ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 19, 67  e  72
 del  disegno  di  legge n. 387/A approvato il 31 marzo1› aprile 1993,
 intitolato: "Interventi nei comparti produttivi,  altre  disposizioni
 di   carattere   finanziario   e   norme   per  il  contenimento,  la
 razionalizzazione  e  l'acceleramento  della  spesa",  promosso   con
 ricorso  del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana,
 notificato il  10  aprile  1993,  depositato  in  cancelleria  il  19
 successivo ed iscritto al n. 27 del registro ricorsi 1993;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  dello  Stato  Franco  Favara per il Commissario
 dello  Stato  e  l'Avvocato  Giovanni  Pitruzzella  per  la   Regione
 Siciliana.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  il
 Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  Siciliana  ha  sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale nei confronti degli artt.
 19, 67 e 72 della legge approvata dall'Assemblea Regionale  Siciliana
 nella seduta del 31 marzo-1› aprile 1993, intitolata: "Interventi nei
 comparti  produttivi,  altre  disposizioni di carattere finanziario e
 norme per il contenimento,  la  razionalizzazione  e  l'acceleramento
 della spesa".
    1.1.  -  L'art.  19  dispone  che  "nelle more della riforma e del
 riordino dei consorzi  di  bonifica  siciliani,  e  comunque  per  un
 periodo  non  superiore  ad  un  anno dalla data di entrata in vigore
 della presente legge, le funzioni previste dalla legislazione vigente
 per gli organi dei consorzi di bonifica siciliani sono svolte  da  un
 commissario   straordinario   nominato   con  decreto  dell'Assessore
 regionale per l'agricoltura e le foreste". A giudizio del Commissario
 dello Stato, questa disposizione, il  cui  carattere  provvedimentale
 sarebbe  evidente  e  la  cui  funzione  sarebbe  quella  di dare una
 copertura   legislativa    a    provvedimenti    amministrativi    di
 commissariamento   degli  organi  di  gestione  ordinaria  di  alcuni
 consorzi di bonifica gia' adottati dalla Regione e sospesi  dal  TAR,
 contrasterebbe con gli artt. 51, 3 e 97 della Costituzione.
    Evidente  sarebbe,  infatti,  ad avviso del ricorrente, la lesione
 del diritto dei singoli amministratori a permanere  nelle  rispettive
 cariche  senza  una  preventiva e puntuale verifica delle circostanze
 che possono giustificare il ricorso ad una gestione straordinaria  ai
 sensi  delle  vigenti disposizioni. Del pari evidente sarebbe, sempre
 ad avviso  del  ricorrente,  la  violazione  dei  principi  di  buona
 amministrazione,  in quanto la disposizone impugnata risulta ispirata
 dalla esigenza di sollevare l'amministrazione dall'imbarazzo  causato
 dal  probabile annullamento in sede giurisdizionale dei provvedimenti
 di nomina dei  commissari  straordinari  dei  consorzi.  La  medesima
 disposizione,  infine, poiche' costituisce una anticipazione rispetto
 al  disegno  di  legge  concernente  il  riordino  degli   interventi
 regionali  in  materia  di bonifica, il quale prevede la nomina di un
 commissario ad acta incaricato di determinare lo stato di consistenza
 patrimoniale del consorzio e del personale dello stesso, sarebbe,  ad
 avviso  del  ricorrente,  irragionevole  e arbitraria. Il legislatore
 regionale,   infatti,   anziche'   adoperarsi   per   una   sollecita
 approvazione   di   una   riforma  organica  della  materia,  avrebbe
 anticipato gli effetti della riforma, travisando, peraltro, la natura
 stessa dell'istituto  della  gestione  commissariale,  il  quale,  da
 strumento necessario e limitato alla fase di prima applicazione della
 nuova normativa, diventerebbe sistema ordinario di amministrazione.
    1.2.  -  L'art.  67  dispone  che  "da  parte delle societa' e dei
 consorzi che  hanno  assunto  l'appalto  dei  lavori  di  censimento,
 catalogazione,   inventariazione  dei  beni  culturali  e  ambientali
 nonche' i servizi aerofotografici (capitolo 38354) vengono utilizzati
 prioritariamente i soggetti che hanno prestato e prestano la loro op-
 era (primo comma). Della  rimanente  quota  il  50  per  cento  viene
 selezionato  dal  personale  di  cui  agli  artt. 19 e 21 della legge
 regionale 15 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche e integrazioni
 purche' in possesso dei requisiti previsti dalle convenzioni e  dagli
 accordi  sindacali" (secondo comma). Questa disposizione e' impugnata
 per contrasto con gli artt.  4 e 41, primo comma, della Costituzione,
 nonche'  con  l'art.  17,  lettera  f), dello Statuto speciale per la
 Sicilia in relazione all'art. 25 della legge 23 luglio 1991, n.  223,
 e ai principi di diritto comunitario.
    Il   ricorrente   osserva,   innanzitutto,   che  la  disposizione
 impugnata,  ancorche'  vo'lta   a   venire   incontro   ai   problemi
 occupazionali di circa quarantamila giovani attualmente impegnati nei
 progetti  di utilita' collettiva di cui all'art. 23 della legge n. 67
 del 1988, impone ai privati, che hanno assunto l'appalto per i lavori
 in essa previsti, l'obbligo di utilizzare quel  personale  a  scapito
 della  generalita' degli altri cittadini, disoccupati o non occupati.
 In tal modo, risulterebbe violato l'art.  4  della  Costituzione,  il
 quale  non  consentirebbe di privilegiare una categoria di cittadini,
 peraltro occupati  fino  al  31  dicembre  1993,  a  danno  di  altri
 cittadini,  che  vedono limitate, se non precluse, le possibilita' di
 occupazione. Ne' la situazione  oggetto  della  disciplina  contenuta
 nella   disposizione   impugnata   presenta  particolarita'  tali  da
 giustificarla  in  riferimento  all'attuazione   del   principio   di
 eguaglianza.   Inoltre,   prosegue  il  ricorrente,  la  disposizione
 impugnata,  stabilendo  una  riserva  a  favore  di  una  determinata
 categoria  di  soggetti  e  limitando  gravemente  la  liberta' degli
 imprenditori  di  scegliere  le   persone   delle   quali   avvalersi
 nell'esercizio   della  propria  attivita'  economica,  lederebbe  il
 principio della liberta' di iniziativa economica  privata  (art.  41,
 primo  comma,  della Costituzione). Infine, la disciplina considerata
 e'  stata  adottata   nell'esercizio   della   potesta'   legislativa
 concorrente,  quale  e'  quella  attribuita alla Regione Siciliana in
 materia di rapporti di lavoro e di  legislazione  sociale  (art.  17,
 lett.  f,  dello  Statuto)  e, pertanto, in violazione del vincolo di
 istituire  categorie  protette  difformi  da  quelle  previste  dalla
 legislazione  statale,  che,  invece,  fa  carico a tutti i datori di
 lavoro, quando occupano piu' di 10 dipendenti, di riservare il 12 per
 cento delle nuove assunzioni alle  categorie  protette  dallo  stesso
 previste (art. 25 legge n. 223 del 1991).
    Ne'  va  trascurato,  secondo  il  ricorrente, che la disposizione
 impugnata, la quale  mira  a  porre  rimedio  ad  una  situazione  di
 precariato   frutto   di   una  proroga  in  ambito  regionale  della
 disposizione dell'art. 23 della legge n. 67 del 1988, non operata  in
 sede  nazionale,  contrasterebbe  altresi'  con il divieto, derivante
 dalla normativa comunitaria, di introdurre limiti  alla  liberta'  di
 circolazione  dei  lavoratori  e  di  prevedere  clausole con effetti
 discriminatori nei confronti di appartenenti  ad  altri  Stati  della
 Comunita'.
    1.3.  -  L'art.  72 autorizza la CORELSI-AIAS a svolgere attivita'
 didattica e di formazione  del  personale  parasanitario  nell'ambito
 della  programmazione regionale disposta dall'Assessore regionale per
 la sanita' e nel rispetto dei requisiti e  delle  modalita'  previste
 per  lo  svolgimento  di  tali  attivita'.  La  stessa  disposizione,
 inoltre, abroga il terzo comma dell'art. 19 della legge regionale  18
 aprile 1981, n. 68.
    Secondo  il  ricorrente,  questa  disposizione  contrasterebbe con
 l'art. 67, lett.  b),  dello  Statuto  speciale  per  la  Sicilia  in
 relazione  all'art.  6,  terzo  comma,  del  decreto  legislativo  30
 dicembre  1992,  n.  502,   il   quale   disciplina   la   formazione
 professionale  del  personale  sanitario  infermieristico,  tecnico e
 della riabilitazione,  prevedendo  che  la  stessa  avvenga  in  sede
 ospedaliera.   La   disposizione  impugnata,  consentendo  invece  lo
 svolgimento di tali attivita' in sede diversa, eccederebbe dai limiti
 della potesta' legislativa regionale, che  in  materia  di  personale
 sanitario e' meramente attuativa e integrativa di quella statale.
    2.  - Si e' costituita nel presente giudizio la Regione Siciliana,
 chiedendo che le questioni di legittimita'  costituzionale  sollevate
 dal Commissario dello Stato siano dichiarate non fondate.
    2.1.  -  Con  riferimento  alle  censure  proposte  nei  confronti
 dell'art. 19,  la  Regione,  dopo  aver  ricordato  che,  secondo  la
 consolidata  giurisprudenza  di  questa Corte, le leggi provvedimento
 non sono vietate dalla Costituzione, essendo  le  stesse  subordinate
 soltanto al rispetto del principio di ragionevolezza (v., ad esempio,
 sent.   n.   346  del  1991),  osserva  come  proprio  alla  luce  di
 quest'ultimo  principio  la  disposizione  impugnata  non  violi   le
 disposizioni  costituzionali  invocate  a  parametro  dal ricorrente.
 Essa, infatti, si inserisce in un piano di riforma  dei  consorzi  di
 bonifica  avviato  dalla  Giunta  regionale siciliana e contenuto nel
 disegno di legge n. 460, presentato il 5 febbraio 1993  e  vo'lto  ad
 adeguare  l'ordinamento  regionale dei consorzi alla legge statale n.
 183 del 1989, con la quale  sono  state  riordinate  le  funzioni  in
 materia  di  difesa  del  suolo.  Di  tale  disegno,  la disposizione
 impugnata ha inteso anticipare una previsione normativa, al  fine  di
 accelerare  quanto  piu'  possibile  i  tempi della riforma medesima,
 provvedendo innanzitutto alla ricognizione dello stato di consistenza
 del patrimonio consortile e del personale degli attuali consorzi.
    La ratio della disposizione impugnata, del  resto,  e'  dimostrata
 dalla temporaneita' del regime di commissariamento, che dovra' durare
 per un periodo non superiore ad un anno dalla entrata in vigore della
 legge. E, sottolinea la Regione, la provvisorieta' o la temporaneita'
 di  una normativa costituiscono, nella piu' recente giurisprudenza di
 questa Corte, elementi idonei a precludere in  casi  del  genere  una
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale.
   Per  quel  che  riguarda  poi  la  censura  relativa  alla asserita
 violazione dell'art. 51 della Costituzione, la  Regione  osserva  che
 tale  disposizione  non  assicura  la garanzia della permanenza negli
 uffici elettivi,  in  quanto  la  legge  ordinaria  puo'  liberamente
 disporre  la soppressione di uffici e la cessazione delle funzioni di
 corpi collegiali, che, secondo  un  apprezzamento  discrezionale  del
 legislatore,  dovrebbero  essere costituiti in modo diverso. Inoltre,
 tanto il carattere generalizzato del commissariamento, quanto la  sua
 strumentalita'  rispetto  ad  una  riforma  in  fieri,  costituiscono
 elementi che sicuramente inducono ad escludere intenti  punitivi  nei
 confronti di qualche amministratore.
    Ne',  a  differenza  di  quanto  avvenuto  in  altri  giudizi,  la
 valutazione della Corte puo' essere svolta in riferimento agli  artt.
 24  e  113  della Costituzione, dal momento che la violazione di tali
 parametri non e' stata dedotta dal Commissario dello Stato.
    2.2. - In  riferimento  alle  censure  relative  all'art.  67,  la
 Regione  Siciliana contesta innanzitutto la fondatezza della premessa
 interpretativa dalla quale muove il Commissario  dello  Stato,  posto
 che  la disposizione impugnata non pone a carico dell'imprenditore un
 obbligo,  ma  solo  un  onere, e cioe' un comportamento richiesto per
 ottenere determinate conseguenze di segno  positivo  che,  nel  caso,
 consistono   nella  stipulazione  di  determinati  contratti  con  la
 pubblica amministrazione.  Si  tratta,  per  di  piu',  di  un  onere
 limitato  e  a  tempo  determinato,  dal  momento  che  l'aliquota di
 assunzioni  riguarda  solo  la  parte   dell'attivita'   dell'impresa
 relativa  alla  esecuzione  di alcuni contratti con l'amministrazione
 regionale. L'imprenditore, pertanto, e' libero sia di  non  stipulare
 con  la  pubblica  amministrazione quegli specifici contratti, sia di
 stabilire, in caso contrario, di  quanto  personale  ha  bisogno.  Se
 cosi'  e',  peraltro,  risulterebbe  evidente  la  infondatezza della
 censura in riferimento all'art. 41, primo comma, della  Costituzione.
 Le   assunzioni  obbligatorie,  infatti,  non  comprimono  la  libera
 valutazione dell'imprenditore  in  ordine  al  dimensionamento  della
 impresa  (v., sentt. nn. 622 del 1987; 279 del 1983; 55 del 1961 e 38
 del 1960) e, in ogni caso, quand'anche si dovessero ravvisare  limiti
 alla  liberta'  di  scelta dell'imprenditore, questi limiti sarebbero
 abbondantemente bilanciati dal vantaggio derivante dalla possibilita'
 di stipulare contratti con la pubblica amministrazione (v.  sent.  n.
 316 del 1990).
    A  giudizio  della  Regione  Siciliana,  peraltro, la disposizione
 impugnata  risponderebbe  anche  a  criteri  di  ragionevolezza,  dal
 momento  che  la  stessa, concernendo la prosecuzione di un'attivita'
 gia'  avviata,  consente  la  continuazione  della  utilizzazione  di
 soggetti  che hanno acquisito una adeguata professionalita'. Il fatto
 poi che l'art. 67, secondo comma,  e'  coerente  con  l'obiettivo  di
 favorire  l'occupazione  giovanile  e, in particolare, quella di quei
 giovani che hanno prestato la loro opera  in  attivita'  di  utilita'
 collettiva,  ma incontrano ostacoli nel raggiungere uno stabile posto
 di lavoro, varrebbe ad escludere il denunciato contrasto con l'art. 4
 della Costituzione. Del resto, questa Corte, osserva la  Regione,  ha
 gia'  escluso  che la previsione della riserva di assunzioni a favore
 di determinate categorie, se  ragionevole,  contrasti  con  l'art.  4
 della  Costituzione, dal momento che simili previsioni non comprimono
 il diritto al lavoro (v. sent. n. 279 del 1983).
    In ordine, poi, al dedotto contrasto tra la disposizione impugnata
 e la normativa comunitaria, la Regione Siciliana, oltre a sospettarne
 la  inammissibilita',  non  essendo  deducibili  dinanzi  alla  Corte
 costituzionale  vizi derivanti dalla violazione di norme comunitarie,
 ne  sottolinea  la  infondatezza,  rilevando  come  la   disposizione
 impugnata   non  limiti  affatto  la  liberta'  di  circolazione  dei
 cittadini degli Stati membri  della  Comunita'.  Tanto  i  lavoratori
 rientranti  nell'aliquota riservata, quanto le imprese aggiudicatarie
 dell'appalto,  essendo  stati  individuati  sin  dal  principio   nel
 rispetto    della    normativa    comunitaria,   potrebbero   essere,
 rispettivamente, cittadini o  imprese  di  altri  Stati.  Secondo  la
 giurisprudenza  della  Corte  di  giustizia,  del  resto,  l'elemento
 generatore dell'effetto discriminatorio e'  sempre  la  nazionalita',
 requisito che non e' considerato dalla disposizione impugnata.
    Infondata  sarebbe,  altresi', la censura relativa alla violazione
 dell'art. 17, lettera f), dello Statuto,  in  relazione  all'art.  25
 della  legge n. 223 del 1991, in quanto la disposizione regionale non
 ha inteso affatto  derogare  alla  disciplina  prevista  dalla  legge
 statale per le assunzioni obbligatorie.
    2.3.  -  Per quanto concerne, infine, la censura relativa all'art.
 72, la Regione rileva che le disposizioni contenute nell'art.  6  del
 decreto  legislativo  n.  502 del 1992, nel disciplinare, nell'ambito
 dei rapporti tra  Servizio  sanitario  nazionale  e  Universita',  la
 formazione  professionale  del  personale  sanitario infermieristico,
 tecnico e della riabilitazione, non escludono affatto che  la  stessa
 possa  essere  impartita anche in sedi diverse da quella ospedaliera,
 sulla base di appositi protocolli di  intesa.  Pertanto,  poiche'  la
 disposizione  impugnata  non  esclude  la necessita' di un successivo
 protocollo di intesa, ma si limita a  ricomprendere  la  CORELSI-AIAS
 tra  le  istituzioni  private autorizzate con le quali possono essere
 stipulati protocolli di intesa per  l'espletamento  dei  corsi,  deve
 escludersi  il denunciato contrasto con i principi della legislazione
 statale.
    3. - In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  in  rappresentanza del Commissario dello Stato per la Regione
 Siciliana, ha depositato una  memoria  con  la  quale,  ribadendo  le
 proprie  argomentazioni  per  l'accoglimento  del ricorso, insiste in
 modo  particolare  sulle  censure  mosse  all'art.  67  della   legge
 impugnata.
    Dopo  aver  sottolineato  la  oscurita'  della  formulazione delle
 disposizioni contenute in tale articolo, il ricorrente sottolinea che
 e' inaccettabile la prospettazione difensiva della  Regione,  secondo
 la  quale  le  imprese  gravate  dell'onere  previsto dal primo comma
 riceverebbero,  comunque,  una  utilita'   dalla   stipulazione   dei
 contratti di appalto con la pubblica amministrazione.
    Sulla  dedotta  violazione  dell'art.  41  della  Costituzione, il
 ricorrente osserva che non sono invocabili per  i  soggetti  favoriti
 dalla disciplina impugnata le ragioni di utilita' sociale altre volte
 ravvisate  da  questa  Corte in disposizioni che prevedono assunzioni
 obbligatorie. In ogni caso, osserva l'Avvocatura, non puo'  ritenersi
 compatibile  con  l'art.  41  della  Costituzione  il  fatto che agli
 imprenditori privati, soggetti  alla  normativa  fallimentare,  siano
 applicati   meccanismi   di   inquadramento   ope   legis,   di  tipo
 spiccatamente assistenziale, che sono stati altre volte praticati per
 l'accesso  al  pubblico  impiego.  Evidente  sarebbe,   inoltre,   il
 contrasto  delle  disposizioni  contenute  nell'art.  67  della legge
 impugnata con quelle contenute nell'art. 25 della legge  n.  223  del
 1991,  soprattutto  per quel che riguarda il principio della facolta'
 di richiesta nominativa introdotto da quest'ultimo.
    Riguardo al dedotto contrasto delle disposizioni in esame  con  la
 normativa  comunitaria, l'Avvocatura sottolinea che qualsiasi riserva
 di occasioni di lavoro, se in concreto determina, come  nel  caso  di
 specie,   risultati   discriminatori,   e'   contraria   alle  regole
 comunitarie.
    In ordine alle disposizioni contenute nell'art.  19,  l'Avvocatura
 evidenzia  come  la  illegittimita'  delle  stesse  derivi  sia dalla
 indebita  compressione  delle  potesta'  spettanti  agli  organi   di
 amministrazione  dei consorzi in assenza di un progetto di riforma di
 tali enti e in spregio degli  interessi  proprietari  presenti  negli
 organi  ordinari  di  essi, sia dalla non integrale coincidenza della
 disciplina dei consorzi con quella  degli  interventi  di  competenza
 regionale  in  materia  di bonifica. Il generale commissariamento dei
 consorzi  di  bonifica  e',  quindi,   ad   avviso   dell'Avvocatura,
 ingiustificato,  irrazionale  e  realizza  una prematura compressione
 della potesta' degli organi di amministrazione ordinari.
    Per quel che concerne, infine, la censura  relativa  all'art.  72,
 l'Avvocatura, la quale dichiara di ignorare cosa sia la CORELSI-AIAS,
 si  limita  a  rilevare  che  in  materia  di sanita' e di formazione
 professionale la Regione Siciliana ha competenza concorrente  ed  e',
 quindi,  tenuta  ad  osservare i principi della legislazione statale,
 tra i quali si colloca senz'altro quello contenuto  nell'art.  6  del
 decreto legislativo n. 502 del 1992.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Commissario dello Stato per la Regione Siciliana dubita
 della legittimita' costituzionale degli artt. 19, 67 e 72 della legge
 regionale (Interventi nei comparti produttivi, altre disposizioni  di
 carattere    finanziario    e   norme   per   il   contenimento,   la
 razionalizzazione   e   l'acceleramento   della   spesa)    approvata
 dall'Assemblea  Regionale  Siciliana  nella  seduta  del  31 marzo-1›
 aprile 1993.
    2. - Non fondata e' la questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione,
 nei confronti dell'art. 19 della legge impugnata.
    Quest'ultimo articolo dispone che "nelle more della riforma e  del
 riordino  dei  consorzi  di  bonifica  siciliani,  e  comunque per un
 periodo non superiore ad un anno dalla  data  di  entrata  in  vigore
 della presente legge, le funzioni previste dalla legislazione vigente
 per  gli  organi dei consorzi di bonifica siciliani sono svolte da un
 commissario  straordinario  nominato   con   decreto   dell'assessore
 regionale  per  l'agricoltura  e  le foreste". Secondo il Commissario
 dello Stato, tale disposizione violerebbe, innanzitutto, gli artt.  3
 e 97 della Costituzione, dal momento che si porrebbe in contrasto con
 i  principi  del  buon andamento della pubblica amministrazione sotto
 tre distinti profili d'irragionevolezza:  a)  poiche'  trasformerebbe
 arbitrariamente  uno  strumento  di  gestione  straordinario  in  uno
 ordinario; b) poiche' perseguirebbe l'irrazionale scopo di anticipare
 per un solo segmento  gli  effetti  della  riforma  sui  consorzi  di
 bonifica;  c)  poiche'  sarebbe  finalizzata  a fornire una copertura
 legislativa ad alcuni provvedimenti di commissariamento gia' adottati
 dalla  Regione,  la  cui  efficacia  e'  stata  sospesa  dal  giudice
 amministrativo adito dai titolari degli uffici di amministrazione dei
 consorzi  stessi.  In secondo luogo, sempre ad avviso del ricorrente,
 la  disposizione  esaminata  violerebbe   anche   l'art.   51   della
 Costituzione,  poiche'  comprimerebbe il diritto degli amministratori
 dei consorzi di  bonifica  siciliani  a  permanere  nelle  rispettive
 cariche  in  mancanza  di  una  preventiva  e puntuale verifica delle
 circostanze che potrebbero giustificare il  ricorso  a  una  gestione
 straordinaria.
    Per prima cosa, occorre osservare che l'ultima delle censure indi-
 cate  risulta  chiaramente  infondata  in  considerazione del rilievo
 secondo il quale la garanzia stabilita  dall'art.  51,  primo  comma,
 della  Costituzione  mira  a  evitare qualsiasi discriminazione fra i
 soggetti riguardo alle possibilita' di accesso agli  uffici  pubblici
 (v.   sent.  n.  103  del  1993),  ma  non  tende  ad  assicurare  il
 mantenimento della titolarita' degli uffici medesimi, una  volta  che
 si  verifichino  le  condizioni alle quali il legislatore, secondo il
 proprio ragionevole  apprezzamento,  subordini,  nel  quadro  di  una
 riorganizzazione amministrativa degli apparati, la soppressione degli
 stessi uffici.
    Per   quel  che  concerne  la  pretesa  violazione  del  principio
 costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa, non  si
 puo'   non   rilevare  come  la  disposizione  impugnata  preveda  un
 comportamento che rinvia a un  paradigma  piu'  volte  giudicato  non
 irragionevole   da   questa   Corte.  La  nomina  di  un  commissario
 straordinario e', infatti, finalizzata in tal caso a far si'  che  la
 gestione  dei  consorzi  di  bonifica siciliani, una volta che questi
 siano stati sciolti in attesa di un loro riordino, sia  attestata  su
 parametri  di ordinaria amministrazione e sia, in definitiva, diretta
 alla  conservazione  della  situazione  attuale  e  alla  conseguente
 creazione  delle condizioni migliori per l'attuazione dell'intervento
 riformatore. Questo scopo e'  espressamente  enunciato  nello  stesso
 articolo   censurato   ed   e'   garantito  dalla  temporaneita'  del
 commissariamento, che ha  il  suo  termine  finale  nell'applicazione
 della  riforma e, in ogni caso, in un periodo non superiore a un anno
 dalla entrata in vigore della legge impugnata.
    Ne' puo' valere in senso contrario l'osservazione del  ricorrente,
 secondo  la  quale  con  la  disposizione  censurata  si  verrebbe  a
 trasformare uno strumento di gestione straordinario in uno ordinario.
 A parte che l'asserita trasformazione della natura di tale  strumento
 risulta sostanzialmente contraddetta proprio dai menzionati caratteri
 di   temporaneita'   e   di   finalizzazione   del   commissariamento
 all'attuazione  di  un   riordino   complessivo   del   settore,   la
 prospettazione  del ricorrente, ove intenda riferirsi all'ampliamento
 realizzato dalla disposizione impugnata delle ipotesi di nomina di un
 commissario  straordinario   rispetto   a   quelle   previste   nella
 legislazione  statale, si rivela infondata anche sotto altro profilo.
 Infatti, a norma dell'art. 14, lettera b), dello Statuto  speciale  -
 considerato  anche  in relazione all'art. 73, primo comma, del d.P.R.
 24 luglio 1977, n. 616, e all'art. 7 del d.P.R. 23  giugno  1962,  n.
 947  -  la  Regione  Siciliana  possiede  in  materia  di consorzi di
 bonifica e,  consequenzialmente,  in  ordine  alla  disciplina  della
 nomina di commissari straordinari dei consorzi stessi, una competenza
 di  tipo  esclusivo,  di modo che non possono validamente opporsi, ai
 fini dell'accertamento della illegittimita' costituzionale, eventuali
 difformita' dalla legislazione statale, che non attengano,  come  nel
 caso  di  specie,  al  livello dei principi generali dell'ordinamento
 giuridico.
    Tantomeno, poi, l'art. 19 puo' ritenersi  contrario  al  principio
 costituzionale  del  buon andamento per il fatto che regola con legge
 il commissariamento dei consorzi di bonifica  dopo  che  siano  stati
 adottati   provvedimenti   amministrativi   dei   quali   il  giudice
 amministrativo  ha  concesso  in   via   cautelare   la   sospensione
 dell'efficacia.  Il  legislatore,  infatti,  e'  pur sempre libero di
 disciplinare  con  propri  atti  settori  rispetto   ai   quali,   in
 considerazione  della riserva di legge (relativa) stabilita dall'art.
 97  della  Costituzione,  ritiene,   sulla   base   di   un   proprio
 apprezzamento  discrezionale,  che  vi sia un'insufficiente copertura
 legale e a cio' non e' sicuramente  d'ostacolo  il  fatto  che  siano
 stati  adottati  in  materia provvedimenti di sospensiva da parte del
 giudice amministrativo.
    3.  -  Merita, invece, l'accoglimento la questione di legittimita'
 costituzionale concernente l'art. 67 della legge regionale impugnata.
    Questo articolo dispone, al  primo  comma,  che  "da  parte  delle
 societa'  e  dei  consorzi  che hanno assunto l'appalto dei lavori di
 censimento, catalogazione,  inventariazione  dei  beni  culturali  ed
 ambientali nonche' i servizi aerofotografici (capitolo 38354) vengono
 utilizzati  prioritariamente i soggetti che hanno prestato e prestano
 la loro opera". Nel comma successivo lo stesso articolo prescrive che
 "della  rimanente  quota  il  50  per  cento  viene  selezionato  dal
 personale  di  cui  agli  articoli  19  e 21 della legge regionale 15
 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche ed integrazioni purche'  in
 possesso  dei  requisiti  previsti  dalle convenzioni e dagli accordi
 sindacali".
    Considerato nella sua espressione letterale e nel  contesto  delle
 disposizioni  regionali  e statali vigenti in materia, il significato
 normativo dell'articolo ora riferito e'  tutt'altro  che  chiaro,  al
 punto  che  le  stesse  parti  costituite in questo giudizio ne danno
 un'interpretazione opposta.  Il  Commissario  dello  Stato,  infatti,
 ritiene che l'art. 67 imponga un insieme di obblighi di assunzione di
 determinato    personale    e,   su   tale   base,   in   conformita'
 all'orientamento   giurisprudenziale   costantemente   affermato   in
 materia,   chiede  a  questa  Corte  una  pronunzia  d'illegittimita'
 costituzionale  dell'intero  articolo.  La   difesa   della   Regione
 Siciliana,  invece,  interpreta le stesse disposizioni come dirette a
 prevedere un onere, e non gia' un obbligo, a carico dei privati,  nel
 senso  che  questi ultimi, ove intendano concorrere alla stipulazione
 dei contratti di appalto per i lavori menzionati  nel  medesimo  art.
 67,  dovranno  preventivamente  impegnarsi  ad  assumere  la quota di
 dipendenti   necessaria   per   poter   raggiungere   la   dimensione
 occupazionale  da  essi  stessi liberamente scelta, attingendola, per
 una parte, dalla sfera dei soggetti che hanno prestato e prestano  la
 loro  opera  nello  stesso  tipo  di  attivita'  svolta dalle imprese
 suddette e, per altra parte, da personale impegnato nei "progetti  di
 utilita'  collettiva"  (v. art. 23, legge 11 marzo 1988, n. 67 e suc-
 cessive modificazioni).
    Sebbene il linguaggio usato dal legislatore regionale non permetta
 di dissipare totalmente l'incertezza  sul  significato  dell'articolo
 impugnato,  sono  indubbiamente  maggiori  gli elementi che portano a
 escludere l'interpretazione  suggerita  dalla  difesa  della  Regione
 Siciliana  e  ad  accogliere quella prospettata dal Commissario dello
 Stato. Indicazioni in tal senso derivano,  innanzitutto,  dai  lavori
 preparatori.   In   particolare,   non   e'   senza  significato  che
 l'originaria proposta dell'articolo contestato prevedeva  un  insieme
 di  disposizioni  dello  stesso  tenore,  che, tuttavia, riferivano i
 vincoli   previsti,   non   gia'   a   imprenditori    privati,    ma
 all'amministrazione regionale. In secondo luogo, va pure sottolineato
 che non e' stata accolta la proposta di riferire l'applicabilita' dei
 vincoli   previsti   alla   esecuzione   dei  "progetti  di  utilita'
 collettiva".
    Queste indicazioni provenienti dai  lavori  preparatori  hanno  un
 riscontro  nel  tenore  letterale  del  primo comma dell'art. 67, nel
 quale si fa riferimento, non gia' alle societa'  e  ai  consorzi  che
 intendono  stipulare  gli  appalti,  ma  a  quelli "che hanno assunto
 l'appalto  dei  lavori". In altri termini, i soggetti destinatari dei
 vincoli sono, stando alla lettera della disposizione, quelli che,  al
 momento  dell'entrata  in  vigore  della  legge regionale, hanno gia'
 assunto l'appalto e ai quali, pertanto,  non  puo'  essere  addossato
 l'onere  che  la  difesa  della Regione configura come condizione per
 avere l'appalto stesso. E non va trascurato, a conferma di cio', che,
 nella disposizione considerata, all'attualita'  dell'appalto  assunto
 fa  riscontro l'attualita' o, comunque, la sussistenza in passato dei
 rapporti con coloro di cui si  richiede  l'utilizzazione  prioritaria
 per  l'esecuzione dei lavori ("soggetti che hanno prestato o prestano
 la loro opera"). Ne' si puo' svalutare l'elemento letterale  indicato
 coprendolo   con   la   veste   della   casualita'   o,  addirittura,
 considerandolo come una "svista" del legislatore, poiche' un  rilievo
 analogo  a  quello  ora svolto e' stato formulato anche nel corso dei
 lavori preparatori al fine di  modificare  l'espressione  concernente
 l'assunzione  dell'appalto  con  un'altra  coniugata  al  futuro.  Il
 mancato  accoglimento  di  questa  proposta  rappresenta,  anzi,   un
 ulteriore   indizio  che  porta  a  escludere  la  coincidenza  della
 interpretazione suggerita dalla difesa della  Regione  con  la  reale
 "volonta'" del legislatore.
    Pur  se  l'espressione  contenuta  nel  primo  comma dell'articolo
 impugnato ("vengono utilizzati") puo' far supporre il  riferimento  a
 una   molteplicita'   di   rapporti  di  lavoro  non  necessariamente
 coincidente con forme di dipendenza, il  fatto  che  il  primo  e  il
 secondo  comma  dell'art.  67  fanno  sistema  e che nel capoverso si
 prevede a chiare lettere un preciso obbligo di assunzione  induce  ad
 avvalorare  l'interpretazione  suggerita dal Commissario dello Stato,
 secondo la quale  l'intero  art.  67  e'  rivolto  a  configurare  un
 articolato obbligo a carico delle societa' e dei consorzi appaltatori
 delle  opere  indicate  concernente  l'assunzione  dei  "giovani" per
 l'innanzi o attualmente occupati in progetti di utilita'  collettiva.
 Un obbligo che, a differenza di quanto e' stabilito in analoghe leggi
 statali e regionali, non grava su amministrazioni o enti di carattere
 pubblico, ma riguarda imprenditori privati e, come tale, interferisce
 con   la   liberta'   garantita  dall'art.  41,  primo  comma,  della
 Costituzione.
    Nel dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  di  disposizioni
 analoghe proprio in relazione a una legge regionale siciliana, questa
 Corte  ha  da  tempo  precisato  che  "altra cosa e' la competenza di
 dettare norme per favorire il collocamento dei lavoratori  attraverso
 l'opera  di  uffici  e  commissioni e con l'osservanza di determinate
 norme, quale puo'  ritenersi  compresa  nel  disposto  dell'art.  17,
 lettera  f),  dello  Statuto  della  Sicilia, altra cosa e' quella di
 limitare  la  liberta'  dei  privati,  imponendo  loro  di   assumere
 obbligatoriamente   un   certo   numero  di  dipendenti,  per  quanto
 giustificato e persino lodevole possa  sembrare  dal  lato  morale  o
 anche   da   quello   sociale   l'intento   di   favorire   categorie
 particolarmente colpite dalla sventura" (v. sent. n. 51 del 1957).
    L'ultima delle ipotesi indicate e' quella configurata dall'art. 67
 della  legge  regionale   impugnata,   che   va   quindi   dichiarato
 costituzionalmente  illegittimo  poiche' comprime un elemento, quello
 relativo al dimensionamento e alla  scelta  del  personale  impiegato
 nell'azienda  e  al  conseguente profilo di organizzazione interna di
 quest'ultima,  che  caratterizza  il nucleo essenziale della liberta'
 d'iniziativa  economica  privata,  garantita   dall'art.   41   della
 Costituzione  (v.  sent.  n.  78  del  1958).  Ne'  si  puo' dire che
 l'obbligo di  assunzione  previsto  dall'art.  67  sia  bilanciato  o
 sostanzialmente   temperato   dall'erogazione  pubblica  di  benefici
 diretti a riequilibrare l'obbligo imposto (v. sent. n. 316 del 1990),
 dal momento che al riguardo nulla  e'  stabilito  nella  legislazione
 regionale,  ne' potrebbe essere considerato un beneficio di quel tipo
 neppure la stipulazione del contratto  di  appalto  ipotizzata  dalla
 difesa  della  Regione  Siciliana,  costituendo piuttosto la relativa
 attivita' l'oggetto per il quale le societa' e  i  consorzi  indicati
 agiscono sul mercato.
    4.   -   Va,   infine,   accolta   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale che  il  Commissario  dello  Stato  ha  sollevato  nei
 confronti dell'art. 72 della legge regionale impugnata per violazione
 dell'art.  17,  lettera  b),  dello  Statuto  speciale per la Regione
 Siciliana, in connessione con l'art. 6  del  decreto  legislativo  30
 dicembre   1992,   n.  502  (Riordino  della  disciplina  in  materia
 sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
    In conformita' alla direttiva stabilita nell'art. 1,  lettera  o),
 della  legge  delega n. 421 del 1992 - in base alla quale il rapporto
 tra il servizio sanitario nazionale e le  universita'  riguardo  alla
 formazione  in  ambito  ospedaliero  del personale sanitario e per le
 specializzazioni  post-laurea  va  regolamentato  secondo  le   nuove
 modalita' - l'art. 6, terzo comma, del decreto legislativo n. 502 del
 1992  ha  stabilito che "la formazione del personale infermieristico,
 tecnico e della riabilitazione avviene  in  ambito  ospedaliero".  In
 coerenza  con  questo principio fondamentale della materia, vo'lto ad
 armonizzare la disciplina di piu' settori, lo stesso  art.  6,  terzo
 comma,   appena   citato   -   dopo   aver   attribuito  al  Ministro
 dell'universita' e della ricerca scientifica, di concerto con  quello
 della  sanita',  il  compito  di definire, ai sensi dell'art. 9 della
 legge 19 novembre 1990, n. 341, il relativo ordinamento  didattico  -
 prevede  che,  allo  scopo  di attuare le finalita' di formazione del
 personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione, le  unita'
 sanitarie  locali,  le  aziende  ospedaliere,  le istituzioni private
 accreditate e le universita' attivino  appositi  protocolli  d'intesa
 concernenti  l'espletamento  dei corsi per il conseguimento di un di-
 ploma di primo livello della istruzione universitaria.
    Come questa Corte ha affermato in  una  sentenza  emessa  in  pari
 data,  nel  porre  tali disposizioni il legislatore nazionale intende
 perseguire una duplice finalita': innanzitutto, mira ad integrare  le
 attivita'   formative   di   iniziativa   universitaria   con  quelle
 organizzate dalle regioni attraverso le strutture pubbliche  operanti
 nell'ambito  delle  loro  competenze; in secondo luogo, attraverso il
 coinvolgimento delle unita' sanitarie locali, tende ad attribuire  in
 via  esclusiva,  al  personale  dipendente  dalle strutture presso le
 quali si svolge  l'attivita'  didattica,  la  titolarita'  dei  corsi
 d'insegnamento    finalizzati    alla    formazione   del   personale
 infermieristico, tecnico e della riabilitazione.
    L'impugnato art. 72 confligge chiaramente con tali finalita',  dal
 momento  che  prevede  che  a  svolgere  l'attivita'  didattica  e di
 formazione  del   personale   parasanitario   sia   direttamente   la
 CORELSI-AIAS,  vale  a  dire un'associazione (peraltro indicata nella
 legge  con  una  denominazione  incompleta) che opera nel campo della
 riabilitazione. Ne' tale evidente contrasto puo' essere escluso dalla
 precisazione, contenuta  nell'articolo  impugnato,  che  la  predetta
 associazione   svolge   l'attivita'   indicata   "nell'ambito   della
 programmazione regionale disposta  dall'Assessore  regionale  per  la
 sanita' e dei requisiti e delle modalita' previsti per lo svolgimento
 di  tale attivita'". Cio', infatti, non puo' minimamente surrogare e,
 tantomeno, equivalere  il  principio  fondamentale  prescritto  dalla
 legislazione  statale,  per  il  quale  lo svolgimento dell'attivita'
 didattica e di formazione non puo' avvenire al di  fuori  dell'ambito
 ospedaliero.
    Allo  stesso  modo,  non puo' escludersi il contrasto fra il detto
 principio e l'art. 72 affermando, come fa la  difesa  della  Regione,
 che quest'ultimo si limita semplicemente a ricomprendere la ricordata
 associazione  tra  le  istituzioni  private accreditate al fine della
 stipula   dei   successivi   protocolli   d'intesa   necessari    per
 l'espletamento  dei  corsi.  Tale  tesi  interpretativa  e', infatti,
 espressamente  contraddetta  dal   tenore   letterale   dell'articolo
 impugnato,  il  quale  si  riferisce  alla  diversa autorizzazione "a
 svolgere  attivita'  didattica  e   di   formazione   del   personale
 sanitario".  E  che  questo,  e non l'accreditamento alla stipula dei
 protocolli d'intesa, sia il  contenuto  dell'autorizzazione  prevista
 dall'art.  72,  primo  comma,  della  legge  regionale  impugnata  e'
 confermato dal secondo comma dello stesso articolo, per il quale  "e'
 abrogato  il terzo comma dell'art. 19 della legge regionale 18 aprile
 1981, n. 68", vale a dire il comma  che  preclude  alla  associazione
 CORELSI-AIAS  "la  continuazione  di  qualsiasi attivita' didattica",
 fatto salvo il completamento dell'anno di formazione allora in corso.
    5. - Poiche' nelle more del presente giudizio sono intercorse,  ai
 sensi  dell'art.  29,  secondo  comma,  dello  Statuto speciale della
 Sicilia, la promulgazione e la pubblicazione  della  legge  impugnata
 (legge  regionale  11 maggio 1993, n. 15) la pronunzia della Corte va
 adottata nei confronti dell'atto legislativo appena indicato.