IL TRIBUNALE MILITARE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa contro:  Spinelli
 Cosimo,  nato  il 12 gennaio 1962 a Bari, atto di nascita n. 67/A.I.,
 residente a Gambellara (Vicenza) in via S.  Lucia  n.  8,  coniugato,
 incensurato;  brig.  CC.  in  s.p. (a) effettivo alla Stazione CC. di
 Montecchio Maggiore (Vicenza); Gianesini Samuele, nato il  30  giugno
 1964 a San Bonifacio (Verona), atto di nascita n. 559/A.I., residente
 a Zimella (Verona) in via Chetto n. 1, coniugato, incensurato; carab.
 in  s.p.  (a)  effettivo  presso  la Staz. CC. di Montecchio Maggiore
 (Vicenza); liberi, imputati di concorso in violata consegna aggravata
 (artt. 110 del  c.p.,  120,  primo  e  secondo  comma  del  c.p.m.p.)
 perche',  comandati  di  servizio  di  pattuglia  automontata  il  15
 dicembre 1992 fra le ore 21 e le ore 24, alle ore 22, in concorso fra
 loro, entravano nel locale "Trattoria - Pizzeria Risorta" in  Sovizzo
 (Vicenza)  e  vi rimanevano per piu' di un'ora dopo aver parcheggiato
 la vettura di servizio in modo tale che la stessa  non  era  visibile
 dall'interno  del  locale  ne' si poteva udire la chiamata radio; con
 cio' creando notevoli danni al servizio e violando le consegne avute.
 Con l'aggravante per il fatto che trattavasi di servizio armato.  Con
 l'aggravante  ulteriore  per  entrambi del grado rivestito al momento
 del fatto (art. 47, n. 2, del c.p.m.p.).
    In esito al pubblico ed orale dibattimento.
                            FATTO E DIRITTO
    A  conclusione  del  dibattimento,  emergono   sicure   prove   di
 responsabilita' a carico degli imputati per il reato in epigrafe.
    La   condanna   che   questo   tribunale   militare  dovrebbe,  di
 conseguenza, infliggere  comporterebbe  limitatamente  al  brigadiere
 Spinelli,  il  quale e' concorso nel reato con un inferiore (art. 58,
 secondo comma, del c.p.m.p.), la rimozione dal grado; pena accessoria
 che, come si legge nell'art. 29 del c.p.m.p., riguarderebbe "tutti" i
 militari rivestiti di un grado e che consiste nella perdita  perpetua
 (salva   la   possibilita'  di  riabilitazione)  della  capacita'  di
 rivestire  un  grado  militare  e  nella  riduzione,   quindi,   alla
 condizione di semplice soldato.
    In merito agli effetti della condanna penale, l'art. 9 della legge
 7  febbraio  1990, n. 19, dispone che nessun pubblico dipendente puo'
 essere destituito di diritto  a  seguito  di  condanna,  e  che  tale
 provvedimento    puo'    essere    adottato    solo    dall'autorita'
 amministrativa, a conclusione di apposito procedimento disciplinare.
    L'innovazione,  pur  concernente  i  provvedimenti  amministrativi
 successivi alla sentenza penale  e  percio'  (come  la  stessa  Corte
 costituzionale  piu' volte ha avuto l'occasione di ribadire) le varie
 leggi sullo stato giuridico dei dipendenti pubblici,  necessariamente
 interferisce  sulla  materia delle pene accessorie, e su quella della
 rimozione con conseguenze, come subito si vedra', radicali.
    Il potere, che all'amministrazione deriva dal citato  art.  9,  di
 non  pronunciare  la  destituzione  del  pubblico  dipendente nei cui
 confronti dovrebbe operare la rimozione dal  grado  come  conseguenza
 della  condanna,  comporta,  dal  momento che il rapporto di pubblico
 impiego militare non  puo'  perdurare  se  non  sul  presupposto  del
 mantenimento  del  grado  militare,  lo  stesso venir meno della pena
 accessoria.
    Pertanto, la norma dell'art. 29 risulta sensibilmente  modificata,
 nel  senso  che nei casi previsti dalla legge la condanna non importa
 piu' l'automatica rimozione per "tutti" i militari  rivestiti  di  un
 grado,  ma  solo  per  quelli  nei  cui  confronti  non puo' porsi il
 problema della destituzione, e quindi per quanti (graduati di truppa,
 sottufficiali e ufficiali) non sono legati da un rapporto di pubblico
 impiego, e si trovano quindi alle armi in  servizio  temporaneo,  per
 obbligo  di  legge  o  per  libera  scelta.  Per  i militari pubblici
 dipendenti  la  perdita  del  grado  seguira'  alla   condanna   solo
 nell'eventualita'   che   l'amministrazione   intenda   adottare   la
 destituzione.
    Bisogna, peraltro, precisare che la problematica non si  esaurisce
 nella  distinzione  tra  militare  pubblico  dipendente e militare in
 servizio temporaneo, in quanto la condanna  da  eseguire  puo'  anche
 riguardare  il militare che non sia piu' in servizio: anche in questo
 caso, non ponendosi il problema della destituzione, la rimozione  dal
 grado  opera  automaticamente. Lo stesso brigadiere Spinelli, che pur
 attualmente e' in  servizio  permanente,  potrebbe  in  futuro  venir
 automaticamente  rimosso  dal  grado  per  effetto  della sentenza di
 questo giudice, qualora (per la revoca  della  condizionale)  dovesse
 essere eseguita in un momento in cui egli abbia cessato dal servizio.
    Questa  diversificazione  degli  effetti  della condanna a seconda
 della qualifica personale del  condannato  e'  il  risultato  di  una
 crescente   considerazione   (espressa  nella  basilare  sentenza  n.
 971/1990 della Corte costituzionale) per la posizione di  lavoro  del
 pubblico  dipendente  colpevole  di  reati. Del resto, in mancanza di
 questa  provvida  riforma,  lo  stesso  brigadiere  Spinelli  sarebbe
 automaticamente  rimosso  e  destituito  solo  per  aver  commesso in
 concorso con l'inferiore un reato  sicuramente  bagattellare.  E'  da
 notare,  peraltro, che il problema dei provvedimenti conseguenti alla
 condanna penale del pubblico dipendente (limitatamente a  determinati
 reati)  ora  si  propone  con aspetti di novita', in quanto l'art. 1,
 comma quarto-octies, della legge 18 gennaio 1992, n.  16,  stabilisce
 l'automatica  "decadenza"  dall'impiego  a  seguito  del giudicato di
 condanna. Ma e' probabile che l'innovazione sia incostituzionale  per
 le  stesse  ragioni  che  con  la  citata  sentenza n. 971/1990 hanno
 portato all'illegittimita' dell'art.  85  del  t.u.    approvato  con
 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3: pur non avendo in generale la decadenza
 la  funzione  punitiva  che  e'  tipica  della  destituzione,  riesce
 difficile   non  riconoscere  la  sostanza  di  quest'ultima  in  una
 decadenza che ha il suo unico presupposto nella condanna penale.
    La positiva valutazione del riordinamento attuato  con  la  citata
 legge  n.  19/1990,  non esime, tuttavia, da considerazioni critiche,
 dal versante di competenza  di  questo  giudice,  quello  della  pena
 accessoria in quanto tale.
    La   condanna   del   militare   rivestito  di  un  grado  produce
 un'invincibile  presunzione  di   pericolosita'   per   l'istituzione
 militare,  tale da importare l'automatica rimozione, quando si tratti
 di condannato in servizio temporaneo  o  non  piu'  in  servizio;  ma
 questa  presunzione  viene  meno  quando,  essendo il condannato piu'
 strettamente e stabilmente collegato all'istituzione in forza  di  un
 rapporto  di pubblico impiego, essa potrebbe, caso mai, avere maggior
 fondamento.
    E' chiaro  che  l'art.  29  del  c.p.m.p.,  parzialmente  abrogato
 dall'art.   9   della  legge  7  febbraio  1990,  n.  19,  appare  in
 contraddizione  con  il  principio  di  uguaglianza  (art.  3   della
 Costituzione).
    La   questione   di  legittimita'  viene  sollevata  nel  presente
 procedimento, in quanto la  norma  impugnata  riguarda,  come  si  e'
 precisato, la posizione del brigadiere Spinelli.