IL GIUDICE DELL'ESECUZIONE
    Nel processo esecutivo n. 44/1986 r.g., promosso dal Banco  di  S.
 Spirito  (avv.  Stefano Sciannameo) di Terni nei confronti di Luciani
 Luciana ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Sciogliendo la riserva di cui al verbale di udienza 12 marzo 1993;
                              R I L E V A
    Premesse di fatto e termini della questione (art. 631 del c.p.p.).
 Dopo la presentazione dell'istanza di vendita in data 4  luglio  1986
 il  processo  esecutivo  si  e'  articolato  in  una serie di udienze
 finalizzate prima all'acquisizione della documentazione ipocatastale,
 poi all'espletamento di consulenza tecnica  per  la  valutazione  del
 terreno pignorato; si sono quindi disposti due esperimenti di vendita
 con  incanto, risultati entrambi deserti. Con ulteriore provvedimento
 del 25 settembre 1992 e' stata ordinata nuova vendita con incanto per
 il 12 marzo 1993, disponendosi forme particolari di pubblicita' degli
 avvisi. In detta ultima udienza il procuratore di parte procedente ha
 chiesto rinvio (non  si  e'  potuta  dichiarare  deserta  l'asta  non
 pubblicizzata  in quanto il creditore procedente non ha depositato la
 somma occorrente, ne' ha provveduto a sua cura agli adempimenti, come
 ormai abitualmente avviene nella pratica).
    Cio' posto, e' evidente che,  ove  venisse  accolta  la  questione
 incostituzionalita'  di  cui  appresso,  il  giudice dovrebbe fissare
 altra udienza ex art. 631, primo comma, del c.p.c. per poi pervenire,
 eventualmente, alla declaratoria di estinzione del processo esecutivo
 ex secondo comma (anziche' fissare tout court altra udienza in attesa
 di  determinazione della parte procedente). Al fine di evitare questa
 seconda  alternativa  (stasi  di  fatto  del  processo),   non   sono
 seriamente  utilizzabili  gli strumenti di cui agli artt. 590-591 del
 c.p.c. e per la mancanza del presupposto formale (incanto  dichiarato
 deserto)  e  perche'  si e' gia' avuta prova che nessuno ha interesse
 all'assegnazione del bene,  mentre  l'amministrazione  giudiziaria  -
 istituto,  come  si  sa,  di  rarissima  applicazione  -  non avrebbe
 apprezzabili probabilita' di successo rispetto  a  un  immobile  come
 quello  pignorato. Non c'e' ragione, infine, di fissare altra vendita
 a prezzo base inferiore.
    Concludendo, il processo e' inceppato per mera inerzia della parte
 "procedente".
    Rilevanza; legittimazione.
    Gia' quanto precede da' intuitivamente conto della rilevanza della
 questione e spiega anche la legittimazione a sollevarla da parte  del
 giudice  della  esecuzione,  quale  organo  dell'ufficio  giudiziario
 dotato, nel caso, di poteri (non soltanto ordinatori e direttivi,  ma
 anche)  giurisdizionali:  e'  certo espressione di questi l'ordinanza
 (di estinzione)  che  definisce  il  processo  e  che  e'  riservata,
 appunto, all'organo monocratico.
    Non manifesta infondatezza.
    Non  sembra  razionale  -  secondo  i  noti  parametri  desumibili
 dall'art. 3 della Costituzione - la scelta del legislatore quando  di
 fatto consente al procedente di sottrarsi, al tempo stesso, all'onere
 (delle  spese  di)  pubblicita', nelle forme e nei tempi disposti dal
 giudice, e di tenere (talora indefinitamente)  in  vita  il  processo
 esecutivo  col  semplice  espediente della richiesta di rinvii, senza
 neppure prospettare un giusto motivo.
    A differenza che nel processo di cognizione (nel quale il  giudice
 dispone  almeno di qualche strumento acceleratorio, come da artt. 175
 e 187), nel processo esecutivo l'imperium iudicis e'  concetto  privo
 di  ogni significato, non offrendo il sistema mezzi che consentano di
 fronteggiare in qualche modo gli atteggiamenti dilatori di una  delle
 parti.
    Ne  derivano  intuitive  lesioni  ai  principi  di  effettivita' -
 efficacia - efficienza della giurisdizione, aumenti ingiustificati di
 costi (in senso lato) a danno della collettivita',  ingiusti  aggravi
 economici  per  l'esecutato (nei confronti del quale decorrono almeno
 gli interessi legali), carichi di lavoro e dispersioni  di  attivita'
 di  uffici giudiziari che finiscono col trovarsi a gestire, per fatti
 addebitabili a inerzia di privati,  l'inutile,  e  anche  indecoroso,
 trasferimento  di  materiale  cartaceo  da  un'udienza  all'altra, in
 totale assenza di ogni interesse meritevole di qualche tutela (questo
 processo - privo di ogni profilo di complessita'  -  penda  da  circa
 sette anni e non e' tra i piu' remoti).
    Dal differente trattamento normativo di situazioni sostanzialmente
 uguali  -  (creditore  che  non  compare all'udienza - creditore che,
 comparendo, chiede rinvio senza  allegare  giusti  motivi)  nasce  il
 sospetto  che  l'art.  631,  primo  comma,  del c.p.c. sia appunto in
 contrasto con l'art. 3 del cpv., della Costituzione.
    Non solo, ma, potendo per effetto delle  richieste  di  rinvio  di
 pura  forma,  il  patrimonio  del debitore (o una parte considerevole
 dello stesso) restare indefinitamente vincolato al mero arbitrio  del
 soggetto  creditore, sembra da ravvisare nella specifica normativa in
 esame la ulteriore lesione dei doveri di solidarieta' sociale (art. 2
 della Costituzione - 29 dichiaraz. Univers.).
    Diritti  dell'uomo,  ratificata  con  legge  n.  848/1955) che non
 debbono essere inutilmente sacrificati neppure nel rapporto  tra  due
 parti  davanti  al  giudice. In questo senso, anzi, la presenza di un
 giudice privo di sostanziali poteri puo' esporre a maggiori rischi la
 posizione  del  debitore  che  si  assoggetta  -  reputando   inutile
 qualsiasi  difesa - alla procedura, facendo (anche) affidamento sulla
 vigilanza effettiva e su poteri reali dell'organo terzo  (si  sa  che
 nella   quotidianita'   -   della   quale   pure   va   tenuto  conto
 nell'affrontare certi problemi giuridici - il debitore esecutato  non
 compare  affatto  davanti  al giudice o la fa solo alla prima udienza
 fissata per la vendita).
    Sorte dell'art. 631 capoverso.
    Questo giudice non puo' investire la  Corte  costituzionale  della
 ulteriore  analoga  questione sul secondo comma dell'art. 631, la cui
 applicazione oggi appartiene alla categoria delle mere  eventualita'.
 Sara',  se  necessario,  la  stessa  Corte  pronunciarsi  ex art. 27,
 seconda ipot. della legge.