IL PRETORE
   Sciogliendo  la  riserva che precede, constatato che parte intimata
 ha invocato l'applicazione dell'art. 11 comma 2- bis  della  legge  8
 agosto 1992, n. 359, impregiudicata ogni altra decisione;
    Emette la seguente ordinanza.
    Sulla questione di legittimita' costituzionale della norma di  cui
 all'art.  11  comma  2-  bis  della  legge  8 agosto 1992, n. 359, il
 giudicante,
                             O S S E R V A
    La questione appare rilevante nel presente giudizio  di  convalida
 di  licenza  per  finita locazione atteso che la norma incide proprio
 sulla scadenza del contratto;
    Premesso  che  il  modo di operare della proroga di cui si discute
 non emerge in modo chiaro dal dettato  della  norma,  preliminare  ad
 ogni  valutazione  di  non  manifesta  infondatezza e' appurare se la
 stessa operi in modo automatico o se sia condizionata al fatto che le
 parti,  pur  avendo  iniziato  trattative  sulla  determinazione  del
 canone,   non   si   siano   accordate.   Optando   per   la  seconda
 interpretazione, la norma potrebbe forse  superare  le  obiezioni  di
 incostituzionalita'.  Includendo  infatti  solo  i  casi  in  cui  il
 proprietario abbia intenzione di rilocare e la trattativa non vada  a
 buon fine, la norma si porrebbe in sintonia con gli scopi della legge
 (che   vuol  incentivare  il  passaggio  al  nuovo  regime  "libero")
 inducendo,  da  un  lato,  il  locatore  a  trattare  in  termini  di
 ragionevolezza,   pena   la  proroga,  e,  dall'altro,  tutelando  il
 locatore. Inoltre, escludendo dalla proroga  le  ipotesi  in  cui  il
 proprietario  non  abbia l'intenzione di rilocare, quali che siano le
 motivazioni, potrebbe non concretare una compressione  indiscriminata
 del suo diritto.
    Tale   interpretazione,  tuttavia,  non  e'  ammessa  se  si  pone
 attenzione al fatto che la norma, quando parla  di  mancato  accordo,
 non  puo'  che  riferirsi sia al caso in cui le trattative, iniziate,
 non siano andate a buon fine sia  al  caso  in  cui  il  locatore  si
 rifiuti  di  iniziarle. E tale rifiuto puo' essere espresso anche per
 fatti concludenti tra i quali vi e' certamente quello  di  promuovere
 il  giudizio  di convalida e di insistere nelle richieste in udienza.
 Inoltre si imporrebbe  un  onere  di  trattativa  peraltro  privo  di
 qualsiasi  indicazione  di  legge su termini e forme da osservare (si
 veda a contrario l'art. 69 della legge 27 luglio 1978 come modificato
 dalla legge 6  febbraio  1987,  n.  15)  per  cui  difficile  sarebbe
 valutare  la  sua  inosservanza.  Infine  non  e' da escludere che si
 potrebbe produrre un effetto perverso - e questa volta contrario allo
 spirito della legge - consistente nel fatto che i  locatori,  pur  di
 non  correre  il  rischio  della  proroga,  potrebbero  indursi a non
 iniziare nemmeno le trattative;
    Scartata la interpretazione suindicata, bisogna  ritenere  che  la
 proroga operi automaticamente.
    In  tal  caso: non manifestamente infondata appare la questione di
 legittimita'  costituzionale   in   relazione   all'art.   42   della
 Costituzione  qualora  si  consideri l'orientamento ormai consolidato
 della giurisprudenza costituzionale sulla disciplina vincolistica  in
 tanto  ritenuta  legittima in quanto avente carattere straordinario e
 temporaneo (sentenze n. 3 del  15  gennaio  1976  e  n.  225  del  18
 novembre  1976).  Tanto  e' che la Corte, con la sentenza n. 89 del 3
 aprile 1984 sull'art. 15- bis della legge n. 94 del 25 marzo 1982, ha
 ricordato che non sarebbero state ammissibili ulteriori proroghe.  In
 altri termini non  si  consente  un'alterazione  dell'equilibrio  tra
 interessi   dei  locatori  e  dei  conduttori  che  prescinda  da  un
 bilanciamento delle rispettive condizioni personali ed  economiche  e
 si  traduca  in una definitiva compressione del diritto di proprieta'
 (sul punto si richiama anche la nota sentenza n. 108  del  22  aprile
 1986).
    Premesso  quanto sopra, e' francamente difficile ritenere aderente
 al dettato costituzionale la norma di cui si  discute.  Essa  infatti
 prevede  un'ulteriore  e  quindi  inammissibile proroga che, poi, non
 potrebbe  giustificarsi  nemmeno  in  termini   di   "transitorieta'"
 (ritenuta   in   passato  accettabile  onde  consentire  il  graduale
 passaggio ad una diversa disciplina della materia). infatti la norma,
 assolutamente indifferenziata nel suo contenuto, comprime in  maniera
 indiscriminata   il  diritto  di  proprieta'  non  solo  sacrificando
 unilaterlamente il locatore, ma impedendo  anche  una  valorizzazione
 delle  sue  concrete situazioni patrimoniali e personali (si pensi al
 caso limite della necessita' di abitazione dello stesso proprietario)
 che non siano quelle relative all'aumento del canone;