IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella  causa  civile  iscritta
 nel  ruolo  generale  di  spedizione  al  n.  2854/88 tra la societa'
 A.P.N.A. S.a.s. in persona del suo  amministratore,  rappresentata  e
 difesa  dagli  avvocati  Giuseppe  Torelli e Pietro Di Benedetto e il
 comune di Trani in persona del sindaco  pro-tempore  rappresentato  e
 difeso dall'avv. Giuseppe de Zio.
    Ha pronunciato la presente ordinanza.
    Con  atto  di  citazione  notificato  in  data 5 settembre 1988 la
 S.a.s. A.P.N.A. gia' concessionaria del servizio  di  accertamento  e
 riscossione  dei  diritti  sulle  pubbliche  affissioni nel comune di
 Trani ha proposto  opposizione  all'ingiunzione  emessa  ex  r.d.  14
 aprile  1910,  n. 639, con la quale il comune di Trani le ordinava di
 pagare  al  tesoriere  comunale  la  somma  di  L.  304.354.306,  per
 debitorie  relative  al  predetto servizio accertate e non versate al
 comune dal 1½ gennaio 1980 all'8 marzo  1986,  e  ne  ha  chiesto  la
 declaratoria di nullita', illegittimita' ed infondatezza, ha spiegato
 altresi'  domanda  riconvenzionale di condanna del comune di Trani al
 pagamento della somma di L. 447.740.983 o  quella  somma  maggiore  o
 minore  derivante  dall'espletanda  istruttoria;  con  condanna  alle
 spese, diritti ed onorari di giudizio.
    La societa' attrice, dopo aver affermato che l'ingiunzione e'  del
 tutto  immotivata,  individua la causa del credito vantato dal comune
 nel fatto, enunciato nella opposta  ingiunzione,  che  essa  societa'
 avrebbe  trattenuto  nell'espletamento  del  servizio l'aggio del 75%
 sulle  somme  riscosse,  convenuto  con  l'amministrazioine  comunale
 all'atto  dell'affidamento  della  concessione,  invece di quello del
 39,50%, convenuto a seguito degli aumenti  tariffari  introdotti  con
 d.l. 29 febbraio 1980, n. 35.
    Al  riguardo l'attrice sostiene l'infondatezza ed improponibilita'
 della  pretesa  autoritativamente  avanzata  dal   comune,   perche',
 divenuto  inefficace  per  la mancata conversione in legge del citato
 d.l. n. 35/1980 il ridotto aggio del 39,50%, per altro convenuto per
 il solo  anno  1980  il  comune  avrebbe  dovuto  prima  esperire  il
 tentativo di un consensuale adeguamento delle condizioni contrattuali
 e,  in  caso  di mancato accordo, demandarne la revisione al collegio
 arbitrale di cui al r.d-l. 25 gennaio  1931,  n.  36,  convertito  in
 legge  9 aprile 1981, n. 460, come prescrive l'art. 26, ottavo comma,
 del d.l. n. 35/1980.
    Comunque, eccepisce la societa' attrice, demandando  la  legge  la
 revisione  delle condizioni contrattuali, in caso di mancato accordo,
 alla competenza arbitrale, ogni cognizione sulla materia e' sottratta
 al giudice ordinario, il quale e' carente di giurisdizione.
    Si  e'  costituito  ritualmente  il  comune  di Trani, il quale ha
 controdedotto  puntualmente  ed  ha   concluso   chiedendo   in   via
 principale,  che  il  tribunale  disattesa  ogni  avversa  istanza ed
 eccezione   voglia   rigettare   o   dichiarare   inammissibile   sia
 l'opposizione  che la domanda riconvenzionale, confermando la propria
 competenza: voglia condannare in ogni  caso  l'attrice  al  pagamento
 delle  spese  e  competenze di giudizio ed al risarcimento di tutti i
 danni conseguiti e conseguendi alla mala fede processuale ex art.  96
 del c.p.c.
    In  via  subordinata,  ed  ove  occorra in via riconvenzionale, ha
 chiesto che  il  tribunale  voglia  accertare  la  irregolarita'  del
 servizio  svolto  dall'A.P.N.A.: condannare la stessa al risarcimento
 dei danni da provarsi secondo perizia contabile nonche' al  pagamento
 di  una  penale  da liquidarsi secondo equita'; determinare la misura
 dell'aggio per  gli  anni  successivi  al  1980;  con  calcolo  della
 svalutazione  e  degli  interessi sulle somme ingiunte e su quelle da
 liquidarsi.
    In particolare,  il  comune  di  Trani  rileva  che  la  sollevata
 eccezione  di  difetto  di  giurisdizione, la quale si configurerebbe
 piu'  correttamente  come  eccezione  di  competenza  e  siccome  non
 riportata  tra  le  conclusioni  non  formerebbe oggetto di domanda e
 comunque infondata, sia perche' il capitolato d'oneri che  regola  il
 rapporto  con  la  societa'  attrice esclude il ricorso all'arbitrato
 (art. 18) sia perche' la materia controversia e' ben piu' ampia della
 sola revisione dell'aggio, rimessa alla commissione  arbitrale  sopra
 menzionata,  cosicche' la competenza del giudice ordinario prevale su
 quella arbitrale.
    Considera il collegio che l'eccezione di  competenza  arbitrale  -
 ritualmente e tempestivamente sollevata, ancorche' non ribadita nelle
 conclusioni   dell'atto   introduttivo  del  giudizio  e  per  altro,
 confermata  all'udienza  di  precisazione  delle  conclusioni  -   e'
 fondata.
    Invero,  l'intero  thema decidendum, come delimitato dalle domande
 principali e da quelle  riconvenzionali  su  riferite,  ha  come  suo
 presupposto  necessario la determinazione delle misure dell'aggio del
 minimo garantito e del canone fisso da applicarsi dal 1980 in poi  al
 rapporto  intercorrente tra la societa' attrice ed il comune di Trani
 e tale determinazione e' dalle disposizioni  legislative  succedutesi
 dal   1979,  rimessa,  in  caso  di  mancato  accordo  tra  le  parti
 contraenti, alla commissione arbitrale di cui al r.d.l.  25  gennaio
 1931, n. 36, convertito nella legge 9 aprile 1931, n. 460.
    La  disposizione e' stata dettata dapprima con l'art. 26 del d.l.
 30 dicembre 1979, n. 662, non convertito in legge, recante norme  per
 l'attivita'  gestionale  e  finanziaria  degli enti locali per l'anno
 1980; e' stata riprodotta tal quale nel d.l. 29  febbraio  1980,  n.
 35, anch'esso non convertito, ed e' stata riproposta, infine, insieme
 all'intero  provvedimeto  legislativo  con il d.l. 7 maggio 1980, n.
 153, questa volta convertito in legge 7 luglio 1980, n. 299,  il  cui
 art.  2  ha  fatto  salvi  gli  atti ed i provvedimenti adottati ed i
 rapporti giuridici sorti  in  applicazione  dei  precedenti  decreti-
 legge.
    Essa,  pertanto,  va applicata alla fattispecie in esame e, tenuto
 conto della natura finanziaria dei provvedimenti legislativi  che  la
 contengono,  si sostituisce certamente ad ogni diversa volonta' delle
 parti e, cosi',  anche  all'art.  18  del  capitolato  d'oneri  della
 concessione  di  cui  si  tratta,  che fa divieto assoluto di ricorso
 all'arbitrato per la  soluzione  di  qualsiasi  controversia  tra  il
 comune e la ditta concessionaria.
    Ritiene,  tuttavia,  il tribunale di dover sollevare d'ufficio, ex
 art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1952, n. 87, questione  di
 legittimita' costituzionale della predetta disposizione per contrasto
 con gli artt. 24 e 102 della Costituzione.
    La questione e' rilevante nella specie, dato che la causa non puo'
 essere  decisa  se non facendo applicazione della norma in argomento,
 la quale, tuttavia,  sottrae  la  controversia  alla  cognizione  del
 tribunale adito.
    Essa  appare, altresi', non manifestamente infondata, ravvisandosi
 nella  fattispecie  normativa  in  esame  un'ipotesi   di   arbitrato
 obbligatorio  o  necessario, essendo esclusa ogni possibilita' per le
 parti del rapporto di scegliere liberamente tra  l'adire  il  giudice
 ordinario ovvero rimettersi alla decisione di arbitri.
    Invero,  come  ha  piu'  volte  statuito  la  Corte costituzionale
 (sentenza 12 febbraio 1963, n. 2, 6 giugno 1968,  n.  62;  14  luglio
 1977,  n. 127), per il congiunto disposto degli art. 24, primo comma,
 della Costituzione, che garantisce il diritto di azione  in  giudizio
 ed il relativo esercizio, e 102, primo comma, della Costituzione, che
 riserva  la  funzione  giurisdizionale  ai  giudici ordinari salve le
 eccezioni   di   cui   all'articolo    seguente,    deve    ritenersi
 costituzionalmente  illegittimo  qualsiasi arbitrato che non abbia il
 suo fondamento nella libera scelta delle parti, intesa come  uno  dei
 possibili  modi  di disporre, anche in senso negativo, del diritto di
 agire in giudizio garantito dall'art. 24 della Costituzione citato.