ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  21,  quinto
 comma,  della  legge  3  gennaio  1981,  n.  6  (Norme  in materia di
 previdenza per gli ingegneri e gli architetti), con le  modificazioni
 ed  integrazioni  apportate  dalla  legge  11 ottobre 1990, n. 290, e
 della legge 2 aprile 1958, n.  322  (Ricongiunzione  delle  posizioni
 previdenziali   ai   fini   dell'accertamento  del  diritto  e  della
 determinazione  del  trattamento  di  previdenza  e  di  quiescenza),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  16 febbraio 1993 dal Pretore di
 Reggio Emilia nel procedimento civile vertente tra Barbieri  Riccardo
 ed  altri  e  la  Cassa  Nazionale di Previdenza e assistenza per gli
 Ingegneri ed Architetti, iscritta al n. 201  del  registro  ordinanze
 1993  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19,
 prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Barbieri Riccardo ed altri nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  16  novembre  1993  il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Uditi l'Avv.  Manlio  Abati  per  Barbieri  Riccardo  ed  altri  e
 l'Avvocato  dello Stato Carlo Carbone per il Presidente del Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio civile promosso da alcuni  ingegneri
 ex  dipendenti  dello  Stato  e  titolari  di pensione di vecchiaia a
 carico  del  Tesoro  contro  la  Cassa  Nazionale  di  Previdenza   e
 assistenza  per  gli  Ingegneri  ed  Architetti, il Pretore di Reggio
 Emilia,  con  ordinanza  del  16  febbraio  1993,  ha  sollevato,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  38  Cost.,  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 21, quinto  comma,  della  legge  3  gennaio
 1981,  n.  6,  nella  parte  in  cui  non  prevede  che  l'esclusione
 dall'iscrizione   alla   Cassa   e   dall'obbligo   conseguente    di
 contribuzione  "debba  rimanere anche per gli ingegneri ed architetti
 che, gia' iscritti a forme di previdenza obbligatoria a seguito di un
 rapporto di lavoro  subordinato  intrattenuto  con  lo  Stato  o  sue
 aziende  autonome,  abbiano  conseguito  la pensione di vecchiaia per
 raggiunti limiti di eta' e non  possano  fruire,  per  la  successiva
 attivita'  professionale,  di supplemento di pensione ex art. 6 legge
 11 ottobre 1990, n. 290, siccome statuito da Corte cost. n.  259  del
 1992".
    Ad avviso del giudice remittente, nel caso in esame non ricorre la
 ratio  decidendi sottesa alla citata sentenza di questa Corte, che ha
 dichiarato infondata la medesima questione  in  considerazione  della
 possibilita'  per i ricorrenti di far valere le contribuzioni versate
 al  fine  di   ottenere   un   supplemento   di   pensione   mediante
 ricongiunzione  presso  l'ente  erogatore, ai sensi dell'art. 6 della
 legge n. 290 del 1990. Tale possibilita' non sussiste per gli odierni
 ricorrenti, iscritti alla Cassa dopo il  collocamento  in  quiescenza
 come  dipendenti  statali,  essendo  l'istituto  del  supplemento  di
 pensione  sconosciuto  all'ordinamento  pensionistico   del   settore
 statale,  come  ha  precisato  la circolare 13 marzo 1992, n. 24, del
 Ministero del tesoro.
    Pertanto  la  questione  viene   riproposta   limitatamente   alla
 categoria  dei  liberi  professionisti  titolari di pensione a carico
 dello Stato, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., perche' la norma
 impugnata  impone  loro  un   onere   di   contribuzione   senza   il
 corrispettivo  della maturazione di un diritto alle prestazioni della
 Cassa e non correlato a una situazione di bisogno.
    In subordine, qualora la Corte non  intendesse  discostarsi  dalla
 precedente  statuizione, l'ordinanza di rimessione impugna l'articolo
 unico della legge 2 aprile 1958, n.  322  "nella  parte  in  cui  non
 prevede  la  possibilita'  di  supplemento  di  pensione per i liberi
 professionisti che, collocati in quiescenza per raggiunti  limiti  di
 eta'  a seguito di un rapporto di lavoro subordinato intrattenuto con
 lo Stato o sue aziende autonome, successivamente esercitino  in  modo
 continuativo    attivita'    libero-professionale    con   iscrizione
 obbligatoria alla Cassa convenuta".
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  si  sono  costituiti i
 ricorrenti aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di  rimessione
 concludendo nei medesimi sensi.
    Le  parti  costituite ribadiscono che per il libero professionista
 pensionato statale  e'  esclusa  la  possibilita'  di  richiedere  la
 ricongiunzione  all'ordinamento  del  settore  statale,  ai  fini del
 diritto e della misura di un'unica pensione, in quanto la  cessazione
 del  rapporto  presso  le  amministrazioni  statali comporta anche la
 definizione della posizione  previdenziale,  sicche'  non  esiste  la
 possibilita'  di  liquidazione  di un supplemento di pensione dopo la
 concessione del trattamento di quiescenza.
    3. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato   dall'Avvocatura   dello   Stato,  chiedendo  che  sia
 dichiarata non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   21,   quinto   comma,  della  legge  n.  6  del  1981,  e
 inammissibile quella, proposta in via subordinata, in relazione  alla
 legge n. 322 del 1958.
    L'interveniente  osserva  che  ratio  decidendi fondamentale della
 sentenza  di  questa  Corte  n.  259  del  1992   e'   il   carattere
 solidaristico  della  Cassa  di  previdenza  per  gli ingegneri e gli
 architetti,  e  che  tale  carattere  non  e'  stato   essenzialmente
 modificato  dai  limiti  introdotti  della legge n. 290 del 1990 alla
 possibilita' di ottenere il rimborso dei contributi versati da  parte
 di  coloro che cessino dall'iscrizione alla Cassa senza aver maturato
 il diritto alla pensione o da parte dei superstiti.
    L'altra questione, formulata in via subordinata e condizionata, e'
 inammissibile sia perche' la legge censurata non ha alcuna  attinenza
 con  i  supplementi  di  pensione,  il  cui  divieto per i pensionati
 statali   va   semmai    ricercato    all'interno    dell'ordinamento
 pensionistico  dello  Stato,  sia  perche' e' irrilevante ai fini del
 giudizio a quo ove si controverte dell'obbligo  dell'iscrizione  alla
 Cassa degli ingegneri e degli architetti.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 21,
 quinto comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 - nella parte  in  cui
 non  conserva  l'esclusione  dall'iscrizione alla Cassa di previdenza
 per gli ingegneri e gli architetti  dei  professionisti  titolari  di
 pensione   a   carico   di   una   forma   di  previdenza  cui  erano
 obbligatoriamente iscritti in dipendenza
 di una pregressa attivita' di lavoro subordinato o  autonomo  -  gia'
 dichiarata  non fondata da questa Corte con sentenza n. 259 del 1992,
 e' riproposta, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di
 Reggio  Emilia  limitatamente  agli  ingegneri  e   agli   architetti
 collocati  in quiescenza a carico del Ministero del tesoro in seguito
 alla cessazione di un pregresso rapporto di impiego con  lo  Stato  o
 con un'azienda autonoma statale.
    2. - La questione non e' fondata.
    Essa  e' stata riformulata, nel limite indicato, sulla base di una
 non corretta valutazione della ratio decidendi della sentenza citata,
 ritenuta dal giudice remittente essenzialmente dipendente dall'art. 6
 della legge 11 ottobre 1990,  n.  290,  che  agli  ingegneri  e  agli
 architetti  titolari  di  pensione  (non  solo  di  anzianita',  come
 previsto per tutti i liberi  professionisti  dall'art.  1,  comma  5,
 della  legge  5  marzo  1990,  n.  45)  a  carico  di  altro istituto
 previdenziale attribuisce la facolta'  di  utilizzare  la  successiva
 contribuzione alla Cassa di previdenza della professione per ottenere
 un  supplemento  di  pensione  mediante  ricongiunzione presso l'ente
 erogatore. Posto che allo Stato erogatore delle pensioni ai propri
  ex dipendenti non convengono ne' la qualifica di ente pubblico,  ne'
 quella  di  istituto  previdenziale,  si  argomenta che il diritto di
 ricongiunzione non e'  concesso  agli  ingegneri  e  agli  architetti
 titolari di pensione a carico dello Stato
 (cfr.  circolare  13  marzo  1992,  n. 24, del Ministero del tesoro).
 Percio', conclude l'ordinanza di rimessione, in  relazione  a  questi
 professionisti    la   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'obbligo di iscrizione alla Cassa  deve  reputarsi  fondata  alla
 stregua della stessa sentenza n. 259 del 1992.
    In  realta',  nell'economia della decisione l'argomento tratto dal
 citato  art.  6  e'   affatto   secondario   e   condizionato   dalla
 particolarita' della fattispecie concreta. La ratio decidendi e' data
 autonomamente dal principio solidaristico, cui e' improntato anche il
 sistema  previdenziale  degli  ingegneri  e  degli architetti dopo la
 riforma del 1981, che ne ha corretto  il  carattere  individualistico
 derivante  dal  criterio  di  mutualita'  temperando  le esigenze del
 singolo a favore della solidarieta' di gruppo. Tale principio  impone
 a tutti coloro che esercitano continuativamente la libera professione
 (non  cumulata  con  una  diversa  attivita'  di  lavoro  comportante
 l'iscrizione ad altra forma di previdenza obbligatoria) il dovere  di
 contribuire  all'onere  finanziario  della previdenza di categoria in
 proporzione del reddito professionale, senza riguardo alle condizioni
 individuali di concreta possibilita' di maturazione del diritto  alle
 prestazioni della Cassa.
    E'  rimessa  alla  discrezionalita'  del legislatore la misura del
 contemperamento di  questo  principio  con  l'interesse  dei  singoli
 mediante  il  riconoscimento,  a  certe  condizioni,  del  diritto al
 rimborso dei contributi in caso di  cessazione  dall'iscrizione  alla
 Cassa  (in  seguito a cancellazione dall'albo) senza avere maturato i
 requisiti del diritto alla pensione. Il ius superveniens portato  dal
 nuovo  testo  dell'art. 20 della legge del 1981, introdotto dall'art.
 15 della legge n. 290 del  1990,  non  ha  fatto  venir  meno  questo
 momento  conciliativo  tra  i  due  ordini  di  esigenze,  ma  lo  ha
 ridefinito in  termini  piu'  restrittivi  secondo  criteri  che  non
 possono dirsi irrazionali.
    3.  - Nell'ipotesi di libero professionista titolare di pensione a
 carico  di  altro  istituto  previdenziale   la   restrizione   delle
 condizioni per ottenere il rimborso dei contributi versati alla Cassa
 di  previdenza  per  gli ingegneri e gli architetti e' compensata dal
 diritto a un supplemento di  pensione  previa  ricongiunzione  presso
 l'ente  erogatore,  previsto  dall'art. 6 della medesima legge n. 290
 del 1990. Poiche' obbligato a  corrispondere  il  supplemento  e'  un
 soggetto  (terzo)  diverso  dalla  Cassa,  questa norma non inserisce
 formalmente  un  elemento   di   corrispettivita'   nell'obbligo   di
 contribuzione  alla  Cassa: essa presuppone tale obbligo, non gia' ne
 costituisce  la  ragione  fondante  nell'ambito   del   concetto   di
 mutualita'.  Nella  motivazione  della  sentenza n. 259 del 1992 essa
 fornisce soltanto un argomento ad  hominem,  che  mette  in  evidenza
 come, nel caso allora controverso, l'assunto dei ricorrenti di essere
 obbligati  a  contribuire  alla Cassa pur nella certezza di "assoluta
 inutilita' e gratuita'" dell'obbligo, fosse, oltre che non producente
 in diritto, inesatto in fatto.
    Percio'   non   si  fa  buon  uso  del  ragionamento  a  contrario
 convertendo  tale  argomento  in  un  argomento   di   illegittimita'
 costituzionale dell'art. 21, quinto comma, della legge n. 6 del 1981,
 nella  parte in cui non esclude dall'obbligo di iscrizione alla Cassa
 i professionisti che, essendo stati collocati in quiescenza in virtu'
 di un cessato rapporto di impiego con lo Stato, non possono  accedere
 al  beneficio  del  supplemento di pensione. I due argomenti non sono
 legati da una relazione biunivoca di specularita'.
    4. - La discriminazione operata dall'art. 6 della legge n. 290 del
 1990  (destinata  a   cadere   con   l'assunzione   dei   trattamenti
 pensionistici  dei  dipendenti  dello  Stato  da  parte dell'Istituto
 nazionale  di  previdenza  per  i   dipendenti   dell'amministrazione
 pubblica,  prevista  dall'art. 2, comma 2, del d.-l. 19 ottobre 1993,
 n. 416) potrebbe semmai suscitare,  alla  stregua  del  principio  di
 eguaglianza,  una questione di legittimita' costituzionale diretta ad
 estendere agli ingegneri e agli architetti di cui e' causa il diritto
 di ricongiunzione della contribuzione successiva.
    In questa prospettiva si colloca, alla fine dei conti,  lo  stesso
 giudice  a quo, il quale formula la questione ora ipotizzata in linea
 di  alternativa  subordinata  all'eventualita'  di   conferma   della
 precedente  giurisprudenza  di  questa  Corte.  Ma, a parte l'erronea
 identificazione della  norma  impugnanda  nell'articolo  unico  della
 legge  2  aprile  1958,  n.  322,  la questione e' irrilevante per la
 decisione del giudizio principale, nel quale tra i  ricorrenti  e  la
 Cassa di previdenza per gli ingegneri e gli architetti si controverte
 esclusivamente   dell'obbligo   di   iscrizione  alla  Cassa  imposto
 dall'art. 21, quinto comma, della legge n. 6 del 1981 anche ai liberi
 professionisti titolari di  un  trattamento  pensionistico  a  carico
 dello Stato.