IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Constatato  che Colotti Gianfranca, con atto di licenza per finita
 locazione e contestuale citazione per la convalida notificata  il  22
 luglio  1992  conveniva  in  giudizio  Alessandro  Toffolutti e Mirca
 Revoltella per sentir convalidare la  licenza  per  finita  locazione
 relativamente  all'appartamento  sito  in Venezia S. Polo 1577 per la
 data del 31 dicembre 1995: constatato che i convenuti si costituivano
 chiedendo l'applicazione dell'art. 11, comma 2-bis,  della  legge  n.
 359/1992  e  quindi  la  proroga  biennale  prevista  da  tale norma:
 constatato che la causa, istruita solo  documentalmente,  passava  in
 decisione  all'udienza  dell'8  luglio  1993  sulle conclusioni delle
 parti cosi' come di seguito indicate: per l'attrice: "dichiararsi che
 il contratto di locazione de qua andra' a scadere sotto la  data  del
 31  dicembre  1995  con conseguente condanna al rilascio da parte del
 convenuto. Spese rifuse, sentenza provvisoriamente esecutiva": per  i
 convenuti:  "accertarsi  che il contratto de quo avra' scadenza al 31
 dicembre 1995 con applicazione della proroga  ex  art.  11  legge  n.
 359/1992 con successiva scadenza al 31 dicembre 1997. Spese rifuse".
    Ritenuto   di   dover  affrontare  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale della norma di cui all'art. 11, comma 2-bis,  legge  8
 agosto 1992, n. 359.
                             O S S E R V A
    La  stessa  appare  rilevante  nel presente giudizio atteso che la
 norma incide proprio sulla scadenza del contratto.
    Premesso che il modo di operare della proroga di  cui  si  discute
 non  emerge  in  modo  chiaro dal dettato della norma, preliminare ad
 ogni valutazione di non manifesta  infondatezza  e'  appurare  se  la
 stessa operi in modo automatico o se sia condizionata al fatto che le
 parti,  pur  avendo  iniziato  trattative  sulla  determinazione  del
 canone,  non   si   siano   accordate.   Optando   per   la   seconda
 interpretazione,  la  norma  potrebbe  forse superare le obiezioni di
 incostituzionalita'.  Includendo  infatti  solo  i  casi  in  cui  il
 proprietario  abbia intenzione di rilocare e la trattativa non vada a
 buon fine, la norma si porrebbe in sintonia con gli scopi della legge
 (che  vuol  incentivare  il  passaggio  al  nuovo   regime   "libero"
 inducendo,  da  un  lato,  il  locatore  a  trattare  in  termini  di
 ragionevolezza,  pena  la  proroga,  e,  dall'altro,   tutelando   il
 conduttore.
    Inoltre,   escludendo   dalla   proroga   le  ipotesi  in  cui  il
 proprietario non abbia intenzione di rilocare,  quali  che  siano  le
 motivazioni,  potrebbe non concretare una compressione indiscriminata
 del suo diritto.
    Tale  interpretazione,  tuttavia,  non  e'  ammessa  se  si   pone
 attenzione  al  fatto che la norma, quando parla del mancato accordo,
 non puo' che riferirsi sia al caso in cui  le  trattative,  iniziate,
 non  siano  andate  a  buon  fine  sia  al caso in cui il locatore si
 rifiuti di iniziarle. E tale rifiuto puo' essere espresso anche per i
 fatti concludenti tra i quali vi e' certamente quello  di  promuovere
 il  giudizio  di convalida e di insistere nelle richieste in udienza.
 Inoltre si imporrebbe  un  onere  di  trattativa  peraltro  privo  di
 qualsiasi  indicazione  di  legge sui termini da osservare (si veda a
 contrario l'art. 69 della legge 27 luglio 1978 come modificato  dalla
 legge  6  febbraio 1987, n. 15) per cui difficile sarebbe valutare la
 sua inosservanza.
    Infine non e' da escludere che si  potrebbe  produrre  un  effetto
 perverso  -  e  questa  volta  contrario  allo  spirito della legge -
 consistente nel fatto che i locatori, pur di non correre  il  rischio
 della   proroga,   sarebbero   indotti  a  non  iniziare  nemmeno  le
 trattative.
   Scartata la interpretazione suindicata,  bisogna  ritenere  che  la
 proroga  operi  automaticamente.  In  tal  caso:  non  manifestamente
 infondata appare  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  in
 relazione   all'art.  42  della  Costituzione  qualora  si  consideri
 l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza  costituzionale
 sulla  disciplina  vincolistica in tanto ritenuta legittima in quanto
 avente carattere straordinario o temporaneo (sentenze  n.  3  del  15
 gennaio  1976  e n. 255 del 18 novembre 1976). Tanto e' che la Corte,
 con la sentenza n. 89 del 3 aprile  1984,  sull'art.  15-  bis  della
 legge  n.  94 del 25 marzo 1982, ha ricordato che non sarebbero state
 ammissibili ulteriori proroghe. In  altri  termini  non  si  consente
 un'alterazione  dell'equilibrio  tra  interessi  dei  locatori  e dei
 conduttori  che  prescinda  da  un  bilanciamento  delle   rispettive
 condizioni  personali  ed  economiche  e si traduce in una definitiva
 compressione del diritto di proprieta' (sul punto si  richiama  anche
 la  nota  sentenza n. 108 del 22 aprile 1986). Premesso quanto sopra,
 e'  francamente difficile ritenere aderente al dettato costituzionale
 la norma di cui si  discute.  Essa  infatti  prevede  un'ulteriore  e
 quindi  inammissibile  proroga  che,  poi, non potrebbe giustificarsi
 nemmeno  in  termini  di  "transitorieta'"   (ritenuta   in   passato
 accettabile  onde  consentire  il  graduale  passaggio ad una diversa
 disciplina  della   materia).   Infatti   la   norma,   assolutamente
 indifferenziata nel suo contenuto, comprime in materia indiscriminata
 il  diritto  di  proprieta'  non solo sacrificando unilateralmente il
 locatore, ma impedendo anche una valorizzazione  delle  sue  concrete
 situazioni  patrimoniali  e  personali (si pensi al caso limite della
 necessita' di abitazione dello stesso  proprietario)  che  non  siano
 quelle relative all'aumento del canone;