IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguene ordinanza. Esaminati gli atti del procedimento penale nei confronti di Maiorca Carmelo, Ermanno Adorno e Giuseppe Guastella, indiziati del reato di arbitraria pubblicazione di atti di un procedimento penale (art. 684 del c.p.), e preso atto della richiesta di archiviazione formulata dal p.m. in data 8 maggio 1993. Il procuratore della Repubblica, a chiusura delle indagini preliminari, ha chiesto l'archiviazione del procedimento, sostenendo che gli indiziati, nel concorrere alla pubblicazione parziale del testo di alcune trascrizioni di intercettazioni telefoniche comprese nel fascicolo per il dibattimento del processo penale, pendente per il giudizio presso il tribunale di Siracusa, promosso nei confronti di tale Giuseppe Basso, imputato di concussione, hanno esercitato legittimamente il diritto-dovere di cronaca. Ma poiche' la avvenuta pubblicazione a mezzo stampa di alcuni passi integrali delle trascrizioni di registrazioni telefoniche intercettate nel corso del menzionato procedimento penale, integra una ipotesi di "pubblicazione parziale" (vietata dall'art. 114.3 del c.p.p., quando avvenga, come nel caso di specie, prima della sentenza di primo grado), e' preliminare ad ogni statuizione di merito - ed assume per cio' stesso rilevanza - la verifica della legittimita' costituzionale della norma, essendo evidente che non sarebbe configurabile a carico degli indiziati il reato pevisto dall'art. 684 del c.p., nei loro confronti ipotizzato, qualora il fatto della pubblicazione parziale di quegli atti non possa essere vietato dalla legge ordinaria. Orbene, a fronte del divieto di pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento anteriormente alla sentenza di primo grado, l'ultimo comma dello stesso art. 114 dispone che "e' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti da segreto". Con tale disposizione il legislatore ha operato una scelta che, nel concorso e nel bilanciamento con altri valori costituzionalmente garantiti (quali, ad esempio, la salvaguardia dei diritti fondamentali della persona; la presunzione di non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva; la tutela in giudizio dei diritti e la inviolabilita' della difesa in ogni stato e grado del procedimento), conferisce giusta prevalenza, superata la interinale fase della segretezza di cui all'art. 329 del c.p.p., al principio della liberta' di stampa, previsto dall'art. 21 cpv., della Costituzione come strumento diffusivo della libera manifestazione del pensiero, come espressione del diritto-dovere all'informazione e, dunque, con specifico riguardo al settore della giustizia, come mezzo per l'esercizio di un corretto controllo sociale sul processo penale. Se, con il solo limite dell'obbligo temporaneo del segreto, la pubblicazione del contenuto degli atti del processo penale costituisce un fatto non soltanto privo di offensivita' ma, stando alla ratio della norma, espressione di una funzione costituzionalmentegarantita, non sembra infondato ritenere che, sussistendo fondamentali connotati di parita', eguale dovrebbe essere il trattamento da riservare a quella pubblicazione "parziale" di atti del fascicolo per il dibattimento, la cui conoscenza a mezzo della stampa null'altro nella normalita' dei casi puo' aggiungere (se non una garanzia in piu' sul piano della correttezza della informazione) alla conoscenza derivabile a una esauriente notizia del contenuto di atti. La stessa preoccupazione, espressa nella relazione al progetto preliminare del c.p.p., che gli atti anteriori non siano conosciuti dal giudice prima del dibattimento, in modo da evitare distorsioni della regola processuale che affida al dibattimento la formazione del convincimento del giudice, si e' rivelata, strada facendo, priva di concretezza; al pari di quell'altra affermazione, pure risultante dalla relazione suddetta, secondo la quale "il giudice del dibattimento, se puo' essere influenzato dalla pubblicazione degli atti veri e propri, e' in grado di non fondare il proprio convincimento su notizie di stampa piu' o meno generiche e prive di riscontri documentali riguardanti il contenuto di atti": dove sembrano evidenti non solo la petizione di principio ma anche l'eccesso, nella previsione dell'art. 114.3 del c.p.p., rispetto alla direttiva n. 71 dell'art. 2 della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81. Vi e' petizione quando si assume, senza averlo dimostrato, che, mentre la pubblicazione, sia pure parziale, del testo degli atti spiegherebbe sempre, per il crisma di ufficialita' conferito alla notizia, una sua capacita' di influenzare il giudice, analogo rischio non sarebbe indotto, invece, dalla pubblicazione del solo "contenuto", appunto per cio' consentito con la sola esclusione degli atti segreti. Ma la norma in commento sembra anche viziata di eccesso rispetto alla legge delega, perche' la citata direttiva n. 71, mentre impone il divieto di pubblicazione per gli atti coperti dal segreto e per altri atti specificamene indicati (diversi da quelli destinati al fascicolo per il dibattimento), lo esclude proprio per gli atti del fascicolo dibattimentale. E' pur vero che, alla stregua della citata relazione, per "contenuto" di un atto si e' sostanzialmente inteso "qualcosa di diverso dalla esatta riproduzione dello stesso o di una sua parte", ovverosia la pubblicazione di quanto si rappresenta nell'atto senza richiamarlo testualmente, come e' stato osservato da autorevole dottrina. Ma e' innegabile, per altro verso, che la pubblicazione del contenuto di atti puo' costituire, per sue specificita' (ricchezza della informazione, tempi ed efficacia della sua presentazione, diffusione della testata, caratteri impaginazione e risalto della notizia) fattore di convincimento talvolta ben piu' pressante rispetto alla nuda pubblicazione di parti di un atto del processo, si' da sembrare illegittima la disposta compressione, in tal caso, del diritto di cronaca spettante al giornalista. Cio' e' tanto piu' vero quando nella pubblicazione, alla rappresentazione del contenuto di un atto del processo, si accompagna, pur senza citazioni dirette del testo, la indicazione degli elementi di individuazione dell'atto stesso, per cui anche in questo caso si vengono ad offrire elementi di riscontro documentale di quel che si narra e si finisce per conferire alla notizia quello stesso crisma di ufficialita' che sarebbe insito nella pubblicazione, anche parziale, dell'atto. Per contro, non sempre la pubblicazione (parziale) di atti del fascicolo dibattimentale comporta il rischio di influenzare il giudice, dovendosi cio' escludere in tutti i casi in cui vi siano atti, come potrebbero essere considerati quelli pubblicati dagli odierni indiziati, non riguardanti l'oggetto dell'indagine dibattimentale e che non influiscono, dunque, sull'accertamento della responsabilita' dell'imputato. Lo stesso criterio discretivo tra l'illecito e il consentito, in quanto fondato sulla enunciazione di una distinzione concettuale ontologicamente incerta tra "pubblicazione parziale" e "pubblicazione del contenuto" di atti, non sembra un parametro ragionevole di distinzione: gli effetti della pubblicazione di una notizia, piu' che dal dato formale della divulgazione di una parte dell'atto del processo che la documenta, possono scaturire dal suo intrinseco valore informativo e da circostanze specifiche. Non sembra manifestamente infondato ritenere, pertanto, che la norma dell'art. 114.3 del c.p.p., refluente sulla configurazione del reato previsto dall'art. 684 del c.p., si pone in contrasto con i principi costituzionali di eguaglianza (secondo il quale a parita' di situazioni deve corrispondere uguale trattamento) e di ragione enunciati dall'art. 3; con il principio di liberta' di stampa previsto dall'art. 21 cpv. e con il criterio dettato dall'art. 76, avendo il Governo delegato stabilito, con l'art. 114.3 del c.p.p., un divieto che il legislatore delegante non sembra abbia voluto imporre, per le ragioni sopra accennate.