Ricorso per conflitto di attribuzione  del  commissariato  per  la
 liquidazione agli usi civili per la Toscana, Lazio e Umbria, con sede
 in  Roma,  via Sallustiana n. 10, in persona del commissario titolare
 dott. Franco Carletti, elettivamente domiciliato in Roma, via Dora n.
 1, contro il provvedimento, comunicato dal Ministero dell'agricoltura
 e foreste alla prefettura di Roma con nota 7  giugno  1993,  n.  4389
 prot., al Ministero di grazia e giustizia con nota 11 giugno 1993, n.
 4531  prot.,  all'Avvocatura  generale dello Stato con nota 17 giugno
 1993, n.  4603  prot.,  comunicato,  infine,  anche  al  sottoscritto
 commissario  con  nota  22 giugno 1993, n. 4791 prot.; provvedimento,
 con  il  quale  era  disposto  il  trasferimento   degli   uffici   e
 dell'archivio  commissariale  da largo di Torre Argentina, 11, Roma a
 via Sallustiana, 10, Roma, e contro il provvedimento, comunicato  dal
 Ministero  di grazia e giustizia al sottoscritto commissario con nota
 25 giugno 1993, n. 60/43 prot.,  con  il  quale  veniva  denegata  la
 competenza  del  Ministero  di  grazia  e  giustizia  a provvedere il
 commissariato di locali ad uso ufficio ed affermata  l'impossibilita'
 per   esso  di  prendere  alcuna  decisione  in  merito  al  disposto
 trasferimento.
                               F A T T O
    Va premesso in fatto che, dopo il trasferimento alle regioni delle
 funzioni  amministrative  inerenti  gli  usi civici, e in particolare
 dopo il d.P.R. n. 616/1977, il Ministero dell'agricoltura si  e'  per
 anni   sostanzialmente  disinteressato  degli  uffici  preposti  alla
 materia, previsti e disciplinati dagli artt. 27 e segg.  della  legge
 16  giugno  1927,  n.  1766, e, secondo l'art. 38 della legge citata,
 affidati alla sua provvista quanto a uffici, servizi e personale.
    Per quanto attiene al commissariato  agli  usi  civici  per  Lazio
 Umbria  e Toscana con sede in Roma, cio' risulta dalla corrispondenza
 d'ufficio, risalente al novembre 1988, e in  particolare  dalla  nota
 ministeriale   2   febbraio   1989,   con   la   quale  il  Ministero
 dell'agricoltura sottolineava che la stipula del contratto di affitto
 dei locali da destinare al commissariato appartiene  alla  competenza
 regionale (menzionata in fax del 22 giugno 1993, ad all. 1; ad all. 2
 e'  nota  di  risposta  del  commissario  agli  usi  civici, il quale
 correttamente osservava che, trattandosi di ufficio  statale,  spetta
 allo  Stato  fornire  la  sede  e  sostenere  ogni  onere relativo al
 funzionamento dell'ufficio).
    Dalla medesima corrispondenza emerge altresi' che il commissariato
 era  stato  costretto,  da  tale  atteggiamento,  ad   accettare   la
 convivenza con gli uffici amministrativi regionali nello stesso immo-
 bile  di  largo  Argentina, 11, nonostante la perdita di indipendenza
 che   ne   sarebbe   derivata   all'ufficio   giurisdizionale   (nota
 commissariale  16  gennaio  1989,  citata  in all. 1); emerge che, in
 occasione del recente trasferimento degli uffici regionali  ad  altra
 sede,   il   commissario  rappresentava  di  nuovo,  inutilmente,  la
 necessita'  che  il  Ministero  subentrasse   nel   contratto   (nota
 commissariale  17  settembre  1991,  citata in all. 1); emerge infine
 che, a seguito dello sfratto  per  morosita'  intimato  alla  regione
 dalla  fondazione  proprietaria  dell'immobile  (cfr. il preavviso di
 rilascio notificato l'11 gennaio  1993,  ad  all.  3),  lo  scrivente
 commissario,  nell'inerzia  di  tutte le amministrazioni interessate,
 promuoveva unilateralmente una apposita riunione per il  23  novembre
 1992 (vedi il verbale ad all. 4).
    A seguito di tale riunione, cui partecipavano, oltre ai commissari
 in   carica,   funzionari  del  Ministero  agricoltura  e  foreste  e
 l'amministratore  della  fondazione  Besso,  questi  comunicava   per
 iscritto  la  propria  disponibilita' ad entrare in trattative per la
 stipulazione di una nuova locazione con il  Ministero  agricoltura  e
 foreste  (nota  30  novembre  1992  dell'amministratore,  ad all. 5);
 peraltro, nel prosieguo, la fondazione Besso, ottenuta il 24 dicembre
 1992 la convalida dello sfratto intimato  alla  regione  Lazio  (cfr.
 preavviso  di  sfratto  ad  all. 3 e la nota commissariale 3 dicembre
 1992, n. 1964, ad all. 6), poneva tale titolo in esecuzione  coattiva
 (fax  commissariale  11 febbraio 1993, n. 358 prot. ad all. 7) e, fin
 dal  15  febbraio  1993,  lamentando   il   disinteressamento   della
 controparte,  manifestava  l'intenzione di interrompere le trattative
 (nota 12 febbraio 1993 della fondazione Besso, ad all. 8).
    Le trattative, allo stato, non hanno subito interruzione; anzi, il
 27 marzo 1993, veniva acquisito  il  parere  favorevole  dell'ufficio
 tecnico  erariale (all. 9), il 30 aprile 1993 l'intendenza di finanza
 dava comunicazione  dell'indisponibilita'  di  locali  di  proprieta'
 demaniale atti allo scopo (all. 10).
    Il   9   aprile   anche   il  Ministro  dell'agricoltura  scriveva
 all'intendenza di finanza, chiedendo un urgente nulla-osta alla spesa
 (all. 11), ma neanche un mese dopo, in  vista  di  un  nuovo  accesso
 dell'ufficiale  giudiziario,  questa  linea  veniva  abbandonata e si
 optava decisamente per  il  bonario  rilascio  dei  locali  di  Torre
 Argentina,  previo  trasloco  degli  uffici  commissariali nei locali
 appositamente reperiti in via Sallustiana, 10, Roma.
    In proposito, il sottoscritto  commissario  esprimeva  fin  dal  5
 maggio  1993  il  proprio deciso e argomentato parere contrario (all.
 12); ma, senza tenere  tale  parere  in  alcun  conto,  il  Ministero
 ribadiva  la  propria  volonta'  di  abbandonare  i  locali  di largo
 Argentina, disponendo  d'autorita'  per  il  trasloco  di  archivi  e
 materiali  e  minacciando  di  tenere  il  sottoscritto personalmente
 responsabile  di  ogni  danno,  ove  il  rilascio  non  avesse  avuto
 esecuzione  (cfr.  note 7 giugno 1993, n. 4389 prot., 11 giugno 1993,
 n. 4531 prot., 17 giugno 1993, n. 4603 prot., 22 giugno 1993, n. 4791
 prot., oggetto della presente impugnativa, ad allegati 13, 14,  15  e
 16).
    Il  trasloco,  inizialmente  disposto per il 21 giugno 1993, aveva
 effettivamente inizio il 24 giugno 1993 (all. 17).
    Il Ministero di grazia e giustizia interveniva sulla questione con
 nota 31 marzo 1993, n. 757, invitando il Ministero dell'agricoltura a
 individuare per il commissariato di Roma una  idonea  sede,  evitando
 l'interruzione  delle  sue funzioni giudiziarie (all. 18); con nota 9
 aprile 1993, dove accettava,  de  iure  condendo,  l'ipotesi  di  una
 attribuzione a se' degli oneri di provvista all'ufficio commissariale
 (all.  19); infine, con nota 25 giugno 1993, dove negava ogni propria
 competenza in ordine al disposto trasloco (all. 20).
                             D I R I T T O
    1. - Con il presente ricorso, si  contestano  in  primo  luogo  le
 modalita'  con  le quali il Ministero dell'agricoltura ha disposto la
 scelta dei nuovi locali da adibire a sede dell'ufficio commissariale,
 in netto e irrisolto contrasto con il commissario, nonche' i tempi  e
 i modi del disposto trasloco, assolutamente lesivi della indipendenza
 dell'organo  giurisdizionale;  sotto  entrambi  i  profili  si assume
 pertanto violato, dal provvedimento del  Ministero  dell'agricoltura,
 l'art. 104, primo comma, della Costituzione.
    In  secondo luogo, e piu' radicalmente, si assume che il potere di
 provvedere i commissariati agli usi civici dei locali d'ufficio,  dei
 servizi  e  del  personale  di  segreteria  appartenga  oggi, de iure
 condito, non piu' al Ministero  dell'agricoltura  e  foreste,  ma  al
 Ministero  di  grazia  e  giustizia, e si assume sotto questo aspetto
 violato, sia dal provvedimento del Ministero dell'agricoltura, sia da
 quello  del  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  l'art.  110  della
 Costituzione.
    In  terzo  luogo,  e  subordinatamente, si eccepisce che, ove tale
 potere sia tuttora previsto dalla  legge,  esso  appare  comunque  in
 contrasto   con   il   principio  di  ragionevolezza  (art.  3  della
 Costituzione) nonche' con il principio di correttezza  ed  efficienza
 della  pubblica  amministrazione (art. 97/1 della Costituzione), onde
 si sollecita la  Corte  costituzionale  a  sollevare  davanti  a  se'
 medesima  la questione di legittimita' costituzionale della normativa
 in  cui  esso  sia  eventualmente  contenuto,  al   fine   di   poter
 correttamente decidere in merito al proposto conflitto di poteri.
    2.  -  Secondo  l'art.  38 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, le
 spese per l'indennita' ai commissari, agli  assessori  e  quelle  per
 fitto  dei  locali, per funzionamento degli uffici e per retribuzioni
 giornaliere al personale di segreteria e di servizio, vanno iscritte,
 su apposito capitolo, al bilancio del  Ministero  dell'agricoltura  e
 foreste (olim, del Ministero dell'economia nazionale).
    In  base  a  tale norma, secondo l'interpretazione tuttora seguita
 nella prassi amministrativa, l'onere di provvedere all'organizzazione
 e al funzionamento dei commissariati, che  fa  capo  per  gli  uffici
 della  giurisdizione  ordinaria  al  Ministero di grazia e giustizia,
 appartiene  invece,  per  i  commissariati  agli  uffici  civici,  al
 Ministero dell'agricoltura e foreste.
    Tale  interpretazione  e'  fondata  su una premessa implicita, che
 potrebbe essere cosi' ricostruita:  l'onere  della  provvista  spetta
 all'ente che paga le spese.
    In  realta',  l'onere  di sopportare sul proprio bilancio le spese
 per i locali e i  servizi  giudiziari  si  distingue  dal  potere  di
 provvedere  alla loro organizzazione e funzionamento, appartenendo il
 primo, in generale,  ai  comuni  nei  quali  hanno  sede  gli  uffici
 giudiziari  (cfr. artt. 1 e 2 della legge 24 aprile 1941, n. 392), le
 seconde  al  Ministero  di  grazia  e  giustizia  (art.   110   della
 Costituzione).
    L'interpretazione  corrente dell'art. 38 della legge n. 1766/1927,
 ha, peraltro, una giustificazione storica,  perche',  all'origine,  i
 commissariati  agli  usi  civici  erano  organi  quasi esclusivamente
 amministrativi,  dotati  di   competenza   giurisdizionale   soltanto
 incidentale;  era  dunque  giustificato,  allora, che al Ministero di
 riferimento competessero non solo gli oneri  di  spesa,  ma  anche  i
 poteri di provvista.
    Nell'ipotesi che questa regola sia tuttora in vigore, va rilevato,
 tuttavia,   che  manca,  nella  normativa  speciale,  una  disciplina
 corrispondente a quella dell'art. 5 della legge n. 392/1941; in altri
 termini, non e' prescritto che,  nella  scelta  dei  locali  per  gli
 uffici del commissariato, il Ministero dell'agricoltura acquisisca il
 parere di idoneita' degli organi competenti.
    Puo'  dunque  il Ministero dell'agricoltura effettuare tale scelta
 senza alcuna istruttoria? Quid iuris, nel caso in cui il  commissario
 abbia espresso, come nel caso di specie, motivato parere negativo?
    Si  noti  che  il  conflitto  ha,  in  radice,  natura  oggettiva,
 l'idoneita' potendo  sussistere  in  concreto,  anche  se  negata  da
 entrambi  gli  uffici  o,  al  contrario,  potendo  mancare, anche se
 affermata da entrambi; e cosi', per  ogni  ipotizzabile  subordinata,
 potendo  sussistere o mancare, indipendentemente dal parere di questo
 o quello degli uffici interessati.
    E  tuttavia  il  denunciato  conflitto  assume  immediatamente  un
 profilo  soggettivo,  perche'  implica,  altrettanto radicalmente, la
 pretesa dell'organo amministrativo di imporre a quello giudiziario la
 propria decisione, riducendolo ad ufficio soggetto e  subalterno,  in
 contrasto con l'art. 104, primo comma, della Costituzione.
    Per  altro, le funzioni circa "l'organizzazione e il funzionamento
 dei servizi relativi alla  giustizia"  sono  riservate  espressamente
 dalla  Costituzione,  all'art. 110, ad una autorita' amministrativa -
 il Ministero di grazia  e  giustizia  -  che  e'  l'unica  ad  essere
 menzionata  dalla  Costituzione  medesima,  e la cui collocazione nel
 sistema e' funzionalmente collegata proprio all'amministrazione della
 giustizia.
    Tale  pretesa  e',  nel caso di specie, particolarmente evidente e
 grave, se si considera che, da un lato,  il  Ministero  prospetta  la
 nuova  sede come provvisoria, cioe', aderendo alle prospettazioni del
 commissario, non pienamente  adatta  alle  funzioni  dell'ufficio  da
 trasferire  (cfr.  note  7  giugno 1993, n. 4389 e 17 giugno 1993, n.
 4603); che, d'altro  lato,  esso  non  motiva  affatto  in  punto  di
 idoneita',  inducendo quindi a pensare che la sua decisione sia stata
 presa anche a costo della inoperativita'  o  della  inefficienza  del
 commissariato,  cioe'  in  formle contrasto con le ragioni stesse dei
 propri poteri di provvista.
    Questa impressione e' confermata dai tempi e dai modi del disposto
 trasloco, che ben poteva essere ancora una volta rinviato  -  con  il
 consenso  della  proprieta'  - fino all'inizio dell'imminente periodo
 feriale, in modo da non recar disturbo all'ordine delle udienze  gia'
 fissate;  che  invece  e'  stato  disposto  in  maniera ultimativa ed
 eseguito autoritativamente, sottraendo  al  commissario  quel  potere
 nell'organizzazione dei propri lavori, che certamente gli spetta.
    Anche  sotto questo profilo, il modo in cui e' stato esercitato il
 potere  di  provvista  dei  locali  appare  lesivo  dell'indipendenza
 dell'ordine giudiziario.
    3.  -  L'interpretazione dell'art. 38 della legge n. 1766/1927 fin
 qui discussa,  non  ha  piu',  oggi,  fondamento,  perche',  dopo  il
 trasferimento  delle  attribuzioni  amministrative  alle  regioni,  i
 commissariati   sono   divenuti   a   tutti   gli   effetti    uffici
 giurisdizionali  ordinari e sono soggetti pertanto alla provvista del
 Ministero di  grazia  e  giustizia,  ai  sensi  dell'art.  110  della
 Costituzione.
    In  proposito,  va infatti considerato che, per la sua estrazione,
 per le procedure della sua nomina, per la competenza del suo  ufficio
 e  per  l'ordine  delle  competenze  in  grado  d'appello  sulle  sue
 sentenze, il giudice  commissariale  non  si  distingue  affatto  dal
 giudice  ordinario,  una  diversa disciplina essendo dettata soltanto
 quanto  alla  competenza  territoriale  (art.  27  della   legge   n.
 1766/1927),  alla  maggiore  liberta' di forme (art. 31, primo comma,
 della legge n. 1766/1927), oltreche'  al  suo  perdurante  potere  di
 impulso   processuale   (cfr.   Corte   costituzionale,  sentenza  n.
 133/1993).
    Allo stato della normativa vigente, dunque,  il  commissario  agli
 usi  civici  non  e'  un  giudice  speciale, ma un giudice ordinario,
 specializzato  per  materia  e  per  rito;  l'organizzazione   e   il
 funzionamento  dei servizi che lo riguardano rientrano dunque a pieno
 titolo nelle attribuzioni del Ministero di grazia e giustizia, giusta
 le previsioni dell'art. 110 della Costituzione.
    3.1. - Secondo il Consiglio  di  Stato  (Cons.  Stato,  parere  11
 febbraio  1981,  n.  1277/79;  Cons.  Stato, II, 16 dicembre 1987, n.
 2525/1987)  ai  commissari  agli  usi   civici   vanno   riconosciute
 competenze    istruttorie    nella   materia   amministrativa   delle
 legittimazioni.
    In realta', le istruttorie per le legittimazioni non  sono,  nella
 struttura   originaria   della  legge  n.  1766/1927,  diverse  dalle
 verifiche  dei  possessi  abusivi  sui  demani,   che   pacificamente
 competono  non  allo  Stato, ma alle regioni; se, tuttavia, come oggi
 accade spesso,  l'istituto  sia  utilizzato  ad  istanza  di  singoli
 occupatori  per  la  concessione di aree determinate, la verifica dei
 presupposti di legge e' rimessa al commissario, ma  anche  in  questi
 casi  la  decisione  di  dare  o negare la legittimazione deve essere
 presa dal Ministro  dell'agricoltura  e  dalla  regione  interessata,
 d'intesa  tra  loro,  con  esclusione  in capo al commissario di ogni
 attribuzione decisoria.
    Dunque,  nella   materia   amministrativa,   il   commissario   ha
 attribuzioni  esclusivamente  istruttorie, analoghe a quelle del pre-
 tore in materia di istruttorie amministrative per gli  incidenti  sul
 lavoro;  non  sembra,  in  ogni caso, che tali attribuzioni, comunque
 vengano ricostruite,  valgano  a  giustificare  una  persistenza  dei
 poteri    di   provvista   un   tempo   riconosciuti   al   Ministero
 dell'agricoltura.
    3.2. - Il potere  di  provvista  del  Ministero  dell'agricoltura,
 fondato   sul   preminente   carattere   amministrativo  dell'ufficio
 commissariale, era giustificato in passato  anche  da  una  serie  di
 penetranti  poteri  di  organizzazione,  di indirizzo e di vigilanza,
 attribuiti al Ministero sull'organo e sulla sua attivita'; tra i piu'
 importanti, erano la facolta' di  proporre  al  Capo  dello  Stato  i
 magistrati   da   nominare  commissari  (art.  27/1  della  legge  n.
 1766/1927), il potere di determinare con decreto la circoscrizione  e
 la  sede  dei  vari commissariati (art. 27/3), quello di nominare gli
 assessori destinati a coadiuvare i commissari nelle istruttorie (art.
 28/1), il potere  di  approvare  le  conciliazioni  (art.  29/5),  la
 suprema  direzione  per  l'esecuzione  delle disposizioni della legge
 fondamentale (art. 37/1), la facolta' di promuovere  e/o  sollecitare
 le azioni e le operazioni demaniali (art. 27/2), il potere di emanare
 norme regolamentari per l'esecuzione della legge (art. 43), ecc.
    A  seguito  del  d.P.R.  n.  616/1977  e  di  numerose, importanti
 decisioni  della  Corte  costituzionale,  questi  poteri  sono  stati
 trasferiti  alle  regioni o radicalmente soppressi; oggi, infatti, la
 facolta' di nominare i commissari appartiene al  Consiglio  superiore
 della  magistratura (Corte costituzionale, sentenza n. 398/1989) e al
 Ministro dell'agricoltura e' stata riconosciuta  soltanto  quella  di
 comunicare al Consiglio le vacanze d'organico (CSM, circolare 8 marzo
 1990,  n. 3692); il potere del Ministro di determinare con decreto la
 circoscrizione e la sede dei  vari  commissariati,  pur  riconosciuto
 legittimo  dalla  Corte  costituzionale  per  l'epoca  antecedente al
 d.P.R. n. 616/1977, non  e'  stato  piu'  esercitato  e  si  potrebbe
 nuovamente  dubitare della sua legittimita', per contrasto con l'art.
 25, primo comma, della Costituzione,  in  ragione  della  consolidata
 natura  giurisdizionale  dell'ufficio  commissariale;  la facolta' di
 nominare gli assessori e' stata  dal  Ministero  stesso  riconosciuta
 alle  regioni;  l'approvazione  delle conciliazioni e' atto di natura
 amministrativa,  pacificamente   ricompreso   tra   le   attribuzioni
 regionali;  la  suprema  direzione  delle  operazioni  demaniali, mai
 peraltro esercitata  dal  Ministero  neppure  nel  passato,  e'  oggi
 esclusa  in  radice  per  un  verso  dalla natura giurisdizionale del
 commissario e per altro verso dalla autonomia regionale; la  facolta'
 di promuovere e/o sollecitare le azioni e le operazioni demaniali, in
 via  principale o suppletiva, e' oggi anch'essa ritenuta attribuzione
 regionale, cosi' come e' regionale il potere di emanare  nuove  norme
 amministrative o legislative in materia di usi civici.
    A seguito della sentenza n. 398/1989 della Corte costituzionale e'
 cessata,  come  e'  noto,  l'ultima di queste attribuzioni, quella di
 proporre i magistrati per la nomina all'ufficio commissariale; se  ne
 deve  dedurre  che,  oggi,  il potere di provvista sarebbe funzionale
 solo a se' medesimo.
    3.3. - Con nota 31 marzo 1993, n. 60/43 (all. 18),  rispondendo  a
 un  quesito  a  suo tempo formulato dal sottoscritto, il Ministero di
 grazia e giustizia ha negato peraltro di essere tenuto alla provvista
 dei commissariati, in ragione della perdurante mancanza  di  apposite
 previsioni di spesa sul proprio bilancio.
    L'obiezione  non  sembra  molto consistente; da un lato infatti le
 previsioni di spesa sui bilanci ministeriali sono  fatte  per  grandi
 insiemi  e  l'onere  aggiuntivo  relativo  agli  uffici commissariali
 potrebbe  essere  regolato  con  semplici  variazioni  in  corso   di
 esercizio,   cioe'   cancellando  le  corrispondenti  previsioni  sul
 bilancio dell'agricoltura e iscrivendole al bilancio della Giustizia.
    D'altro lato, la distinzione, sopra  tratteggiata,  tra  onere  di
 spesa  e  potere  di  provvista consente di ritenere che, anche se la
 spesa fosse tuttora da iscrivere  al  bilancio  dell'agricoltura,  la
 provvista spetterebbe comunque al Ministero di grazia e giustizia.
    4.  -  Il provvedimento del Ministero dell'agricoltura, che impone
 al commissariato di Roma il trasloco  nei  locali  demaniali  di  via
 Sallustiana,  10,  va dunque annullato da questa Corte costituzionale
 perche' costituisce esercizio di un potere di provvista spettante  ad
 altra amministrazione.
    Per  l'ipotesi  in  cui  la  conclusione  ora  raggiunta non fosse
 condivisa,  dobbiamo  ora  esaminare  le  censure   di   legittimita'
 costituzionale che possono essere mosse contro l'ipotesi contraria.
    Le  piu'  gravi  di  esse  hanno  riguardato  alla  provvista  del
 personale, e non attengono pertanto al provvedimento censurato;  esse
 vanno esposte per sottolineare l'assoluta anomalia della situazione e
 per  agevolare  l'esatta  comprensione  dei  profili  attinenti  alla
 provvista dei locali.
    4.1.  -  La  legge  non  determina  le  sfere  di  competenza,  le
 attribuzioni   e   le  responsabilita'  proprie  dei  funzionari  del
 commissariato (art. 97, secondo comma, della Costituzione); tuttavia,
 anche se fosse prevista una regolare tabella organica,  il  Ministero
 dell'agricoltura  non  potrebbe  certamente  destinarvi cancellieri e
 segretari giudiziari, ma solo funzionari tecnici  ed  amministrativi,
 provenienti dalle proprie carriere.
    Cio'  e'  quanto  accade  di  fatto,  con la conseguenza che negli
 uffici commissariali mancano del tutto  funzionari  professionalmente
 atti ad espletare i servizi giudiziari di competenza dell'ufficio.
    Non  si  vuole  ovviamente  qui  stigmatizzare la preparazione del
 personale di segreteria, che spesso ricopre il  proprio  incarico  da
 anni   ed   ha   accumulato  in  proposito  esperienze  e  competenze
 paragonabili a quelle di un collaboratore di  cancelleria;  si  vuole
 invece   sottolineare   che   tutti  i  funzionari  delle  segreterie
 commissariali esercitano di necessita' funzioni  non  previste  dalle
 proprie qualifiche e livelli.
    A  cio'  va aggiunto che, per la provenienza e l'inquadramento del
 personale, le segreterie commissariali sono del tutto escluse da ogni
 ispezione di cancelleria, mentre  le  ispezioni  amministrative,  pur
 possibili  in  astratto,  non  sono mai state espletate, per carenza,
 presso il Ministero dell'agricoltura,  di  funzionari  competenti  in
 merito ai servizi da ispezionare.
    Chiunque  abbia  un  minimo  di  pratica  non si dice degli uffici
 commissariali, ma  di  un  qualunque  ufficio  giudiziario  comprende
 subito  a  quali conseguenze puo' condurre questa situazione e quanto
 essa sia distante dai principi dell'art. 97 della Costituzione.
    4.2. -  Si  accennava  che  la  legge  non  prevede  le  dotazioni
 organiche  degli uffici commissariali; a tanto ha provveduto peraltro
 il Ministero dell'agricoltura, nel  corso  del  1989  denunciando  al
 Ministero della funzione pubblica, in maniera egualitaria per tutti i
 commissariati, le carenze di un organico inesistente.
    A  seguito  di  cio',  sono  state  approvate  e  pubblicate,  nel
 settembre del  1992,  graduatorie  per  la  mobilita'  di  funzionari
 provenienti   dall'amministrazione  ferroviaria  o  da  quella  della
 pubblica istruzione; di essi nessuno ancora ha preso servizio  presso
 il  commissariato  di Roma, ma, in compenso, nessuno ha mai pensato a
 sostituire, eventualmente con assunzioni a termine, il  personale  in
 maternita' (due funzionari) o le professionalita' carenti come quella
 dell'addetto alla contabilita'.
    E'  da  aggiungere  che  il commissariato di Roma si valeva fino a
 ieri  di  due  funzionari  regionali,  residuati  dal   trasferimento
 dell'ufficio  regionale  ad  altra  sede  e  adibiti alle funzioni di
 addetti all'archivio; ne' il Ministero si e' mai fatto carico non  si
 dice di sostituirli, ma di regolarizzare la loro situazione.
    Ove  la  Corte  lo ritenga necessario si fa riserva di produrre in
 proposito idonea  documentazione;  si  osserva  fin  d'ora  che  tali
 vicende,   mentre   palesemente   coinvolgono  delle  responsabilita'
 amministrative,  dimostrano  altresi',   da   parte   del   Ministero
 dell'agricoltura,   una   radicale   carenza   di   capacita'   nella
 organizzazione di un ufficio a lui cosi' eterogeneo.
    4.3. - Veniamo alla provvista dei locali.
    Per oltre dieci anni, il commissariato di  Roma  e'  stato  ospite
 della  regione  Lazio;  dopo  il  d.P.R.  n.  616/1977,  il Ministero
 dell'agricoltura non si e' infatti piu' dato cura di provvedergli una
 sede  separata,  anzi,  ha  espressamente  teorizzato  che  anche  la
 provvista   della   sede  commissariale,  come  ogni  altra  funzione
 amministrativa in materia di usi civici,  e'  stata  trasferita  alle
 regioni.
    In tal modo, l'ufficio giurisdizionale dello Stato ha continuato a
 convivere con l'ufficio amministrativo della regione, traendo da cio'
 qualche    vantaggio    materiale,    indispensabile   alla   propria
 sopravvivenza, ma rimanendo esposto, giornalmente, ai problemi di una
 convivenza non regolata,  a  medio  termine,  ai  mutamenti  ed  alle
 vicissitudini  della  politica  regionale,  infine,  agli esiti di un
 rapporto contrattuale nel quale non aveva diritto di parola.
    Simile  situazione  oggi  si   vorrebbe   riprodurre   rovesciata,
 incardinando il commissariato all'interno di un ufficio ministeriale,
 capace  forse  di sopperire in qualche misura alle sue carenze in via
 di fatto, ma percio' stesso destinato a incentivare il rinvio di ogni
 soluzione definitiva e comunque non in grado di garantirgli autonomia
 e sopravvivenza a lungo termine, soprattutto  in  questa  fase  post-
 referendaria.
    4.4.  -  Non  v'e' bisogno di altre parole per sottolineare quanto
 tale  situazione  sia  lontana  non  solo  dalla  buona  e   corretta
 amministrazione,ma  anche  dalla  necessaria autonomia e indipendenza
 della funzione giudiziaria (art. 104 della Costituzione).
    Ne'  si  tratta di una situazione di fatto, addebitabile solo alle
 scorrettezze di alcuni funzionari e connessa pertanto al modo in  cui
 questo e' stato esercitato il potere di provvista, piu' che al potere
 come  tale; al contrario, essa appare radicata proprio nella radicale
 subalternita'  dell'ufficio   giudiziario   rispetto   al   Ministero
 amministrativo,  da cui dipende per i locali e per il personale e del
 quale e' destinato non solo a figurare, ma anche ad  essere  trattato
 come organo periferico.
    Tale  situazione  normativa  andra'  dunque censurata dalla Corte,
 riconducendo  anche  gli  uffici  commissariali  alla  provvista  del
 Ministero  di grazia e giustizia, con il conseguente annullamento del
 provvedimento che si impugna.