IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 13295 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'anno 1991 posta in deliberazione all'udienza collegiale del 23 novembre 1992 e vertente tra Scala Gennaro elettivamente domiciliato in Roma, via G. Paisiello n. 32 presso lo studio del procuratore avv. Gianluigi Loy che lo rappresenta e difende ai sensi della procura in margine all'atto di citazione, attore, e Pannella Giacinto elettivamente domiciliato in Roma, via Gualtiero Serafino n. 8 presso lo studio del procuratore avv. Gian Domenico Caiazza che lo rappresenta e difende ai sensi della procura in calce alla copia dell'atto di citazione notificatogli, convenuto, e con l'intervento del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma. Questo tribunale e' chiamato a pronunciarsi su due azioni di risarcimento danni, proposte con unico atto di citazione dallo stesso attore nei confronti del medesimo convenuto, deputato al Parlamento della Repubblica. Nella prima di esse, preceduta da tempestiva querela, era stata richiesta autorizzazione a procedere, per altro negata dalla Camera. Nella seconda era stata applicata l'amnistia senza previa richiesta di autorizzazione a procedere. Si rileva, quanto al primo episodio, che la denegata autorizzazione a procedere, da parte dell'assemblea parlamentare della quale il Pannella era membro, non osta ovviamente all'esercizio dell'azione in sede civile per il ristoro dei danni patiti secondo la prospettazione attorea. Sul punto non appare per altro avere pregio la difesa del convenuto, laddove afferma che nella denegata autorizzazione a procedere deve essere altresi' individuato un giudizio di riferibilita' delle opinioni espresse all'esercizio della funzione parlamentare ex art. 68, primo comma, della Costituzione. Infatti la nota sentenza della Corte costituzionale 29 dicembre 1988, n. 1150, se, da un lato, ha affermato inequivocabilmente che spetta all'assemblea parlamentare di appartenenza il potere di valutare la condotta del proprio membro, ai fini di un'eventuale qualificazione funzionale del fatto addebitatogli, dall'altro ha specificato che tale potere non puo' essere arbitrario, onde deve essere esercitato dandone congrua motivazione, e pertanto non appare esclusivo, atteso che, avverso una pronuncia ritenuta appunto arbitraria, sarebbe pur sempre possibile sollevare innanzi alla Corte medesima conflitto di attribuzione. Il principio enunciato dal supremo giudice di costituzionalita' comporta pertanto che ogni eventuale pronuncia di qualificazione funzionale ex art. 68, primo comma, della Costituzione deve essere esplicita e motivata, onde consentire l'eventuale successivo controllo della Corte in ordine alla non arbitrarieta' della pronuncia stessa. Nel caso in esame consta al contrario (come da documentazione allegata al fascicolo della parte convenuta) che la Camera dei deputati ha approvato la proposta della giunta per le autorizzazioni di reiezione delle richieste, trattandosi di diffamazione a mezzo stampa. Appare indubbio che l'espressione usata nel deliberato assembleare, meramente ricettizia della proposta della giunta, oltre a non essere assolutamente motivata, nemmeno per relationem, atteso che nella proposta giuntale la conclusione negatoria appare apodittica, non ha comunque alcun riferimento, neppure implicito, alla qualificazione funzionale delle espressioni attribuite al Pannella. Ne consegue che, dal punto di vista procedurale, le azioni risarcitorie riferite ai due fatti asseritamente diffamatori, vengono a porsi sul medesimo piano. Viene quindi investito il Giudice civile di tali azioni, senza che vi sia stato alcun deliberato dell'assemblea parlamentare di appartenenza che, anche nell'XI legislatura, e' notoriamente, per il Pannella, la Camera dei deputati, in ordine all'accertata o meno qualificazione funzionale. Osserva il collegio che, allo stato attuale della normativa, il solo giudice penale, ai sensi degli artt. 18 reg. Camera dei deputati, 343 e 344 del c.p.p. e 111 delle disp. att. trans. del c.p.p., puo' adire direttamente la giunta per le autorizzazioni a procedere. Quindi la mancata presenza di analoghe norme nel diritto processuale civile, correlata con le funzioni attribuite a tale giunta, ingenera una situazione chiaramente preclusiva di una possibilita' di accesso diretto da parte del magistrato civile presso la giunta medesima. Tale situazione discende dalla mancata attribuzione alla giunta della facolta' di decidere su istanze proposte dal giudice civile. Rilevato che pertanto, allo stato attuale della legislazione, dovrebbe pronunciarsi l'improcedibilita' dell'azione proposta, tale esito sarebbe comunque confliggente con il principio costituzionale di cui all'art. 24 della Costituzione, non consentendo la tutela del diritto risarcitorio. Infatti il soggetto leso, non potendo investire direttamente l'assemblea di appartenenza del membro asseritamente diffamante, non essendo prevista dal menzionato regolamento alcuna disciplina sul punto, non potrebbe rimuovere ante causam la situazione di improcedibilita' della domanda. Nel contempo il giudice adito, come gia' rilevato, non potrebbe nemmeno trasmettere gli atti alla giunta per le autorizzazioni ex art. 18 dit. reg., atteso che il riferimento all'autorizzazione ex art. 68 della Costituzione determina una competenza di tale giunta solo con riferimento alle richieste attinenti all'esercizio dell'azione penale. Peraltro la competenza cosi' strettamente delineata della giunta, non comprensiva anche della verifica di funzionalita' delle opinioni espresse, confligge con il dettato dell'art. 24 della Costituzione, ostando all'esercizio della tutela dei diritti in sede giurisdizionale, da parte del soggetto leso dalle opinioni asseritamente diffamatorie. Appare pertanto, ad avviso di questo collegio, sussistere dubbi di costituzionalita' dell'art. 18 regolamento della Camera dei deputati con riferimento all'art. 24 della Costituzione, relativamente alla non attribuzione alla giunta richiamata in tale articolo della verifica della qualificazione funzionale delle opinioni espresse dai membri della Camera dei deputati ai fini della instaurazione del processo civile. Ritiene pertanto questo tribunale di dover sollevare di ufficio la sopra delineata questione di legittimita' costituzionale, la cui rilevanza nel presente processo appare indubbia, stante la necessita' per il foro adito di acquisire ritualmente dalla Camera di appartenenza la verifica della qualificazione funzionale delle opinioni espresse dal convenuto.