ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 100, 103 e
 104  del  d.P.R.  11  luglio  1980, n. 753 (Nuove norme in materia di
 polizia, sicurezza e regolarita' dell'esercizio delle ferrovie  e  di
 altri servizi di trasporto), promosso con ordinanza emessa l'11 marzo
 1993  dal  Tribunale  di  Pavia  nel procedimento civile vertente tra
 l'Azienda Servizi Municipalizzati di Pavia e Forlini Pietro ed altri,
 iscritta al n. 224 del registro ordinanze  1993  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  21, prima serie speciale,
 dell'anno 1993;
    Visti gli atti di costituzione di Comizzoli Mario e dell'A.S.M. di
 Pavia nonche' l'atto di intervento del Presidente del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  ottobre  1993  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi gli avvocati Luciano Ventura per Comizzoli Mario,  Ferruccio
 Carboni per l'A.S.M. di Pavia e l'avvocato dello Stato Giuseppe Stipo
 per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  del  giudizio  di  appello promosso dall'Azienda
 Servizi Municipalizzati di Pavia avverso  la  sentenza  pretorile  19
 febbraio  1992,  che l'aveva condannata a corrispondere ai ricorrenti
 la retribuzione prevista  dall'art.  17,  lett.  c),  del  r.d.l.  19
 ottobre  1923,  n. 2328, il Tribunale di Pavia, con ordinanza dell'11
 marzo  1993,  ha  sollevato,  in  riferimento   all'art.   76   della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1,
 100,  103  e  104  del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, attuativo della
 delega legislativa conferita al Governo dalla legge 6 dicembre  1978,
 n.  835,  "nella  parte  in cui dispongono l'abrogazione del (citato)
 r.d.l. n. 2328 del 1923 senza farne  salva  la  vigenza  quale  norma
 transitoria anche per le categorie di servizi di trasporto diverse da
 quelle indicate nell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 753 del 1980". Ad
 avviso  del  giudice  remittente, le norme denunciate sono viziate da
 eccesso di delega in relazione:
       a) all'art. 1, lett. c), della  legge  n.  835  del  1978,  che
 demanda    al    Governo    di   "provvedere   al   riordinamento   e
 all'aggiornamento delle disposizioni per la polizia, la  sicurezza  e
 la  regolarita'  dei  servizi di trasporto terrestre" limitatamente a
 quelli, diversi dalle ferrovie in concessione, rimasti di  competenza
 degli  organi dello Stato o trasferiti alla competenza delle Regioni,
 esclusi pertanto i servizi gestiti dalle aziende municipalizzate;
       b) all'art. 1, lett. a), che demanda al Governo  di  provvedere
 all'aggiornamento   e   al   riordino   delle   norme  contenute  nel
 "Regolamento circa la polizia, sicurezza e regolarita' dell'esercizio
 delle strade ferrate", approvato con r.d. 31 ottobre 1873,  n.  1687,
 restando percio' estranea alla delega la materia dei tempi di "lavoro
 effettivo"   e  dei  relativi  parametri  retributivi,  non  compresa
 nell'art. 10 del citato regolamento e disciplinata dall'art.  17  del
 r.d.l. n. 2328 del 1923;
       c)  all'art. 1, lett. e), che autorizza il Governo ad "abrogare
 tutte le disposizioni vigenti nelle  materie  oggetto  di  delega  in
 contrasto con la futura normativa", dai cui destinatari sono escluse,
 ai sensi della precedente lett. c), le aziende municipalizzate.
    Sul punto della rilevanza della questione il Tribunale precisa che
 gli  accordi  aziendali, cui rinvia l'art. 4/A del c.c.naz. 23 luglio
 1976 per  gli  autoferrotranvieri,  non  contemplano  una  disciplina
 convenzionale   che   possa   ritenersi  assorbente  del  diritto  di
 retribuzione previsto dall'art. 17 del r.d.l. n.  2328  del  1923.  I
 detti accordi disciplinano soltanto "i c.d. tempi accessori, istituto
 ben diverso da quello previsto dal menzionato art. 17".
    2.1.  - Nel giudizio davanti alla Corte si e' costituita l'Azienda
 Servizi  Municipalizzati  di  Pavia  sostenendo,  soprattutto   nella
 memoria  integrativa  dell'atto  di costituzione, l'irrilevanza della
 questione,  e   chiedendo   in   subordine   una   dichiarazione   di
 infondatezza.
    La   questione   sarebbe  irrilevante  perche',  indipendentemente
 dall'abrogazione o no del decreto del  1923,  la  causa  oggetto  del
 giudizio  a  quo  "avrebbe  dovuto  essere  decisa  sulla  base della
 normativa  applicabile  al  rapporto   di   lavoro   dei   dipendenti
 dell'Azienda  Municipalizzata,  ossia  il  r.d. n. 148 del 1931 e gli
 accordi collettivi ai quali il medesimo rinvia".
    L'infondatezza  e' sostenuta per un verso con argomenti analoghi a
 quelli svolti dalla Corte di cassazione nella sentenza  n.  6089  del
 1991,  per altro verso sul riflesso che l'abrogazione del decreto del
 1923 "non ha affatto travolto la normativa  degli  autoferrotranvieri
 dipendenti  dalle  aziende  municipalizzate,  in quanto e' rimasto in
 vigore il r.d. n. 148 del 1931, del quale l'art. 104 in questione  ha
 abrogato soltanto l'art. 8, sesto comma".
    Nel  merito  l'Azienda  si riporta ai motivi della sentenza appena
 citata, che ha ritenuto la questione manifestamente infondata. Non vi
 sarebbe eccesso di delega, secondo la Corte  di  cassazione,  perche'
 tra  le  norme  del  regolamento  del  1873,  che il Governo e' stato
 delegato ad aggiornare e riordinare, vi e' l'art. 10 che  obbliga  le
 societa'  esercenti  a "fissare l'orario di servizio del personale in
 modo da lasciare a questo le ore necessarie  di  riposo  continuato",
 cioe'  una  norma afferente alla medesima materia regolata dal r.d.l.
 n. 2328 del 1923, sicche' la delega  comprende  anche  il  potere  di
 incidere  sul rapporto di lavoro, quanto meno per la disciplina degli
 orari e dei turni di lavoro.
    2.2. - Si e' pure costituita una delle parti private chiedendo  la
 dichiarazione  di illegittimita' costituzionale delle norme impugnate
 per i motivi esposti nell'ordinanza di rimessione, che sono stati poi
 sviluppati e integrati in un'ampia memoria depositata in  prossimita'
 dell'udienza di discussione.
    La  difesa  del  prestatore  di  lavoro  osserva che oggetto della
 disciplina di cui all'art. 17, lett. c), del regolamento del 1923 non
 e' tanto la durata dell'orario effettivo di lavoro del  personale  di
 scorta  ai  treni,  quanto piuttosto le modalita' del suo calcolo e i
 riflessi economici del medesimo, cioe' una materia non compresa nella
 delega, onde appare inconferente il riferimento all'art. 10 del  r.d.
 n.  1687  del  1873,  il quale non tocca il trattamento economico del
 personale. D'altra parte,  la  norma  regolamentare  non  puo'  dirsi
 superata dall'art. 1 del r.d. n. 148 del 1931, essendo invece rimasta
 in  vigore in funzione di minimo legale di trattamento non derogabile
 dai contratti collettivi.
   In particolare, per quanto riguarda l'art. 1, lett. e), della legge
 n. 835 del 1978, la parte privata  rileva  che  questa  disposizione,
 letta  nel  contesto complessivo della delega, "non autorizza affatto
 il Governo ad abrogare qualsiasi norma che abbia  a  che  vedere  con
 l'esercizio  ferroviario".  Il potere abrogativo conferito al Governo
 incontra il duplice limite del riferimento della delega non a tutti i
 pubblici servizi di  trasporto,  ma  soltanto  a  quelli  specificati
 nell'art. 1, lett. c), e della condizione che le norme abrogate siano
 in contrasto con la futura normativa. La violazione di tale limite ha
 comportato  che  l'abrogazione  "secca"  del r.d.l. n. 2328 del 1923,
 senza il temperamento previsto dall'art. 103  del  decreto  delegato,
 inapplicabile  alle  aziende  municipalizzate,  lascia  priva di ogni
 regolamentazione legislativa per il personale di  queste  aziende  la
 materia  delle  modalita' temporali delle prestazioni di lavoro e del
 computo   nel   lavoro   effettivo   dei   tempi    occorrenti    per
 l'avvicendamento  dei  turni di guida, materia per la quale l'art. 36
 della Costituzione prevede una riserva di legge.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata.
    Inammissibile   perche',   per   quanto  riguarda  il  trattamento
 retributivo  del  personale   delle   aziende   municipalizzate,   la
 disciplina legale previgente e' stata sostituita dalla contrattazione
 collettiva  ai  sensi dell'art. 1, secondo comma, del r.d. n. 148 del
 1931. Infondata per le ragioni illustrate nella sentenza n. 6089  del
 1991 della Corte di cassazione piu' volte citata.
                        Considerato in diritto
    1.  - Il Tribunale di Pavia ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 1, 100, 103 e 104  del  d.P.R.  11  luglio
 1980,  n.  753  -  attuativo  della  delega  legislativa conferita al
 Governo dalla legge 6 dicembre 1978,  n.  835,  per  l'emanazione  di
 nuove   norme   in   materia  di  polizia,  sicurezza  e  regolarita'
 dell'esercizio delle ferrovie e  di  altri  servizi  di  trasporto  -
 "nella  parte  in  cui dispongono l'abrogazione del r.d.l. 19 ottobre
 1923, n. 2328, senza farne salva la vigenza, quale norma transitoria,
 anche per le categorie di servizi di trasporto diverse da quelle  in-
 dicate nell'art. 1, comma 3, del d.P.R. n. 753 del 1980".
    2.  -  L'Azienda  Servizi  Municipalizzati  di  Pavia  ha eccepito
 l'irrilevanza della questione sul riflesso che la causa  oggetto  del
 giudizio  a  quo  "avrebbe  dovuto  essere  decisa  sulla  base della
 normativa applicabile al rapporto  di  lavoro  dei  dipendenti  delle
 aziende  municipalizzate  di trasporto, ossia il r.d. 8 gennaio 1931,
 n. 148, e  gli  accordi  collettivi  ai  quali  il  medesimo  rinvia,
 prescindendo  dall'applicabilita'  diretta dell'art. 17 del r.d.l. n.
 2328 del 1923. Si trattava,  quindi,  di  valutare  se  la  normativa
 collettiva  nazionale  e  quella  aziendale  riservano un trattamento
 adeguato alle prestazioni dei conducenti di linea per quanto concerne
 sia i c.d. tempi accessori in senso stretto, sia le prestazioni rela-
 tive ai cambi di veicoli".
    Analoga eccezione e' stata formulata dall'Avvocatura dello  Stato,
 ad  avviso  della  quale l'art. 1, secondo comma, del r.d. n. 148 del
 1931  ha  "sostituito  la  disciplina  normativa  previgente  con  la
 contrattazione collettiva per quanto riguarda l'aspetto retributivo".
    L'eccezione  non  puo' essere accolta. Poiche' le norme del r.d.l.
 2328 del 1923 concernenti il trattamento economico del personale  non
 possono  ritenersi  abrogate  dall'art. 1, secondo comma, del r.d. n.
 148 del 1931, ma sono  rimaste  in  vigore  come  minimi  legali  non
 derogabili  (in  peius) dalla contrattazione collettiva (art. 7 disp.
 prel. cod. civ.), la tesi proposta sembra debba intendersi nel  senso
 che  il  giudice  a  quo,  una  volta accertato che la contrattazione
 collettiva si occupa soltanto dei c.d. tempi accessori, che sono cosa
 diversa dai "tempi di cambio", avrebbe dovuto mettere a confronto  le
 due  discipline,  legale  e  collettiva,  per  valutare,  col  metodo
 globale, se  la  seconda  sia  complessivamente  piu'  favorevole  ai
 lavoratori,  cosi'  da  potersi  considerare  assorbito  il beneficio
 previsto dall'art. 17, lett. c), del r.d.l. del  1923.  Va  replicato
 che - a parte la questione se il metodo globale di confronto, con cui
 si  applica  il criterio della fonte piu' favorevole nei rapporti tra
 contratto individuale di lavoro e  contratto  collettivo  (art.  2077
 cod.civ.), sia applicabile anche ai rapporti tra contratto collettivo
 e  legge  o  regolamento  -  la  detta  valutazione  e' espressamente
 respinta dall'ordinanza  di  rimessione:  "non  si  puo'  ritenere  -
 afferma  il giudice a quo - che dagli accordi aziendali cui rinvia il
 contr. coll. naz. del  23  luglio  1976  per  gli  autoferrotranvieri
 discenda  una  disciplina  convenzionale del rapporto di lavoro degli
 appellati con l'ASM di Pavia assorbente del diritto alla retribuzione
 prevista dall'art. 17 del r.d.l. n. 2328 del 1923".
    3. - In relazione agli artt. 1, 100 e 103 del d.P.R.  n.  753  del
 1980  la questione e' inammissibile perche' queste norme non incidono
 sulla disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle  aziende
 municipalizzate.
    L'art. 1, terzo comma, in conformita' dell'art. 1, lett. c), della
 legge di delega, estende le norme comunque riguardanti le ferrovie in
 concessione   a  tutti  gli  altri  servizi  collettivi  di  pubblico
 trasporto terrestre di competenza degli  organi  dello  Stato  e,  se
 concernenti  la polizia e la sicurezza dell'esercizio, anche a quelli
 di competenza delle regioni. Nel novero di  questi  servizi  pubblici
 non rientrano le aziende municipalizzate di trasporto. Queste aziende
 sono  estranee  anche al campo di applicazione degli artt. 100 e 103,
 esso pure limitato ai servizi pubblici indicati  nell'art.  1,  terzo
 comma.  Va  soggiunto  che  in relazione all'art. 103 la questione e'
 formulata in termini palesemente contraddittori, in  quanto  muove  a
 questa  norma  la censura di non avere fatta salva la vigenza, in via
 transitoria, del r.d.l. n. 2328 del 1923 "anche per le categorie  di-
 verse da quelle indicate nell'art. 1, terzo comma, del d.P.R. n.  753
 del  1980",  cioe'  per  le  categorie non comprese tra i destinatari
 della funzione legislativa delegata al Governo.
    4. - La questione e' ammissibile in relazione all'art. 104,  nella
 parte  in  cui  dispone l'abrogazione del r.d.l. n. 2328 del 1923. In
 questi termini, che prospettano una sentenza puramente caducatoria, e
 nei limiti della rilevanza per la decisione del giudizio  a  quo,  la
 questione e' anche fondata.
    L'argomento  contrario,  desunto  dalla  sentenza n. 6089 del 1991
 della Corte di cassazione, non puo' essere condiviso. Si sostiene che
 l'art. 1, lett. a), della legge n. 835  del  1978,  nel  delegare  il
 Governo  a  provvedere  all'aggiornamento  e  al riordino delle norme
 contenute nel regolamento circa la polizia, sicurezza  e  regolarita'
 dell'esercizio  delle  strade  ferrate  approvato con r.d. 31 ottobre
 1873, n. 1687, attrae indirettamente nell'ambito della  delega  anche
 il  r.d.l.  n. 2328 del 1923, avente per oggetto "la formazione degli
 orari e dei turni di  servizio  del  personale  addetto  ai  pubblici
 servizi  di  trasporto  in concessione", ossia un oggetto coincidente
 con quello dell'art. 10 del citato regolamento  del  1873,  il  quale
 demandava  alle  societa'  concessionarie  di  "fissare  l'orario  di
 servizio del personale in modo da lasciare a questo le ore necessarie
 di riposo continuato".
    Ma il confronto tra i due testi normativi  contraddice  l'asserita
 coincidenza  di  oggetto:  l'art.  10  del  regolamento  del  1873 si
 proponeva soltanto, in funzione della sicurezza dell'esercizio  delle
 strade ferrate, di evitare che gli addetti fossero sottoposti a turni
 di  lavoro  eccessivamente  lunghi  e  gravosi  senza l'alternanza di
 congrui periodi di riposo, mentre il regolamento del 1923 allarga  il
 proprio  oggetto  al trattamento economico del personale in ordine ai
 criteri di computo del lavoro effettivo al quale  va  commisurata  la
 retribuzione.
    L'interpretazione  estensiva  della delega, sostenuta dall'Azienda
 in causa e dall'Avvocatura dello Stato, porta all'assurdo di ritenere
 che, mentre per i servizi pubblici indicati nell'art. 1, terzo comma,
 del d.P.R. n. 753  del  1980  l'art.  103  del  decreto  medesimo  ha
 mantenuto  in vigore, in via transitoria, il r.d.l. n. 2328 del 1923,
 invece per le aziende  municipalizzate  la  disciplina  legale  degli
 orari  e dei turni di servizio, cui rinvia l'art. 1, primo comma, del
 r.d. n. 148 del 1931, sarebbe stata abrogata tout court senza  alcuna
 misura  di  diritto transitorio. Poiche' deve essere scartata, quando
 e'  possibile  un'interpretazione  diversa,   l'interpretazione   che
 ascrive   a   un   enunciato   normativo  un  significato  assurdo  o
 irragionevole, si deve ritenere che pure in relazione ai punti  a)  e
 b)  dell'art.  1 della legge n. 835 del 1978 la delega legislativa e'
 limitata ai servizi pubblici di trasporto specificati nel  punto  c).
 In  questo  senso, ma senza trarne la dovuta conseguenza in ordine ai
 limiti del potere abrogativo previsto nel punto e), si  e'  orientato
 lo stesso legislatore delegato nell'attuazione della direttiva di cui
 al  punto  b)  (tit. IX del d.P.R. n. 753 del 1980), e in particolare
 nell'art. 100, n. 5, che per le ferrovie  in  concessione,  e  quindi
 nell'ambito normativo definito dall'art. 1, terzo comma, del decreto,
 autorizza  il  Ministro  dei  trasporti a emanare norme regolamentari
 riguardanti la formazione  dei  turni  per  il  personale  addetto  a
 mansioni interessanti la sicurezza e la regolarita' del servizio.
    Del  resto,  pur ammesso che, attraverso l'art. 10 del regolamento
 del 1873, l'oggetto della delega investa anche il rapporto di  lavoro
 degli  autoferrotranvieri relativamente alla disciplina dell'orario e
 dei  turni  di  servizio,  il  potere  dell'organo  delegato  sarebbe
 comunque  limitato, secondo la lettera dell'art. 1 della legge n. 835
 del 1978, alle norme interessanti la sicurezza e la  regolarita'  del
 servizio,  restandone esclusa in ogni caso la materia del trattamento
 economico del personale, alla quale appartiene l'art. 17  del  r.d.l.
 n. 2328 del 1923.