Ricorso   della  provincia  autonoma  di  Trento,  in  persona  del
 presidente della giunta provinciale  Gianni  Bazzanella,  autorizzato
 con  delibera  della  giunta provinciale n. 10636 del 30 luglio 1993,
 rappresentato e difeso dagli avv.ti prof. Valerio Onida  e  Gualtiero
 Rueca,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo in Roma,
 largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito  del  notaio
 dott.  Franco Marchesoni di Trento in data 2 agosto 1993, n. 34866 di
 rep., contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per
 la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.  18,
 settimo ed ottavo comma, del d.l. 22 maggio 1993, n. 155, convertito
 con  modificazioni  dalla  legge  19  luglio 1993, n. 243, pubblicata
 nella Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio  1993,  per  violazione
 dell'art.  75  dello  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto Adige
 nonche' delle relative norme di attuazione di cui al d.lgs. 16  marzo
 1992,  n.  268,  e  in  particolare  dell'art. 9 dello stesso decreto
 legislativo.
    Il d.l. 22 maggio 1993,  n.  155,  convertito  con  modificazioni
 dalla  legge  19  luglio  1993,  n.  243, reca "misure urgenti per la
 finanza pubblica".
    Tra   tali   misure,   in  particolare,  sono  comprese  quelle  -
 disciplinate dal capo secondo, artt. 15 e 18 - in materia di entrate,
 le  quali  dispongono  a  vario  titolo  modificazioni  delle   leggi
 tributarie  (cosi'  in  materia  di  Iva,  di  imposta  di  registro,
 ipotecaria e catastale, di accise  sui  prodotti  petroliferi  e  gas
 metano) dalle quali derivano nuove entrate per lo Stato.
    L'art.  18,  settimo comma, del decreto (non modificato in sede di
 conversione) stabilisce a sua volta che  "le  entrate  derivanti  dal
 presente  decreto  sono  riservate  all'erario  e  concorrono,  anche
 attraverso il potenziamento di strumenti antievasione, alla copertura
 degli oneri  per  il  servizio  del  debito  pubblico,  nonche'  alla
 realizzazione  delle  linee  di  politica  economica e finanziaria in
 funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti  in  sede
 comunitaria".
    Come  e'  noto,  l'art. 75 dello statuto speciale per il Trentino-
 Alto Adige attribuisce alle province autonome percentuali predetermi-
 nate del gettito delle varie entrate tributarie erariali,  dirette  o
 indirette.  L'art.  9, primo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268,
 contenente norme di attuazione dello statuto in  materia  di  finanza
 regionale e provinciale, stabilisce che "il maggior gettito derivante
 da  maggiorazioni  di aliquote o da altre modificazioni dei tributi o
 da nuovi tributi disposti successivamente all'entrata in  vigore  del
 presente  decreto,  se  destinato  per legge alla copertura, ai sensi
 dell'art. 81 della Costituzione, di nuove o maggiori  spese  che  non
 rientrano nelle materie di competenza regionale o provinciale, ovvero
 di  spese  relative  a calamita' naturali, e' riversato allo Stato in
 occasione del saldo di cui all'art. 8, terzo comma"  (che  disciplina
 il   conguaglio   del  versamento  alle  province  delle  quote  loro
 spettanti). Il secondo comma dell'art. 9 stabilisce  il  procedimento
 per  la  determinazione,  d'intesa  fra  i  Ministri  competenti e il
 presidente della giunta provinciale, degli ammontari  riservati  allo
 Stato ai sensi del primo comma.
    Si desume dunque dalle norme citate:
      a)  che le quote di gettito dei tributi erariali attribuiti alle
 province sono calcolate  di  norma  sulla  base  dell'intero  gettito
 risultante dall'applicazione delle norme in vigore;
      b)  che,  eccezionalmente, il legislatore statale puo' riservare
 allo Stato le quote dei maggiori gettiti derivanti  dall'applicazione
 di  nuovi  tributi  o  di  modifiche di tributi esistenti, successive
 all'entrata in vigore del d.lgs. n. 268/1992, quando  e  solo  quando
 tali maggiori gettiti siano indicati, da leggi che dispongono nuove o
 maggiori  spese,  come copertura delle stesse, ai sensi dell'art. 81,
 quarto comma, della Costituzione,  purche'  si  tratti  di  spese  in
 materie  non  rientranti  nelle  competenze  regionali  e provinciali
 ovvero di spese per calamita' naturali;
      c) che, pertanto, una riserva allo  Stato  dell'intero  maggiore
 gettito derivante da modificazioni delle leggi tributarie puo' essere
 disposto unilateralmente dal legislatore statale solo alle condizioni
 e  nei  limiti  stabiliti dal citato art. 9 del d.lgs. n. 268/1992, e
 ricordati sopra, sub b:  mentre  in  ogni  altro  caso  una  siffatta
 riserva  unilaterale  dei  gettiti  allo Stato e' in contrasto con lo
 statuto e con le norme di attuazione.
    Orbene,  l'art.  18, settimo comma, del d.l. n. 155/1993 sancisce
 invece una riserva allo Stato delle entrate  derivanti  dal  medesimo
 decreto  al  di  fuori  di  dette  condizioni  e  limiti, e dunque in
 violazione dello statuto speciale e delle norme di attuazione.
    Infatti affermare che tali entrate "concorrono ..  alla  copertura
 degli  oneri  per  il  servizio  del debito pubblico" non costituisce
 evidentemente destinazione di esse a specifica copertura di una nuova
 o maggiore spesa (che peraltro non viene in alcun modo disposta).
    Ma nemmeno affermare che le stesse  entrate  "concorrono  ..  alla
 realizzazione  delle  linee  di  politica  economica e finanziaria in
 funzione degli impegni di riequilibrio del bilancio assunti  in  sede
 comunitaria"  (affermazione peraltro priva di significato, perche' e'
 del tutto ovvio che misure fiscali concorrano a realizzare  le  linee
 della  politica  economica  e  finanziaria  dello  Stato, e che nuove
 entrate  tributarie  contribuiscano  a  migliorare  l'equilibrio  del
 bilancio);  nemmeno, dunque, affermare questo significa in alcun modo
 destinare le entrate in questione a specifica copertura  di  nuove  o
 maggiori  spese  afferenti  a materie diverse da quelle di competenza
 regionale e provinciale o a calamita' naturali.
    Non si realizza  dunque  la  condizione  perche'  lo  Stato  possa
 legittimamente  riservare  a  se'  il  maggior  gettito,  privando la
 provincia della quota ad essa statutariamente spettante.
    Ne' a diversa conclusione  puo'  portare  l'esame  del  successivo
 ottavo  comma dell'art. 18 del decreto-legge, secondo cui "il maggior
 gettito derivante dalle disposizioni del presente  decreto  concorre,
 nella  misura di lire 150 miliardi per il 1994 e nella misura di lire
 416 miliardi per il 1995, ad assicurare le maggiori entrate  previste
 dall'art. 16, secondo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 498".
    Infatti  tale disposizione non riguarda e non dispone la copertura
 di nuove o maggiori spese, bensi' riguarda  il  conseguimento  (anche
 attraverso  i  maggiori  gettiti  attesi  per  effetto  del  d.l. n.
 155/1993) di obiettivi di incremento delle entrate fissati  dall'art.
 16,  secondo  comma,  della  legge  n. 498/1992 come risultato atteso
 delle misure legislative delegate di revisione del sistema tributario
 previste dagli artt. 17, 18 e 19 della legge n. 408/1990: entrate che
 ne' la legge n.  408/1990  ne'  la  legge  n.  498/1992  destinano  a
 specifica copertura di nuove spese.
    La  provincia  ricorrente  non ignora che una clausola legislativa
 identica a quella contenuta nel settimo comma impugnato, che si trova
 inserita nell'art. 13 della legge 8  agosto  1992,  n.  359,  nonche'
 nell'art.  13  del  d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito nella
 legge 14 novembre 1992, n.  438,  e'  stata  di  recente  oggetto  di
 giudizio  davanti a questa Corte, promosso dalla regione siciliana, e
 che  la  Corte  ha  dichiarato  non  fondate  le  relative  questioni
 (sentenza n. 362/1993).
    Peraltro  quei  giudizi  erano  promossi,  come si e' detto, dalla
 regione  siciliana,  in  riferimento  all'art.  2  delle   norme   di
 attuazione  statutaria  di  cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, il
 cui contenuto non e' lo stesso delle norme statutarie e di attuazione
 del Trentino-Alto Adige invocate in questo giudizio.
    E' dunque  diverso  il  parametro  del  giudizio  di  legittimita'
 costituzionale,  e  tale  diversita' e' decisiva ai fini del presente
 giudizio.
    Infatti,  anzitutto, lo statuto siciliano non contiene una riserva
 alla regione del  gettito  dei  tributi  erariali,  ma  si  limita  a
 stabilire  che  "al  fabbisogno finanziario della regione si provvede
 con  i  redditi  patrimoniali  della  regione  a  mezzo  di  tributi,
 deliberati dalla medesima", salva la riserva allo Stato delle imposte
 di  produzione  e delle entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto
 (art. 36 dello statuto Sicilia).
    E' solo l'art. 2 del d.P.R. n. 1074/1965 che prevede la  spettanza
 alla  regione  siciliana  di  "tutte  le  entrate tributarie erariali
 riscosse nell'ambito del  suo  territorio",  ad  eccezione  pero'  di
 quelle  "il  cui  gettito  sia  destinato  con  apposita  legge  alla
 copertura  di  oneri  diretti  a  soddisfare  particolari   finalita'
 contingenti  o  continuative  dello  Stato  specificate  nelle  leggi
 medesime".
    Onde, come la Corte ha ritenuto, basta  la  identificazione  nella
 legge delle "particolari finalita' statali da soddisfare", finalita',
 precisa  la  Corte,  "proprie  all'intera  comunita'  nazionale", per
 rendere legittima la devoluzione delle entrate allo Stato.
    Viceversa  lo   statuto   del   Trentino-Alto   Adige   stabilisce
 direttamente  e  tassativamente che sono devolute alle province quote
 prefissate del gettito di determinati tributi erariali (art.  75).  E
 la  norma  di attuazione in materia (art. 9 del d.lgs. n. 268/1992) -
 per non contrastare o vanificare la  norma  statutaria  -  ha  dovuto
 dunque  stabilire  condizioni  rigorose  alle  quali  si puo', in via
 eccezionale, derogare all'ordinario riparto del gettito fra  Stato  e
 provincia autonoma.
    Tale  norma  di  attuazione esige dunque molto di piu' di cio' che
 richiede la ricordata norma di attuazione dello statuto siciliana  al
 fine  di  rendere legittima la riserva dell'entrata allo Stato: esige
 che le nuove  entrate  siano  destinate  alla  copertura,  "ai  sensi
 dell'art.  81  della  Costituzione"  -  e  percio' secondo i rigorosi
 criteri  di   corrispondenza   quantitativa   e   temporale,   propri
 dell'obbligo  di  copertura  sancito  dalla norma costituzionale - di
 "nuove o maggiori spese" specifiche, che debbono afferire o a materie
 diverse  da  quelle  di  competenza  regionale  o  provinciale,  o  a
 "calamita' naturali".
    Deve sussistere dunque una precisa relazione giuridica fra entrate
 e  nuove o maggiori spese, derivante dalla destinazione delle prime a
 copertura delle seconde: relazione  verificabile,  sotto  il  profilo
 quantitativo, temporale e qualitativo.
    Si  deve  cioe'  poter verificare che le spese finanziate siano di
 entita' corrispondente alle entrate riservate (e non si tratti invece
 per ipotesi di entrate a questo fine e sovrabbondanti); che le  spese
 finanziate abbiano una durata eguale a quella delle entrate (e non si
 riservano  per  ipotesi  entrate permanenti a copertura di spese solo
 occasionali o limitate nel tempo); che infine le spese afferiscano  a
 materie di competenza statale o a calamita' naturali.
    Solo   a   tali  condizioni,  infatti,  e'  consentita  la  deroga
 all'ordinario riparto del gettito.
    Non basta, dunque, in questo caso,  una  generica  indicazione  di
 finalita'  proprie  dello  Stato,  cui  venga destinata l'entrata, ma
 occorre che alle nuove entrate faccia riferimento una legge di spesa,
 indicandole come copertura finanziaria, ex  art.  81,  quarto  comma,
 della Costituzione, della nuova o maggiore spesa deliberata.
    Nella  specie,  come  si  e'  visto, cio' non si verifica in alcun
 modo. Il legislatore statale ha semplicemente inteso  riservare  allo
 Stato  i  maggiori  gettiti,  a  tale  scopo utilizzando una sorta di
 "clausola di stile": non a caso detta clausola,  gia'  impiegata  nei
 citati  artt.  13 della legge n. 359/1992 e del d.l. n. 384/1992, e'
 stata riprodotta testualmente anche nell'impugnato art. 18 del  d.l.
 n. 155/1993, forse nella convinzione che si tratti di clausola atta a
 salvaguardare  la  legge  da  censure  di  costituzionalita'.  Ma  il
 legislatore non ha tenuto conto che siffatta generica  finalizzazione
 della  spesa,  se  puo'  in  ipotesi  soddisfare  le  condizioni  per
 l'attribuzione allo Stato del gettito, come prevista dalle  norme  di
 attuazione  siciliane,  non  e'  conforme  invece  allo  statuto  del
 Trentino-Alto Adige e in particolare ai precisi criteri dettati dalla
 recente norma di  attuazione  dello  statuto  trentino-alto  atesino,
 dettata con l'art. 9 del d.lgs. n.  268/1992.
    D'altra parte, e' facile rendersi conto che, a volere ammettere la
 legittimita'  di una norma come quella impugnata anche in relazione a
 uno statuto come quello del Trentino-Alto Adige  e  a  una  norma  di
 attuazione  specifica e precisa come quella contenuta nell'art. 9 del
 d.lgs. n. 268/1992, ne conseguirebbe la pratica  vanificazione  delle
 stesse  norme  statutarie  e  di  attuazione, e dunque della garanzia
 finanziaria statutariamente stabilita a favore della provincia.
    Infatti sarebbe fin  troppo  facile,  in  occasione  di  qualsiasi
 modifica  del  sistema  tributario  da  cui derivino nuove o maggiori
 entrate, prevedere una clausola di stile come quella in esame, con la
 quale si affermi  che  le  entrate  sono  destinate  a  finalita'  di
 riequilibrio  della  finanza  pubblica  e  di concorso agli oneri del
 servizio del debito pubblico (che costituisce come e' noto  una  voce
 imponente della spesa dello Stato).
    Si  puo'  anzi  dire  - come si e' accennato - che per definizione
 ogni nuova entrata dello  Stato  e'  destinata  al  riequilibrio  del
 bilancio (e dunque all'assolvimento degli impegni previsti a tal fine
 in  sede  comunitaria)  e  per  definizione  ogni  nuova  entrata  e'
 destinata ad ovviare alla causa prima dello squilibrio del  bilancio,
 che sono gli oneri del debito pubblico.
    In  sostanza,  se si consentisse allo Stato di riservarsi le nuove
 entrate mediante una clausola cosi' generica e non verificabile nella
 sua operativita' concreta, cio' equivarrebbe  a  consentire  una  sin
 troppo facile elusione della norma statutaria (art. 104, primo comma,
 dello stat. T.-A.A.) che consente bensi' la modifica del titolo sesto
 dello  statuto  (sulla  finanza  della  regione e della provincia), e
 dunque anche dell'art. 75, che fissa le quote di riparto del  gettito
 delle  imposte, con legge ordinaria dello Stato, ma solo "su concorde
 richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva  competenza,  della
 regione o delle due province".
    Sotto  ogni  profilo,  dunque,  la  disposizione  impugnata appare
 lesiva dell'autonomia della provincia ricorrente.
    L'ottavo comma dell'impugnato art. 18, nello stabilire, come si e'
 ricordato, che il maggiore gettito derivante dalle  disposizioni  del
 decreto  "concorre  ..  ad  assicurare  le  maggiori entrate previste
 dall'art. 16, secondo comma, della legge 23 dicembre 1992,  n.  498",
 quantifica  la  misura  di tale "concorso" e dunque, a quanto sembra,
 l'entita' del maggiore gettito, in 150 miliardi per il 1994 e in  416
 miliardi per il 1995.
    Peraltro   l'art.   9,  secondo  comma,  del  d.lgs.  n.  268/1992
 stabilisce  che,  nel  caso  di  (legittima)   riserva   allo   Stato
 dell'intero  gettito  di  nuovi  tributi  o di tributi modificati gli
 ammontari  relativi  siano   "determinati   per   ciascun   esercizio
 finanziario  con  decreto del Ministro delle finanze, di concerto con
 il Ministro del tesoro,  d'intesa  con  il  presidente  della  giunta
 regionale o con i presidenti delle giunte provinciali".
    Ora,  se  la disposizione dell'art. 18, settimo e ottavo comma, in
 esame,  dovesse  intendersi   nel   senso   che   la   determinazione
 dell'entita'   delle   entrate  riscosse  in  Trentino-Alto  Adige  e
 riservate allo Stato in deroga al riparto statutario, sia avvenuta  o
 avvenga  al  di  fuori  del procedimento d'intesa previsto dal citato
 art. 9, secondo comma, delle norme di attuazione, essa  dovrebbe,  in
 linea   subordinata,   essere   riconosciuta   illegittima  e  lesiva
 dell'autonomia  provinciale  per  violazione  del  medesimo  art.  9,
 secondo  comma,  anche  se  si dovesse, in denegata ipotesi, ritenere
 legittima la riserva del gettito allo Stato.