LA CORTE D'APPELLO
    Decidendo   sull'eccezione   di   illegittimita'    costituzionale
 dell'art.  458,  primo  comma,  del  c.p.p.,  proposta  dalla  difesa
 dell'appellante sotto il profilo del contrasto con l'art. 24, secondo
 comma, della Costituzione;
    Osserva la manifesta infondatezza  della  questione  in  relazione
 all'art.  3, primo comma, della Costituzione, posto che le illustrate
 differenze di trattamento appaiono riferibili a situazioni  di  fatto
 diverse, donde la insussistenza di una ipotesi di trattamento diverso
 di casi uguali e analoghi;
    Osserva  peraltro la non manifesta infondatezza della questione in
 relazione all'art. 24, secondo comma, della Costituzione,  allorche',
 come  nella  specie, la notifica al difensore avvenga successivamente
 alla notifica all'imputato.
    La Corte costituzionale ha gia', invero, ritenuto  anche  tale  la
 questione  manifestamente  infondata  con la ordinanza 12-28 dicembre
 1990,  n.  588,  sulla  considerazione  che  il   termine   assegnato
 all'imputato  - unico titolare della facolta' di chiedere il giudizio
 abbreviato -  sarebbe  sufficientemente  ampio  per  consentirgli  di
 consultarsi  tempestivamente  con il proprio difensore, al quale pure
 deve essere notificato l'avviso della data fissata  per  il  giudizio
 (immediato),  ai  sensi  dell'art.  456,  quinto  comma, del c.p.p. e
 tuttavia,  posto  che  l'imputato  avrebbe  comunque,  e  sempre,  la
 facolta'  di  consultare  il  suo  difensore  quand'anche  non  fosse
 previsto dalla legge la notifica anche per  quest'ultimo  dell'avviso
 della  data del giudizio, detta notifica sembra dover necessariamente
 avere anche altro scopo, oltre a quello di  avvertire  (almeno  venti
 giorni   prima   della  data  del  giudizio)  il  difensore  di  tale
 fissazione, ed appare ragionevole la perplessita' che susciterebbe la
 tesi per la quale in cio' solo si esaurirebbe  la  funzione  di  tale
 notifica,  proprio  in considerazione della particolare delicatezza e
 del grande rilievo insiti in quella facolta' della quale  viene  reso
 edotto   l'imputato:  accettare,  previa  attenta  valutazione  della
 propria posizione personale, il giudizio immediato oppure optare  per
 quello:  abbreviato  (notificando,  in tal caso, tale opzione al p.m.
 entro il termine di decadenza di sette giorni dalla avvenuta notifica
 a lui), e tutto cio' anche nel caso, ripetesi, che al  difensore  non
 sia  stato ancora reso noto, con la notifica, il decreto che fissa la
 data del giudizio immediato.
    La perentorieta' del termine postula in sostanza, contrariamente -
 spesso - alla  realta'  effettiva,  una  capacita'  dell'imputato  di
 percepire  il valore, l'importanza di quell'avvertimento, contenuto -
 necessariamente - in due righe, fra le tante delle quali e'  composto
 il  documento che gli viene notificato, costituito, a norma di legge,
 sia dal decreto che dispone il giudizio immediato, sia della motivata
 richiesta che ne  ha  fatto  il  p.m.,  e  di  rendersi  conto  della
 necessaria   urgenza   di  notificare  la  sua  scelta  per  il  rito
 abbreviato.
    La naturale mancanza, nell'imputato, di cognizioni tecniche (donde
 il  precetto  costituzionale della garanzia della difesa in ogni fase
 del giudizio) fa apparire  ragionevole  che  allo  stesso  sfugga  il
 significato  -  appunto  tecnico  -  di aggettivi che pur sono di uso
 comune (quali "immediato" e  "abbreviato"  e  quindi  le  conseguenze
 connesse all'uno e all'altro tipo di giudizio, donde la spiegabilita'
 della mancata sollecitazione - che si pretenderebbe operata da quelle
 parole  -  a  mattersi  immediatamente  in contatto con il difensore,
 perche' l'eventuale opzione per il rito  abbreviato  venga  non  solo
 maturata  dall'imputato,  ma notificata al p.m. entro sette giorni, a
 pena di decadenza.
    Sembra conseguentemente  di  poter  osservare  che,  se  il  detto
 termine  perentorio decorresse dalla notifica al difensore (che fosse
 come si e' detto, eventualmente successiva  a  quella  all'imputato),
 svanirebbe   gni   sospetto   di   mancata  osservanza  del  precetto
 costituzionale  di  cui  all'art.  24,  secondo  comma,   ne'   cio',
 d'altronde,   causerebbe   sensibili   ritardi  nella  celerita'  del
 giudizio, trattandosi - com'e' evidente - di una questione di giorni.