IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Visti gli atti del procedimento penale n. 830/1991 reg. gen. not. di reato (n. 1433/1993 reg. g.i.p.) nei confronti di Agnello Salvatore nato a Mazzarino il 30 novembre 1956, ivi residente nel corso Vittorio Emanuele n. 184 (difensore di fiducia: avv. Michele Vizzini di Caltanissetta), imputato del reato di cui all'art. 697 del c.p., in relazione all'art. 38 del t.u.l.p.s., per avere detenuto n. 59 cartucce cal. 9 x 21 e n. 27 cartucce cal. 44 Magnum senza averne fatto denuncia all'autorita' competente; fatto accertato in Mazzarino il 15 marzo 1990; ritenuto che in data 23 novembre 1990 il p.m. presso la pretura circondariale di Caltanissetta (all'epoca competente) presento' richiesta per l'emissione di decreto penale di condanna; che il giudice per le indagini preliminari della suddetta pretura (divenuta incompetente dal 10 gennaio 1991 a seguito della legge istitutiva del circondario di Gela) dichiaro' la propria incompetenza territoriale con provvedimento del 22 gennaio 1991 (avente natura di sentenza, a norma dell'art. 22, terzo comma, del c.p.p., essendo avvenuta la chiusura delle indagini preliminari con la richiesta di emissione del decreto penale); che il p.m. presso questa pretura circondariale ha rinnovato la richiesta di decreto penale di condanna con atto depositato il 12 ottobre 1993; O S S E R V A A norma dell'art. 157, primo comma, n. 5, del c.p. la contravvenzione per cui si procede deve considerarsi estinta per prescrizione in data 15 marzo 1993, posto che non risulta emesso alcuno degli atti previsti (si ritiene tassativamente) dall'art. 160 del c.p. Questo giudice pero' ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale (che viene percio' sollevata d'ufficio) dell'art. 160 del c.p., per contrasto con gli artt. 3 e 112 della Costituzione e per illogicita' manifesta, nella parte in cui non include, nell'elenco degli atti interruttivi della prescrizione, "la richiesta di emissione del decreto penale di condanna". L'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge si realizza, infatti, anche nel prevedere la produzione di effetti uguali da parte di atti giuridici aventi identico o analogo contenuto; a maggior ragione se l'atto non previsto dalla norma abbia (come nella specie) una maggiore efficacia incisiva di quella degli atti previsti. Non si puo' peraltro in questo caso opporre al principio dell'uguaglianza quello del divieto di pronuncie additive piu' gravose per l'imputato (quasi che si tratti di far ricorso all'analogia in malam partem). A parere dello scrivente, qui occorre dare il giusto rilievo ad un atto processuale, la cui importanza va vista in se', oltreche' in relazione ad atti di maggiore, di uguale o di minore incidenza. Se si accettasse il criterio dell'analogia, si potrebbe giungere all'assurdo di ritenere incostituzionale, ad esempio, la previsione dell'interruzione della prescrizione per effetto di un "invito a presentarsi al p.m. per rendere l'interrogatorio", essendo questo atto sicuramente meno rilevante, sotto il profilo della manifestazione della pretesa punitiva dello Stato, della richiesta di emissione del decreto penale di condanna, che invece non interrompe la prescrizione e crea disparita' di trattamento tra imputati diversi (addirittura tra un indagato che viene perseguito e un imputato che non puo esserlo). La lacuna in oggetto contrasta inoltre con l'art. 112 della Costituzione, per la semplice ragione che "l'obbligo del p.m. di esercitare l'azione penale", adempiuto mediante la richiesta di emissione del decreto penale, corrisponde esattamente all'obbligo di manifestare la volonta' di perseguire il colpevole. Sicche', qualora la predetta richiesta non potesse avere effetto interruttivo della prescrizione, l'adempimento dell'obbligo previsto dalla norma costituzionale, effettuato quando ancora la pretesa punitiva dello Stato puo' manifestarsi, non sarebbe un fatto produttivo di tutta la gamma di effetti giuridici connessi alla manifestazione chiara e concreta della suddetta pretesa, ma avrebbe il limitato effetto d'investire il giudice del potere di esprimere il suo giudizio. L'irrazionalita' dell'omessa previsione in questione emerge con evidenza da quanto sopra esposto: e' infatti illogico che nel secondo comma dell'art. 160 del c.p. siano stati elencati una serie di atti che costituiscono manifestazione di volonta' di perseguire il colpevole (alcuni sono soltanto preparatori) e sia stato invece escluso l'atto in esame, sicuramente piu' incisivo sotto lo stesso profilo. La questione sollevata e rilevante nel giudizio in corso, in quanto, se le richieste del p.m. in data 23 novembre 1990 e in data 12 ottobre 1993 saranno considerate atti aventi efficacia interruttiva della prescrizione, questa si verifichera' il 15 settembre 1994 (quattro anni e sei mesi dal 15 marzo 1990); in caso contrario, la prescrizione si e gia' verificata e questo giudice dovra', rigettando la richiesta del p.m., prosciogliere l'imputato a norma dell'art. 129 del c.p.p.