IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 promosso   dall'Amministrazione   dei  beni  culturali  e  ambientali
 (soprintendenza archeologica della Liguria) in persona  del  Ministro
 per   i  beni  culturali  e  ambientali,  pro-tempore,  rappresentata
 dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, domiciliataria in
 viale Brigate Partigiane n. 2, attrice, contro Gerolamo (e, p.e.d.  i
 figli  Angelo  e  Carla),  Andreina,  Luchina, Rosaria Navone e Tilde
 Sacco ved. Navone, elettivamente domiciliati in Genova,  via  Fieschi
 6.10  presso  e  nello  studio  dell'avv.  Maria  Rita Salvati che li
 rappresenta e  difende  per  mandato  a  margine  della  comparsa  di
 costituzione  di nuovo procuratore in causa 12 luglio 1989 (gli eredi
 di  Gerolamo  Navone  per  procura  a  margine  della   comparsa   di
 costituzione 15 aprile 1993), convenuti.
                              CONCLUSIONI
 per l'attrice:
    Voglia il tribunale ill.mo, previa consulenza tecnica, determinare
 la  giusta  indennita'  di  occupazione dovuta da parte del Ministero
 beni culturali e ambientali per gli immobili  di  cui  alla  presente
 causa, relativamente al periodo di occupazione dal 6 novembre 1972 al
 5 novembre 1973, modificando pertanto la determinazione effettuata ed
 oggetto  della  presente  opposizione.  Con  vittoria  nelle spese ed
 onorari di causa;
 per i convenuti:
    Piaccia al tribunale ill.mo,  contrariis  rejectis,  previa  nuova
 consulenza  tecnica,  determinare la giusta indennita' di occupazione
 dovuta ai convenuti dal Ministero dei beni culturali e ambientali per
 il periodo 6  novembre  1972-5  novembre  1973  relativa  al  terreno
 oggetto  del  decreto  del  Ministero  6  novembre  1972, operando la
 rivalutazione di essa a titolo di maggior  danno  a  sensi  dell'art.
 1224  del c.c.; e conseguentemente, condannare lo stesso Ministero al
 pagamento di detta indennita' ai convenuti, con gli interessi  legali
 dal 5 novembre 1973 al saldo.
    Con  la rifusione delle spese, diritti e onorari di causa compresi
 oneri fiscali e previdenziali, nonche' della intera  somma  liquidata
 dal  g.i. per la consulenza tecnica d'ufficio, maggiorata delle spese
 legali sopportate dai convenuti in seguito al  mancato  pagamento  da
 parte del Ministero della quota (meta') di sua competenza.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con atto di citazione in data 29 giugno 1979 l'Amministrazione dei
 beni   culturali  e  ambientali  (soprintendenza  archeologica  della
 Liguria), premesso che aveva occupato con d.m. 6  novembre  1972  nel
 periodo dal 6 novembre 1972 al 5 novembre 1973 alcuni terreni ubicati
 in  comune di Albenga, al fine di eseguire lavori di scavo nella zona
 archeologica  dell'anfiteatro  romano,  di  proprieta'  di  Gerolamo,
 Ambrogio,  Andreina e Stefano Navone; che non essendo stata accettata
 dai proprietari l'indennita' determinata dall'u.t.e.  in  L.  200.000
 era  stata  richiesta al prefetto di Savona la nomina di un perito il
 quale aveva valutato in L. 2.300.000 la  somma  da  attribuirsi  agli
 occupati  (di cui L. 1.800.000 per danni e L. 500.000 per occupazione
 temporanea); che tale valutazione era  affetta  da  gravi  errori  di
 impostazione  e  doveva  essere  corretta  in sede giudiziaria; tanto
 premesso conveniva in giudizio dinanzi a questo  tribunale  Gerolamo,
 Ambrogio,  Andreina,  Stefano Navone, nonche' Maria Angela Barberis e
 Rosanna  Ceva,  per  sentir  determinare  la  giusta  indennita'   di
 occupazione  dovuta  ai  convenuti  previo  licenziamento di apposita
 consulenza tecnica di ufficio.
    Solo alcuni dei convenuti si  costituivano  (Gerolamo  e  Andreina
 Navone,  Maria  Angela  Barberis  ved.  Navone)  non opponendosi alla
 determinazione della giusta indennita' di occupazione.
    Ammessa, dopo una  innumerevole  serie  di  rinvii  chiesti  dalle
 parti,  la  c.t.u.,  il  processo  veniva interrotto per la morte del
 procuratore di convenuti; e tosto riassunto nei confronti di  costoro
 muniti  di  altro  difensore  che  si  costituiva in luogo e vece del
 precedente  per  tutti  i  convenuti,   anche   non   precedentemente
 costituitisi.
    Depositata  la  relazione  peritale  i  convenuti  la contestavano
 chiedendone  la  rinnovazione;  ma  l'istruttore  riteneva  opportuno
 rimettere  ogni  determinazione  al  riguardo al collegio, unitamente
 alla finale decisione.
    E sulle  conclusioni  rassegnate  come  in  epigrafe  la  presente
 vertenza   e'   stata   assegnata   a  sentenza  all'odierna  udienza
 collegiale.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
    1. - Il difensore dei convenuti ha informato, successivamente alla
 precisazione delle conclusioni, dell'avvenuto decesso nelle more  del
 giudizio  del coattore Gerolamo Navone, nel contempo provvedendo alla
 costituzione in sua vece dei figli quali eredi del defunto, Angelo  e
 Carla Navone; al collegio non resta che prendere atto della suesposta
 circostanza   senza   alcun   provvedimento,   ritenuto   integro  il
 contraddittorio con la costituzione delle parti anzidetta.
    2. - In comparsa conclusionale i  convenuti  per  la  prima  volta
 hanno  dubitato della titolarita' della legittimazione attiva in capo
 all'amministrazione attrice sul  rilievo  che,  la  domanda  proposta
 integrando una opposizione alla stima determinata dal perito nominato
 dal  prefetto  in  una ipotesi di occupazione di urgenza, il relativo
 giudizio di  opposizione  dinanzi  all'a.g.o.  vedrebbe  quali  unici
 soggetti  a  cio'  legittimati  i  privati  e non gia' la p.a., priva
 pertanto del potere di opporsi alla valutazione peritale.
    L'eccezione deve ritenersi ritualmente proposta ancorche'  tardiva
 in  quanto  involgente  la  soluzione  di una questione rilevabile di
 ufficio, attenendo alla contestazione in ordine alla  titolarita'  di
 un  diritto  di azione esercitato dall'amministrazione attrice; ed e'
 fondata in quanto l'esame  delle  norme  applicabili  nella  presente
 fattispecie  induce a ritenere che nella soggetta materia l'autorita'
 occupante non possa proporre una azione siffatta.
    Premesso esser pacifico in causa che l'occupazione di che trattasi
 e' regolata dalla legge fondamentale espropriativa (legge  25  giugno
 1865,  n.  2359)  osserva il collegio che nel meccanismo previsto dal
 legislatore (art. 51 richiamato dall'art. 69) e'  consentito  opporsi
 alla  valutazione  peritale  unicamente  "ai proprietari espropriati"
 (art.  51)  ognuno  dei  quali  "puo'  proporre  avanti   l'autorita'
 giudiziaria  competente  le  sue  istanze  contro  la stima fatta dai
 periti e contro la liquidazione delle spese".
    Solo  i  privati  possono  quindi  dolersi  della  stima   dinanzi
 all'autorita'  giudiziaria;  mentre, nulla essendo stato analogamente
 previsto per l'autorita' espropriante, ad essa deve ritenersi escluso
 analogo diritto.
    Il che e' in contrasto con il principio di eguaglianza e di difesa
 riconosciuti a tutti i soggetti nel nostro ordinamento, ivi  compresi
 non solo i privati ma anche la p.a.
    Non  si  vede, infatti, perche' mai solo i privati - indubbiamente
 lesi dall'attivita' espropriativa od occupativa della p.a. -  possano
 reagire  dinanzi  all'a.g.o.  pretendendo  di  ottenere  un  "giusto"
 indennizzo per la privazione totale o parziale del  loro  diritto  di
 proprieta'  ed analogamente non possa pretendere la p.a. espropriante
 che, mediante l'espletamento della procedura ablatoria, non  persegue
 un   fine  speculativo  bensi'  un  interesse  pubblico  e,  in  tale
 previsione, ha diritto a corrispondere al  privato  il  corrispettivo
 del sacrificio impostogli secondo i canoni di legge e nulla di piu'.
    Ove  tale  diritto  non  fosse  riconosciuto alla p.a. si dovrebbe
 riconoscere  che  una  stima   viziata   in   quanto   manifestamente
 sproporzionata a favore del privato non potrebbe mai essere corretta,
 in  quanto  di  tale  sproporzione  i privati non avrebbero motivo di
 dolersi siccome a loro vantaggio.
    La  questione  non  pare,  pertanto,  al  collegio  manifestamente
 infondata;  ed  e'  rilevante  ai fini del decidere poiche', ove tale
 diritto  di  azione  non  fosse  riconosciuto  alla   Amministrazione
 attrice, la di lei domanda dovrebbe essere dichiarata inammissibile.
    Sembra,  quindi,  opportuno  al collegio sospendere il giudizio in
 corso  e  rimettere  ogni  valutazione  della  questione  prospettata
 all'esame della Corte costituzionale, come da dispositivo.
    Spese al definitivo.