a sanzione sostituiva, che vanno revocate dal tribunale come primo atto del giudizio di opposizione; deve percio' ritenersi che l'art. 32 cit. abbia introdotto (implicitamente nella sua prima formulazione, ma in modo evidente e testuale della entrata in vigore delle modifiche del 1991) una sorta di doppio regime di impugnazione dei provvedimenti adottati dal g.u.p. alla udienza preliminare minorile: a) l'appello o il ricorso omisso medio per Cassazione, ex art. 428 del c.p.p., per le sentenze previste dall'art. 425 del c.p.p., per le sentenze di concessione del perdone giudiziale e per quelle di irrilevanza ex art. 27; b) l'opposizione al tribunale per i minorenni per le sentenze di condanna a sanzione sostitutiva; un doppio regime che parrebbe di per se' legittimo, anche se forse irrazionale, se non vi fosse il chiaro enunciato della legge delega per la emanazione del c.p.p. che all'art. 3, lett. (1) cit. prevedeva solo ed esclusivamente l'opposizione davanti il tribunale per tutti tali provvedimenti; si aggiunga, per completezza, che nella formulazione della norma, il legislatore del 1991 non ha piu' citato le sentenze pronunciate dal g.u.p. all'esito positivo della prova cui l'imputato viene ammesso ex artt. 28 e 29 del c.p.p. minori, con la conseguenza che neppure il p.m. ha uno specifico mezzo di impugnazione delle stesse; con cio' creandosi una situazione di vuoto legislativo irragionevole e comunque contrario al chiaro testo della legge delega, gia' piu' volte ricordato; si verifica dunque, nel caso in esame, una chiara violazione della delega legislativa, che sul punto non lascia adito a dubbi; la soluzione della questione presenta una immediata rilevanza nel caso in esame perche' il tribunale, ove venisse dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 32 c.p.p. minori per eccesso e violazione di delega, dovrebbe esaminare nel merito l'impugnazione proposta, considerandola come opposizione, come ha ritenuto la Corte di appello; mentre in caso contrario, dovrebbe sollevare conflitto di competenza davanti la s.c. di cassazione, avendo la stessa Corte genovese rifiutato di esaminare un gravame che le competeva, rimettendo gli atti davanti al primo giudice, sia pure in diversa sede (dibattimento anziche' udienza preliminare).