IL TRIBUNALE
    Vista l'istanza di riesame del decreto  di  sequestro  emesso  dal
 g.i.p.  presso  il  tribunale  di  Venezia in data 26 maggio 1993 nei
 confronti di Boscolo Massimo;
                             O S S E R V A
    Nei  confronti  di  Maniero Felice e' pendente procedimento penale
 per il reato di cui all'art. 416- bis del c.p.
    La procura della Repubblica  di  Venezia  (direzione  distrettuale
 antimafia) a seguito di indagini svolte dal nucleo operativo dei C.C.
 e  dalla  Guardia  di  finanza  ha  ritenuto  provato che il Maniero,
 direttamente o per interposta persona, sia titolare o comunque  abbia
 la  disponibilita'  di numerosi beni del tutto sproporzionati ai suoi
 redditi e che, pertanto, sia  configurabile  nei  suoi  confronti  il
 reato di cui all'art. 12-quinquies del d.l. n. 306/1992.
    Conseguentemente  ha  provveduto  a  richiedere  al g.i.p. (che ha
 accolto la richiesta) il sequestro preventivo di detti beni  tra  cui
 l'autovettura  Volkswagen  Corrado  VE  848905  intestata  a  Boscolo
 Massimo.
    Ora, con ordinanza in data odierna relativa ad altro  riesame  del
 tutto  analogo,  questo  tribunale  ha  ritenuto  non  manifestamente
 infondata la questione  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art.
 12-quinquies,  secondo  comma,  del d.l.   n. 306/1992 sollevata dai
 difensori.
    Coerenza vuole che la stessa  questione  venga  sollevata,  questa
 volta d'ufficio, anche in questa sede per le medesime ragioni.
    Presupposto  del  reato  di  cui al citato art. 12-quinquies e' la
 pendenza a carico di  un  determinato  soggetto  di  un  procedimento
 penale  per  una delle ipotesi criminose tassativamente indicate o di
 procedimento per l'applicazione di una misura preventiva.
    Orbene la semplice pendenza di un procedimento  penale  appare  un
 fatto  scarsamente  significativo  perche'  provvisorio e tale da non
 comportare un accertamento definitivo di responsabilita' quale, solo,
 consegue ad una sentenza di condanna irrevocabile.
    E poiche', per  il  disposto  dell'art.  27,  primo  comma,  della
 Costituzione,  fino  a  tale  condanna  l'imputato non e' considerato
 colpevole  considerare  la  pendenza  di   un   procedimento   penale
 presupposto  della  sussistenza di un altro reato appare in contrasto
 con la presunzione di non colpevolezza  sancita  dalla  citata  norma
 costituzionale.
    Tale contrasto si configura, poi, come ancora piu' radicale ove si
 consideri  che  la  formulazione  dell'art. 12-quinquies comporta che
 l'esito del procedimento penale relativo al reato presupposto e'  del
 tutto  ininfluente  sul  reato  previsto  da tale norma nel senso che
 questo  continuera'  a  sussistere  anche   in   caso   di   sentenza
 assolutoria.
    Peraltro  tale  disciplina  oltre  che  col  gia'  citato art. 27,
 secondo comma, della Costituzione si  pone  in  contrasto  anche  col
 principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Carta costituzionale
 in  quanto  viene  a  sottoporre  alla  medesima  sanzione penale due
 situazioni completamente diverse tra loro e cioe' quella di chi venga
 successivamente assolto dal reato presupposto e quella di chi  venga,
 invece, condannato per tale reato.
    Come  pure  si  pone  in contrasto col principio di ragionevolezza
 sancito dalla medesima norma costituzionale perche'  una  circostanza
 di scarso significato, per motivi sopra esposti, quale la pendenza di
 un  procedimento  penale  per determinati reati non puo' giustificare
 razionalmente un trattamento radicalmente diverso di  due  situazioni
 sostanzialmente analoghe e cioe' la situazione di chi sia in possesso
 di  beni  del  tutto sproporzionati al suo reddito e che, avendo tale
 pendenza viene sottoposto a sanzione penale, e chi vi si trovi  nella
 medesima  situazione patrimoniale e che, non avendo tale pendenza, e'
 immune da qualsiasi sanzione.
    Ritenuta,  pertanto, la non manifesta infondatezza della questione
 di legittimita' costituzionale sollevata e la sua rilevanza  giacche'
 la  norma  oggetto  del  giudizio di costituzionalita' costituisce il
 fondamento della  misura  cautelare  che  deve  essere  sottoposta  a
 riesame da parte di questo tribunale.
    Rilevato  che,  pertanto, il presente procedimento di riesame deve
 essere obbligatoriamente sospeso come disposto dall'art. 23,  secondo
 comma,  della  legge n. 87/1953 e che tale sospensione e' applicabile
 anche alla procedura del riesame come ritenuto  dalla  suprema  Corte
 con le sentenze 3 luglio 1992, sezione prima e 7 luglio 1992, sezione
 sesta.
    Considerato  che  tale sospensione riguarda evidentemente anche il
 termine per la decisione previsto  dall'art.  309,  nono  comma,  del
 c.p.p.  e  cio'  per  il  disposto  dell'art. 173, secondo comma, del
 c.p.p.