ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e  5  della
 legge  4  agosto  1993, n. 277 (Norme per l'elezione della Camera dei
 deputati), promosso con ricorso della Provicia  autonoma  di  Bolzano
 notificato  il  4  settembre  1993,  depositato  in  cancelleria il 7
 successivo ed iscritto al n. 42 del registro ricorsi 1993;
    Visto l'atto di costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  2  novembre  1993  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Uditi gli avvocati Roland Riz e Sergio Panunzio per  la  Provincia
 autonoma  di  Bolzano  e l'avvocato dello Stato Giorgio Zagari per il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso notificato il  4  settembre  1993,  la  Provincia
 autonoma   di   Bolzano   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 1 e 5 della legge 4 agosto 1993,  n.  277,
 recante "Norme per l'elezione della Camera dei deputati".
    La  ricorrente  premette  che  le norme impugnate prevedono che la
 ripartizione  del  25%  dei  seggi  attribuiti  secondo   il   metodo
 proporzionale  si effettui in sede di Ufficio centrale nazionale. Per
 accedere a tali seggi e' stata inserita una clausola  di  sbarramento
 del  4%,  per cui i partiti che nell'ambito nazionale non raggiungono
 tale  soglia  sono  automaticamente  esclusi  dall'assegnazione   dei
 suddetti seggi.
    Il  sistema adottato dalla nuova legge per l'elezione della Camera
 dei deputati esclude pertanto le liste  che  rappresentano  minoranze
 linguistiche  riconosciute  dalla  possibilita'  di  partecipare  con
 successo al riparto dei seggi assegnati con il metodo  proporzionale,
 dal  momento  che  esse  -  come  risulta evidente - non potranno mai
 raggiungere sul piano nazionale la soglia del 4%.
    E' una realta' storica  -  prosegue  la  ricorrente  -  che  nella
 Regione  Trentino-Alto  Adige,  sin  dalle  prime  elezioni politiche
 (1948), hanno sempre partecipato alle  elezioni,  oltre  a  liste  di
 partiti nazionali, anche liste locali che raggruppano candidati delle
 minoranze etniche e che sono state votate dalla quasi totalita' delle
 minoranze  stesse.  Esse  hanno avuto successo elettorale, tanto vero
 che in Parlamento siedono costantemente dal 1948 in poi sempre  6  (o
 almeno 5) parlamentari che rappresentano le minoranze etniche tedesca
 e ladina, che nella Provincia autonoma di Bolzano sono la popolazione
 numericamente   prevalente  (censimento  1991:  cittadini  di  lingua
 tedesca 67,99% + cittadini di lingua ladina 4,36% = 72,35%).
    Sarebbe stato facile ovviare ai lamentati inconvenienti  inserendo
 all'art.  1,  lettera  a),  dopo le parole "La ripartizione dei seggi
 attribuiti secondo il metodo proporzionale, a  norma  degli  articoli
 77,  83  e 84, si effettua in sede di Ufficio centrale nazionale", le
 seguenti "e per la circoscrizione elettorale Trentino-Alto  Adige  in
 sede  di  Ufficio centrale circoscrizionale". Altra soluzione sarebbe
 stata quella di prevedere nell'art. 5 della legge impugnata una norma
 speciale per cui lo sbarramento del 4%  non  si  applica  alle  liste
 presentate  nella  circoscrizione  Trentino-Alto  Adige  (nella quale
 vivono appunto minoranze linguistiche riconosciute), ovvero prevedere
 che per la Regione Trentino-Alto Adige lo sbarramento  del  4%  e  la
 ripartizione  dei seggi attribuiti secondo il metodo proporzionale si
 effettua nell'ambito della circoscrizione elettorale stessa.
    Questi emendamenti, che furono proposti in sede parlamentare,  non
 hanno, pero', trovato accoglimento.
    Cio'  posto,  la  ricorrente  solleva  due  distinte  questioni di
 costituzionalita', svolgendo le seguenti argomentazioni.
       A) Violazione da parte degli artt. 1 e 5 della legge  impugnata
 degli  artt.  6 e 10 della Costituzione e dei principi di eguaglianza
 (formale e sostanziale) e di liberta' del voto ex artt. 3 e 48  della
 Costituzione; violazione dell'art. 2 dello Statuto speciale Trentino-
 Alto  Adige  (d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670), dell'Accordo di Parigi
 del 5 settembre 1946, dell'Accordo internazionale Italo-Austriaco  di
 chiusura  della controversia sul pacchetto (aprile 1992), dell'art. 5
 della "Convenzione internazionale sull'eliminazione di ogni forma  di
 discriminazione  razziale" (New York, 21 dicembre 1965), dell'art. 14
 della "Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti  dell'uomo
 e  delle  liberta' fondamentali" (Roma, 4 novembre 1950), dell'art. 3
 del 1› Protocollo addizionale  alla  Convenzione  stessa  (Parigi  20
 marzo 1952).
    Secondo  i  risultati  del censimento dell'anno 1991, alla Regione
 Trentino-Alto Adige spettano 10 deputati dei quali - in base all'art.
 7, n. 1 b), della legge in questione - n. 8 deputati  saranno  eletti
 con   il  metodo  maggioritario  (4  nei  collegi  uninominali  della
 Provincia di Trento e 4 nei collegi uninominali  della  Provincia  di
 Bolzano).  Mentre  per  gli  8 deputati che saranno eletti col metodo
 maggioritario non sorgono problemi,  questioni  di  costituzionalita'
 sorgono  invece per quanto riguarda i 2 seggi attribuiti alla Regione
 Trentino-Alto Adige secondo il metodo proporzionale.
    La prima doglianza investe il fatto che, anziche' emanare norme  a
 tutela delle minoranze linguistiche riconosciute, si emanano norme in
 materia di elezione della Camera dei deputati che limitano il diritto
 al  voto  e  alla rappresentanza politica parlamentare dei due gruppi
 etnici riconosciuti.
    Palese e' anzitutto la violazione dell'art. 6 della  Costituzione,
 che  impone  a  favore  delle  minoranze  un  trattamento  di favore,
 specifico ed adeguato alla loro  particolare  situazione,  disponendo
 che   "la   Repubblica   tutela   con  apposite  norme  le  minoranze
 linguistiche". La stessa Corte costituzionale ha chiarito che "tutela
 della minoranza tedesca e ladina significa esigenza di un trattamento
 specificatamente differenziato in  applicazione  dell'art.  6  Cost."
 (sentenza n. 86 del 16 aprile 1975).
    Altrettanto  palese  e'  la  violazione  dell'art. 2 dello Statuto
 speciale  del  Trentino-Alto  Adige,  che  stabilisce  l'obbligo   di
 "salvaguardare le rispettive caratteristiche etniche e culturali" dei
 tre gruppi linguistici che vivono in Provincia di Bolzano.
    Vi  e'  poi  l'Accordo di Parigi, che non solo e' parte integrante
 del Trattato di Pace, ma la  cui  osservanza  e'  stata  riconfermata
 anche  recentemente  in  sede internazionale fra l'Italia e l'Austria
 (atti relativi alla chiusura del pacchetto: aprile 1992)  in  cui  si
 parla   di   un  "quadro  delle  disposizioni  speciali  destinate  a
 salvaguardare  il  carattere  etnico  e  lo  sviluppo  culturale   ed
 economico del gruppo di lingua tedesca".
    La  legge  impugnata  - prosegue la ricorrente - viola anche altri
 impegni internazionali assunti dallo Stato, relativi  al  diritto  di
 voto  da  garantire,  senza  limiti di sorta, alle minoranze etniche.
 Infatti,  sul  piano  internazionale,  fra  i  diritti   fondamentali
 garantiti   alle   minoranze  riconosciute,  e'  da  annoverare  come
 fondamentale il diritto civile e politico  al  libero  esercizio  del
 diritto al voto, senza discriminazione.
    A   tale   uopo   si  ricorda  che  l'art.  5  della  "Convenzione
 internazionale sull'eliminazione di  ogni  forma  di  discriminazione
 razziale"  (New  York,  21 dicembre 1965) statuisce - con particolare
 riguardo alle  minoranze  etniche  -  che:  "In  base  agli  obblighi
 fondamentali  di cui all'art. 2 della presente Convenzione, gli Stati
 contraenti si impegnano a vietare e ad eliminare  la  discriminazione
 razziale  in  tutte le sue forme ed a garantire a ciascuno il diritto
 alla eguaglianza dinanzi  alla  legge  senza  distinzione  di  razza,
 colore  ed  origine  nazionale  o  etnica,  nel  pieno  godimento dei
 seguenti diritti: c) Diritti politici ed in particolare il diritto di
 partecipare alle elezioni, di votare e di  presentarsi  candidato  in
 base al sistema del suffragio universale ed uguale per tutti ..".
    Statuizioni  analoghe  sono  contenute  anche  nell'art.  14 della
 "Convenzione europea per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
 delle liberta' fondamentali" (Roma, 4.11.1950), integrato dall'art. 3
 del   1›  Protocollo  addizionale  alla  Convenzione  stessa  (Parigi
 20.3.1952).
    Da  quanto  sopra  emerge  con  tutta  chiarezza  il  dovere   del
 legislatore di salvaguardare con apposite norme il diritto elettorale
 delle  minoranze  etniche e dei cittadini ad esse appartenenti. Per i
 gruppi etnici minoritari e per i cittadini ad essi  appartenenti  non
 e'  sufficiente  affermare  la  "non discriminazione" - atteggiamento
 meramente passivo - ma  e'  necessario,  viceversa,  provvedere  alla
 tutela dei loro diritti elettorali con particolari misure che evitino
 di farle soccombere sotto la scure dello sbarramento del 4%.
    Le  "apposite  norme  di  tutela",  pur  potendo  apparire come un
 privilegio, di fatto tendono soltanto a salvaguardare  gli  interessi
 delle  minoranze  linguistiche  ed  a bilanciare quella situazione di
 svantaggio obiettivo, nella quale le minoranze  si  trovano,  per  la
 loro  stessa  natura  di  gruppo  etnico  minoritario,  che  non puo'
 raggiungere il 4% e che non deve essere "costretto" a  votare  per  i
 partiti  nazionali. Il loro mancato inserimento nella legge impugnata
 comporta peraltro anche violazione  dei  principi  costituzionali  di
 eguaglianza  (anche  sostanziale) e di ragionevolezza ex art. 3 della
 Costituzione, secondo cui situazioni diverse devono  essere  trattate
 dalla legge in modo differente, anche in relazione al diritto di voto
 (art. 48 Cost.).
       B)  Violazione da parte degli artt. 1 e 5 della legge impugnata
 degli articoli 3, primo e secondo comma,  e  48  della  Costituzione,
 degli  artt. 18 e 49 della Costituzione in relazione all'art. 6 della
 Costituzione, dell'art. 2 dello Statuto Speciale Trentino-Alto  Adige
 (d.P.R.  31  agosto  1972,  n.  670),  dell'Accordo  di  Parigi del 5
 settembre  1946  e  dell'Accordo  internazionale  Italo-Austriaco  di
 chiusura della controversia sul pacchetto (aprile 1992).
    Gli  articoli  1  e  5  della  legge  impugnata  violano  anche il
 principio  di  parita'  ed  eguaglianza  nell'esercizio  del  diritto
 elettorale  fra  i  cittadini  residenti  nella Regione Trentino-Alto
 Adige di lingua tedesca e ladina  da  un  lato  e  quelli  di  lingua
 italiana dall'altro.
    Oltre   che  nell'art.  3  della  Costituzione,  il  principio  di
 eguaglianza sostanziale viene affermato, in riferimento alla  regione
 Trentino-Alto Adige, nell'art. 2 dello Statuto Speciale del Trentino-
 Alto  Adige,  che  dispone: "Nella Regione e' riconosciuta parita' di
 diritti ai cittadini, qualunque sia il gruppo  linguistico  al  quale
 appartengono,  e  sono  salvaguardate  le  rispettive caratteristiche
 etniche e culturali".
    Anche  l'Accordo  di Parigi del 5 settembre 1946 prevede che: " ..
 gli abitanti di lingua tedesca della provincia di  Bolzano  e  quelli
 dei  vicini  comuni  bilingui  della  provincia di Trento godranno di
 completa eguaglianza di diritti  rispetto  agli  abitanti  di  lingua
 italiana,   nel   quadro  delle  disposizioni  speciali  destinate  a
 salvaguardare il carattere etnico ..".
    Infine negli accordi italo-austriaci  dell'aprile  1992  (chiusura
 della   controversia   sul   pacchetto)  si  ribadisce  e  si  ripete
 espressamente  l'impegno  dello  Stato  di  garantire   l'eguaglianza
 sostanziale con apposite norme.
    La  sostanziale  eguaglianza  garantita dall'ordinamento giuridico
 (in particolare  anche  dal  secondo  comma  dell'art.  3  Cost.)  va
 salvaguardata   ovviamente   in  tutti  i  settori  e  principalmente
 nell'ambito del diritto di voto, che e' uno dei diritti  fondamentali
 spettanti alle minoranze etniche.
    E'   evidente  che  la  legge  impugnata  ha  commesso  una  grave
 violazione del diritto di eguaglianza, nei  confronti  dei  cittadini
 appartenenti  alle  minoranze di lingua tedesca e ladina e della loro
 rappresentanza politica, escludendole dall'assegnazione dei seggi  da
 attribuire  secondo  il metodo proporzionale, in quanto evidentemente
 le liste che sono espresse da tali minoranze non possono  raggiungere
 la soglia del 4% su base nazionale.
    Pertanto,  i  partiti  che  rappresentano  le  minoranze ed i loro
 candidati rimarrebbero  categoricamente  esclusi  dalla  competizione
 democratica   per  la  conquista  dei  seggi,  assegnati  in  ragione
 proporzionale, mentre gli appartenenti al gruppo di  lingua  italiana
 che  vivono  nella  Regione Trentino-Alto Adige - che di regola hanno
 sempre votato per i partiti nazionali - possono invece concorrere  e,
 quindi,  esprimere  con  successo  il  loro  voto politico. Di qui la
 sostanziale disuguaglianza in cui incorre la legge impugnata.
    Osserva ancora la ricorrente che, essendo fin  troppo  chiaro  che
 nessuno  vota  per  un  partito  che non ha la minima possibilita' di
 successo,  si  viene  in  conclusione   a   togliere   ai   cittadini
 appartenenti  alle  minoranze etniche viventi nella Regione Trentino-
 Alto  Adige  la  possibilita'  di  farsi  rappresentare   da   propri
 rappresentanti, candidati su liste locali.
    In  tal  modo  risultano  violati  anche i principi costituzionali
 (artt. 18 e 49 Cost. in relazione all'art. 6 Cost.) che  garantiscono
 ai  cittadini  appartenenti  a  minoranze linguistiche la liberta' di
 associazione ed il diritto di  associarsi  "liberamente"  in  partiti
 politici  per  potere  concorrere  in  condizioni di eguaglianza alla
 determinazione della politica nazionale, in primo luogo  mediante  la
 rappresentanza parlamentare.
    Il principio di eguaglianza, dal canto suo, comporta il divieto di
 discriminazioni di qualsiasi genere, cui consegue l'illegittimita' di
 qualunque   misura  che  limita  i  diritti  politici  dei  cittadini
 appartenenti alle  minoranze  etnico-linguistiche,  costringendoli  a
 votare per i partiti nazionali.
    Per  veder  realizzate  le  proprie caratteristiche particolari le
 minoranze  linguistiche  riconosciute  necessitano  di  una   "tutela
 positiva", quale puo' risultare soltanto da provvedimenti particolari
 e  derogatori,  di  cui  si  puo'  fare  a  meno  solo  qualora siano
 "ingiustificati".
    Nel  caso  di specie l'adozione di misure particolari o l'adozione
 di  provvedimenti  speciali  rappresenta  una  forma  di   necessaria
 attuazione  del  principio  di  eguaglianza,  inteso  anche  in senso
 sostanziale, e di ragionevolezza (art. 3, primo e secondo comma, e 48
 Cost.).
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, concludendo per l'infondatezza delle questioni.
    Osserva, innanzitutto, l'Avvocatura dello Stato che gia'  in  sede
 di  dibattito  parlamentare  fu  messa in rilievo l'impossibilita' di
 vanificare l'istituto della clausola di sbarramento con  disposizioni
 correttive  a  favore  delle  svariate  minoranze esistenti in Italia
 (laddove sarebbe oltretutto impensabile  tutelare  solamente  le  due
 presenti nel territorio della Provincia ricorrente).
    Proprio  sulla  scorta del dettato dell'art. 6 della Costituzione,
 che prevede che la Repubblica tuteli con apposite norme le  minoranze
 linguistiche,  la  legge  n. 29 del 1948, che introdusse in Italia il
 regime proporzionale e che e'  stata  ora  modificata  con  le  norme
 impugnate,  non  fu  motivata  dall'esigenza di tutelare le minoranze
 linguistiche e la possibilita' per  talune  di  queste  minoranze  di
 venire   rappresentate  in  Parlamento  fu  un  portato  del  sistema
 proporzionale  voluto  da  noti  motivi  storici   e   politici   che
 riguardavano la vita dell'intera nazione.
    Gia'  in base a tale rilievo e' di assoluta evidenza - prosegue la
 difesa del Governo - che allorquando, come nel caso di cui  trattasi,
 pari  esigenze  di interesse nazionale - peraltro sulla scorta di una
 precisa indicazione referendaria - hanno indotto Parlamento e Governo
 a mutare il sistema  di  rappresentanza,  appare  non  pertinente  la
 protesta   della   ricorrente   proprio   perche'   qualsiasi  deroga
 particolare  all'istituto  della  soglia,  che  si  e'  ritenuto   di
 introdurre   quale   il  piu'  efficace  strumento  per  la  migliore
 adeguatezza del sistema elettorale, verrebbe a costituire  un  regime
 privilegiato   in  insanabile  contraddizione  con  il  principio  di
 uguaglianza dei cittadini sancito dall'art. 3 della Costituzione.
    Le considerazioni svolte dimostrano d'altra parte  che,  comunque,
 il  problema  sollevato  non  appare  configurabile  come problema di
 autonomia, bensi' come logica di costituzione di organi nazionali che
 non impone la presenza di rappresentanze etniche e neppure regionali,
 se non quando espressamente previsti (es. delegati per l'elezione del
 Presidente della Repubblica). Tale logica si muove, quindi, su binari
 posti al di sopra dei problemi autonomistici.
    Nella piu' ferma osservanza del dettato costituzionale che  impone
 la  salvaguardia delle minoranze, conclude l'Avvocatura, lo Stato non
 puo'  derogare  dalla  ratio  di  una  legge  votata  dal  Parlamento
 nazionale  per  tenere  in vita il portato di un sistema che solo per
 incidens  ha  consentito  l'accesso  in  Parlamento  alle   minoranze
 altoatesine;  la  tutela  delle  minoranze  linguistiche  si  esplica
 attraverso  svariati  canali,  ma  non  puo',  ovviamente,  intaccare
 questioni   attinenti   l'indirizzo  politico  del  Paese,  surrogato
 oltretutto dalla espressa volonta' popolare, e per quanto riguarda lo
 specifico della Provincia di Bolzano, si  soddisfa  nella  disciplina
 che  attiene  agli  organi  di  Governo  e  di  Amministrazione della
 Provincia stessa (es. proporzionale etnica).
    3. - Ha depositato memoria la Provincia di Bolzano, la quale, dopo
 aver replicato alle argomentazioni svolte dall'Avvocatura dello Stato
 nell'atto  di  costituzione, insiste sulle conclusioni gia' formulate
 nel ricorso, rilevando anche che in altri Stati la questione e' stata
 risolta in modo ragionevole, come in Germania  (art.  6  della  legge
 elettorale)  e  in  Polonia (art. 5 della recente legge elettorale 28
 maggio 1993, n. 295).
                        Considerato in diritto
    1. - La questione di legittimita' costituzionale  sollevata  dalla
 Provincia  autonoma  di  Bolzano  mediante  ricorso in via principale
 investe gli artt. 1 e 5 della legge 4 agosto 1993, n. 277  -  recante
 "Norme  per l'elezione della Camera dei deputati" - per contrasto con
 gli artt. 3, 6, 10, 18, 48  e  49  della  Costituzione,  nonche'  con
 l'art. 2 dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige.
    La  Provincia ricorrente e' legittimata a proporre direttamente la
 questione, in forza dell'art. 98, primo  comma,  del  citato  Statuto
 speciale,  secondo  il  quale:  "Le leggi e gli atti aventi valore di
 legge della Repubblica possono essere impugnati dal Presidente  della
 giunta  regionale  o  da  quello  della  giunta  provinciale  ..  per
 violazione del presente statuto  o  del  principio  di  tutela  delle
 minoranze linguistiche tedesca e ladina". Pertanto, e' essenzialmente
 in  relazione all'art. 2 dello Statuto e al principio di tutela delle
 minoranze linguistiche tedesca e ladina che la questione stessa  deve
 essere esaminata e valutata.
    2.  -  La  recente  legge n. 277 del 4 agosto 1993 ha radicalmente
 modificato il sistema elettorale previgente, fondato sullo  scrutinio
 di  lista  con  l'attribuzione  proporzionale dei seggi: sistema gia'
 applicato nel 1919 e nel 1921, reintrodotto nel 1946 per le  elezioni
 dell'Assemblea  costituente  e  mantenuto senza sostanziali modifiche
 fino alle innovazioni legislative adottate dal Parlamento  nel  corso
 del corrente anno. Con la legge citata il legislatore ha praticamente
 esteso  all'elezione  della  Camera  dei  deputati il sistema messo a
 punto per il Senato dalla legge 4 agosto 1993, n. 276, con  la  quale
 e'  stata  data  attuazione in sede legislativa alla radicale riforma
 scelta direttamente dal corpo  elettorale  attraverso  il  referendum
 abrogativo di alcune parti della legge elettorale del Senato.
    Le  caratteristiche  del  nuovo  sistema  elettorale possono cosi'
 riassumersi: il territorio  nazionale  e'  diviso  in  circoscrizioni
 elettorali corrispondenti alle regioni, salvo le regioni maggiori per
 le  quali  le circoscrizioni sono piu' di una; ad ogni circoscrizione
 e' attribuito un numero  di  seggi,  naturalmente  in  rapporto  alla
 popolazione:  di  questi il settantacinque per cento viene attribuito
 ai candidati che ottengano la maggioranza, anche  soltanto  relativa,
 in  altrettanti  collegi uninominali nei quali ogni circoscrizione e'
 suddivisa; il restante venticinque per cento e' attribuito,  mediante
 riparto  in  ragione  proporzionale,  tra  liste  presentate  in sede
 circoscrizionale: il  riparto  viene  effettuato  in  sede  nazionale
 sommandosi  i voti delle liste aventi il medesimo contrassegno, ma ne
 sono escluse quelle  liste  che  non  abbiano  conseguito  a  livello
 nazionale  almeno  il  quattro per cento dei voti validi espressi. La
 ricorrente contesta  precisamente  quest'ultima  disposizione,  sotto
 l'aspetto   congiunto  della  ripartizione  da  effettuarsi  in  sede
 nazionale, anziche' circoscrizionale, e del quorum minimo del quattro
 per cento richiesto per concorrere al riparto. Verrebbero in tal modo
 vulnerati i diritti della minoranza di lingua tedesca e ladina  e  il
 principio  della  parita'  di  diritti per i cittadini nella regione,
 qualunque sia il gruppo linguistico di appartenenza, sancito dal gia'
 menzionato art. 2 dello Statuto speciale.
    3. - Cosi' precisata nei suoi aspetti essenziali la questione,  la
 Corte  deve  innanzi  tutto  affrontare  il problema della estensione
 della garanzia di tutela e di parita' assicurata  alle  minoranze  di
 lingua  tedesca  e  ladina  dallo  Statuto  speciale, garanzia cui si
 collegano direttamente, o, per cosi' dire, sullo sfondo  i  parametri
 costituzionali invocati.
    Secondo  l'Avvocatura  dello  Stato,  la suddetta garanzia sarebbe
 limitata all'ambito dell'autonomia  regionale:  non  potrebbe  quindi
 minimamente  estendersi  a  norme attinenti alla formazione di organi
 nazionali ed in particolare al  sistema  di  elezione  della  massima
 istituzione  costituzionale,  espressione  diretta  della  sovranita'
 popolare, qual e' il Parlamento. Inoltre  il  mutamento  del  sistema
 elettorale sarebbe stato provocato da esigenze di interesse nazionale
 sulla  scorta  di  una  precisa indicazione referendaria. In ordine a
 quest'ultima affermazione e' sufficiente richiamare, per  dimostrarne
 l'infondatezza  -  come esattamente rileva la Provincia ricorrente -,
 che la tutela delle minoranze linguistiche  locali  e'  espressamente
 compresa  fra  gli  interessi  nazionali  dall'art.  4  dello Statuto
 speciale della Regione Trentino-Alto Adige, e del resto questa  Corte
 ha ricordato trattarsi "di un principio costituzionale che, affermato
 in  via  generale  dall'art.  6  della Costituzione, ha nello Statuto
 speciale per il Trentino-Alto Adige  un  significato  particolarmente
 pregnante"  (cfr.  sent.  n. 242 del 1989). Tale principio, poi, come
 meglio si vedra' in  seguito,  non  puo'  non  estendere  la  propria
 efficacia   anche   nei  confronti  del  diritto  all'elezione  della
 rappresentanza politica.
    4. - Lo speciale regime che ne deriva e' ulteriormente  rafforzato
 dal   fatto   che   esso   costituisce  l'esecuzione  di  un  accordo
 internazionale, intervenuto fra il governo  italiano  ed  il  governo
 austriaco  il  5  settembre 1946, (comunemente noto come l'accordo De
 Gasperi-Gruber), richiamato a sua volta dal Trattato di pace  firmato
 a  Parigi  il  10  febbraio 1947. Vero e' che a tale accordo e' stata
 data esecuzione con legge  ordinaria  (e'  inconferente  pertanto  il
 riferimento  all'art.  10 della Costituzione che riguarda soltanto le
 norme di diritto internazionale  di  carattere  consuetudinario);  ma
 esso  costituisce  pur  sempre  la migliore chiave interpretativa per
 comprendere la specialita' dell'ordinamento autonomistico  realizzato
 nel Trentino-Alto Adige (sentenza n. 242 del 1989 gia' citata).
    Non si puo' quindi pienamente apprezzare la portata e il carattere
 di  queste  particolari garanzie se non si tengono nel conto dovuto i
 ben noti  precedenti  storici  ed  i  problemi  nazionali,  etnici  e
 culturali  che  sono  a  monte  dell'accordo  e della sua complessa e
 travagliata attuazione.
    Il ricordato accordo De Gasperi-Gruber trovo' immediata attuazione
 nello Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige  (articolata
 nelle  due  province  autonome)  approvato  dalla  Costituente  il 26
 febbraio 1948.
    Negli anni che seguirono,  le  nuove  controversie  insorte  hanno
 trovato  composizione  nell'accordo  sul  cosiddetto  "pacchetto"  di
 misure di  revisione  statutaria,  sanzionate  dalle  modifiche  allo
 Statuto speciale approvate con legge costituzionale 10 novembre 1971,
 n. 1; esse sono caratterizzate dal trasferimento di poteri e funzioni
 gia'  della Regione alle province autonome e da maggiori garanzie per
 la minoranza (v. ad es. l'art.  98  sopra  citato).  Sono  poi  state
 adottate  le  previste  norme  di  attuazione,  e  infine nel 1992 lo
 scambio  di   note   italo-austriaco   ha   dato   atto   del   pieno
 soddisfacimento degli impegni assunti dall'Italia.
    5.  -  Per  quanto  ora  piu' direttamente interessa, la questione
 cioe'  della  rappresentanza  politica,  va  ricordata  la  legge  30
 dicembre   1991  n.  422  con  la  quale  sono  state  modificate  le
 circoscrizioni territoriali dei collegi della  Regione  Trentino-Alto
 Adige   per   l'elezione   del   Senato,   in  attuazione  -  secondo
 l'intitolazione della legge stessa - della misura 111 (del cosiddetto
 pacchetto) a favore della popolazione alto-atesina. Tale sistemazione
 dei  collegi  e'  stata  salvaguardata,  in  deroga  alla   normativa
 generale,  dall'art. 1 della nuova legge elettorale per il Senato, n.
 276 del 4 agosto 1993. Anche nella nuova legge elettorale per la Cam-
 era, all'art. 7, comma  1,  lett.  a),  e'  prevista  una  deroga  ai
 principi  e  ai  criteri  generali,  fissati per la delimitazione dei
 collegi, nelle zone in  cui  siano  presenti  minoranze  linguistiche
 riconosciute.
    Ma  al  di  la'  dei  richiami  testuali,  va  aggiunto  che giova
 all'interesse nazionale, cui e' riferita la  tutela  delle  minoranze
 linguistiche, ed al principio stesso dell'unita' nazionale - la quale
 dalle  autonomie  speciali  non viene inficiata, bensi' rafforzata ed
 esaltata - che la minoranza possa esprimere la propria rappresentanza
 politica in condizioni di effettiva parita'. Siffatte  condizioni  si
 sono  realizzate  dal 1948 ad oggi, ed infatti la minoranza di lingua
 tedesca ha potuto eleggere i  propri  deputati  e  senatori,  ne'  ha
 avanzato alcuna particolare richiesta, se si eccettua quella relativa
 alle  circoscrizioni  territoriali  dei  collegi  per  l'elezione del
 Senato, risolta - come si e' detto - dalla  legge  n.  422  del  1991
 attuativa della misura n. 111 del "pacchetto".
    6.  -  Tornando dunque alla questione sottoposta al giudizio della
 Corte, una volta riconosciuto che alla minoranza di lingua tedesca  e
 ladina  e'  costituzionalmente  garantito  il diritto di esprimere in
 condizioni di effettiva parita' la propria  rappresentanza  politica,
 si  dovrebbe  ora  verificare  se  tale diritto sia compromesso dalla
 nuova legge elettorale oggetto di impugnazione.
    La stessa provincia ricorrente ammette che, per quanto riguarda  i
 deputati   da   eleggere   nei   collegi   uninominali   col   metodo
 maggioritario, in numero di otto per la circoscrizione  Trentino-Alto
 Adige,  "non  sorgono  questioni",  dato  che  i  quattro collegi del
 Trentino e  i  quattro  dell'Alto  Adige  sono  costituiti  cosi'  da
 corrispondere "alla realta' etnica locale".
    Contrasterebbe  invece  con  il  principio  di parita' e di tutela
 della minoranza la normativa prevista per l'elezione a  scrutinio  di
 lista  dei  due  seggi  residui attribuiti alla Regione; cio' a causa
 dell'assegnazione da effettuarsi in sede nazionale con la  condizione
 del  raggiungimento  del  quorum  non inferiore al quattro per cento.
 Afferma la ricorrente che,  ove  la  minoranza  voglia  esprimere  la
 propria  rappresentanza,  (come fino ad oggi e' avvenuto), attraverso
 candidati e lista che si caratterizzino proprio sul connotato  etnico
 linguistico  culturale,  si vedrebbe preclusa qualsiasi possibilita',
 anche  in  astratto,  di  concorrere  all'assegnazione  dei due seggi
 suddetti, data la  consistenza  numerica  dell'elettorato  di  lingua
 tedesca  e  l'evidente impossibilita' di presentare liste analoghe in
 altre  circoscrizioni.  Verrebbe  cosi'  violato  il  diritto   degli
 elettori   appartenenti  alla  minoranza,  diritto  che,  secondo  la
 formulazione dell'art. 4 del Testo unico delle leggi  per  l'elezione
 della  Camera dei deputati n. 361 del 1957, come sostituito dall'art.
 1 lett.  e)  della  legge  n.  277  del  1993,  si  estrinseca  nella
 disponibilita'  di  due  voti,  uno  per l'elezione del candidato nel
 collegio  uninominale,  uno  per  la  scelta  della  lista  ai   fini
 dell'attribuzione  dei  seggi in ragione proporzionale; d'altra parte
 la  presentazione  della   lista   nella   circoscrizione   e'   resa
 obbligatoria dalla legge, in quanto essa prevede (art. 18 del T.U. n.
 361  del  '57, sostituito dall'art. 2 lett. c) della legge n. 277 del
 '93) per i singoli candidati nei collegi uninominali il  collegamento
 a   liste   "cui  gli  stessi  aderiscono  con  l'accettazione  della
 candidatura".
    7. - A questo punto,  prima  di  procedere  oltre  nell'esame,  il
 Collegio  deve  prioritariamente  porsi il problema delle conseguenze
 che discenderebbero da un ipotetico riconoscimento  della  fondatezza
 della  questione. Le soluzioni possibili per ovviare ai presunti vizi
 delle norme impugnate sarebbero invero diverse, come risulta  innanzi
 tutto  dai  lavori preparatori della legge. Furono infatti presentati
 in parlamento, sia alla Camera che al Senato, emendamenti alternativi
 tendenti a risolvere il problema  posto  dalla  minoranza  di  lingua
 tedesca  (o  di  altre  minoranze). In buona sostanza si chiedeva che
 l'attribuzione  dei   seggi   assegnati   alle   liste   col   metodo
 proporzionale  avvenisse per il Trentino-Alto Adige (e per il Friuli-
 Venezia Giulia) in sede circoscrizionale anziche' in sede  nazionale.
 Ma  venne  anche formulato un altro emendamento tendente ad escludere
 dalla  clausola  di  sbarramento   le   "liste   di   candidati   che
 rappresentino minoranze linguistiche riconosciute".
    Queste  due  diverse  soluzioni  prospettate  e  respinte  in sede
 parlamentare, - cui la stessa Provincia autonoma fa  riferimento  nel
 ricorso   -,   non  esauriscono  comunque  la  gamma  dei  meccanismi
 correttivi in astratto configurabili.
    8.  -  Non  essendovi,  pertanto,  di  fronte  ad  una   ipotetica
 illegittimita'   costituzionale,   una  soluzione  obbligata  ma  una
 pluralita' di soluzioni, questa Corte non  potrebbe  in  alcun  modo,
 secondo  la propria costante giurisprudenza (cfr., ad esempio, sentt.
 nn. 194 del 1984, 109  del  1986,  1107  del  1988,  205  del  1992),
 sostituirsi  al  legislatore in una scelta a lui riservata. Va dunque
 dichiarata l'inammissibilita' della questione.