IL GIUDICE CONCILIATORE Ordinanza nella causa promossa da Palombi avv. Vincenzo contro comune di Roma iscritta al ruolo n. 894 dell'anno 1992 e posta in deliberazione all'udienza del 3 maggio 1993; Ha emesso la seguente ordinanza; Letti gli atti di causa; Rilevato che l'art. 12 della legge 14 febbraio 1974, n. 62, stabiliva al primo comma che il termine di trenta giorni stabilito dall'art. 141, primo comma del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, doveva essere elevato a giorni novanta per la notifica al trasgressore del verbale di accertamento dell'infrazione non contestata immediatamente; Rilevato che l'art. 22 della legge n. 122/1989 in modifica del citato art. 141, primo comma, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393, portava addirittura il termine per la notifica al trasgressore a giorni centocinquanta; Ritenuto che tale termine dovuto ad inefficacia della pubblica amministrazione non puo' gravare il singolo cittadino e che comunque quest'ultimo non puo' essere vessato oltre ogni limite; Ritenuto altresi' che la notifica al trasgressore del verbale deve intendersi come un atto di cognizione per lo stesso al fine di dargli l'opportunita' della difesa; Rilevato ancora che il termine di giorni centocinquanta previsto dalla normativa non solo contrasta con tale situazione giuridicamente rilevante e cioe' della difesa, ma non da la possibilita' al cittadino stesso di proporre opportune e valide attivita' difensive, per il lasso di tempo trascorso dal momento della infrazione; Ritenuto quindi che il termine cosi' prolungato non giova al cittadino ma lo vessa in quanto non gli da l'opportunita' di ricordare a distanza di cinque mesi tutti i particolari dell'episodio; Ritenuto quindi che viene violata la difesa del cittadino e pertanto la normativa e' in contrasto con la Costituzione vigente; D I C H I A R A non manifestamente incostituzionale la domanda proposta dall'avv. Palombi Vincenzo avverso l'art. 22 della legge n. 122/1989 per i seguenti motivi: la massima della norma e' quella di tutelare l'interesse soggettivo nell'interesse di tutti. Orbene sul presupposto sopra citato e' evidente che, invece, l'art. 22 della legge n. 122/1989, accogliendo le doglianze degli enti preposti e quindi addossando responsabilita' inesistenti ai singoli cittadini che si vedono gravati dalla inefficenza della amministrazione pubblica, non concede alcuna facolta' di modifica delle dichiarazioni dell'agente procedente in quanto a distanza di ben cinque mesi dalla contestata infrazione e' impossibile per qualsiasi cittadino ricordare o inquadrare il fatto nell'ottica piu' conveniente e giuridicamente rilevante. Da tale presupposto la normativa del 1959 poi modificata nel 1974 poteva essere accolta ed anche oggi puo' essere valida operando ormai tutti gli enti in Italia con mezzi tecnici sofisticati oggi sul mercato, quali computers ecc. ecc. Il fatto poi che in mancanza di opposizione il presunto trasgressore debba essere condannato al pagamento della contestata infrazione, e' ulteriormente elemento di incostituzionalita' della norma, in quanto si fa carico ad una parte di una probatio diabolica tenendo conto che il magistrato procedente si avvale di un verbale redatto da un pubblico ufficiale. Anche nella fattispecie vengono conculcati i diritti alla difesa del cittadino che sempre non puo' portare a suo favore elementi di prove probanti e validi. Inoltre e' da rilevare ancora la incostituzionalita' del primo comma dell'art. 142- bis cosi' come introdotto dall'art. 24 della legge 24 marzo 1989, n. 122, nel caso dovesse ritenersi che il riconoscimento di titolo esecutivo al processo sommario verbale contro il quale non sia stato proposto ricorso ai sensi dell'art. 142 modificato dall'art. 23 della legge n. 122/1989 costituisce altresi' riconoscimento del titolo definitivo, passato in giudicato, non impugnabile per motivi diversi da quelli per cui il prefetto e' competente. Essendo la ingiunzione fiscale una manifestazione tipica del potere di accertamento della pubblica amministrazione, quale atto amministrativo, cumula in se' le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto e non puo' mai acquistare efficacia di giudicato. (cfr. Cass. sez. lavoro 19 novembre 1976, n. 4213). Da quanto sopra si evince che il disposto di cui all'art. 22 della legge n. 122/1989 leda i diritti inviolabili alla difesa di ciascun cittadino e contrasta con il disposto dell'art. 24, secondo comma, della Carta costituzionale che prevede che la difesa e' un diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e quindi in contrasto con l'articolo in questione in quanto per il decorso del tempo (giorni centocinquanta) il cittadino non e' in grado di ricordare e di poter portare a suo favore elementi validi e sufficienti al fine di ottenere una risposta positiva da parte della pubblica amministrazione che finora si e' resa inefficiente. Inoltre grava sul cittadino che si vede costretto a ricorrere ad un legale per proporre tutte le azioni a sua difesa con enorme dispendio di danaro. Inoltre avverso il verbale di accertamento non si puo' esperire in via transativa e gerarchica alcun reclamo a difesa del proprio diritto, non essendo il prefetto abilitato a conoscere eventuali attivita' circa la incostituzionalita' della norma, ma si deve limitare esclusivamente ad emettere decisioni che siano solo di sua esclusiva competenza.