Ricorso  del  presidente  della regione siciliana pro-tempore on.le
 prof. Giuseppe Campione, autorizzato a  ricorrere  con  deliberazione
 della  giunta  regionale  n. 435 del 29 ottobre 1993, rappresentato e
 difeso sia  congiuntamente  che  disgiuntamente  dall'avv.  Francesco
 Castaldi  e  dall'avv.  Francesco  Torre ed elettivamente domiciliato
 nella   sede  dell'ufficio  della  regione  siciliana  in  Roma,  via
 Marghera, 36 presso l'avv. Salvatore Sciacchitano, giusta procura  in
 margine  al  presente  atto  contro  il  Presidente del Consiglio dei
 Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in  Roma  presso  gli
 uffici  della  Presidenza del Consiglio dei Ministri, palazzo Chigi e
 difeso per legge dell'avvocatura dello Stato per la  risoluzione  del
 conflitto  di  attribuzione  insorto  per  effetto  del  decreto  del
 Ministro per le finanze del 5 novembre 1992, n. 43205, trasmesso alla
 presidenza della regione  con  nota  dell'intendenza  di  finanza  di
 Ragusa  n.  15044  del  22  settembre 1993 (pervenuta il 25 settembre
 1993),  nella  parte  relativa   all'approvazionedel   "progetto   di
 ripartizione  dell'immobile sede dell' ex ufficio del genio civile di
 Ragusa situato in via Natalelli".
                               F A T T O
    Com'e' noto, con il d.P.R. 30 luglio 1950, n. 878, modificato  con
 d.P.R.  1  luglio 1977, n. 683, recanti norme di attuazione dell'art.
 14, lettere f ), g ), i ) e s), dello statuto siciliano,  sono  state
 trasferite  alla regione tute le attribuzioni degli organi centrali e
 periferici dello Stato in materia di urbanistica e di lavori pubblici
 (eccettuate le grandi opere pubbliche  di  interesse  prevalentemente
 nazionale)  ed in materia di acque pubbliche in quanto non riconnesse
 ad opere pubbliche  di  interesse  nazionale.  Conseguentemente,  per
 l'esercizio  di  tali attribuzioni sono passati alle dipendenze della
 regione:
      1) gli  uffici  e  le  sezioni  del  provveditorato  alle  opere
 pubbliche  che  esercitano  funzioni  nelle  materie  attribuite alla
 regione;
      2) gli uffici  del  genio  civile  a  competenza  generale,  con
 esclusione  delle  sezioni,  anche  se  autonome,  che  esercitano le
 funzioni rimaste di competenza statale;
      3) la sezione autonoma  del  genio  civile  di  Palermo  per  il
 servizio idrografico.
    L'art.  2  del  citato  d.P.R. n. 878/1950 e succ. modif. non reca
 disposizioni sulle modalita' del  trasferimento  alla  regione  degli
 immobili  sedi  dei predetti uffici, limitandosi, al secondo comma, a
 prevedere la redazione di verbali da parte di funzionari delegati dal
 Ministero dei lavori pubblici e  dall'amministrazione  regionale,  in
 contraddittorio   tra  loro,  relativamente  alla  consistenza  degli
 arredi, delle macchine e delle attrezzature nonche'  dei  diritti  ed
 obblighi ad essi inerenti.
    Il  Ministero  delle  finanze,  con nota 17 gennaio 1983, n. 44893
 diretta al provveditorato alle  oo.pp.  per  la  Sicilia,  traeva  lo
 spunto  dalla  mancanza  di  indicazioni  della  suindicata normativa
 quanto all'individuazione degli  immobili  trasferiti  per  sostenere
 l'applicabilita'  alla  fattispecie dell'art. 5 del d.P.R. 1 dicembre
 1961, n. 1825, recante le norme di attuazione dello statuto siciliano
 in materia di demanio e patrimonio, secondo cui i  beni  oggetto  del
 trasferimento dello Stato alla regione sono individuati "con appositi
 elenchi  da  compilarsi  dal Ministero delle finanze di intesa con il
 Ministero del tesoro, con  gli  altri  ministeri  interessati  e  con
 l'amministrazione   regionale".   Il   provveditorato   alle  oo.pp.,
 nell'arco di poco piu' di un anno trasmise al detto  Ministero  tutti
 gli  elaborati  necessari  all'individuazione  degli  immobili di cui
 sopra (quelli relativi all'ufficio del genio  civile  di  Ragusa  con
 lettera  n. 14118/14379/14996 del 19 ottobre 1993), ma non ostante un
 sollecito  della  presidenza  della  regione   (nota   dell'assessore
 delegato 11 giugno 1984, n. 1375), la procedura non ha avuto luogo.
    Decorso  oltre  un lustro, il Ministero delle finanze ha preferito
 imboccare un'altra strada incaricando il provveditorato  alle  oo.pp.
 di  approntare  dei  piani  di  ripartizione  degli  immobili  di cui
 trattasi tra lo Stato  e  la  regione.  Tali  piani,  in  molti  casi
 modificati  in  pejus  dal  ministero quanto alla quota dei locali di
 spettanza regionale, sono stati  trasmessi  per  l'accettazione  alla
 presidenza  della  regione,  per  il  tramite del provveditorato alle
 oo.pp. (nota n. 2883 del 4 marzo 1991). In  particolare,  per  quanto
 concerne  la sede del genio civile di Ragusa, la locale intendenza di
 finanza, dietro istruzioni del ministero, con nota 20 luglio 1991, n.
 15751, assegnava alla presidenza della regione un termine  perentorio
 per  la  restituzione  col  visto  di  accettazione  del  progetto di
 ripartizione, con l'avvertenza che in  caso  di  inotttemperanza  "la
 direzione   generale  del  demanio"  avrebbe  provveduto  "ugualmente
 all'emissione del decreto di trasferimeento (sic) fatta salva per  la
 regione   la  possibilita'  di  impugnarlo,  ove  lo  ritenga,  nelle
 opportune sedi".
    Naturalmente la regione non  poteva  accettare  tale  imposizione,
 lesiva   della  propria  autonomia  (tralasciando  di  sciendere  nei
 dettagli del piano di riparto de quo, che riserva allo Stato la meta'
 degli uffici|) e purtuttavia  offriva  la  propria  disponibilita'  a
 cedere,  per  il  riattamento ad ufficio, l'appartamento per alloggio
 dell'  ex  ingegnere  capo  (fonogrmma  31  luglio   1991   a   firma
 dell'assessore  delegato  alla  presidenza), piu' che sufficiente per
 l'attivita' dei due o tre impiegati addetti al disimpegno delle resi-
 due attribuzioni statali nella materia di cui trattasi  in  provincia
 di  Ragusa. Di qui all'emanazione del decreto ministeriale impugnato,
 che ha fatto insorgere un vero e proprio  conflitto  di  attribuzione
 tra lo Stato e la regione: e' evidente infatti che l'approvazione del
 suddetto  piano  di riparto dei locali del genio civile di Ragusa, in
 dispregio delle esigenze dell'ufficio regionale, si  traduce  in  una
 memorazione  delle  competenze  regionali in subiecta materia, atteso
 l'innegabile nesso di strumentalita' che lega i primi alle seconde.
    Cio' premesso, il  decreto  impugnato  appare  illegittimo  per  i
 seguenti motivi di
                             D I R I T T O
    Violazione  dell'art.  14, lett. f ), g ), i ) e s), dello statuto
 siciliano. Violazione del d.P.R. 30 luglio 1950, n.  878,  modificato
 con d.P.R. 1 luglio 1977, n. 683.
    L'art.  2,  primo  comma,  del  d.P.R. n. 878/1950 e succ. modif.,
 recante le norme di attuazione dello statuto siciliano in materia  di
 opere pubbliche, stabilisce, per quanto qui interessa, che gli uffici
 del genio civile a competenza generale, con esclusione delle sanzioni
 che esercitano funzioni rimaste di compentenza statale, "passano alle
 dipendenze  della regione siciliana ed entrano a far parte integrante
 della sua organizzazione  amministrativa".  Il  secondo  comma  dello
 stesso  articolo  aggiunge che "il trasferimento regione dei predetti
 uffici comporta la successione allo Stato  nei  diritti  ed  obblighi
 inerenti  agli  immobili  sede  degli  uffici  stessi  e del relativo
 arredamento.
    Dalla  superiore  enunciazione  discende  in  primo  luogo  che il
 trasferimento dell'immobile di cui trattasi e' avvenuto ope legis  in
 "attuazione"   dello  statuto  siciliano  con  il  citato  d.P.R.  n.
 878/1950, il quale (art. 2, quinto  comma)  prevede  l'emanazione  di
 norme integrative solo quanto al passaggio alla regione del personale
 dello  Stato "in servizio presso gli uffici trasferiti con precedente
 primo comma"; uffici di cui i locali costituiscono parte  integrante.
 Onde  non  residua alcuno spazio per ulteriore atto di trasferimento,
 camuffato da "piano di ripartizione", la quale espressione lascia pur
 tuttavia   trasparire   un   disegno   programmatorio   dello   Stato
 incompatibile  con  la normativa sopra riportata, la cui applicazione
 implica soltanto una  mera  attivita'  ricognitiva  delle  sezioni  a
 competenza statale.
    Ma  il  decreto  impuganto,  anche  a  voler  ammettere  il potere
 ministeriale  di  "ripartizione"  degli  immobili  di  cui  trattasi,
 incorre  in una ulteriore violazione del citato d.P.R. n. 878/1950 in
 quanto sottrae alla regione una quota  dei  locali  macroscopicamente
 sproporzionata   rispetto   alle   esigenze   del  personale  addetto
 all'esercizio   delle   "funzioni   rimaste   statali",   attualmente
 costituito  da  non  piu'  di  due  unita',  oltre al capo "sezione",
 nominato con d.m. n. 9219/1991 e preposto  anche  alla  "sezione"  di
 Enna.  Ora,  a  parte  il  rilievo  che  le norme di attuazione hanno
 riguardo alla situazione esistente all'epoca della  loro  entrata  in
 vigore,  non  piu' suscettibile di modificazione agli effetti di spe-
 cie, la destinazione alla c.d. "sezione"  statale  di  una  quota  di
 uffici  pari  a  quella  destinata  alle sezioni regionali (con circa
 ottanta dipendenti) acquista il sapore di un vero  e  proprio  "patto
 leonino"  imposto  alla  regione, alla quale il ministero ha avuto la
 compiacenza di seguire "la  possibilita'  di  impugnarlo  ..    nelle
 opportune sedi giurisdizionali".
    II)  Violazione  dell'art.  43 dello statuto siciliano. Violazione
 del d.P.R.  1  dicembre  1961,  n.  1825.  Contrasto  con  precedenti
 provvedimenti.
    In  linea subordinata rispetto al primo profilo del primo motivo e
 senza recesso dalle censure ivi formulate, si rileva  che,  se  anche
 fosse fondata la tesi sostenuta nella menzionata nota della direzione
 generale  del  demanio  17  gennaio  1983, n. 44893 sulla lacunosita'
 delle norme di attuazione dello statuto siciliano in materia di opere
 pubbliche quanto al passaggio degli uffici elencati all'art. 2, primo
 comma, del d.P.R. n.  878/1950,  siffatta  lacuna  non  potrebbe  che
 essere   colmata  con  norme  integrative  emanate  col  procedimento
 previsto  dall'art.  43  St.Si.,  a  meno   di   ritenere   possibile
 l'applicazione  in  via  analogica di disposizioni contenute in altre
 norme di attuazione. Nella specie viceversa il ministero ha preferito
 imboccare la scorciatoia dell'intervento unilaterale emanando un atto
 autoritativo senza alcuna intesa con l'amministrazione regionale.
    Tale modo di procedere peraltro denota una evidente e macroscopica
 contraddittorieta' con la predetta nota con cui lo  stesso  ministero
 aveva  manifestato  l'intenzione  di seguire il procedimento previsto
 dall'art. 5 del d.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1825, recante le norme  di
 attuazione   dello   statuto   siciliano  in  materia  di  demanio  e
 patrimonio, il quale demanda al Ministero delle finanze, d'intesa con
 il  Ministero  del  tesoro,   con   gli   altri   ministeri   e   con
 l'amministrazione regionale la compilazione di elenchi, da approvarsi
 con  decreto  del  Capo  dello  Stato,  per l'individuazione dei beni
 demaniali e patrimoniali assegnati alla regione siciliana; procedura,
 quest'ultima,  a  cui  la regione era pronta ad aderire, come risulta
 dalla ospra menzionata nota dell'assessore delegato  alla  presidenza
 11 giugno 1984, n. 1375.
    III) Violazione dell'art. 97, primo comma, della Costituzione.
    L'esclusione del trasferimento alla regione di meta' dell'immobile
 di  cui  trattasi,  destinato  alla  neocostituita  "sezione" statale
 (composta  di  un  architetto  e  di  un  commesso)  costringera'  la
 stragande  maggioranza  dell'ufficio  del  genio civile, passata alle
 dipendenze della regione (con circa ottanta dipendenti|)  a  stiparsi
 nell'altra  meta'  dello  stabile, con le conseguenze negative che e'
 facile immaginare sull'esercizio di una delicata  attivita'  tecnica,
 comportante  tra  l'altro  contatti col pubblico e l'archiviazione di
 una grossa mole di eleaborati varii. Il  decreto  impugnato,  quindi,
 oltre a presentare i vizi sopra denunciati, cozza contro il principio
 del  buon  andamento  dell'amministrazione,  a nulla rilevando che si
 tratti  di  un'amministrazione  di  ente  diverso  da  quello  a  cui
 appartiene  l'autorita'  emanante,  dal momento che tale principio va
 osservato con riguardo all'ordinamento statuale nel suo complesso, di
 cui fa parte la regione siciliana, anche se ad autonomia speciale.