ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel gudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies,  comma
 secondo, della legge 8 agosto 1985, n. 431 (Conversione in legge, con
 modificazioni,  del  decreto-legge  27  giugno  1985, n. 312, recante
 disposizioni  urgenti  per  la  tutela  delle  zone  di   particolare
 interesse  ambientale.  Integrazioni  dell'art.  82  del  decreto del
 Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,  n.  616),  promosso  con
 ordinanza  emesa  l'8  ottobre  1992  dal pretore di Verona - sezione
 distaccata di Soave - nel procedimento penale a carico di Silvano  Di
 Francescantonio  ed  altro,  iscritta al n. 50 del registro ordinanze
 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  8,
 prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  26  maggio  1993  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  dell'8 ottobre 1992, il pretore di Verona -
 sezione distaccata di Soave - ha sollevato questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  1-sexies,  comma  secondo,  della  legge 8
 agosto 1985, n. 431 (Conversione in  legge,  con  modificazioni,  del
 decreto-legge  27  giugno  1985, n. 312, recante disposizioni urgenti
 per  la  tutela  delle  zone  di  particolare  interesse  ambientale.
 Integrazioni dell'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica
 24 luglio 1977, n. 616).
    Il  pretore premette che gli imputati sono stati accusati di avere
 effettuato o  comunque  disposto  lavori  di  livellamento,  in  zona
 sottoposta  a  vincolo  ambientale,  in  assenza  dell'autorizzazione
 prevista dall'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 del 1939.
    Successivamente essi  hanno  pero'  ottenuto  l'autorizzazione  in
 sanatoria e altresi' il rilascio di apposita concessione edilizia per
 la   costruzione   di   un  capannone  industriale  nel  luogo  dello
 sbancamento, con il nulla osta dell'amministrazione provinciale.
    A norma del secondo comma dell'art. 1-sexies impugnato -  prosegue
 l'ordinanza  -,  si  dovrebbe  ordinare la rimessione in pristino dei
 luoghi.  Ma  cio'  determinerebbe   una   situazione   giuridica   di
 incompatibilita' con l'ottenuta concessione ad edificare.
    Il  problema  - argomenta il pretore - deriva dalla assenza di una
 chiara definizione legislativa del rapporto tra l'art. 20 della legge
 n. 47 del 1985 e l'art. 1-sexies della legge n. 431 del 1985.
   La  giurisprudenza  di  legittimita'   ha   infatti   costantemente
 affermato   l'autonomia  dei  due  reati,  tra  i  quali  si  ritiene
 sussistere  concorso  formale.  La  speciale  estinzione  dei   reati
 contravvenzionali,  prevista  dall'art. 22 della legge n. 47 del 1985
 in  caso  di rilascio in sanatoria delle concessioni, non puo' quindi
 trovare applicazione con riguardo alle  infrazioni  punite  dall'art.
 1-sexies.
    Ne  deriverebbe  la violazione dell'art. 97 della Costituzione, in
 quanto si  e'  in  presenza  di  una  normativa  la  quale  determina
 irrazionali   sovrapposizioni   di   competenze   e   obblighi   che,
 legittimamente  esercitate  ed  adempiuti,  conducono   a   risultati
 insuperabilmente contraddittori.
    2.  -  E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.
    Richiamata  la  sentenza  n.  67 del 1992, con cui questa Corte ha
 escluso l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1-sexies impugnato,
 l'Avvocatura, in relazione alla specifica censura mossa  dal  giudice
 remittente,  osserva  che  la irrilevanza del meccanismo di sanatoria
 appare  nel  caso   adeguatamente   giustificata   in   ragione:   a)
 dell'importanza  primaria  del  valore  ambientale  presidiato  dalla
 norma; b) dalla circostanza che, mentre nella materia urbanistica  la
 sanatoria   interviene   in   base   ad   una  ricognizione  ex  post
 dell'originaria conformita' dell'opera abusivamente  realizzata  agli
 strumenti  urbanistici vigenti, in materia paesistica difetta un tale
 parametro,  cosi'  che  la  necessaria  previeta'  del  controllo  di
 compatibilita'  urbanistica  garantisce  la  piu'  ampia  e specifica
 valutazione dell'impatto ambientale dell'opera, solo in  forza  della
 quale  -  se  di  esito  favorevole  - puo' aversi il superamento del
 generale divieto di modificazione dello stato dei luoghi protetti.
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 1-sexies della legge 8  agosto  1985,  n.  431,  viene
 impugnato, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, nella parte
 in  cui  prevede  l'obbligo,  anziche'  la  facolta',  del giudice di
 ordinare il ripristino dello stato originario dei luoghi a spese  del
 condannato.
    L'obbligatoria   rimessione  in  pristino,  a  seguito  di  lavori
 eseguiti in difetto dell'autorizzazione prevista  dall'art.  7  della
 legge  24 giugno 1939, n. 1497, determinerebbe infatti una situazione
 di incompatibilita' giuridica con l'autorizzazione in  sanatoria  che
 venisse,  come  nel  caso  specifico,  successivamente  concessa.  Si
 avrebbe quindi una irrazionale sovrapposizione  di  competenze  e  di
 obblighi  di  pubblici  uffici  che finirebbero con l'operare in modo
 contraddittorio.
    2. - La questione non e' fondata.
    L'art. 97 della Costituzione viene  invocato  quale  parametro  in
 relazione  alla  finalita' del "buon andamento" cui la norma, insieme
 con quella  dell'imparzialita',  vincola  la  disciplina  legislativa
 della pubblica amministrazione.
    Il  principio comporta che, cosi' con riguardo alla organizzazione
 degli uffici come con riguardo al loro funzionamento,  la  disciplina
 si debba ispirare ad un criterio di congruenza e di non arbitrarieta'
 rispetto al fine che si vuol perseguire (sentenza n. 160 del 1988).
    Sebbene  la  norma  richiamata  sia  inserita in una sezione della
 Costituzione intitolata alla pubblica amministrazione  e  sebbene  la
 giustizia  consista  in un sistema ordinamentale ed organizzativo ben
 differenziato  dagli  altri  apparati  pubblici,  la  Corte  ha  gia'
 statuito  che  l'art.  97  della  Costituzione, nello stabilire che i
 pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni  di  legge,  in
 modo  che  sia  assicurato il buon andamento dell'amministrazione, ha
 inteso  riferirsi   non   soltanto   agli   organi   della   pubblica
 amministrazione    in   senso   stretto,   ma   anche   agli   organi
 dell'amministrazione della giustizia (sentenze nn. 18 del 1989  e  86
 del 1982).
    Peraltro, tanto detto principio quanto il correlativo sindacato di
 legittimita'   costituzionale   attengono,  come  ben  risulta  dalle
 richiamate decisioni, alle leggi concernenti  l'organizzazione  della
 giustizia: quindi a quelle che definiscono l'ordinamento degli uffici
 giudiziari e il loro funzionamento sotto l'aspetto amministrativo.
    Ambito  del  tutto  diverso,  ed  estraneo  per  definizione  alla
 tematica  del  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione,  e'
 l'esercizio  della  funzione  giurisdizionale, nel suo complesso e in
 relazione ai diversi provvedimenti che nel contesto di tale esercizio
 possono o devono essere adottati.
    La questione sollevata dal pretore di Verona - sezione  distaccata
 di  Soave  - attenendo per l'appunto a provvedimenti da adottarsi dal
 giudice nell'esercizio  della  funzione  giurisdizionale,  va  quindi
 dichiarata infondata, in riferimento all'invocato parametro dell'art.
 97 della Costituzione.