ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 205 del  codice
 penale, promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1992 dal Giudice
 per  le  indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di  Palmi  nel
 procedimento penale a carico Luvara' Teresa, iscritta al  n.  68  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  23  giugno  1993  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Investito della richiesta del pubblico ministero di emettere
 - in relazione ad un'ipotesi di istigazione non accolta a  commettere
 un  omicidio  (art. 115 cod. pen.) - un decreto di archiviazione, con
 contestuale applicazione all'istigatore  della  misura  di  sicurezza
 della  liberta' vigilata, con divieto di soggiorno nella provincia di
 Reggio Calabria, il Giudice per le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di Palmi, rilevato che l'art. 205 cod. pen. prevede che le
 misure di sicurezza possono essere applicate solo con la sentenza  di
 condanna  o  di  proscioglimento e che alla loro applicazione, in via
 analogica,  col  decreto  di  archiviazione  osta  il  principio   di
 legalita'  e  tassativita'  che  informa  la  materia delle misure di
 sicurezza, ha sollevato, con ordinanza  del  23  novembre  1992,  una
 questione  di  legittimita'  costituzionale  del  predetto  art. 205,
 assumendone il contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    La limitazione posta dalla norma impugnata, ad avviso del  giudice
 rimettente, e' irragionevole perche', se il pubblico ministero avesse
 erroneamente  richiesto  il rinvio a giudizio, la misura di sicurezza
 sarebbe stata applicata con la sentenza  di  non  luogo  a  procedere
 (art.  425  cod.  proc.  pen.)  all'esito dell'udienza preliminare o,
 anche prima di questa, con la pronuncia ex art. 129 cod. proc.  pen.;
 perche',  inoltre,  tali  misure  avrebbero  potuto  essere applicate
 provvisoriamente se il pubblico ministero  l'avesse  richiesto  (  ex
 artt.  312  ss.  cod.  proc.  pen.) riservandosi altre determinazioni
 all'esito di ulteriori indagini; ed infine, perche' l'art.  240  cpv.
 cod.  pen.  consente la confisca delle cose la cui fabbricazione o il
 cui uso, porto  o  detenzione  costituisce  reato,  indipendentemente
 dalla pronuncia di sentenza di condanna.
    Da  tali  rilievi  discende  anche,  ad  avviso del remittente, la
 violazione  dell'art.  97  della  Costituzione,  perche'  sarebbe  in
 contrasto    con   l'esigenza   di   una   efficiente   e   razionale
 amministrazione della giustizia  che  l'obiettivo  special-preventivo
 possa  essere  raggiunto  solo attraverso una strumentale e infondata
 richiesta di rinvio a giudizio o mediante un altrettanto  irrazionale
 e ingiustificato differimento della richiesta di archiviazione.
    2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che  la
 questione sia dichiarata infondata.
    L'Avvocatura  osserva che, poiche' le misure di sicurezza incidono
 in senso restrittivo sulle  liberta'  dell'individuo,  e'  pienamente
 giustificato   che   per   la   loro  applicazione  sia  previsto  un
 provvedimento, quale la sentenza, reso a seguito del  contraddittorio
 delle  parti e assistito da mezzi di impugnazione; provvedimento che,
 cio' che piu' conta, e' destinato ad accertare il presupposto  stesso
 dell'applicazione  della  misura  da  irrogare  ed  in particolare la
 sussistenza o meno dei fatti addebitati.
    In realta' -  osserva  ancora  l'Avvocatura  -  dall'ordinanza  di
 rimessione  emerge  la difficolta' di rinvenire nel sistema del nuovo
 codice  uno  strumento  che   consenta   di   pervenire   all'udienza
 preliminare  in assenza di un reato (ricorrendo nella fattispecie una
 ipotesi  di  quasi  reato  che impone la richiesta di archiviazione);
 tanto che  una  attenta  dottrina  ha  ritenuto  di  poter  risolvere
 l'"impasse"   (nel   caso   analogo  del  difetto  di  imputabilita')
 ammettendo che il pubblico ministero  possa  richiedere  il  giudizio
 immediato, per ottenere in dibattimento l'assoluzione dell'imputato e
 l'applicazione di una misura di sicurezza.
    Ma  a  tale  risultato, cui potra' eventualmente pervenirsi in via
 interpretativa  o  attraverso  un   intervento   chiarificatore   del
 legislatore, e' del tutto estranea la norma impugnata.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Con  l'ordinanza  indicata  in  epigrafe, il Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Palmi dubita  che  l'art.
 205  del  codice  penale, nella parte in cui prevede che le misure di
 sicurezza - ivi compresa la liberta' vigilata irrogabile nell'ipotesi
 di quasi-reato (art. 115 cod. pen.) - possano essere  applicate  solo
 con  la  sentenza di condanna o di proscioglimento e non anche con il
 decreto di archiviazione, contrasti  con  gli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione.  A suo avviso, sarebbe irragionevole e contrastante con
 le  esigenze  di  razionale  ed  efficiente   amministrazione   della
 giustizia  che  al  soddisfacimento  delle relative esigenze special-
 preventive possa pervenirsi solo con una strumentale (ed erronea  nel
 caso  di cui all'art. 115 cod. pen.) richiesta di rinvio a giudizio -
 che consente di provvedere ex artt. 425 e 129 cod. proc.   pen. -  od
 un'altrettanto  strumentale  richiesta di applicazione provvisoria ex
 art.  312-313  cod.  proc.  pen.,  che   comporta   un'ingiustificata
 protrazione  del compimento delle indagini preliminari; e cio', anche
 in raffronto alla confisca, che nell'ipotesi di cui all'art. 240 cpv.
 cod. pen. puo' essere disposta indipendentemente  dalla  sentenza  di
 condanna.
    2. - La questione non e' fondata.
    Il decreto di archiviazione, invero, ha natura procedimentale e si
 sostanzia  in un mero accertamento di superfluita' del processo (cfr.
 sentenza n. 88 del 1991). Ne consegue che ad esso non  puo'  accedere
 un  provvedimento di applicazione di una misura di sicurezza il quale
 presuppone, in primo luogo - nel caso in esame -  l'accertamento  che
 il  fatto  contestato  sussista,  sia  stato  commesso dal soggetto e
 costituisca quasi reato: cio' che puo' avvenire solo in esito  ad  un
 vero  e  proprio  giudizio  di merito effettuato nell'esercizio di un
 potere di giurisdizione.
    L'applicazione  della  misura  di  sicurezza  comporta,   inoltre,
 l'accertamento  che  la  persona cui il quasi reato e' addebitato sia
 socialmente pericolosa, e quindi un ulteriore giudizio di  merito  da
 effettuarsi   in   contraddittorio  e  nell'esercizio  di  poteri  di
 cognizione piena: onde un'ulteriore ragione per escludere  che  possa
 essere disposta col decreto di archiviazione.
    Le  suesposte precisazioni, d'altra parte, bastano a render chiaro
 che ai fini in esame  non  puo'  farsi  alcuna  comparazione  tra  la
 disciplina  dell'irrogazione  di  una  misura  di sicurezza personale
 facoltativa  e  quella  della  misura   di   sicurezza   patrimoniale
 obbligatoria di cui all'art. 240, secondo comma, del codice penale.
    La  norma  impugnata  deve  percio' ritenersi immune dalle censure
 mossele dal giudice  a  quo;  e  certo  non  spetta  a  questa  Corte
 risolvere  in  via  ermeneutica la problematica da questi sollevata o
 colmare lacune legislative.