IL PRETORE
    Ordinanza pronuncita dal pretore di Reggio Emilia in  funzione  di
 giudice  del lavoro nella causa iscritta al n. 4351/91 r.g. di questa
 pretura e promossa, nei confronti della cassa nazionale di previdenza
 e assistenza per  gli  ingegneri  ed  architetti,  da  Barbieri  ing.
 Riccardo ed altri, a scioglimento della riserva formulata all'udienza
 tenuta in data 11 gennaio 1993.
    I ricorrenti, ingegnieri o architetti iscritti nel rispettivo albo
 professionale  di  Reggio  Emilia e titolari di pensione di vecchiaia
 maturata e riconosciuta al loro avvenuto collocamento a  riposto  per
 raggiunti  limiti di eta' per effetto della passata iscrizione ad una
 forma di previdenza obbligatoria in dipendenza della  prestazione  da
 parte  loro  di  attivita' lavorativa subordinata, aventi intrapreso,
 dopo il cennato collocamento a riposo, l'esercizio con  carattere  di
 continuita'  della  libera  professione  con  conseguente  iscrizione
 (anteriormente vietata) alla cassa convenuta,  hanno  sollevato  -  e
 mantenuto  anche  dopo la pronuncia della Corte costituzionale n. 259
 in data 1/8 giugno 1992 avente dichiarato  la  non  fondatezza  della
 questione   -,   in   riferimento  agli  artt.  3  e  38  cpv.  della
 Costituzione, dubbio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  21,
 quinto  comma,  della  legge  3 gennaio 1981 n. 6 con le modifiche ed
 integrazioni della legge n. 290 del 1990  "nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  l'esclusione  dell'iscrizione alla cassa debba rimanere
 anche per tutti gli ingegnieri ed architetti  che,  gia'  iscritti  a
 forme  di  previdenza obbligatoria a seguito di un rapporto di lavoro
 subordinato, abbiano gia' conseguito la pensione per raggiunti limiti
 di eta'".
    Si  sostiene,  in  definitiva,  dai  ricorrenti  che  l'obbligo di
 iscrizione e di contribuzione alla cassa da parte  di  professionisti
 gia'  anziani per esere intervenuta la prima iscrizione soltanto dopo
 un pensionamento per vecchiaia si tradurrebbe in una vulnerazione del
 principio di solidarieta' -  da  intendersi  esistente,  non  solo  a
 favore  della  collettivita'  degli  iscritti  alla cassa, ma anche a
 favore del singolo iscritto -  per  rimanere  di  fatto  esclusa,  in
 ragione  dell'eta',  la  possibilita'  di  acquisire  il diritto alla
 prestazione pensionistica della cassa (che, come meglio si vedra', e'
 nella fattispecie unicamente quella di cui all'art. 6 della legge  n.
 290/1990),  per  rimanere  inoltre  del tutto incerta la possibilita'
 (essenzialmente   legata    ad    una    cessazione    dell'attivita'
 liberoprofessionale    compiuta    da    ingegnere    o    architetto
 ultrasessantacinquenne) di ottenere la  restituzione  dei  contributi
 versati,  dal  momento che il combinato disposto degli artt. 20 della
 legge n. 6/1981 e 15 della legge n. 290/1990 ha limitato  il  diritto
 alla  restituzione,  in  ipotesi  di  morte  dell'iscritto,  ai  soli
 supestiti (coniuge, figli minorenni,  figli  maggiorenni  inabili  al
 lavoro) indicati nell'art. 7 della legge n. 6/1981.
    La  questione,  ad  avviso  del giudicante, appare rilevante e non
 manifestamente infondata, posto che i  ricorrenti  hanno  verbalmente
 dichiarato di aver prestato servizio lavorativo alle dipendenze dello
 Stato  e di essere dello Stato pensionati, nonostante sia intervenuta
 in corso di causa la menzionata pronuncia  n.  259/1992  della  Corte
 costituzioanle.
    Come  noto, la pronuncia in questione si e' espressamente occupata
 della doglianza  piu'  sopra  fatta  propria  dai  ricorrenti  ed  ha
 statuito  trattarsi di obiezione non piu' proponibile dopo che l'art.
 6 della legge n. 290/1990, avente natura di  lex  specialis  rispetto
 alla  norma generale dell'art. 1 della legge n. 45/1990 (limitante la
 possibilita' di supplemento di pensione  solo  per  i  professionisti
 titolari  di  pensione  di  anzianita'),  ha  qualificato il rapporto
 assicurativo di un iscritto che goda di trattamento  pensionistico  a
 carico  di altro istituto previdenziale come titolo alla liquidazione
 di un supplemento di pensione mediante ricongiunzione  presso  l'ente
 erogatore,  sebbene  non  sia piu' in atto una posizione assicurativa
 presso tale ente.
    La riferita  statuzione  della  Corte  regolatrice,  indubbiamente
 idonea  ai  fini di individuare la funzione solidaristica individuale
 dell'obbligo contributivo posto a carico dell'ingegnere o  architetto
 esercente  la  libera  professione  dopo il termine di un rapporto di
 lavoro subordinato caratterizzato dall'iscrizione  ad  una  forma  di
 previdenza  obbligatoria  e conclusosi con l'attribuzione di pensione
 di vecchiaia, non ha pero' valutato che l'istituto del supplemento di
 pensione - pare trattarsi di supplemento ottenibile una sola volta  e
 presupponente  la  cessazione  dell'attivita'  professionale  (art. 6
 della legge n. 290/1990, in collegamento con la norma-madre dell'art.
 1 legge n. 45/1990),  conseguentemente  deteriore  rispetto  ai  piu'
 supplementi   biennali  in  costanza  di  attivita'  previsti  per  i
 pensionati di vecchiaia della cassa convenuta: e gia' questo  sarebbe
 argomento  di  riflessione - non e' applicabile a quei professionisti
 che, come i ricorrenti, siano pensionati dello Stato. Per  legge,  lo
 Stato  non  dispone  di  forme autonome di gestione della previdenza,
 limitandosi   a   definire   la   posizione   previdenziale   o   con
 l'attribuzione della pensione in attuazione della legge n. 322/1958 o
 con  l'attribuzione  dell'indennita' una tantum in luogo di pensione;
 non  essendo  poi  prevista  un'attivita'  in  favore   dello   Stato
 posteriormente  al  collocamento  in quiescenza, la legge non prevede
 possibilita' di riconoscimento di supplementi di  pensione,  istituto
 dunque sconosciuto all'ordinamento statuale.
    La situazione esposta e' stata recentemente ribadita, con espresso
 riferimento  alla legge n. 45/1990, dal Ministero del tesoro mediante
 circolare n. 24 del 13 marzo 1992 che, mentre afferma la possibilita'
 del libero professionista, avente prestato servizio presso lo Stato o
 le  aziende  autonome,  di  trasferire  i  periodi  di  contribuzione
 accreditati   presso   tali  organismi  verso  la  gestione  cui  sia
 successivamente iscritto,  esclude  la  correlativa  possibilita'  di
 ricongiunzione  presso  lo  Stato  o le aziende autonome, ai fini del
 diritto  e  della  misura  di  un'unica  pensione,  di   periodi   di
 assicurazione  presso  altre  forme  di  previdenza, una volta che il
 professionista, per  aver  compiuto  l'eta'  pensionabile  sia  stato
 collocato  in  quiescenza;  la  circolare  sottolinea  poi  come  sia
 estraneo al settore statale l'istituto del supplemento di pensione.
   Poiche',  dunque,  deve  concludersi  che  i   ricorrenti,   liberi
 professionisti   iscritti   alla   cassa   convenuta   in  dipendenza
 dell'esercizio di attivita' professionale in modo  continuativo  dopo
 il  collocamento  in  quiescenza  per  raggiunti  limiti  di  eta' da
 rapporti subordinati intrattenuti con lo Stato, non  possono  valersi
 della  possibilita' di richiedere il supplemento di pensione previsto
 dall'art.  6  della  legge  n.  290/1990  e  ravvisato  dalla   Corte
 costituzionale  quale  argomento-cardine per affermare l'infondatezza
 della sollevata questione di incostituzionalita' dell'art. 21, quinto
 comma, della legge 3  gennaio  1981,  n.  6,  pare  rilevante  e  non
 manifestamente  infondato riproporre la questione nella seguente piu'
 limitata formulazione: esamini la Corte, in riferimento agli artt.  3
 e   38   cpv.  della  Costituzione,  la  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 21, quinto comma, della legge 3 gennaio 1981 n.  6  con  le
 modifiche  ed  integrazioni  apportate dalla legge n. 290/1990 "nella
 parte in cui non prevede che  l'iscrizione  alla  Cassa  convenuta  e
 l'obbligo  conseguente  di contribuzione debba rimanere anche per gli
 ingegneri ed architetti che, gia'  iscritti  a  forme  di  previdenza
 obbligatoria   a   seguito  di  un  rapporto  di  lavoro  subordinato
 intrattenuto con lo Stato o sue aziende autonome, abbiano  conseguito
 la  pensione  di vecchiaia per raggiunti limiti di eta' e non possano
 fruire, per la successiva attivita' professionale, di supplemento  di
 pensione  ex  art.  6  legge  n.  290/1990  siccome statuito da Corte
 costituzionale n. 259/1992".
    Nell'ipotesi, infine,  in  cui  la  Corte  regolatrice  intendesse
 riaffermare   la   precedente   statuizione,  esamini  la  Corte,  in
 riferimento ai  medesimi  precetti  costituzionali,  la  legittimita'
 della  legge n. 322/1958 "nella parte in cui non prevede possibilita'
 di supplementi di pensione per i liberi professionisti che, collocati
 in quiescenza per raggiunti limiti di eta' a seguito di  un  rapporto
 di  lavoro  subordinato  intrattenuto  con  lo  Stato  o  sue aziende
 autonome, successivamente esercitino in modo  continuativo  attivita'
 liberoprofessionale    con   iscrizione   obbligatoria   alla   Cassa
 convenuta". E' appena il caso di rilevare  che  la  teste'  formulata
 eccezione,   sollevata   in  via  subordinata  dai  ricorrenti,  trae
 rilevanza e non manifesta  infondatezza  dal  rappresentare  "l'altra
 faccia"  di  una  doglianza incentrata sul fatto di una contribuzione
 altrimenti del tutto  inutile  ed  improduttiva  di  vantaggi  per  i
 soggetti obbligati.