LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto dal: Banco San Gemignano e San Prospero S.p.a., avverso: silenzio rifiuto dell'intendenza di finanza di Modena. Letti gli atti; Udito il relatore: avv. Emilio Bianchi; Sentito il rappresentante dell'Ufficio sig.ra Rosalba dott.sa Campione; il contribuente rappresentato dal dott. Mario Pollacci. In esito alla trattazione all'udienza del 9 marzo 1992 la parte ricorrente ha eccepito l'incostituzionalita' dell'art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42; tale eccezione non pare manifestamente infondata per le ragioni di seguito esposte. Con ricorso presentato l'8 febbraio 1989, contro il silenzio rifiuto dell'amministrazione finanziaria (intendenza di finanza di Modena), la contribuente richiedeva il rimborso delle imposte (I.R.P.E.G. - I.L.O.R) pagate con riferimento agli interessi attivi maturati a proprio favore sui crediti d'imposta dalla stessa contribuente vantati, e contabilizzati nel periodo 1985. Assumeva la ricorrente che gli interessi in questione non sarebbero da considerare quali componenti del reddito di impresa, dato il loro carattere compensativo e vista la loro funzione tipicamente ripristinatoria degli effetti negativi causati dalla mancata disponibilita' dei capitali (crediti d'imposta in relazione al loro mancato rimborso). Poneva inoltre in evidenza che gli stessi interessi, da un punto di vista tributario, non dovrebbero considerarsi componenti attivi ai fini della determinazione del reddito imponibile in quanto somme accessorie di un credito principale relativo ad un'imposta a suo tempo non dedotta dal reddito secondo quanto disposto dall'art. 5 della legge n. 645/1981. Sotto questo aspetto il considerare imponibili i proventi della specie porterebbe ad un'impostazione contrastante con il principio costituzionale, sottoponendosi a tassazione un fatto non rappresentativo di capacita' contributiva. Assumeva poi che l'interpretazione dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 fornita dalla suprema Corte di cassazione con la sentenza n. 7091/1990 richiamata dall'amministrazione finanziaria a sostegno della propria tesi, potrebbe contrastare con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione qualora facesse conseguire un effetto fiscale diverso in relazione ad uno stesso fenomeno oggettivamente considerato (interessi per ritardato pagamento dei crediti d'imposta) a seconda del comportamento del contribuente: riconoscendo l'intassabilita' del provento qualora in sede di dichiarazione dei redditi (per T.U.I.R. n. 917/1986), fosse stata fatta un'esplicita variazione in diminuzione, sottoponendo per contro ad imposizione la stessa fattispecie nel caso in cui la posta fosse stata dapprima assoggettata a tassazione (per tuziorismo operativo) con successiva presentazione di domanda di rimborso. Rilevava inoltre che l'interpretazione fornita con la gia' citata sentenza della suprema Corte di cassazione potrebbe essere viziata da un'ulteriore ragione di illegittimita': attribuendo efficacia retroattiva anche in malam partem alle disposizioni del testo unico delle Imposte sui redditi, in funzione del disposto dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988, si travalicherebbe la funzione tipica e propria delle disposizioni di attuazione strettamente ed unicamente tese a raccordare le nuove disposizioni del t.u.i.r. con la precedente normativa, venendo addirittura a modificare una norma dello stesso t.u.i.r., come quella che ne disciplina l'entrata in vigore, facendo retroagire gli effetti della nuova normativa a tempo indefinito. Da ultimo faceva rilevare che la dichiarazione dei redditi a suo tempo presentata, ed includente tra le sue poste gli interessi di cui trattasi, risultava successivamente corretta - Vista la sua natura di dichiarazione di scienza e non di volonta' - a seguito della presentazione della domanda di rimborso nella quale tra l'altro si era provveduto ad una puntuale ricostruzione delle voci originarie del mod. 760, per cui non potrebbe operare la retroattivita' in malam partem dell'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988 per il fatto che, al momento dell'entrata in vigore del testo unico delle imposte sui redditi e delle relative norme attuative, la dichiarazione dei redditi della richiedente - quale risultante dall'originario mod. 760 e della successiva rettifica - risultava gia' avere escluso da tassazione il provento in discorso. L'ufficio nelle proprie deduzioni ha fatto osservare che la richiesta della ricorrente non potrebbe essere accolta dal momento che gli interessi in questione, contabilizzati in base al principio della compentenza, hanno influenzato positivamente l'utile del relativo bilancio e concorso alla formazione del reddito imponibile in conformita' alle norme regolanti la determinazione del reddito di impresa secondo le disposizioni contenute nel titolo V del d.P.R. n. 597/1973; ha inoltre affermato che nessuna norma contentua nel d.P.R. n. 601/1973, recante la disciplina delle agevolazioni tributarie, prevede specifiche detrazioni o esenzioni con riferimento agli interessi sui crediti corrisposti dall'erario per ritardato pagamento dei crediti d'imposta. Ed ha da ultimo fatto presente che la suprema Corte di cassazione, con la citata decisione n. 7091 del 19 febbraio 1990 ha riconosciuto, in relazione a fattispecie analoghe a quelle oggetto del presente ricorso, la tassabilita' dei proventi in discorso. La commissione tributaria di primo grado, dopo aver udito le parti rappresentate secondo quanto sopra specificato; Rilevato: che secondo l'interpretazione data dalla suprema Corte di cassazione con sentenza n. 7091 del 19 febbraio 1990, all'art. 36 del d.P.R. n. 42/1988, la sottoposizione ad imposizione degli interessi sui crediti d'imposta maturati prima dell'entrata in vigore del t.u.i.r. n. 917/1986 verrebbe fatta dipendere non dalla norma legislativa vigente all'epoca della presentazione della dichiarazione dei redditi, bensi' dal comportamento del singolo contribuente, cosi' determinandosi un risultato non consono al principio della corrispondenza alla capacita' contributiva di cui all'art. 53 della Costituzione, e potendosi in tal modo creare ingiustificata disparita' di trattamento tra situazioni oggettivamente identiche in violazione dell'art. 3 della Costituzione; che inoltre appare fondatamente dubitabile che detta norma (art. 36 del d.P.R. n. 42/1988), intesa come sopra e cioe' con carattere retroattivo in malam partem, corrisponda all'effettiva volonta' del legislatore delegante con conseguente violazione degli artt. 76 e 77 della Costituzione; che nel caso che occupa, la soluzione di tali dubbi di legittimita' costituzionale ha evidente carattere decisivo, in quanto, ove non dovesse applicarsi la disposizione del citato art. 36, si dovrebbe accogliere la richiesta della contribuente;