IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha emesso la seguente ordinanza. Il 23 ottobre 1992 il difensore di Abbo Dino e Abbo Sauro, nei confronti dei quali era gia' stato emesso decreto di citazione per il giudizio siccome imputati del reato previsto dagli art. 9, ultimo comma, e 21, secondo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, depositava richiesta di giudizio abbreviato e, insieme, fascicolo di documenti. Il p.m. prestava il consenso al giudizio abbreviato, ma dichiarava inammissibile la produzione dei documenti in quanto depositati dopo l'emissione del decreto di citazione. All'udienza fissata per il giudizio abbreviato il p.m. reiterava la sua opposizione al deposito dei documenti e il difensore proponeva questione di legittimita' costituzionale per il caso che l'art. 561, primo comma, del c.p.p. fosse da interpretare nel senso propugnato dal p.m. I dubbi sollevati dal difensore sulla compatibilita' dell'art. 561, primo comma, cit. con i precetti costituzionali non sono privi di fondamento. Il p.m. argomenta, testualmente, che l'art. 561 cit., mentre richiama esplicitamente l'art.420 del c.p.p., non fa altrettanto per l'art. 421 e questo sta a significare che in ordine al materiale utilizzabile per la discussione si e' voluto differenziare la disciplina (del giudizio abbreviato davanti al pretore rispetto a quella del giudizio abbreviato davanti al tribunale) e comunque si e' voluto differenziare proprio sul tipo ed origine degli atti utilizzabili, essendo stabilito al secondo comma dell'art. 561 del c.p.p., che le parti formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo depositato a norma, dell'art. 554, quarto comma, del c.p.p., atti fra i quali non possono, sempre ad avviso del p.m., farsi rientrare i documenti che le parti abbiano depositato dopo l'emmissione del decreto di citazione per il giudizio. Il p.m. sostiene, quindi, che la lettera della legge rende non esercitabile al giudizio abbreviato pretorile la facolta' di produrre documenti prevista dall'art. 421, terzo comma, per il giudizio abbreviato davanti al tribunale, ma, se questa conclusione e' esatta (come sembra), ne discende una evidente disparita' di trattamento a tutto sfavore dell'imputato che scelga il rito abbreviato in un processo davanti al pretore. Questo imputato, infatti, non puo' avvalersi di un'importante, spesso decisivo, mezzo di difesa com'e' la prova documentale, dopo che sia stato emesso il decreto di citazione per il giudizio, mentre una uguale preclusione non esiste nel giudizio abbreviato davanti al tribunale dove l'imputato, per il combinato disposto degli artt. 441 e 421 del c.p.p., puo' essere ammesso a produrre documenti fino all'inizio della discussione. In tutto cio' si concreta non una semplice disarmonia fra le le norme che regolano il giudizio abbreviato davanti a giudici diversi, bensi' una vera discriminazione fra persone che si trovano nell'identica situazione sostanziale. Una siffatta diversita' di trattamento non trova alcuna giustificazione sul piano razionale, nemmeno col richiamo alle esigenze di agilita' e speditezza del processo pretorile, essendo evidente che dalla possibilita' di produrre i documenti fino all'inizio della discussione tali esigenze non potrebbero trarre che giovamento. Evidenti sono, pertanto, le ragioni che giustificano il ricorso alla Corte costituzionale perche' risolva il dubbio sulla conciliabilita' dell'art. 561, primo comma, del c.p.p. col principio di uguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione.