ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 427, primo
 comma, in relazione  all'art.  530,  secondo  comma,  del  codice  di
 procedura  penale,  promosso  con ordinanza emessa il 12 gennaio 1993
 dalla Corte di cassazione sul ricorso proposto  da  Gasparini  Marco,
 iscritta  al  n.  212  del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1993;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - La Corte di cassazione  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.   3   e   24  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 427, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale  (in  relazione  all'art.  530,  secondo  comma,  dello stesso
 codice)  nella  parte in cui non prevede l'esonero del querelante dal
 pagamento delle spese processuali anticipate dallo Stato nel caso  di
 assoluzione   del   querelato   con   formula  piena  conseguente  ad
 insufficienza o contraddittorieta' della prova.
    2. - Espone la Corte remittente che il primo comma  dell'art.  382
 del  codice  di  procedura  penale  abrogato, corrispondente al primo
 comma dell'art. 427 del codice attuale, prevedeva  espressamente  che
 il  querelante  non subisse condanna alla rifusione delle dette spese
 in caso di proscioglimento dell'imputato per insufficienza di  prove.
 Tale  formula  non  e'  piu' adottabile nel dispositivo, posto che il
 secondo comma dell'art. 530 del codice di  procedura  penale  prevede
 che  il  giudice debba pronunciare sentenza di assoluzione perche' il
 fatto non sussiste o perche' l'imputato  non  lo  ha  commesso  anche
 quando  la  prova  sia  insufficiente  o  contraddittoria;  pertanto,
 trattandosi di situazione equivalente a quella che, a norma dell'art.
 479, terzo comma, del codice previgente, determinava l'adozione della
 formula di proscioglimento per insufficienza di prove, la formula  di
 assoluzione  piena  puo'  ora  ricondursi  anche ad una situazione di
 dubbio, esprimibile, pero', solo  nella  motivazione.  Con  il  nuovo
 codice,  il  querelante  viene  quindi  a  esser posto, ad avviso del
 giudice a quo , in una posizione deteriore, per  quanto  concerne  il
 rimborso   delle  spese  anticipate  dallo  Stato,  come  conseguenza
 automatica della nuova regola sulle formule di proscioglimento e  non
 sulla base di una scelta razionale e meditata del legislatore.
    Ora,  prosegue  il remittente, con le sentenze n. 165 del 1974, 52
 del 1975 e 29 del 1992, la Corte costituzionale,  in  relazione  alla
 normativa  abrogata,  ha  individuato  la  ratio delle eccezioni alla
 regola della responsabilita' del querelante per  il  pagamento  delle
 spese   processuali   nel   principio   della   esenzione   da  detta
 responsabilita' allorquando  l'assoluzione  dell'imputato  derivi  da
 circostanze  non riconducibili al querelante stesso al quale, quindi,
 nessuna  colpa  puo'  essere  addebitata.  Ed  e'  stata   affermata,
 nell'ultima  delle  decisioni citate, l'illegittimita' costituzionale
 della detta normativa anche in ordine alla  mancata  esenzione  nella
 ipotesi  di  assoluzione  "perche'  il  fatto  non costituisce reato"
 (prendendo spunto da un caso in cui essa era stata  adottata,  in  un
 processo  iniziato in base a querela per diffamazione a mezzo stampa,
 per essere stata riconosciuta l'esimente del legittimo esercizio  del
 diritto   di   cronaca),  in  quanto  mancava  ogni  sintomo  di  una
 avventatezza o temerarieta' della querela.
    Se questo e' il  discrimine,  conclude  il  remittente,  e  se  la
 possibilita'  di  esonero del querelante dalla responsabilita' per le
 suddette spese e'  data  dalla  posizione  soggettiva  di  costui  al
 momento  della presentazione della querela, non sembra manifestamente
 infondato il dubbio di illegittimita' costituzionale del primo  comma
 dell'art. 427, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 quando  il  proscioglimento,  pur  enunciato  nel  dispositivo con le
 formule perche' il fatto non sussiste o perche' l'imputato non lo  ha
 commesso,  sia  in  realta' determinato da una insufficienza o da una
 contraddittorieta' della prova non addebitabile al  querelante  sotto
 il profilo della avventatezza o della temerarieta' della querela.
                        Considerato in diritto
    1.   -   La   Corte   di   cassazione  dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 427, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale,  nella  parte  in  cui  prevede la condanna del querelante al
 pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo  Stato  anche
 nel  caso  di assoluzione dell'imputato con formula piena conseguente
 ad insufficienza o contraddittorieta' della prova.
    Il giudice a quo premette che il primo  comma  dell'art.  382  del
 previgente  codice  di rito prevedeva espressamente tra le ipotesi di
 esclusione della condanna del querelante alle spese del  procedimento
 anticipate  dallo  Stato  quella  del  proscioglimento  dell'imputato
 pronunciato per insufficienza di prove. Poiche' ora tale formula  non
 e'  piu' adottabile nel dispositivo, posto che il nuovo codice impone
 all'art. 530, secondo comma, che  il  giudice  pronunci  sentenza  di
 assoluzione  con formula piena anche quando la prova e' insufficiente
 o contraddittoria, la Corte di cassazione rileva  che  il  querelante
 viene  in  tal  modo  posto  in  una condizione deteriore, per quanto
 concerne il rimborso delle  predette  spese,  solo  come  conseguenza
 automatica  della nuova regola sulle formule di proscioglimento e non
 sulla base di una scelta razionale e meditata del legislatore.
    Tale   situazione   integrerebbe   pertanto   una   ingiustificata
 disparita'  di  trattamento,  in contrasto con gli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, in raffronto  alle  altre  ipotesi  di  proscioglimento
 dell'imputato in cui questa Corte (cfr. tra le ultime le sentt. n. 29
 del  1992 e n. 180 del 1993) ha gia' affermato che la responsabilita'
 del querelante per le spese  processuali  non  puo'  essere  ritenuta
 allorquando manchi il sintomo di un'avventatezza o temerarieta' della
 querela.
    2. - La questione e' fondata.
    Questa Corte ha piu' volte esaminato (sia in riferimento al codice
 previgente  che a quello attuale) la disciplina sulla responsabilita'
 del querelante in ordine alle spese del procedimento anticipate dallo
 Stato  in   caso   di   proscioglimento   dell'imputato,   escludendo
 chiaramente  ogni ipotesi di responsabilita' obiettiva del querelante
 fondata sul mero dato della causalita' materiale (per  cui  le  spese
 ricadono  sulla parte che ad esse ha dato causa), anche in assenza di
 qualsiasi colpa, leggerezza o temerarieta' rimproverabile a chi abbia
 esercitato il diritto di querela.
    Sulla base di tale principio e' stata dichiarata  l'illegittimita'
 delle  norme  che  imponevano in ogni caso la condanna del querelante
 nell'ipotesi di proscioglimento dell'imputato conseguente  a  querela
 contro  ignoti  per un reato realmente verificatosi (sent. n. 165 del
 1974), o di proscioglimento per incapacita' d'intendere e  di  volere
 (sent.  n.  52  del  1975),  o perche' il fatto non costituisce reato
 (sent. n. 29 del 1992), ed infine, anche nel caso di  proscioglimento
 per non aver commesso il fatto (quando risulti che l'attribuzione del
 reato  all'imputato  non  sia  in  alcun modo ascrivibile a colpa del
 querelante: sent. n. 180 del 1993).
    3. - E' di intuitiva evidenza che anche nell'ipotesi in esame,  di
 assoluzione  conseguente  ad  una  situazione  di  dubbio  probatorio
 esprimibile solo nella  motivazione  ma  non  nel  dispositivo,  puo'
 emergere in fatto una situazione nella quale, analogamente alle altre
 ipotesi  considerate, non sia ravvisabile alcuna colpa del querelante
 in termini di temerarieta' o avventatezza  della  querela.  Anche  in
 tale  caso,  quindi,  il  querelante  puo'  trovarsi  nella  medesima
 sostanziale  posizione  di  coloro  per  i  quali non e' prevista una
 responsabilita' in ordine alle spese ma cio'  nonostante  subisce  un
 trattamento ingiustamente differenziato.
    4.  -  Del  pari  occorre considerare che una siffatta conseguenza
 puo' determinarsi non solo a causa di una situazione  di  sostanziale
 dubbio  probatorio  nei  confronti dell'imputato ma, presumibilmente,
 per  un  novero  pressoche'  illimitato  di  cause  le  quali   siano
 suscettibili di dimostrare l'assenza di colpa a carico del querelante
 pur in caso di pieno proscioglimento dell'imputato.
    Quel  che  va quindi affermato (come la ricordata sent. n. 180 del
 1993 ha gia' posto in evidenza) e'  l'illegittimita'  intrinseca  del
 criterio di automaticita' che il legislatore ha mantenuto, pur avendo
 circoscritto il regime della responsabilita' del querelante alle sole
 ipotesi  di  proscioglimento  dell'imputato  per non aver commesso il
 fatto o  perche'  il  fatto  non  sussiste.  Illegittimita'  che,  in
 applicazione  dei  principi  espressi da questa Corte nelle ricordate
 pronunce, va pertanto dichiarata anche  in  ordine  alle  ipotesi  di
 proscioglimento  dell'imputato  con  formula  piena,  quando  risulti
 l'assenza di qualsiasi colpa ascrivibile al querelante.