IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta a ruolo il 1 giugno 1993 e segnata al n. r.g.: 0729/1993, discussa all'udienza del 12 gennaio 1994 promossa da Cassani Giulio Cesare, rappresentato e difeso, per procura a margine del ricorso di secondo grado, dall'avv. Giorgio Bellotti, via G. Monaco n. 25, Firenze, presso il cui studio elegge domicilio, appellante, contro Syracuse University-Syracuse in Italy Program rappresentata e difesa, per procura in calce alla copia notificata del ricorso di primo grado, dagli avvocati Gian Franco Macconi, Guido Brocchieri del foro di Roma e dall'avv. Granco Olivieri, presso il cui studio in Firenze, via fra Bartolomei, 4, elegge domicilio, appellata, avente ad oggetto: giurisdizione e competenza - giurisdizione del giudice italiano - rapporto di lavoro stipulato all'estero tra cittadini stranieri da eseguirsi in Italia - difetto di giurisdizione del giudice italiano - questione non manifestamente infondata di legittimita' costituzionale. Con ricorso depositato il 20 novembre 1991 Cassani Giulio Cesare, cittadino statunitense, ha proposto al pretore del lavoro di Firenze diverse domande il cui presupposto era costituito dall'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro stipulato con la Syracuse University negli USA e da eseguirsi in Firenze, dove ha avuto svolgimento dall'11 maggio 1988 al 31 maggio 1991, con mansioni di docente nella sede locale della convenuta. In accoglimento della eccezione della Syracuse University, il pretore del lavoro di Firenze ha dichiarato, con sentenza 9-24 marzo 1993, n. 678, il difetto di giurisdizione del giudice del lavoro italiano, trattandosi di contratto stipulato all'estero tra cittadini stranieri, anche se da eseguirsi in Italia. Questi i passaggi salienti della motivazione: 1) Cassani Giulio Cesare ha esclusivamente la cittadinanza statunitense; 2) la Syracuse University e' un ente morale senza fini di lucro; la sua sede secondaria in Firenze non ha personalita' giuridica distinta ed autonoma dalla Syracuse University, con sede in Syracuse (stato di New York), persona giuridica di nazionalita' straniera; 3) pur sussistendo in via di principio la giurisdizione del giudice italiano ex art. 4, n. 2, del c.p.c., trattandosi di obbligazione da eseguirsi in Italia, le parti vi hanno validamente derogato con patto scritto, a norma dell'art. 2 stesso codice, applicabile anche alle obbligazioni di lavoro (Cass. 4360/1976, Cass. 2016/1979). Ha proposto rituale appello Cassani Giulio Cesare, con ricorso depositato il 1 giugno 1993, insistendo nelle domande di primo grado e sollevando questione di legittimita' costituzionale "dell'art. 2 del c.p.c. con riferimento all'art. 31 preleggi rispetto agli artt. 3, 36, 38 della Costituzione, cio' tenuto conto dell'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, legge 18 giugno 1949, n. 385, nonche' dell'art. 7, paragrafo 2 della legge 24 febbraio 1975, n. 86". Discussa oralmente, la questione di legittimita' costituzionale non appare manifestamente infondata. Il nostro ordinamento processuale civile segue il criterio di territorialita', in base al quale il giudice italiano ha giurisdizione per tutte le obbligazioni, tra chiunque intercorrenti, comunque da eseguirsi sul territorio nazionale (art. 4, n. 2, del c.p.c.). La giurisdizione italiana puo' essere derogata solo per le obbligazioni tra stranieri, o tra uno straniero ed un cittadino non residente ne' domiciliato nella Repubblica, purche' la deroga risulti da atto scritto (art. 2 del c.p.c.). Tale possibilita' e' considerata, dalla migliore dottrina, come un legittimo tributo al principio dell'autonomia della volonta' delle parti, sia in caso di proroga (estensione), sia di deroga (riduzione) della giurisdizione italiana. E' evidente, e sottolineato dalla stessa dottrina, che la volonta' delle parti, nello stabilire lo Stato in cui il processo avra' luogo, determina nello stesso tempo, sia pure indirettamente, anche la legge sostanziale che verra' applicata al rapporto, cosicche' la scelta della giurisdizione ha effetti che travalicano il diritto processuale e si fanno sentire anche nel campo del diritto sostanziale in pratica applicato. Sotto entrambi i profili, sia come espressione di liberta' di scelta della giurisdizione, sia come espressione di liberta' di scelta del contenuto negoziale, la questione della giurisdizione interferisce con la disciplina sostanziale del rapporto. Su tale ultimo piano, le obbligazioni che nascono da contratto sono regolate dalla legge nazionale comune dei contraenti (art. 25 delle preleggi). Nonostante tale previsione, in nessun caso le leggi di uno Stato estero possono avere effetto nel territorio dello Stato, quando siano contrarie all'ordine pubblico (art. 31 delle preleggi). Occorre precisare che esulano dalla previsione dell'art. 31 delle preleggi le norme che disciplinano la sicurezza, l'igiene e la salute nei luoghi di lavoro, e tutte le disposizioni in materia di lavoro in genere assistite da sanzione penale (ad es. artt. 2, 4, 5, 6, 8 e 15 dello statuto). Tali norme sono applicabili direttamente a tutti coloro che svolgono attivita' di lavoro nella Repubblica o perche' il principio della territorialita' e' insito nella funzione pubblica della legislazione di settore (ad es. per la legislazione sociale - Corte costituzionale 19 dicembre 1985, n. 369) o perche' separatamente ed espressamente sancito dalla legge (ad es. art. 3 del cod. pen., art. 28 delle preleggi). Anche la materia della gestione amministrativa del rapporto di lavoro esula dalla previsione dell'art. 31, sia per il carattere pubblicistico delle relative disposizioni (legge 5 gennaio 1953, n. 4, sull'obbligo di consegnare i prospetti paga, artt. 20-26 e 195 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sull'obbligo di tenute dei libri paga e dei libri matricola, etc.) sia perche' le relative sanzioni, seppure depenalizzate, soggiacciono agli stessi principi regolanti la materia penale (legge 24 novembre 1981, n. 689. In tutte le ipotesi elencate nei capoversi precedenti si ha coincidenza su tre questioni: la giurisdizione appartiene al giudice italiano, il presupposto qualificatorio del rapporto e' definito alla stregua della legge italiana, in tale ambito nazionale, processuale e sostanziale, e' delibato il limite dell'ordine pubblico. Per quanto riguarda in particolare gli aspetti previdenziali connessi al rapporto di lavoro, per questi non puo' sorgere un problema di giurisdizione ex art. 2 del c.p.c., perche' essendo inseriti in un rapporto trilatero, di cui e' parte necessaria l'istituto previdenziale italiano, da cio' consegue necessariamente l'inapplicabilita' dell'art. 2 del c.p.c. e la giurisdizione del giudice italiano. Il campo di applicazione dell'art. 31 preleggi e' costituito quindi esclusivamente, per la sua sede, per la separata previsione della materia penale e di polizia nell'art. 28 delle medesime preleggi, per il suo riferimento alle disposizioni degli articoli precedenti, dalle obbligazioni civili. Per i relativi rapporti il legislatore del codice civile prefigura la possibilita' di contenuti contrattuali contrari all'ordine pubblico o al buon costume, vietandone l'ingresso nel nostro ordinamento. E' quanto puo' avvenire in particolare misura per le obbligazioni laburistiche. Queste rientrano nella categoria delle obbligazioni nascenti da contratto, e come tali vengono considerate soggette all'art. 25, primo comma, delle preleggi, salvo che per i contratti di lavoro marittimo ed aereo, per i quali l'art. 9 del cod. nav. detta il criterio della nazionalita' della nave o dell'aeromobile. In verita', anche dopo l'abrogazione del sistema corporativo, che seguiva per i rapporti di lavoro un criterio di rigida territorialita' (legge 3 aprile 1926, n. 563), la dottrina non ha mancato di rilevare, con varie motivazioni, la permanenza nella materia giuslavoristica di una serie di norme inderogabili particolarmente ampia, convenendo con la giuriprudenza che numerose disposizioni sul rapporto di lavoro, e tutte quelle sul connesso rapporto previdenziale, sono di ordine pubblico, e giungendo cosi' alla conclusione che il "quantitativo di diritto straniero importabile" nel nostro ordinamento giuslavoristico tramite l'art. 25 delle preleggi e' contingentato dall'art. 31 delle preleggi. Che cio' possa verificarsi nel rapporto di lavoro, e' stato affermato per specifici istituti quali l'indennita' di fine rapporto (Cass. 9 novembre 1981, n. 5924, in Riv. dir. lav. 1982, II, 38, che ha dichiarato inapplicabile al rapporto da eseguirsi in Italia, per contrasto con l'art. 31 delle preleggi, la legge argentina che non prevede norme relative al trattamento di fine rapporto e al pensionamento del lavoratore), l'apposizione del termine (Cass. 25 maggio 1985, n. 3209, in Riv. dir. intern. proc. priv. 1986, 658, che ha dichiarato inapplicabile in Italia la legge libica che consente la incondizionata stipulazione di contratti a termine; per lo stesso istituto Cass. 22 febbraio 1992, n. 2193, in Foro it., 1992, I, 2368), la rivalutazione monetaria (Cass. 7 marzo 1986, n. 1530). Analogamento, non potrebbe trovare ingresso in Italia, neppure attraverso la mediazione giurisdizionale straniera, la legge di uno Stato estero che qualifichi una prestazione lavorativa resa nel nostro Paese come autonoma, laddove la sua qualificazione, alla stregua del nostro diritto sostanziale, come subordinata, costituisca il presupposto per l'applicazione non solo delle norme giuslavoristiche, ma anche di quelle previdenziali ed infortunistiche che non provvedano ad una propria autonoma qualificazione della fattispecie protetta (ad es. art. 4, n. 6, 7, 8 del t.u. n. 1124/1965), ma rinviino alla qualificazione giuslavoristica della prestazione lavorativa (ad es. art. 4, n. 1, 5 medesimo t.u.). Piu' in generale, e' stato affermato che "il principio di favore nei confronti del prestatore di lavoro, fondamentale nel nostro ordinamento giuridico, informa tutta la legislazione costituzionale ed ordinaria in materia di lavoro e, ai sensi dell'art. 31 delle preleggi, costituisce un limite di ordine pubblico internazionale all'introduzione nel nostro ordinamento, anche se richiamata ai sensi dell'art. 25, primo comma, delle preleggi, di una legge straniera che contenga una disciplina del rapporto di lavoro dedotto in giudizio meno favorevole al lavoratore rispetto alla legge italiana" (Cass. 25 maggio 1985, n. 3209, cit.: Cass. 6 settembre 1980, n. 5156, in Riv. dir. lav. 1982, 11, 42). Quanto poi alla funzione della volonta' privata nella disciplina del contenuto del regolamento negoziale (e, per quanto fin qui detto, processuale) del rapporto di lavoro, e' da notare che le norme imperative non assolvono solo al ruolo di condizioni di efficacia giuridica della volonta' negoziale, ma, insieme alle norme collettive, regolano direttamente il rapporto, in misura certamente prevalente rispetto all'autonomia individuale, cosicche' il rapporto di lavoro, che pur trae vita dal contratto, e' invece regolato sopratutto da fonti eteronome, indipendentemente dalla comune volonta' dei contraenti ed anche contro di essa (Corte costituzionale 21 gennaio 1992, n. 210). La conclusione dell'analisi fin qui svolta sembra essere che i diversi, inscindibili profili ordinamentali a presidio della prestazione lavorativa: limiti all'autonomia privata nella determinazione del contenuto negoziale, limiti di carattere processuale, disciplina previdenziale, infortunistica ed assistenziale, disciplina amministrativa, apparato sanzionatorio amministrativo e penale, ubbidiscano ad un unitario criterio di prevalenza della funzione inderogabile di tutela pubblicistica del lavoro. In altri termini, le ragioni di carattere pubblicistico che impognono cosi' precise limitazioni all'autonomia negoziale, non possono non estendersi coerentemente al piano processuale attraverso cui quelle stesse limitazioni potrebbero essere eluse. Viceversa in materia di facolta' delle volonta' private derogatoria della giurisdizione si e' formata una consolidata giurisprudenza di legittimita', da assumersi come diritto vivente, che estende la disposizione dell'art. 2 del c.p.c. anche alle obbligazioni lavoristiche (Cass, sez. un., 26 maggio 1969, n. 1857, in Giur. it., 1970, 359; Cass. 20 novembre 1976, n. 4360, ivi, 1977, 605), e piu' in generale include le obbligazioni laburistiche nella materia civile ai fini della competenza giurisdizionale (Cassa 9 aprile 1979, n. 2016 in Foro it., 1979, I, 1108; Cass, sez. un., 11 ottobre 1979, n. 5274, ivi, 1980, I, 2565, entrambe relative alla convenzione di Bruxelles, che pero' qui non viene in considerazione). La necessaria composizione a sistema delle due problematiche descritte, che appaiono confliggenti, relative all'art. 2 del c.p.c. e all'art. 31 delle preleggi, non puo' pero' avvenire con il dare prevalenza al momento della giurisdizione, con la motivazione che esso precede logicamente quello del diritto sostanziale applicabile, come ritenuto in altra pronuncia di questo Tribunale (Sentenza 2 novembre 1992, Moschilli-Syracuse University), perche' in tal modo si elude l'art. 31 delle preleggi: non puo' essere il giudice straniero che ha giurisdizione sul rapporto di lavoro ex art. 2 del c.p.c. a valutare se il rapporto svolto sul territorio della Repubblica italiana contiene elementi contrari all'ordine pubblico italiano. Esso non potrebbe che applicare la legge dello Stato di New York (che non contempla il limite dell'art. 31 delle preleggi), in favore della quale le parti hanno derogato alla giurisdizione italiana. Il problema puo' essere risolto solo riducendo la portata dell'uno o dell'altra disposizione che costituiscono i poli del conflitto. Da una parte il processo di internazionalizzazione dell'economia e, conseguentemente, del diritto, costituisce uno stimolo all'adozione di criteri di collegamento tra gli ordinamenti che garantisca la certezza delle condizioni operative degli enti stranieri, nella direzione di un ritorno agli statuti personali di cui all'art. 25 delle preleggi, il che di per se' non scalfisce ed anzi avvalora il limite dell'art. 31 delle preleggi. Questo potrebbe essere superato solo da fonti normative di pari livello dell'art. 31 delle preleggi, come le convenzioni internazionali, che, in quanto recepite in leggi del nostro Paese, contengono una previa implicita valutazione di conformita' del loro contenuto normativo all'ordine pubblico interno, si' da elidere per tale via ogni conflitto. Tale non sembra il caso, in relazione ai profili in discussione, della convenzione Italia-Usa sulla sicurezza sociale 23 maggio 1973, ratificata con legge 24 febbraio 1975, n. 86 (modificata dall'accordo aggiuntivo 17 aprile 1984, ratificato con legge 14 ottobre 1985, n. 609), avente ad oggetto esclusivamente le prestazioni per invalidita', vecchiaia e superstiti, perche' essa riserva alla legislazione statunitense le prestazioni rese in Italia da un cittadino di quel Paese, che siano coperte da quella legislazione sociale (art. 7, secondo comma,), presupposto che nella specie non sussiste, data la qualificazione autonoma del rapporto, che rende il medesimo non "coperto" da quella legislazione. Tantomeno viene in rilievo negativo la legge 18 giugno 1949, n. 385 (trattato di amicizia Italia-Usa), ispirata viceversa al principio di parificazione dello straniero al cittadino, o quanto meno allo straniero avente migliori condizioni in Italia. Principio ribadito con maggior forza e solennita' dall'art. 1 della legge 30 dicembre 1986, n. 943, secondo il quale la Repubblica italiana, in attuazione della convenzione OIL n. 143 del 24 giugno 1975, ratificata con legge 10 aprile 1981, n. 158, garantisce a tutti i lavoratori extracomunitari legalmente residenti nel suo territorio e alle loro famiglie parita' di trattamento e piena eguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. Mentre dunque l'art. 31 delle preleggi, per quanto attiene all'ordine pubblico in materia di lavoro, sembra conservare la sua validita' giuridica ed anzi rafforzarla alla luce degli atti normativi successivi, anche internazionali, non appare manifestamente infondata la tesi che l'art. 2 del c.p.c. interpretato nel senso che sia applicabile anche alle obbligazioni lavoristiche, contrasti con gli artt. 35, 36, 37, 38 della Costituzione, nella parte in cui consente, attraverso la mediazione giurisdizionale del giudice straniero, che abbiano esecuzione in Italia contratti di lavoro il cui contenuto e' contrario all'ordine pubblico di cui all'art. 31 delle preleggi, come sopra esemplificato.