ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 444 del codice di procedura penale e 164 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 28 novembre 1992 dal Pretore di Roma - Sezione distaccata di Frascati - nel procedimento penale a carico di Catoni Mario, iscritta al n. 77 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 6 ottobre 1993 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Pretore di Roma - Sezione distaccata di Frascati, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale: a) dell'art. 444 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui non prevede, per gli imputati tossicodipendenti che abbiano in corso programmi di recupero, istituti processuali analoghi a quello previsto dall'art. 28 del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni), che conferisce al giudice il potere di sospendere il processo al fine di valutare la personalita' dell'imputato; b) dell'art. 444 del codice di procedura penale, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, nella parte in cui, per i processi riguardanti imputati tossicodipendenti che abbiano in corso un programma di recupero e che non possano usufruire dei benefici di legge, non prevede "forme di sanzioni sostitutive alternative" a quelle previste dall'art. 17 del codice penale; c) degli artt. 164 del codice penale e 444 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, "laddove impediscono di concedere per la terza volta la pena sospesa per un imputato con in corso un programma terapeutico di recupero, semprecche', il cumulo delle pene sole o congiunte a pene pecuniarie non superi il tetto degli anni 2"; e che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale, nel richiedere che le questioni siano dichiarate non fondate, ha tuttavia osservato, in sede di memoria, che le recenti modifiche legislative riguardanti il "trattamento dei detenuti tossicodipendenti (decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139)" sembrano imporre la restituzione degli atti al giudice a quo per nuovo esame della rilevanza alla stregua dello ius superveniens; Considerato che il mutamento del quadro normativo evocato dall'Avvocatura (decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139, convertito, con modificazioni, nella legge 14 luglio 1993, n. 222) non presenta dirette interferenze con le disposizioni oggetto di impugnativa ne' appare essere in alcun modo satisfattivo del petitum che il giudice a quo fa mostra di perseguire, sicche' difettano nella specie i presupposti per assoggettare a nuovo esame del rimettente la rilevanza delle questioni sottoposte allo scrutinio di questa Corte; che la questione sub a) e' manifestamente inammissibile, in quanto la evidente eterogeneita' delle situazioni poste a raffronto impedisce di ritenere soluzione costituzionalmente imposta, alla stregua dei parametri invocati, quella di estendere agli imputati tossicodipendenti che abbiano in corso programmi di recupero, un istituto tipico ed esclusivo del processo minorile quale e' quello previsto dall'art. 28 del d.P.R. n. 448 del 1988, cosicche' qualsiasi diversa opzione in proposito non puo' che essere frutto delle scelte discrezionali riservate al legislatore; che per analoghi rilievi questa Corte (v. ordinanza n. 100 del 1992) ha gia' dichiarato manifestamente inammissibile la questione sub b) e che pertanto identica pronuncia deve adottarsi in merito alla questione qui proposta, non adducendo il rimettente argomenti nuovi o diversi rispetto a quelli allora esaminati; che in merito alla questione sub c) questa Corte ha in piu' occasioni affermato che, fondandosi il beneficio della sospensione condizionale della pena su una "prognosi di ravvedimento", e' del tutto "coerente non consentire la sospensione in caso di recidiva plurima al fine di non contraddire l'anzidetto giudizio "che diverrebbe sempre meno plausibile, una volta che si andasse oltre la recidiva primaria" (v. sentenze n. 361 del 1991 e n. 133 del 1980), sicche', non prospettando il giudice a quo temi diversi da quelli gia' esaminati, l'ultima delle questioni proposte deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.